Prizzi entra nella storia del risorgimento per un piccolo giallo. Giuseppe Cesare Abba nel suo libro: “Da Quarto a Volturno”, che è una specie di diario della spedizione dei Mille, racconta: “ Villafrati, 26 giugno 1860. Ho visto partire in gran fretta il battaglione Bassini. A Prizzi, che deve essere un villaggio poco lontano, vi è gente che si è messa a far sangue e roba, come se non vi fosse nessuno a comandare. Se a Prizzi gli occorrerà di dover parlare di legge, ha nel battaglione i dottori a dozzine; se vorrà fare una arringa, i letterati gli stanno attorno; ma egli, ,breve e tagliente, parlerà con la spada. Chi laggiù ha le mani lorde badi ai fatti suoi.”
Chi era questo colonnello Bassini che doveva riportare l’ordine a Prizzi? Angelo Bassini era nato a Pavia, il 29 Luglio 1815, e morì ivi, il 3 gennaio 1889.
Dopo aver disertato dall’esercito austriaco, prese parte alla prima guerra di indipendenza nel 1848 e alla difesa di Roma l’anno successivo. Nel 1859 fu con Garibaldi nella seconda guerra di indipendenza. Nel 1860 gli fu assegnata l’ottava compagnia, che aveva una caratteristica particolare: era formata quasi esclusivamente di bergamaschi, molti dei quali erano laureati in medicina e in legge.
Garibaldi stesso la definì la compagnia di ferro. Nella battaglia di Calatafimi, si comportò eroicamente, subendo ben 7 morti e 21 feriti (nel complesso in tale battaglia, i garibaldini ebbero 25 morti e 99 feriti gravi, 8 dei quali morirono in seguito). Cesare Abba descrive così il Bassini: “Questo brontolone, gaio, senza cingilli, di corteccia grossa, ha un cuore che parla dalla faccia burbera e bonaria…avrà forse un mezzo secolo ormai, eppure è più giovane di noi…i suoi ufficiali, tutti signori di Lombardia, gli stanno sotto come un padre. In un altro libro, “La Storia dei Mille”, sempre Cesare Abba, parlando del Bassini, lo continua a descrivere come una persona che sapeva poco, discorreva poco, ostinato nell’idea che si piantava nel corpo. Era però coraggioso e generoso e i suoi uomini lo rispettavano. Sempre Cesare Abba, ritorna nel suo “Diario” a parlare di Prizzi, precisamente a Roccapalumba, nel 1860, in questo modo: “Bassini ci ha raggiunto, mortificato lui, gli ufficiali e i soldati. Furono accolti a Prizzi come principi: luminarie, cene, balli e belle donne che gridavano ancora da lungi: benedetti! beddi!”
Perché si era sparsa la voce che a Prizzi stavano succedendo “cose di sangue e roba”? Probabilmente, i possidenti e i nobili locali, vedendo le autorità borboniche abbandonare il paese e, temendo per le loro vite e le loro proprietà, chiesero l’intervento dei garibaldini. Certamente esagerarono non poco, nella speranza che la loro richiesta di aiuto fosse esaudita prontamente, e infatti, ottennero il risultato che volevano. I garibaldini del colonnello Bassini accorsero prontamente, ma trovarono una situazione diversa da quella che si aspettavano; infatti, due giorni dopo, si unirono al grosso delle truppe a Roccapalumba mortificati. Che Bassini non fosse un tenero, lo dimostra il fatto che qualche giorno dopo, precisamente il 3 luglio fu inviato a Resuttano, dove questa volta, non trovarono ad accoglierlo “cene, balli e belle donne”, ma colpi di fucile e una folla inferocita, sobillata dai latifondisti e dai nostalgici borbonici. Questa volta la repressione fu dura; sembra, infatti, che vi furono 11 morti da parte dei manifestanti.
Tornando a Prizzi, lo spirito del Risorgimento fu accolto dai prizzesi con grande entusiasmo e con grande speranza, ma tali speranze, ben presto, si trasformarono in profonda delusione; infatti, il 17 settembre 1866, Prizzi si rivoltò contro i piemontesi. Ma questa è un’altra storia, che rientra nelle speranze tradite del Risorgimento, che è alla base della “questione meridionale”.
Rosa Faragi
Chi era questo colonnello Bassini che doveva riportare l’ordine a Prizzi? Angelo Bassini era nato a Pavia, il 29 Luglio 1815, e morì ivi, il 3 gennaio 1889.
Dopo aver disertato dall’esercito austriaco, prese parte alla prima guerra di indipendenza nel 1848 e alla difesa di Roma l’anno successivo. Nel 1859 fu con Garibaldi nella seconda guerra di indipendenza. Nel 1860 gli fu assegnata l’ottava compagnia, che aveva una caratteristica particolare: era formata quasi esclusivamente di bergamaschi, molti dei quali erano laureati in medicina e in legge.
Garibaldi stesso la definì la compagnia di ferro. Nella battaglia di Calatafimi, si comportò eroicamente, subendo ben 7 morti e 21 feriti (nel complesso in tale battaglia, i garibaldini ebbero 25 morti e 99 feriti gravi, 8 dei quali morirono in seguito). Cesare Abba descrive così il Bassini: “Questo brontolone, gaio, senza cingilli, di corteccia grossa, ha un cuore che parla dalla faccia burbera e bonaria…avrà forse un mezzo secolo ormai, eppure è più giovane di noi…i suoi ufficiali, tutti signori di Lombardia, gli stanno sotto come un padre. In un altro libro, “La Storia dei Mille”, sempre Cesare Abba, parlando del Bassini, lo continua a descrivere come una persona che sapeva poco, discorreva poco, ostinato nell’idea che si piantava nel corpo. Era però coraggioso e generoso e i suoi uomini lo rispettavano. Sempre Cesare Abba, ritorna nel suo “Diario” a parlare di Prizzi, precisamente a Roccapalumba, nel 1860, in questo modo: “Bassini ci ha raggiunto, mortificato lui, gli ufficiali e i soldati. Furono accolti a Prizzi come principi: luminarie, cene, balli e belle donne che gridavano ancora da lungi: benedetti! beddi!”
Perché si era sparsa la voce che a Prizzi stavano succedendo “cose di sangue e roba”? Probabilmente, i possidenti e i nobili locali, vedendo le autorità borboniche abbandonare il paese e, temendo per le loro vite e le loro proprietà, chiesero l’intervento dei garibaldini. Certamente esagerarono non poco, nella speranza che la loro richiesta di aiuto fosse esaudita prontamente, e infatti, ottennero il risultato che volevano. I garibaldini del colonnello Bassini accorsero prontamente, ma trovarono una situazione diversa da quella che si aspettavano; infatti, due giorni dopo, si unirono al grosso delle truppe a Roccapalumba mortificati. Che Bassini non fosse un tenero, lo dimostra il fatto che qualche giorno dopo, precisamente il 3 luglio fu inviato a Resuttano, dove questa volta, non trovarono ad accoglierlo “cene, balli e belle donne”, ma colpi di fucile e una folla inferocita, sobillata dai latifondisti e dai nostalgici borbonici. Questa volta la repressione fu dura; sembra, infatti, che vi furono 11 morti da parte dei manifestanti.
Tornando a Prizzi, lo spirito del Risorgimento fu accolto dai prizzesi con grande entusiasmo e con grande speranza, ma tali speranze, ben presto, si trasformarono in profonda delusione; infatti, il 17 settembre 1866, Prizzi si rivoltò contro i piemontesi. Ma questa è un’altra storia, che rientra nelle speranze tradite del Risorgimento, che è alla base della “questione meridionale”.
Rosa Faragi
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