La Burgio intendeva, quindi, creare una struttura di accoglienza per donne bisognose, autonoma rispetto al già esistente Ricovero di Mendicità che era, possiamo dire, la branca assistenziale dell’Ospedale. Il Ricovero già in funzione si avvaleva delle donazioni - in denaro e rendite - da parte dei cittadini: tra le più significative quelle di Vincenzo Falcone (£. 5.506), Antonio La Lomia Gangitano (rendita di £. 500), Società Anonima Laterizi (£. 4.120), Sena Maria fu Domenico (£. 900), Giuseppina La Lumia Lombardo (£. 10.000), Guarneri Santo (£. 162), Di Rocco Angelo (£. 769), Comune di Canicattì (assegno annuo di £. 3.000).
Questi i beni della Burgio: magazzini e case in via Solferino, corso Garibaldi, via Magenta e corso Umberto; alcuni ettari di terreno nel territorio di Naro (contrade Rinazzi-Palilla, Palilla di Lumia-Gaetano e Fabrizio) e in quello di Canicattì (contrade Rinazzi-Pizzogrosso, Gallodoro, Madonna dell’Aiuto e Cuba); “crediti cambiari, azioni, diritti, privilegi, depositi, cartelle del consolidato al portatore, buoni del tesoro”. Esecutori testamentari furono nominati il dottor Luigi La Vecchia fu Diego ed i sacerdoti Vincenzo La Vecchia fu Antonio e Diego Li Calzi fu Arcangelo.
L’abitazione della Burgio non fu tuttavia ritenuta adeguata come sede di una casa di riposo; si ritenne, quindi, opportuno realizzare una sezione femminile nel Ricovero di Mendicità già esistente e di intitolarla alla benefattrice. Con Regio Decreto del 31 maggio 1928 fu approvato il nuovo statuto del Ricovero di Mendicità comprendente una sezione femminile.
I lavori per la costruzione del padiglione-sezione femminile del Ricovero di Mendicità iniziarono nel 1931. L’edificio - costruito su un’area adiacente ai locali del Ricovero di Mendicità – si articolò in due grandi sale con 16 letti ciascuna, stanze di riunione e, nel pianterreno, un ambiente destinato ad accogliere una lavanderia meccanica elettrica. Fu necessario costruire un muro di cinta: e, poiché i mezzi finanziari si erano già esauriti, la superiora delle suore del Boccone del Povero poté utilizzare la somma di £. 5.000 raccolta dalla carità cittadina. L’Amministrazione, successivamente, mise a disposizione altre 5.000 lire circa.
Si ritenne opportuno, altresì, ampliare e ammodernare il già esistente camerone del Ricovero di Mendicità: furono abbattuti i vecchi archi di sostegno; le pareti furono rivestite con mattonelle di maiolica e il pavimento con mattonelle di cemento a mosaico. Questa ulteriore spesa fu affrontata grazie, soprattutto, alle generose donazioni delle signore Lilla e Rita La Lumia in Gangitano e Anna La Lumia in Gioia.
Il Ricovero di Mendicità poteva accettare, previa autorizzazione prefettizia, donazioni da parte di enti o singole persone. Il 19 gennaio 1935 il Consiglio di Amministrazione, con deliberazione n. 91, accettò la donazione di £ 14.300 da parte della signora Filippa Li Calzi vedova Sena “riconoscendo in detta deliberazione il diritto in perpetuo, per la donante e per i suoi eredi, della designazione del povero o della povera che dovrà occupare il posto che viene istituito con la detta deliberazione”.
L’Ente ricevette altre donazioni e rendite. Ne ricordiamo le più consistenti: Angelo Lo Sardo fu Diego (£. 30.000), Diego La Lumia fu Ferdinando (10.000), Sciascia Cannizzaro Vincenzo (300), La Lumia Francesco, Diego, Alfredo, Giuseppe, Anna e Carmela fu Ferdinando (10.000), Francesco La Lumia Caramazza ((20.000), Marianna Gangitano in Caramazza (10.000), ing. Luigi Portalone (500), cav. Filippo Caramazza (10.000), Filippa Licalzivedova Sena (14.300), barone Gaetano Adamo fu Ferdinando (50.000), ing. Vincenzo Curto (opera personale per progetti e direzione lavori gratis, £. 8.000), prof. Enrico Marchese (oltre piccole offerte e benemerenze nella sua funzione di avvocato dell’Ente, esercitata senza alcun compenso, £. 3.000), Banco di Sicilia (contributo annuo di £. 500).
Il 25 novembre 1936 - con delibera n. 36 - il Consiglio di Amministrazione (Presidente: cav. Antonio Cucurullo. Componenti: sig. Eugenio Gallo, sig. Calogero Leone, dottor Giuseppe Sandonato, ing. Giovanni Lattuca. Segretario: Luigi Gangitano) cambiò la denominazione di “Ricovero di Mendicità” – introdotta con Regio Decreto 14 agosto 1883 – nella nuova di “Casa di Riposo”. Questa la premessa: “Ritenuto che tale denominazione non è più in armonia con la nuova legislazione fascista per la quale l’assistenza e beneficenza si svolge non già ai soli mendici ma ai bisognosi in genere, e che tale denominazione è umiliante per i ricoverati…”.
A Maria Burgio il barone Agostino La Lomia ha dedicato uno spassoso articolo. La donna – a suo giudizio – era afflitta da una sordida avarizia, di cui peraltro era assai orgogliosa, al punto che soleva ripetere: unni c’è grascia c’è ricchizza. Prestava il suo denaro ai bottegai perché acquistassero i vari prodotti; non esigeva interessi consistenti ma chiedeva in compenso qualche favore. Di buon mattino si affacciava alla finestra per ordinare la spesa ai bottegai suoi “clienti”: “Purtatimi la spisa! Viditi ca v’impristavuli sordi… purtatimi la spisa… mancu chissu?”.
“Donna Maria Burgio prelevava a credito mezzo chilo di carne, dal quale ritagliava una leggera fettina, indi ritornava la merce al macellaio, dicendo che aveva cambiato idea. Ripeteva il piccolo e gratuito prelevamento con tutti i generi alimentari, dallo zucchero alla frutta, rimandando sistematicamente la merce ai fornitori, che subivano per tema di rappresaglie e protesti, essendo essi debitori della lungimirante donna”. (Fausto di Renda (Agostino La Lomia), Piccola Sicilia-Lu sirvimentu e la bona morti, in Giornale di Sicilia, Palermo, 5 agosto 1956)
Il più bersagliato era il verduraio masciu Firdinannu Lodicu che, ogni mattina, forniva frutta e verdura. Sentendo avvicinarsi la morte, la zitella decise di essere più gentile con i vicini, uscendo dal suo abituale isolamento e concedendo a tutti la possibilità di farle visita. Si stabilì un tacito accordo tra i vicini: ognuno, anche per recuperare quanto sottratto con l’astuzia dalla Burgio, prenotava con lo sguardo uno dei pezzi di arredamento, in attesa degli sviluppi… che si speravano imminenti. La vecchia capiva tutto ma era tranquilla: godeva di un’assistenza regolare e, apparentemente, perfino affettuosa ed era sicura che nessuno le avrebbe sottratto alcunché prima del tempo dovuto.
Nella vecchia Sicilia particolare attenzione suscitava il letto dell’ammalata: era destinato alla persona che se ne prendesse cura col cosiddetto sirvimentu. Nel caso di Maria Burgio si offrì per questa incombenza Deca la Mela: la vecchia era in tal modo sicura di poter dormire fino alla fine su un letto curato e ordinato, mentre la cameriera aveva tutto l’interesse a ben manutenderlo, per riceverlo poi in eredità pulito e pienamente efficiente. Alla morte della Burgio ci fu gran trambusto - presente il cadavere - per il trasporto delle suppellettili. A sera, dopo il funerale, Deca la Mela poté riposare per la prima volta su un buon letto di rame dotato di ben quattro materassi di lana.
Tutti i fornitori ebbero condonati, automaticamente, i vari debiti: un trattamento di favore fu riservato, con l’accordo di tutti, al verduraio Ferdinando Lodico.
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