GIUSEPPINA FICARRA, Uno scambio di idee con Salvatore Vaiana su Facebook

che é diventato un dibattito aperto sulla cultura del popolo siciliano e sul movimento contadino.

Caro Salvatore,
partendo dal tuo "Il contadino dirigente" che si avvale dell’antica saggezza del contadino siciliano mi piace pensare al popolo siciliano del dopoguerra composto prevalentemente di contadini come un popolo saggio e non certo pervaso in larga parte di cultura mafiosa. A tale proposito ci viene in soccorso Giuseppe Carlo Marino precisando che non si tratta di una sua colpa o di “una qualche originaria affinità antropologica tra la cultura popolare siciliana e la mafiosità”. La cultura mafiosa del popolo siciliano è effetto di “EGEMONIA”. Cosi scrive infatti Giuseppe Carlo Marino:

SALVATORE VAIANA, Le riflessioni della compagna Ficarra sul sicilianismo

La recente benefica condanna a 7 anni di reclusione dell’on. Totò Cuffaro ha suggerito all’amica e compagna Giuseppina Ficarra, sensibile alla tematica sulla neorazzistica criminalizzazione dei siciliani come popolo culturalmente mafioso tout court, un interessante parallelismo con il processo all’on. crispino Raffaele Palizzolo, indiziato per l'assassinio del direttore del Banco di Sicilia Emanuele Notarbartolo.

EMANUELA ZUCCALA', Le signore dell'obiettivo

Letizia Battaglia, la madre. Shobha, la figlia. Condividono il legame “di pancia” con Palermo e l’etica (oggi sbiadita) delle immagini di cronaca. Ma soprattutto l’amore per la fotografia. Quella che può cambiare le cose

MARCO SCALABRINO, "U Principinu" di Mario Gallo

L’immagine scelta per la copertina è quella del principinu sull’asteroide B 612, il pianeta d’origine del principinu che è stato visto al telescopio, una sola volta, all’incirca nell’anno 1920 da un astronomo turco. Altrove abbiamo rintracciato quella del principinu che “approfittò, per venirsene via, di una migrazione di uccelli selvatici” o quell’altra del principinu nel “miglior ritratto che riuscii a fare di lui più tardi”. Quale comunque che essa sia, sono tutte immagini assai belle, le quali, è risaputo, sono creazioni dell’autore stesso di le petit prince, ovvero dell’aviatore-scrittore francese Antoine De Saint-Exupéry.

LUIGI FICARRA, Canicattì 1820 - Bronte 1860

Canicattì 1820

La fredda mattina del 25 febbraio 1821, cessato lo stato d’assedio iniziato a Canicattì il 23 dicembre 1820, furono trascinati via in catene, a seguito dei 1200 soldati comandati dal generale Roth, tredici contadini poveri, incatenati assieme ad alcuni artigiani, capi della rivolta del novembre 1820, di cui fra poco diremo.

ROSA FARAGI, Morte di un garibaldino scomodo

Giovanni Corrao
Il tre agosto del 1863, vicino ai mulini di Brancaccio, a circa quattro km dalla città di Palermo, Giovanni Corrao, mentre con il suo calesse si dirigeva verso la località di San Ciro, viene colpito alle spalle e al collo da colpi sparati da due sicari travestiti da carabinieri e muore sul colpo. Perché è importante questa data? E chi era la vittima?

ROSA FARAGI, Il Risorgimento a Prizzi

Prizzi entra nella storia del risorgimento per un piccolo giallo. Giuseppe Cesare Abba nel suo libro: “Da Quarto a Volturno”, che è una specie di diario della spedizione dei Mille, racconta: “ Villafrati, 26 giugno 1860. Ho visto partire in gran fretta il battaglione Bassini. A Prizzi, che deve essere un villaggio poco lontano, vi è gente che si è messa a far sangue e roba, come se non vi fosse nessuno a comandare. Se a Prizzi gli occorrerà di dover parlare di legge, ha nel battaglione i dottori a dozzine; se vorrà fare una arringa, i letterati gli stanno attorno; ma egli, ,breve e tagliente, parlerà con la spada. Chi laggiù ha le mani lorde badi ai fatti suoi.”

ROSA FARAGI, Le celebrazioni dell’Unità d’Italia a Prizzi. Riflessioni critiche


La manifestazione di sabato 5 giugno a Prizzi, rievocativa del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, intende porre l’attenzione sia sugli aspetti più conosciuti del Risorgimento, sia su quelli meno noti o sottaciuti.
L’obiettivo è quello di collocare i fatti nella giusta dimensione storica, ma anche e soprattutto di ampliarne la conoscenza ad un numero sempre maggiore di cittadini.
Tale manifestazione, inoltre, non vuole essere una semplice rievocazione, ma un momento critico di riflessione.

SALVATORE SULLI, Risorgimento, brevi considerazioni

L’evento celebrativo dei 150 dell’Unità d’Italia, nel magnifico scenario del centro storico di Prizzi, offre lo spunto per alcune brevi considerazioni.
La prima è che poco o nulla si sa del vero o presunto risorgimento a Prizzi nel giugno del 1860: conosciamo pochissimi documenti e qualche testimonianza indiretta, insufficienti però a stabilire un minimo di verità storica.

GIUSEPPE NATIVO, Carboneria a Ragusa?


Documenti archivistici ne attestano la presenza intorno agli anni '20 dell'Ottocento. Era una istituzione benefica e non eretica
La tematica, affrontata dalla professoressa Carmela Sgarioto in un suo contributo storico pubblicato sul settimanale “Ragusa Sera” del 25 aprile 1959, è riproposta ai lettori di Ondaiblea nell'ambito delle iniziative volte a far luce su alcuni aspetti, talora poco conosciuti e caduti nell'oblio della memoria, delle città iblee.

SALVATORE LO LEGGIO, La sinistra e la nazione. Che fare? In dialogo con Pietro Ancona

Non ho la gioia di conoscere di persona il compagno Pietro Ancona, so che come me proviene dall’Agrigentino e apprezzo molte delle cose che scrive nel blog che cura e che ha titolato con doloroso acume “Medioevo sociale”. Mi scuserà pertanto se in questo intervento manifesterò anche nei suoi confronti taluna delle mie pignolerie da insegnante in pensione. E’ un difetto che di quando in quando mia figlia mi fa notare (“ma perché fai sempre il prof?”), ma che forse è incorreggibile.
Entro subito nel merito: un recente intervento di Ancona, dal titolo Nazionalismo della "sinistra" italiana, mi pare dettato più dal rancore (giustificatissimo ma sterile) che dal rigore; la linea di meridionalismo che ne risulta è, di fronte all’aggressività del leghismo, sbagliata e perdente.
D’Ancona comincia con: “La sinistra italiana è sempre stata patriottica e nazionalista”. Quel “sempre”, a mio parere, non ha fondamento.

GIUSEPPE CARLO MARINO, 1968-1977 Il lungo Sessantotto

Il «lungo Sessantotto». La definizione ha una significatività storiografica specificamente italiana. Infatti, in Italia, diversamente da altri paesi, il Sessantotto fu un fenomeno di lunga durata preceduto dall’inquieta età degli anni Cinquanta (segnata nel mondo giovanile dalle mode esistenzialiste e dalle accensioni creative della cosiddetta beat generation), e destinato a prolungarsi in avanti nel tempo, per un decennio ed oltre, riattivandosi in forme esplosive nel 1977, per poi esaurirsi lentamente, quasi per stanchezza dei suoi protagonisti e soprattutto per l’imbarbarimento progressivo delle sue istanze originarie nella tragica stagione del terrorismo, indicata altrimenti, e certo a ragione, come la «notte della Repubblica».

GIUSEPPE CARLO MARINO, Brigantaggio meridionale e "guerra di classe" dopo l'Unità (1861-1870)

Uno storico, che lo sia pure per mestiere, non scrive a freddo di storia, soprattutto se è invitato a farlo in un clima di giudizi contrastanti e di risorgenti passioni qual è certamente quello che sta contrassegnando il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia.

VINCENZO GUZZO, Riflessioni sul senso attuale della Storia

(Pubblicato dall'autore su Facebook).Cari Amici, alcuni giorni fa ho scritto al prof. Marino sul senso attuale della Storia e molto cortesemente, mi ha risposto subito. Vi passo la nota perchè potrebbe venir fuori un dibattito interessante.

VINCENZO GUZZO, Unità perduta?

La retorica risorgimentalista ha fatto di tutto per porre nell'oblio Bronte e la cosiddetta lotta al brigantaggio che fu anche pretesto per eliminare militarmente quegli oppositori che si erano dati alla macchia. Ma la storia ci ha sempre messi di fronte a fatti del genere e, ovviamente, ciò riguarda tutti gli sconfitti di tutti i tempi e di tutti i luoghi.
Fin quando ci fu il "miracolo economico" il Nord, ostentando sempre puzze sotto il naso, sfruttò alla grande la nostra manodopera. Da più di una quindicina di anni ha cambiato atteggiamento (non gradisce più nè le nostre braccia nè le nostre menti, lo stesso vale quelle straniere). L'attuale crisi risale proprio a quel periodo e solo oggi assume connotati drammatici. Oggi la ricchezza prodotta è al lumicino e le regioni ricche la vogliono per sè. Ma se ogni nazione ragionasse in questo modo, nell'attuale processo di globalizzazione, scomparirebbe dal contesto internazionale e la sedicente Padania sarebbe poco più che una presunzione geografica in uno scenario di crisi economica assolutamente inedito. Il Sud starebbe anche peggio ma cui prodest? Se ne avvantaggerebbero i detentori di grandi capitali che investirebbero altrove senza curarsi troppo del vuoto lasciato dal crollo dalla piccola e media impresa. No! L'unità d'Italia, in ultima analisi, serve a tutti. Il provincialismo viscerale è tanto ottuso quanto dannoso anche nei confronti di chi lo va sbandierando. L'Italia pretendeva qualche anno fa di essere tra le prime dieci potenze mondiali. Il separatismo farebbe precipitare le nuove realtà ex italiche in una assoluta crisi di identità nel contesto europeo e mondiale. Il delirio antinazionale lo si è attribuito, per decenni, alla sinistra. Ora ci viene anche da destra. Proprio adesso che la globalizzazione (che non è internazionalismo) dischiude opportunità e problemi del tutto nuovi che possono essere affrontati egregiamente da uomini come Obama e non da mediocri nanerottoli impazziti.

Vincenzo Guzzo

VINCENZO GUZZO, Il Risorgimento tra archetipo e storia

Da un punto di vista di filosofia della storia non appartiene certo alle caratteristiche del rigore una lettura teleologica, destinale degli eventi storici.
Piuttosto è da considerare come importantissima acquisizione la lettura fenomenologico – culturale. Infatti non credo che la storia abbia dei fini da conseguire e non è riconoscibile nessuna rigida struttura lineare. Ogni evento si sviluppa in una sua sfera realizzativa in cui sembra esaurirsi ma invece, in qualche modo, si espande in una sfera più ampia e si salda sempre ad altri eventi, in una successione infinita di concatenazioni che costituisce la memoria dell’intera umanità.
Per anni abbiamo considerato la storia solo come prodotto dei processi economici e prima ancora la si valutava solo in relazione al ruolo di determinati soggetti individuali e collettivi. Ma una lettura più efficace comprende metodi più completi e riferimenti interdisciplinari ben più complessi rispetto a quelle semplificazioni che le facili letture ideologico – confessionali comportano. Il suo senso profondo si fonda sulla considerazione di un divenire che contempla anche dei “ritorni” i cui riscontri sono innegabili e in cui si intrecciano mutazioni e somiglianze, ma giammai identità.
Per esemplificare, possiamo auspicare che queste premesse possano trovare autorevoli applicazioni anche al Risorgimento italiano, proprio quest’anno in cui ricorre il 150° anniversario dell’impresa garibaldina in Sicilia per non parlare del prossimo anno in cui ricorre quello dell'unità d'Italia.
Per troppo tempo il Risorgimento italiano è stato affrontato con mere celebrazioni che, il più delle volte, si sono retoricamente e stancamente sovrapposte alla sua grande portata storica. Occorre collocarsi al di sopra di qualunque tipo di speculazione politico – ideologica poiché la platea degli storici non può essere costituita da tifoserie contrapposte (anche se lo storico ha il diritto di coltivare una propria visione della politica ma non quello di rappresentare la sua opzione politica al posto della Storia) ma da soggetti a cui sta a cuore la conoscenza degli eventi, delle fonti, dei contesti valutati da tutti i punti di vista culturalmente rilevanti (economia, politica, arte, scienze, ecc.). Ciò è davvero importante in un momento in cui nel nostro paese, pur essendosi realizzata una buona condivisione, tra parti politiche tradizionalmente diverse, circa l’importanza che il processo di unificazione ha avuto, ci si trova tuttavia, soprattutto nel Nord, di fronte ad una fortissima ostilità intorno ai valori dell'unità e dell'uguaglianza tra i cittadini e ciò anche aldilà di possibili e più o meno plausibili ipotesi confederali. Detta ostilità è emersa anche al Sud ma con documentazioni di orrori che la storia ufficiale ha preferito tacere per motivi non storici ma politici.
L’Unità era, tuttavia, il percorso che la storia imponeva. I movimenti di riscatto nazionale dilagavano in molti paesi e a lontanissime latitudini. Il punto non era e non è quello di giudicare buoni o cattivi i perdenti. Soggetti politici come i Borboni, il Papa, il Granduca di Toscana, l’Imperatore asburgico, persero perché si muovevano al di fuori, o pesantemente, contro le forti correnti che caratterizzavano quella cultura che era già diventata dominante all’interno della crescente borghesia e degli intellettuali di ogni ceto. Si erano messe in moto energie di riscatto o di fondazione delle identità nazionali che influirono in modo determinante nell’inconscio collettivo, come diremmo oggi. Significativo esempio ne è Giuseppe Garibaldi, il cosiddetto eroe dei due mondi, che proprio in entrambi gli emisferi del globo e in realtà culturali e contestuali anche molto diverse tra loro, lottò per quegli ideali, assurgendo (anche aldilà dei suoi effettivi meriti) ad archetipo planetario degli eroi ottocenteschi.
Se si considerasse di più il ruolo dell'inconscio collettivo nelle vicende storiche dell'umanità, non solo ci si renderebbe conto delle ragioni o delle mozioni del fluttuare delle civiltà umane, ma si renderebbe un servizio di consapevolezza anche all'antropologia oltre che alla storia. Ecco perchè l'utopia è solo molla ingenua ma non consapevole. Io posso sognare il mondo che mi pare ma, in politica, non posso pretendere di piegare ai miei comodi, ai miei capricci, alla mia umoralità, alla mia incongrua visione del mondo e dei rapporti umani e civili, una intera nazione cercando di estendere il mio delirio e i miei appetiti all'intero pianeta.
Oggi la globalizzazione è un fatto ineluttabilmente consolidato, esattamente come furono un fatto altrettanto cogente le riscosse nazionali del 19° secolo e poi quelle sociali del 20°.
Comprendere quanto e come l'irrazionale possa fare irruzione nei destini dell'uomo e della sua storia, dovrebbe essere il compito di studiosi sempre meno specialisti e in forte recupero di conoscenze integrate, di sinergie interdisciplinari.
Vincenzo Guzzo

VINCENZO GUZZO, Nesso tra politica, religione, società e mafia

Desidero prendere lo spunto dalle riflessioni del prof. Marino (riportate nelle immagini allegate) per esporre ciò che, secondo i miei punti di vista, può essere il nesso tra politica, religione, società e mafia. L'argomento, in realtà, è sterminato ma mi muoverò solo per considerazioni generali e per concetti quasi schematici.

PIERO NAPOLI, Canicattì ed i Bonanno

Il legame tra la terra di Canicattì e la casa Bonanno copre un arco temporale di tre secoli ed, analogamente con quanto avvenne in altri centri feudali dell’isola, si presenta forte allorquando il signore risiede nel suo feudo mentre si attenua sino scomparire quando se ne allontana. Per comprendere come questa famiglia si sia innestata nel percorso storico locale è necessario andare indietro nel tempo.
Le origini della terra di Canicattì sono incerte e mancano riscontri documentali.

VINCENZO GUZZO, La Sicilia verso l'Europa: un percorso lentissimo e tormentato

La storia, secondo me, è una disciplina complessa perché tenta di prefigurarsi il vero o l'attendibile tra le situazioni e le vicende che il tempo, nel suo trascorrere, offre alla nostra attenzione e di raccontarlo minuziosamente. Tutto ciò assieme al tentativo di comprendere il senso di ciò che accade e di ciò che siamo.


Prima di ogni altra considerazione è necessario fare un breve ma indispensabile riferimento al tempo in cui la Sicilia si pose nei fatti come interlocutrice di primo piano a livello europeo.
E’ opportuno ricordare che durante i due secoli di dominazione mussulmana, la Sicilia era tornata ad essere centro economico, politico e culturale, di rilievo, nel Mediterraneo e non lo era stata più dal tempo felicissimo della colonizzazione greca.

ELISA MANDARA', "La via breve porta a Guadagnino"

(Pubblicato in "La Sicilia", 28 marzo 2010).

DOMENICO CARA, "Lettera su Trasmutazione"

Milano 3 febbraio 2008

Gentile avv. Guadagnino,
perdoni il…vasto ritardo nella risposta che Le invio sulla lettura di Tramutazione.
Indubbiamente ho letto, riletto e chiosato il testo e - quindi - amato il consecutivo ritmo dei versi, la parola appassionata e disponibile all’attenzione del lettore, oltre che l’insistente carezza e la docilità della rima. C’è una lingua priva di scempi e di altre alterità sperimentali, il canto malinconico (non negletto) ha propositi concettuali attenti al vissuto e al sogno di una scrittura che sceglie la levità piuttosto che le esperienze dell’urto specioso o le intime astrazioni.

DIEGO GUADAGNINO, "Piccolo giudice"

(Pubblicato in I. Abate, Il piccolo giudice. Fede e giustizia in Rosario Livatino)


DIEGO GUADAGNINO, "La santità reietta"

Volentieri ho accettato l'invito del professor Gaetano Augello a scrivere questa nota introduttiva alla biografia di monsignor Angelo Ficarra, che, per le qualità e lo spessore della sua personalità, il passare degli anni rende sempre più vicino alla sensibilità e alle problematiche dei suoi posteri. Se il volumetto sciasciano, sulla nota vicenda della sua rimozione da vescovo della diocesi di Patti, lo ha fatto conoscere al grande pubblico, la biografia scritta adesso da Augello, pregevole per la ricchezza di documenti consultati e di notizie raccolte, rivela gli aspetti intimi dell'uomo, il prestigioso retaggio culturale, le scelte che ne hanno segnato la vita, dandoci così un'opera destinata a diventare punto di riferimento imprescindibile per quanti in futuro si vorranno cimentare con la figura e l'opera di Angelo Ficarra.

DIEGO GUADAGNINO, "Le stagioni della vita"

Pubblicata in “ARCHIVIO“ (n. 9, Padova, 2006)- mensile di arte, cultura, antiquariato, collezionismo e informazione di Mantova.

“La convenzionale semplificazione delle biografie, limitata in genere agli eventi esteriori, ben poco sa dirci delle esperienze che concorrono a formare la memoria di un uomo, a forgiarne l’identità. Solo l’arte e la poesia riescono a riscattare alla chiarezza la sostanza dei giorni, dei momenti più significativi di una vita, e quella che siamo soliti chiamare ispirazione non è che la grazia dell’accesso a una dimensione visiva e percettiva da cui ci distoglie il fuggire quotidiano da noi stessi.

DIEGO GUADAGNINO, "Salvatore Fratantonio. Nel mare nel mio tempo "


DIEGO GUADAGNINO, "Presentazione a Ville di Bagheria e dintorni di Ezio Ferreri"

VILLE DI BAGHERIA E DINTORNI - fotografie di Ezio Ferreri: in esse staremmo invano a cercare quella che Walter Benjamin, riferendosi «all’andatura della gente, al loro contegno nel frammento di secondo in cui si allunga il passo», chiama «la natura diversa da quella che parla all’occhio»: nelle fotografie di Ferreri, in queste fotografie, non vi sono persone e, quindi, non vi sono frammenti di secondo vibranti di folgorazioni su un gesto, su un’espressione fermati per sempre dall’obiettivo e offerto alla intelligenza dell’inconsueto nel consueto.

DIEGO GUADAGNINO, "Le parole poggiate sulla realtà"

Pubblicato in Salvatore Vaiana, Il contadino dirigente, Avanzato Editore, Canicattì (AG) 2008.



Nel 1944, all'indomani dello sbarco alleato in Sicilia, Domenico Messina ha ventotto anni, si iscrive al PCI e partecipa all’occupazione delle terre. È un bracciante la cui coscienza di classe e l’innato carisma ne fanno subito un capo, un leggendario dirigente di quel vasto movimento che fece parlare di “contadinismo”.

SALVATORE VAIANA, "Il paradossale accostamento fra un pittore geosurrealista e un contadino dirigente"


Salvatore Fratantonio nasce l’1 febbraio 1938, a Modica, dove, appena adolescente, comincia ad appassionarsi alla pittura. Successivamente, da autodidatta studia arte contemporanea a Roma. Qui sviluppa una tecnica e un’espressione artistiche originali, riconosciute da numerosi critici, fra cui Diego Guadagnino, un fine poeta e acuto intellettuale siciliano che più di altri ne individua la cifra nel peculiare legame, metastorico ma vitale, con alcune forme della sua isola felice: «Il suo mondo, coeso da una esemplare fedeltà tematica pur nella variegata gamma espressiva delle sue stagioni creative, rimane quello della solitudine felice, lontana dalle interferenze dell’alterità, tagliata fuori da ogni contaminazione del divenire storico.

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