Giuseppe Carlo Marino, C’E’ DEL RAZZISMO IN UNA CITTA’ “ANTIRAZZISTA” COME PALERMO?

Conosco a fondo questa mia amata città alla quale, sono solito lanciare anatemi e che, di conseguenza, da sempre ritiene quasi abusiva la mia stessa condizione anagrafica che me ne fa severo, e spesso insoddisfatto e insoddisfacente, cittadino. E proprio perché a fondo la conosco e la amo - pur con orrore per quella presuntuosa feccia avida e rancida di “roba”, di macabro libertarismo e di incommensurabili astuzie per la vanità e per il potere che è la sua borghesia parassitaria (con il suo conforme ceto politico di “servi padroni”) - so bene che non esistono città che siano al pari di Palermo tanto radicalmente, per natura propria, estranee ad ogni forma di razzismo da non avvertire la necessità di perder tempo ed energie per proclamarsi “antirazziste”.
A Palermo l’antirazzismo è “naturale” e scontato, se non altro per il fatto che i suoi cittadini l’hanno secolarmente sùbito dall’esterno sulla loro bianca pelle, che è però una pelle di “siciliani”. Tuttavia, la recente aggressione di un giovane di colore da parte di una banda di bulli di quartiere suona l’allarme di un fenomeno che, per quanto “innaturale”, sembra che stia cominciando a svilupparsi. Come è possibile che questo accada? A pensarci bene, accade in conseguenza dell’influenza invasiva e pervertente di una “lezione del Nord” i cui insegnanti, i salviniani, i leghisti, sono appunto gente del Nord. Lo stesso potrebbe dirsi per l’incidenza (piuttosto modesta) che ebbero in Sicilia le leggi razziali del fascismo.

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