GIOVANNI TESE', Riflessioni e ricordi sui Mattarella

Intervento di GIOVANNI TESÈ alla presentazione del libro 
I Mattarella nella terra di Pirandello, Sciascia e Tomasi di Lampedusa

Pianoro Tempio di Giunone – Valle dei Templi – Agrigento
Venerdì, 22 luglio 2016




Il libro di Paolo Cilona “I Mattarella nella terra di Pirandello, Sciascia e Tomasi di Lampedusa” ci offre l’opportunità di ripercorrere insieme a tre autentici protagonisti, Bernardo, Piersanti e Sergio Mattarella, oltre settant’anni di storia e di vita politica del nostro Paese e in particolare della nostra Sicilia.
Le analisi, le riflessioni, i ricordi personali e le proposte che ne scaturiscono sono innumerevoli, per cui oggi non possiamo che limitarci soltanto ad alcuni aspetti essenziali.
Mi auguro che gli organizzatori, nei prossimi mesi, possano proporre altri incontri e nuove occasioni di studio e di confronto.
Non ho avuto modo di conoscere Bernardo Mattarella, anche per ovvie ragioni anagrafiche. Ho avuto però il piacere di conoscerlo attraverso alcuni dei suoi scritti, (saggi, articoli, discorsi politici) molti dei quali raccolti nel libro – a me tanto caro poiché donatomi dal compianto Piersanti Mattarella – dal titolo eloquente “Impegno Cristiano” (Istituto editoriale Cultura Europea Roma - Palermo, 1968).
Ho letto e riletto questi scritti dai quali emerge il politico attento, l’uomo di governo attivo e fattivo e soprattutto l’uomo di fede, il cattolico operoso impegnato fin da ragazzo nell’Azione Cattolica.
Nel 1919, appena quattordicenne, infatti, a Castellammare del Golfo, suo paese natale, fondò insieme a un gruppo di giovani guidati da due sacerdoti, don Giuseppe Ancona e don Giovanni Sarcona, il Circolo giovanile cattolico intitolato a San Paolo apostolo.
Bernardo Mattarella, pertanto, si formò come uomo e come politico nei Cenacoli di fraternità e di studio sorti in Sicilia sin dagli anni più cupi della dittatura fascista.
Fu amico di Alcide De Gasperi, Giuseppe Spataro, Giorgio La Pira, Aldo Moro, Pietro Mignosi e tantissime altre figure di cattolici illuminati e operosi che frequentò sin da giovane.
Bernardo Mattarella si nutrì degli insegnamenti della dottrina sociale cristiana, delle encicliche sociali prime fra tutte Immortale Dei e la Rerum Novarum di Leone XIII e degli scritti, in particolare, di padre Gioacchino Ventura, Vincenzo Mangano, don Luigi Sturzo, Giuseppe Toniolo, monsignore Francesco Olgiati, monsignor Domenico Tardini, Alcide De Gasperi, Giuseppe Spataro e Igino Giordani.
Fu proprio Igino Giordani cattolico fervente, precursore delle stagioni conciliari, cofondatore per volere di Chiara Lubich del Movimento dei Focolari e Padre Costituente a scrivere la prefazione di Impegno Cristiano di Bernardo Mattarella. Giordani in quella sua prefazione scrisse testualmente: «Conobbi Bernardo Mattarella già negli anni primi del fascismo, perché eravamo entrambi angosciati, ed esaltati, dall’ideale della libertà, che il fascismo aveva stroncata, della giustizia sociale, a cui entrambi dalla religione eravamo stati educati. Mi colpì sin dall’inizio la sua sincerità e la sua generosità; e capii subito che era uno di quei giovani donatosi al servizio della Chiesa e del popolo[...]». In Mattarella, ha evidenziato sempre Giordani, «rimaneva invitta, e sempre più cocente, l’aspirazione a una democrazia che traesse dal Vangelo le sue direttive: e cioè da una libertà senza odi, da una comunione senza coazioni, da una socialità senza distruzione della personalità». Concludendo, Igino Giordani, ha affermato: «Si vede in questi scritti lo studioso e l’uomo d’azione [...] un pensatore che è un cristiano».
Invero, Bernardo Mattarella, come tanti cattolici, fu al tempo stesso uomo di pensiero e d’azione.
Anche con i suoi articoli riportati sui giornali cattolici Primavera Siciliana (poi ribattezzata Voce Cattolica), Popolo e Libertà, Sicilia del Popolo (ove vi scrissero, tra gli altri, ferventi cristiani come Italo Corsaro, Giuseppe Pipitone, Gaetano Miccichè, Luigi Sturzo, Giuseppe Alessi, Salvatore Aldisio, Franco Restivo, Mario Fasino e tra il 1948 e il 1951 anche il giovane Leonardo Sciascia), riusciva a ridestare le coscienze e a richiamare “i liberi e forti” al senso di responsabilità e al dovere della lotta per la libertà e la democrazia.
Come uomo di governo - mi piace qui ricordare - il suo impegno fu volto anche al processo di unificazione dei popoli europei.
Bernardo Mattarella, all’epoca ministro dei Trasporti, fu attento agli sviluppi della Conferenza interministeriale tenutasi a Messina e Taormina dal primo al 3 giugno 1955, voluta dal ministro degli Esteri Gaetano Martino dopo la crisi scaturita dalla bocciatura della Comunità europea di difesa (C.E.D.) da parte del Parlamento francese.
Dal successo della conferenza e dalla conseguente “Dichiarazione di Messina” si riuscì a rilanciare il processo di unificazione europea che aprì la strada alla firma dei trattati di Roma che Mattarella, come ministro per il Commercio con l’estero nel governo guidato da Antonio Segni, contribuì a redigere.
Sempre come ministro per il Commercio con l’estero, si fece promotore della riforma del sistema valutario tesa a favorire gli scambi commerciali con gli altri Paesi europei e favorì la conclusione d’importanti accordi orientati all’ampliamento della politica comunitaria specie nel settore agricolo.
Delle tante occasioni d’incontro con Piersanti Mattarella, una in particolare rimane scolpita nella mia mente. È legata al XIII Congresso nazionale della Democrazia Cristiana che si tenne a Roma nel Palazzo dello Sport dal 18 al 24 marzo 1976, dopo il deludente risultato elettorale conseguito alle elezioni amministrative del 1975.
Le elezioni politiche e regionali in Sicilia erano alle porte e il sorpasso del Partito Comunista  Italiano a danno della Democrazia Cristiana sembrava cosa fatta.
Il congresso si celebrò in un clima di altissima tensione. Gli schieramenti in campo erano due: il primo capeggiato da Benigno Zaccagnini, ispirato da Aldo Moro e sorretto dalla sinistra democristiana e il secondo capeggiato da Arnaldo Forlani e sostenuto da un’alleanza tra dorotei, fanfaniani e andreottiani.
Indimenticabile resta la relazione tenuta da Zaccagnini: «Un rinnovato impegno della Democrazia Cristiana per la libertà politica, la sicurezza democratica, la giustizia sociale ed il progresso civile del popolo italiano». Così come indimenticabile resta il lunghissimo e applauditissimo intervento di Aldo Moro che con il discorso che tenne ai gruppi parlamentari della Democrazia Cristiana il 28 febbraio 1978 rappresenterà il testamento politico dello statista barbaramente assassinato dalle brigate rosse.
Il segretario, per la prima volta, sarebbe stato eletto direttamente dal congresso e il risultato fino all’ultimo momento rimaneva incerto. Si giocava una partita sul filo di lana e la posta in gioco era altissima.
La gran parte dei giovani sosteneva Benigno Zaccagnini; in lui vedevamo la concreta possibilità di cambiamento e di rinnovamento. “Con Zaccagnini la nuova DC è già cominciata”; questo era uno dei nostri slogan.
Le voci sull’esito finale si alternavano con rapidità sorprendente. Si votò il 23 marzo e i risultati erano attesi nella notte tra il 23 e il 24 marzo 1976.
Fu una notte di pioggia incessante. Al palazzetto dello sport arrivavano forti raffiche di vento e la tensione era altissima.
Tantissimi i gruppi di giovani presenti. Percorrevamo freneticamente in lungo e in largo il Palasport ed eravamo in trepida attesa. L’ansia era alle stelle!
Ricordo Guido Gonella, Presidente del congresso, coetaneo di Bernardo Mattarella, che in attesa dei risultati si aggirava per i corridoi del Palasport e si compiaceva di intrattenersi amabilmente con noi giovani. Ci raccontò tanti aneddoti concernenti sia la ricostituzione della Democrazia Cristiana sia i lavori dell’Assemblea Costituente di cui fece parte.
Qualcuno aveva sparso la voce di una presunta vittoria di Forlani. Incontrammo l’onorevole Luigi Giglia. Gli chiesi notizie sulla veridicità di quelle voci.  Giglia prontamente e ci tranquillizzò e riferendosi a coloro i quali avevano diffuso artatamente quelle notizie, con piglio sicuro, affermò: «Bleffano! Vincerà Zaccagnini!».
Qualche ora dopo vedemmo Piersanti Mattarella, solare e radioso, gli andammo subito incontro, raggiante ci annunciò la vittoria di Benigno Zaccagnini! Aveva ottenuto il 51,5 per cento dei voti e Forlani il 48,5 per cento. Lo abbracciammo, ci abbracciò, eravamo felici. La nuova DC era già cominciata. Piersanti Mattarella era stato eletto Consigliere nazionale della Democrazia Cristiana.
Questo è uno dei ricordi più belli che ho di Piersanti Mattarella e che difficilmente potrò dimenticare!
Si votò per il rinnovo dell’Assemblea regionale siciliana il 20 giugno 1976 e per il rinnovo del Parlamento nazionale il 20 e 21 giugno dello stesso anno. Per la prima volta votarono i diciottenni. La Democrazia Cristiana recuperò un forte consenso elettorale, il sorpasso fu evitato e rimase il primo partito in Sicilia e nel Paese.
Sia in Sicilia sia nel resto d’Italia si aprì una nuova fase politica, s’impose un nuovo e più complesso confronto tra le forze politiche e in particolare tra la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista che registrava comunque sempre maggiori consensi. 
Sotto molteplici aspetti Aldo Moro e Piersanti Mattarella furono tra i protagonisti di quella nuova fase.
Molti dei discorsi e degli articoli di Piersanti Mattarella sono stati raccolti nel volume dal titolo “Dimensione Sicilia” (Istituto editoriale cultura europea Roma Palermo, 1976).
Il volume, appena pubblicato, mi fu donato dal fratello Sergio, nostro Presidente della Repubblica, mio stimato professore di Diritto Parlamentare alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Palermo che ho avuto modo di apprezzare come Presidente del Consiglio d’amministrazione dell’Opera universitaria di Palermo di cui ero consigliere in rappresentanza degli studenti, come Politico per aver condiviso e percorso, con la sua guida illuminata e illuminante, un tratto significativo e indimenticabile della mia esperienza politica e soprattutto umanamente anche per la sua serietà e spiccato senso di responsabilità.
Da quei discorsi e da quegli scritti emerge il progetto riformatore e di concreto cambiamento che Piersanti Mattarella portò avanti con forza negli anni successivi per realizzare il sogno di una Sicilia dalle “Carte in regola”.
Emergono soprattutto una visione nuova della politica, un’analisi acuta dei problemi e dei bisogni della nostra Regione e soprattutto l’indicazione di soluzioni intelligenti, innovative e lungimiranti.
Piersanti Mattarella – da come si evince dal discorso tenuto a Palermo in occasione dell’inaugurazione della XXXI Fiera del Mediterraneo (29 maggio – 13 giugno 1976) – vide, tra l’altro, nella Sicilia, ponte tra Europa e Africa, la possibilità che la stessa potesse assumere «una determinante funzione di comune centro di una politica che risolvesse sul terreno mercantile, turistico e culturale i problemi della latente conflittualità degli interessi internazionali, conciliandoli nella solidarietà storica di un incontro, sulle proprie sponde, fra le economie dell’Europa, dell’Africa e del Levante». Anche in tutto ciò la visione e il progetto politico di Piersanti Mattarella possono considerarsi ancora attuali e attuabili.
A distanza di quarant’anni, lo scorso 18 maggio 2016, il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con una consonanza di pensiero straordinaria con il fratello Piersanti, aprendo i lavori della prima Conferenza Italia – Africa, a Roma, alla Farnesina, ha detto: «L’Italia è per condizione geografica, storia e cultura, ponte tra l’Europa e l’Africa, un ponte libero da pregiudizi, rispettoso delle peculiarità degli interlocutori e pronto a un confronto pragmatico e aperto».
Ebbene, oggi l’Europa, come nel lontano 1955, vive una crisi profonda che è anche una crisi d’identità, peraltro aggravata anche dal voto di oltre la metà dei cittadini inglesi che non intendono, nelle condizioni attuali, proseguire il cammino intrapreso verso l’unificazione europea.
L’Europa di oggi non è quella sognata dai Padri fondatori, non è l’Europa che la gran parte dei cittadini europei ancora sogniamo. Il rischio d’implosione è più forte che mai.
Rischiamo che il sogno coltivato dall’indomani della Seconda guerra mondiale fino a oggi e diventato quasi realtà, nel giro dei prossimi mesi possa svanire irrimediabilmente.
Bisogna lavorare per un’unione politica e culturale dei popoli europei in una visione federalista abbandonando ogni logica plutocratica, gerarchica ed egemonica tra i Paesi membri; bisogna lavorare per un’Europa più umana, più solidale, più giusta, più sicura, capace di valorizzare ogni persona umana e di tutelarne la dignità nonché capace di aprirsi agli altri continenti con spirito costruttivo di pace e giustizia.
Per fare ciò occorre prendere senza indugi decisioni concrete e come avvenne nel 1955, ben potrebbe essere l’Italia ad assumerne l’iniziativa e perché no, oggi come allora, potrebbe essere la nostra Sicilia, centro del Mediterraneo, crocevia di mille culture, ponte tra Europa e Africa, punto di riferimento di ogni continente, ad ospitare i leader europei per rilanciare un concreto processo di unificazione dei popoli europei.
Il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella anche per la sua storia umana e politica potrebbe esserne il riferimento più credibile e autorevole.
Domani 23 luglio, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella compirà 75 anni e noi da questa straordinaria cornice, dalla nostra Agrigento, siamo lieti di fargli giungere i nostri auguri più fervidi e affettuosi, sperando di poterlo accogliere al più presto in questa splendida città, in questa valle suggestiva ricca di bellezza, di arte, di cultura, di amore e di solidarietà.       


 Giovanni Tesè


I  M  M  A  G  I  N  I







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