Università di Palermo, 27 giugno – 1 luglio 2017
1. Notizie bio-bibliografiche su Filippo Orioles
Il nome del palermitano Filippo Orioles
(1687-1793) è rimasto legato soprattutto al Riscatto
d’Adamo. Tuttavia, di lui sono conservate anche altre opere, di cui
talvolta sopravvivono soltanto i titoli. Tra i drammi si ricordano, oltre al Riscatto, almeno dieci testi. In realtà
due di queste opere drammatiche sono riconducibili al Riscatto: L’amor trionfante
sembra semplicemente un titolo alternativo, che allude fra l’altro all’ultimo
verso del Riscatto (“Redento è Adamo
e trionfò l’Amore”); anche La servitù
disciolta consiste in una versione ridotta e rimaneggiata del Riscatto. Nel suo Teatri di Napoli Croce parla di rappresentazioni del Riscatto che risalgono addirittura al
1731, cioè a quasi venti anni prima della edizione del 1750.
2. Fortuna del Riscatto
L'edizione del 1750 segnò una
svolta definitiva nel successo del Riscatto. L'opera — per dirla con il
Pitré— «acquistossi celebrità in tutta l'isola» (15) e parve la migliore fra
tutte le varie passioni di Gesù Cristo.
I lavori a stampa, come dice il Mira, edizioni «pessime e deturpate che
conviene meglio tacerle e lasciarle alla dimenticanza». (154) Oltre che con il
titolo di Riscatto, uscivano anche
con il titolo popolare di Martorio o Passione di Gesù Cristo, spesso senza
l'indicazione del nome dell'autore. Il Riscatto,
inoltre, fu divulgato tramite copioni manoscritti che presto invasero molti
paesi della Sicilia e furono e sono tuttora conservati gelosamente come copie
originali e uniche”.
A dimostrazione della sua popolarità ai nostri giorni, il Riscatto ha trovato una degna
collocazione anche nella narrativa di Leonardo Sciascia e precisamente nelle
pagine conclusive di A ciascuno il suo:
«—[...] e di quel povero professore
Laurana—continuò il commendatore—che è scomparso come Antonio Patò nel Mortorio.
Cinquant'anni
prima, durante le recite del Mortorio, cioè
la Passione di Cristo secondo il cavalier D'Orioles, Antonio Patò, che faceva
Giuda, era scomparso, per come la parte voleva, nella botola che puntualmente,
come già un centinaio di volte tra prove e rappresentazioni, si aprì: solo che
(e questo non era nella parte) da quel momento nessuno ne aveva saputo più
niente; e il fatto era rimasto in proverbio, a indicare misteriose
scomparizioni di persone e di oggetti». (134)
Andrea
Camilleri prende spunto dal finale sciasciano per La scomparsa di
Patò, alla cui base è appunto il Mortorio dell’Orioles. Nel Campo del Vasaio il
Commissario Montalbano risolve il caso grazie alla lettura di un romanzo di
Camilleri in cui viene rappresentata la passione di Cristo.
La
fortuna critica del Riscatto è frutto anche di un’attenzione costante e scrupolosa nei confronti
della Bibbia, che ha portato al tacito consenso o almeno alla non-opposizione
della Chiesa alle rappresentazioni del testo dell’Orioles, soprattutto se
queste sono coordinate con i riti del triduo pasquale. Inoltre, l’osservanza
dei precetti classici relativamente alla tragedia, la semplicità, la
compostezza narrativa e la possibilità di una imponente messinscena hanno
contribuito in maniera significativa alla fortuna dell’opera.
IL SUCCESSO: EDIZIONI,
RIFACIMENTI, RAPPRESENTAZIONI
Le innumerevoli edizioni e ristampe, i
rifacimenti e le continue rappresentazioni del Riscatto che si sono susseguite fino ad oggi testimoniano quanto
questo testo fosse apprezzato e richiesto. Quantifichiamo il successo del Riscatto con il seguente quadro,
premettendo subito che, con l’avanzare delle ricerche, questo elenco si
arricchirà di nuove acquisizioni:
§ Edizioni a stampa – 21
§ Rifacimenti – 4 (Gaetano Salomoni,
Antonino Crea, Antonino Selvaggio, Salvatore Valenti-Chiaramonte)
§ Versione in prosa – 1 (Edmondo Corselli)
§ Rappresentazioni e copioni – annuali rappresentazioni in
molti paesi dal 1730 fino ai giorni nostri, incluse marionettistica e teatrini
popolari; centinaia di copioni; consultati oltre 30 copioni
3. Le riscritture
La presente relazione prende in esamina due forme di
riscrittura del Riscatto dell’Orioles:
quella autoriale e quella da parte di terzi, entrambe dettate dal successo dell’opera.
4. Le riscritture autoriali
Il discorso sulla
riscrittura autoriale del Riscatto è legato alla datazione dell’opera. Il
notevole successo tipografico dell’edizione del 1750, determinato dal fatto che
i primi editori basarono su di essa le loro ristampe, riconoscendola così
tacitamente quale testo ufficiale, ha portato i critici, anche se a volte con
dovute riserve, a vedere in essa l’editio
princeps. Pur senza disconoscerne l’importanza, io non credo che questa sia
stata la prima: infatti, che l’opera
fosse stata stampata anteriormente lo si sospetta dalla dedica del 1750
(edizione rarissima, copia “ignota a’ nostri bibliografi”, scrive il Pitrè),
nella quale si legge:
Rinasce da’ Torchj questa mia
Sacra Rappresentanza della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, con diversa
idea e con altro aspetto dalla prima. [...] Avendo dunque Io sempre presente
quella pronta soddisfazione, colla quale voi interveniste alle recite di quella
prima mia Rappresentazione fatta in questa Città, spero che da voi debbasi
gradire lo stesso componimento, che vi presento da me rinnovato.
Eventuali dubbi sull'esistenza di una o più edizioni
anteriori a quella del 1750 vengono fugati dalla considerazione della fortuna
delle rappresentazioni del Riscatto prima
del 1750. Il Pitré afferma che «prima della metà del sec. XVIII il Riscatto di Adamo era
stato recitato più e più volte in Palermo». (16) L'Orioles stesso nella
sopracitata dedica parla di «recite di quella mia prima Rappresentazione» e di
un «componimento, [...] rinnovato». Nelle Siculae
sanctiones, in una lettera datata 20 marzo 1750, il Viceré La Viefuille informa
il capitano della città di Palermo di aver accordato ad una compagnia di
dilettanti comici «la licenza di rappresentare il mortorio di N. S. nella
Chiesa di S. Pietro Martire» e gli chiede «d'invigilare, e curare, che non
succedessero inconvenienti».
Recite del Riscatto non
furono effettuate soltanto a Palermo, ma persino a Napoli. Il Croce, nei Teatri di Napoli, si riferisce a
rappresentazioni dell'Opera della passione di Gesù Cristo dell'Orioles
nel 1751, 1739, 1738 e 1731, ovvero quasi vent'anni prima della edizione del
1750:
Le notizie forniteci dal Croce non lasciano adito a dubbi
sul fatto che il Riscatto esistesse
già nel 1731 e, quasi certamente, anche prima. Ma si tratta però dello stesso
testo della edizione del 1750? Se da una
parte non dovrebbe sorprendere il fatto che il Riscatto sia identificato con titoli popolari quali Mortorio,
Martorio, Opera della passione di Gesù Cristo, Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, d’altra
parte colpisce il fatto che lo stesso Orioles abbia dato alla sua opera titoli
diversi: Riscatto, Servitù disciolta e Amor trionfante e
fors’anche Sacra Rappresentanza della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo.
Dai diversi titoli risulta manifesta
l’intenzione dell’Orioles di mettere l’accento non tanto sulla rappresentazione
meccanica e cronologica degli eventi della passione del Salvatore quanto
sull’idea che Cristo con la sua morte ha redento l’uomo e lo ha liberato con il
suo amore dalla schiavitù del peccato commesso da Adamo. Che queste siano le
intenzioni tematiche dell’autore lo si rileva quasi ad ogni scena. Nel Getsemani, per esempio, l’Angelo così si
rivolge a Cristo:
ANGELO AL RISCATTO D’ADAMO
altro sangue non
giova; è solo it tuo.
Corri, che temi
ormai?
Vittima e sacerdote
essere dovrai. (I.12: 1152-1165)
Nel planctus finale
della tragedia, Maria annunzia al mondo che la redenzione è già compiuta:
MARIA Mortali,
il figlio mio
Fatto è già Salvatore
Redento è Adamo e trionfò l’amore.
Nell’epilogo – dal
titolo Il sole dall’ombre nella
resurrezione di Gesù Cristo – il concetto è ribadito prima da Giovanni e poi
dallo stesso Cristo risorto:
CRISTO Goda,
goda il mortal: l’orrida colpa
Cancellai col mio sangue. (Il sole dall’ombre, 177-178)
Tuttavia, che ai titoli Amor trionfante e Sacra Rappresentanza della Passione di Nostro Signore
Gesù Cristo sia
da associare una riscrittura o delle riscritture della tragedia è tutto da
assodare, in quanto non si trovano i testi. Il titolo Sacra Rappresentanza
della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo viene solo menzionato nella
prefazione già citata dell’edizione del 1750 e può anche essere interpretato
come argomento dell’opera e non come titolo. Il titolo Amor Trionfante è
menzionato nella dedicatoria alla Notte in giorno dello stesso Orioles.
Per la Servitù disciolta nella morte di Gesù Cristo si tratta però di riscrittura, di complessa
riscrittura della tragedia. La
Servitù disciolta, poco sconosciuta agli studiosi dell’Orioles, fu pubblicata
nel 1751, appena un anno dopo dell’edizione princeps del Riscatto, presso lo stesso editore. I motivi che hanno portato
l’Orioles alla riscrittura del Riscatto
non sono menzionati nella dedicatoria, dove però si parla di ristampa.
Secondo me, non si
può non considerare la possibilità che l'Orioles, non soddisfatto della veste
artistica del Riscatto, abbia deciso di
migliorarla nella sua forma poetica. Ci
sembra invero che come tragedia La
servitù disciolta sia meglio riuscita, in quanto sfoltita di alcune scene e
resa meno pesante con tagli di versi e con meno nozionismo biblico. Il prologo è diverso, alcune scene sono state
ridotte nel numero dei versi (la scena del Sinedrio – I,1 – presenta oltre 100
versi in meno), altre sono scomparse (I, 7; II, 14-16; III, 3); altre ancora
fuse (III, 8-9); un’altra del tutto nuova (III, 6).
4. Le riscritture “altre”, ovvero furti,
riscritture, rifacimenti
Si sono identificati 4 rifacimenti del
Riscatto. Tre di essi sono stati scritti
su commissione, in un periodo di tempo brevissimo e tenendo presente le esigenze
di un dato pubblico. Considerata la
brevità del tempo a loro disposizione e per rispettare i termini di scadenza,
gli incaricati hanno preferito rielaborare il testo del Riscatto anziché creare
un’opera completamente nuova.
Il primo rifacimento è La passione di Gesù
Cristo Signor Nostro (Napoli 1756).
Nella carta di guardia iniziale, scritto a mano (la scrittura sembra del
Vigo), si legge: «Questo Martorio di G. C. è stato composto con versi nuovi sul
tipo del Riscatto di Adamo di Filippo Orioles. La disposizione delle scene è
quasi identica». Inoltre, nel messaggio All’amico lettore, viene
dichiarato esplicitamente che di originale vi è solo il Prologo e poche altre
scene:
Sai poi a qual strettezza di tempo si dovette
consegnare la presente rappresentazione, quale, per essere carica di Apparenze
grandi, e di molti personaggi, e per doversi accrescere, ed adornare d’un nuovo
prologo e dell’ultime, ed altre scene, altro tempo chiedeva: basta solo questo
riflesso per esiggere tutto il tuo benigno compatimento.
Che questa rappresentazione sia basata sul Riscatto
è lapalissiano. A mo’ di esempio, bastino i due versi della prima scena:
ORIOLES Sacerdoti,
pastore, e come? Oh Dio!
dovrà morir chi non
ha colpa? [...]
RIFACIMENTO Sacerdoti,
pastore, ah come, oh Dio!
Dovrà morir, chi
morir non merta!
Il secondo rifacimento è la Passione di
Gesù Cristo Signor Nostro di Gaetano Salomoni e Castelli (Palermo 1783).
Nella nota l’autore al pubblico il Salomoni confessa «i suoi furti e si scusa»:
Un preciso comando, un tempo limitatissimo, e
breve, meno di quindeci giorni, l’idea di non dare al torchio questa mia
Composizione, la mia funestissima situazione, e più un’ordine espresso di
servirmi nello sceneggiare d’un certo autore, furono le molli attrici, per le
quali non potei volermi tutto del mio.
Il Pitré identifica l'autore in questione con Pietro Mancuso da Leonforte
(1636-1713) solo in base al fatto che è il solo drammaturgo ad essere
menzionato nella prefazione del Salomoni. Il Pitré cade in errore, in quanto da
un semplice controllo dei testi risulta evidente che il modello seguito dal
Salomoni è il Riscatto dell'Orioles. I
«furti» del Salomoni non sono comunque così
evidenti come egli vuol fare credere, in quanto servendosi dell’Orioles ne
rimaneggia i versi e cerca di migliorare la tragedia da un punto di vista della
verosomiglianza. Di questo il Samomoni è
conscio:
Prevengo
che non ho potuto rendermi intieramente schiavo di quell’autore, che mi fu dato
in vista nel regolamento delle scene. Dove ho potuto sfuggirlo, non ho lasciato
di farlo. Que’ soliloqui, quelle Scene posticce, che non conghiudono, e che
portano i spettatori all’infelice stato d’inazione, sono state da me rigettate.
Il terzo rifacimento è Il Mortorio
del Nazareno ossia trionfo, passione e risurrezione di Cristo di Antonino
Selvaggio (Palermo 1865). L’opera, anche
perché in prosa, si discosta alquanto dal Riscatto,
anche se è evidente che il suo autore conosceva la tragedia dell’Orioles e ne
avesse, al momento della stesura, una copia sottomano. Del Riscatto il presente lavoro conserva la disposizione delle scene. Nella prefazione il Selvaggio indica le
circostanze della composizione, caratterizzate, come nei rifacimenti
precedenti, da un lavoro commissionatogli a breve scadenza da una compagnia
teatrale, lavoro che doveva essere compìto in quindici giorni per farlo
studiare agli attori.
Il quarto ed ultimo
rifacimento è La gran settimana santa o
il martorio di Cristo del Canonico
Salvatore Valenti-Chiaramonte (Girgenti 1902). Nella sezione Due parole agli amici il Valenti
Chiaramonte afferma che la sua opera, «studiatamente
in prosa», è in debito anche con il Riscatto dell’Orioles:
In questo lavoro mi
sono attenuto al Vangelo ed ho voluto seguire, sfrondare, ed aggiungere
all’Orioles nel Riscatto di Adamo. Cosi soddisfacendo alle esigenze del
popolo siciliano, ormai invecchiato alla rappresentazione dell’Orioles, rendo
meno cadente la esecuzione ed il procedimento della scena per maggiore
compattezza.
Abbiamo voluto
presentare questi rifacimenti del Riscatto per dare un’idea più completa della
vastità e della estensione del suo successo.
Siamo comunque sicuri che a questi quattro rifacimenti se ne potrebbero
aggiungere molti altri, essendo, appunto, il popolo siciliano «invecchiato alla
rappresentazione dell’Orioles».
Si è ritrovata una versione in prosa, fatta
da E. Corselli, identificata come versione in prosa, sceneggiata in un prologo
e in cinque atti, da potersi rappresentare nelle Filodrammatiche, Dopolavoro,
Congregazioni, Istituti di Educazione, ecc.
Nella pagina “Ai lettori” il Corselli afferma che ha creduto opportuno
volgere la tragedia in prosa per “rendere più facile la rappresentazione. Inoltre, per non falsare lo spirito
dell’opera, “l’andamento scenico è stato mantenuto pressoché identico a quello
dell’originale tragedia in versi”. La
versione in prosa è in realtà alquanto libera, con battute aggiunte ed altre
sfrondate, con scene in più ed altre fuse o tagliate, in un ordine non sempre
fedele a quello dell’Orioles. Il numero
dei personaggi è stato ridotto, con battute di taluni personaggi dette da
altri. A tale proposito è significativa
la scena nona del del primo atto in cui Giuda prende il posto di Nizec, e la
scena sedicesima del quinto atto in cui Malco sostituisce Longino. Inoltre, la
presenza della scena del rimprovero a Pilato da parte di Nicodemo e Giuseppe
(mancante nel Riscatto, ma presente nella Servitù disciolta e nei
copioni di Delia) e l’omissione del Sole dall’ombre (spesso mancante nei
copioni) lasciano supporre che il Corselli, nel ridurre l’opera dell’Orioles in
prosa, abbia avuto sottomano anche uno dei tanti copioni del Riscatto.
COPIONI
Non è mia intenzione in questa sede
affrontare in modo analitico riflessioni riguardanti i copioni de Riscatto,
tuttavia ritengo utile farvi un brevissimo accenno confermando, innanzitutto,
quello che dice il Pitré:
Comunissime ed infinite sono le copie mss. in tutta
la Sicilia: e benché guaste da spoprositi, si convervano con gelosia di lavori
originali e di copie uniche. Il nome dell’autore sparisce alla spesso, e i
copioni [...] escono col solo titolo di Martorio di Cristo.
Sulla base di oltre 30 copioni consultati, tra cui
due manoscritti settecenteschi (1762 e 1794) del Martorio di Acireale, la cui
paternità veniva assegnata in passato a Pietro Mancuso di Leonforte, ma che in
realtà presenta moltissime scene dell’Orioles, è utile, in primo luogo,
delineare alcuni tratti generali che caratterizzano questa produzione “dal
basso”: si tratta di opere contenenti alterazioni deteriori il cui testo è in molti casi corrotto, grammaticalmente
illeggibile e il significato delle frasi è spesso letteralmente travisato. Sul
piano linguistico i versi da endecasillabi diventano martelliani e da settenari
dodecasillabi; la punteggiatura è messa senza un rigore formale e lo schema
delle rime è spesso violato. Tutto ciò consente di ipotizzare che in realtà
dell’Orioles rimangano spesso solo pochi versi.
Tale contaminazione può essere dovuta a vari fattori: l’epoca delle
aggiunte e delle riscritture, i registri linguistici dei rimaneggiatori
(letterati, ma anche popolani), gli influssi dialettali.
Le vicende dei copioni del Mortorio sono pressoché identiche in
tutti i paesi in cui si rappresenta l’opera dell’Orioles. Mi soffermerò qui
solo su alcuni copioni, le cui vicende possono essere viste come esempio di una
storia che si ripete quasi senza differenze.
Il copione manoscritto eseguito nel
1948 a Militello Rosmarino (ME), è forse il più atipico, in quanto si basa
esclusivamente sul testo dell’Orioles, contrariamente a quanto avviene nei
copioni di altri paesi. Esso è trascritto come se fosse in prosa. La scrittura
è nitida; la correttezza, tutto considerato, è esemplare; in esso vengono
presentate le scene essenziali della Passione. Oltre ai soliti problemi di
punteggiatura, qualche incongruenza testuale, qualche maldestro scambio,
divisione o taglio di battute, scene eliminate, notiamo una goffa
ristrutturazione della scena del Primo Consiglio, che viene spezzato a metà
dall’entrata di Giuda per poi riprendere alla sua uscita. Molte scene sono
state spostate e versi interi appartenenti ad una scena incorporati in altre
scene.
Il copione di Grotte risale sicuramente a una versione locale e la
rappresentazione si articola in diversi momenti: sul piano della analisi
critica notiamo come interessante sia una riflessione sui costumi della
rappresentazione, indice, anche questa, di degradazione: i soldati avevano
molto poco di romano; le loro divise erano molto più simili a quelle dei pupi
di Francia e per un certo periodo indossarono addirittura i cimieri del regio
esercito, in modo da ricordare, sia nel nome sia nelle vesti, i famigerati
Giudei di San Fratello.
Anche il copione di Grotte oscilla tra il rispetto del testo dell’Orioles e
qualche variazione: si nota per esempio la rielaborazione del finale, dedicato
alla deposizione e nel quale viene dato maggiore spazio ai personaggi
femminili, tra cui Maddalena, che ricapitola la propria vicenda di conversione,
e Veronica che asciuga il sudore dal volto di un Gesù ormai morto. Una spia
delle parti aggiunte è data dalla metrica, sistematicamente violata da chi ha
aggiunto quelle sezioni, punteggiate qua e là da rime che cercano di
riecheggiare i brani dell’Orioles.
Leggermente diverso è il copione della Comunità Ecclesiale di Joppolo
Giancaxio (2007). In esso si nota la presenza di diverse scene del Riscatto, in forma ridotta e quasi di riassunto, in un italiano corretto
ma modernizzato, in cui i versi sono presentati come se fossero prosa, e a
volte mantengono la rima, altre volte la perdono a causa dell’ammodernamento.
Una menzione particolare per il copione di Delia: le rappresentazioni
pasquali a Delia non possono più fare a meno delle aggiunte introdotte dal
compaesano Calogero Ferrara nei cui testi non è possibile non notare delle
differenze sostanziali rispetto al Riscatto.
In esso sembra regnare uno spirito anticlericale assente nell’Orioles, ma
tipico dall’Ottocento in poi.
Ad anticlericalismo può essere ricondotta anche l’abbondanza, nella
Scinnenza, di epiteti ingiuriosi contro Cristo. Sembra che il personaggio
Misandro, che li pronuncia, prenda gusto a pronunciare a mo’ di litania tutti
questi insulti contro il Cristo: seduttore, scellerato, ribelle, ipocriton,
scalzon contumace, empio stregone, perfido/empio impostore, perfido ladron,
rozzo ignobil galileo, e poi urna infame, fetido avello, putrefatto corpo,
corpo iniquo.
Gli esempi delle differenze tra il testo del Riscatto e i suoi copioni potrebbero
continuare per ore e ore. Ogni copione meriterebbe di essere analizzato
dettagliatamente, per metterne in risalto non tanto gli aspetti negativi,
quanto quelli positivi, di grande valenza spirituale, folcloristica e anche
letteraria e per capire meglio come essi, sia pur nella loro corruzione,
continuano ad ammaliare intere comunità.
CONCLUSIONE E
RISOLUZIONE FINALE
Avviandomi alla
conclusione è utile sottolineare ancora come oltre che in diversi paesi della
Sicilia (Palermo, Caltanissetta, Acireale, Alia, Naro, Sommatino, Serradifalco,
Montemaggiore Belsito, Joppolo Giancaxio, Vittoria (RG), Vallelunga Pratameno
(??, CL), Villabate (PA), Grotte e Delia, solo per menzionarne alcuni), la
tragedia del panormita sia stata rappresentata a Napoli, Cava (Salerno), Cellia
(CZ), Cerva (CZ), Roccella Jonica (RC), Albi (CZ), Tiriolo (CZ) e anche a
Toronto, a partire dal 1977. Senza ombra di dubbio possiamo affermare che la
corruzione subita dal testo del Riscatto sia
uno dei motivi per cui l’Orioles non è stato finora adeguatamente apprezzato
dalla critica: senza la ricostruzione filologica è impossibile apprezzare
un’opera letteraria. A questo si aggiunga un tocco di anticlericalismo e di
snobismo che ancora guidano certe analisi letterarie.
Per appurare quanto Orioles sia presente nei vari copioni delle
rappresentazioni pasquali, si auspica un minuzioso e puntuale confronto tra il
testo del Riscatto e i testi dei vari
copioni. Spesso i copioni, come quello della Vigàta camilleriana, sono solo
vagamente basati sulla tragedia dell’Orioles e presentano un testo modificato,
corrotto, trasformato, con aggiunte di autori locali.
Vorrei concludere con un riferimento ad un mio articolo in
cui, raccogliendo gli “indizi” sparsi lungo il romanzo La Scomparsa di Patò di Camilleri – alla cui base, come ho detto all’inizio, è
appunto il Riscatto dell’Orioles – verifico la mia ipotesi che a Vigàta
viene messo in scena non il "Mortorio" dell'Orioles, ma solo una
delle sue tante versioni popolari, ridotte, modificate, rimaneggiate, forse
anche corrotte e quasi sicuramente con aggiunte di poeti locali, a meno che non
si voglia credere ciò che dice il Camilleri nella nota conclusiva: “Mi sono
inventato tutto, lo confesso. È possibile qualche coincidenza di nomi e di
cognomi, ma si tratta, lo ripeto, di dannate coincidenze”. Se questo è il caso,
noi allora potremmo concludere, imitando la nota finale di Conversazione in Sicilia, che il Martorio di Vigàta. Come pure il Martorio di molti paesi della
Sicilia, solo per avventura è quello dell’Orioles.
Salvatore Bancheri, University of Toronto
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