RITA BEVILACQUA, Barrafranca 10 marzo 1876 Eugenio Vasapolli uccide il cugino prete Andrea Vasapolli

Tra le tante vicende successe a Barrafranca (EN) negli anni che furono, vogliamo ricordarne una, curiosa e particolare, che vede come protagoniste due famiglie accomunale dallo stesso cognome VASAPOLLI. Chi non conosce a Barrafranca le vicende di Benedetto e Raffaele VASAPOLLI, preti, politici e tant’altro, protagonisti delle della storia del nostro paese tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Questa volta non solo loro i protagonisti della nostra storia ma Eugenio (fratello dei preti Benedetto e Raffaele Vasapolli) e il cugino prete Andrea Vasapolli, allora cappellano della chiesa Grazia (chiesetta che ricadeva nel territorio appartenente alla famiglia Vasapolli).

Era il 10 marzo 1876. Intorno alle 9.00 del mattino in contrada Prito, lungo la via Moli, si sentirono i colpi di due fucilate e il tonfo di un corpo che cade a terra. A 60 metri da quel luogo si trovava un giovane di 24 anni, un certo Francesco Costero, nato a Moncalieri (TO) e arrivato da poco a Barrafranca con l’incarico d’ispettore di molini o “verificatore di macinato”.
Corse verso il moribondo per aiutarlo il quale, prima di morire, fece il nome del suo assassino: il cugino Eugenio. Il ragazzo montò a cavallo e si recò in paese a raccontarlo alla locale stazione dei carabinieri. Sul posto si recarono il comandante della stazione dei carabinieri per i primi accertamenti. Ai gendarmi il Costero dichiarò che si trovava a cavallo della propria giumenta nella strada che conduceva al bivio, nella trazzera Petrandrea, proveniente dai Molini Moli, quando udì i lamenti del prete Vasapolli. Aggiunse che appena arrivato, trovò vicino al cadavere un certo La Loggia Giuseppe di 14 anni. Interrogato, La Loggia dichiara di non aver visto nessuno, tranne due ragazzi che là vicini pascolavano due mule. Dai primi accertamenti emerse, dalle testimonianze di Alessandro Carnazzo, di anni 54 e Filippo Branciforti, di anni 36, che prima degli spari videro fermo sulla strada, vicino al bivio il Costero.
Dopo 24 ore il Costero fu arrestato come presunto omicida del prete Andrea Vasapolli. Le motivazioni addotte dai militi di Barrafranca si basavano sulla testimonianza di Inforno Salvatore di anni 12 secondo il quale, quando il malcapitato prete Vasapolli passava per il bivio della trazzera Petrandrea, lui avrebbe visto un uomo che “teneva una giumenta merlina”. Inoltre appena sentite le fucilate, quell’uomo fuggì di fretta verso il paese. Inizialmente il processo seguì questa falsa pista. Gli indizi a carico di Eugenio erano tanti, aggravati dalla sua latitanza. Inoltre le lettere di Roberto Vasapolli (fratello del prete ucciso) indirizzarono sempre più le indagini verso il vero omicida.
Che cosa aveva spinto Eugenio a uccidere il cugino?
La tradizione popolare vuole che Eugenio corteggiasse una contadinotta del vicinato, una certa Mariastella. Un giorno la ragazza le rivelò che amava suo cugino Andrea. Roso dalla gelosia, Eugenio s’intrufolò a casa della ragazza e approfittando dell’assenza dei genitori, la sedusse. Da qui le gravi divergenze tra i due cugini. A questi probabili motivi se ne aggiunsero altri, ben più seri: antichi asti tra le loro famiglie per interessi economici. Ormai era da più di 12 anni che Andrea aveva una lite con il cugino. Liti risalivano fin dal 1860 già al periodo dei loro genitori, tra i fratelli Stefano (padre di Andrea) e Pietro (padre di Eugenio) Vasapolli. Inoltre ad aggravare la situazione intervennero delle liti per la divisione del palazzo che abitavano, sito nell'omonima strada.
La famiglia dei preti Benedetto e Raffaele Vasapolli voleva il palazzo tutto per sé, mentre don Andrea pretendeva che lo stabile fosse diviso a metà. 
Dopo un lungo processo, il 17 luglio 1887 la Corte di Assise di Caltanissetta condannò Eugenio Vasapolli a 15 anni di lavori forzati per “Omicidio volontario costituente assassinio” nei confronti del cugino Andrea e per il reato di violenza carnale commesso in precedenza e al risarcimento di lire duemila quale indennizzo alle parti lese.
È da questo fatto di cronaca vera, raccontato da Leopoldo Franchetti nel suo “Politica e mafia in Sicilia” del 1876, che lo scrittore Andrea Camilleri ha tratto l'ispirazione per il suo romanzo “La mossa del cavallo”, pubblicato nel 1999.
(Fonti: Salvatore Licata, Il Brigante Giustiziere, BookSprint Edizioni 2013; Salvatore Vaiana, Una storia siciliana fra Ottocento e Novecento, Bonfirraro Editore 2000; Leopoldo Franchetti, Politica e Mafia in Sicilia. Gli inediti del 1876; Bibliopolis 1995; Benito Sarda, I fratelli Vasapolli, Edizioni Terzo Millennio, 2 edizione 2001)


Rita Bevilacqua 

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