Con delibera n. 52 del
29 maggio 1930 il Comune fece donazione all’Ente Giuridico Fascio di
Combattimento di Canicattì dell’area soprastante i locali patrimoniali del
Comune, siti in via capitano Ippolito, per realizzarvi la Casa del Fascio. Il
progetto fu redatto gratuitamente dai tecnici comunali geom. Guglielmo La Rocca
e arch. Serafino Tavella. Da parte del segretario politico cittadino del
Fascio, Carmelo Pellegrino, fu aperta una pubblica sottoscrizione che raccolse
35.000 lire; altre 35.000 furono messe a disposizione dall’Amministrazione
Comunale come primo intervento. Alla fine la realizzazione dell’opera costò
150.000 lire.
Nel 1931 la ditta
Fratelli Merulla iniziò i lavori di costruzione che furono conclusi
nel 1932; i vecchi magazzini comunali, ove per alcuni anni erano stati allocati
gli uffici postali, furono demoliti. L’edificio, un tipico esempio
dell’architettura monumentale di quel periodo, è caratterizzato in particolare
da archi e timpani sulle finestre; nei pianterreni, anch’essi donati all’Ente
Fascio, fu allocata l’Opera Nazionale del Dopolavoro.
La Casa del Fascio, con
delibera n. 117 del 1° aprile 1944, adottata dall’amministrazione Guarino
Amella, tornò nella disponibilità del Comune di Canicattì. Si pensò allora di
adibire la struttura a sede del Palazzo delle Poste, Telegrafo e Telefono. L’ex
GIL (Gioventù Italiana del Littorio) contestò, anche in sede giudiziaria, la
decisione di Guarino Amella e la causa andò avanti per lunghi anni.
L’Amministrazione Finanziaria dello Stato, subentrata poi all’ex GIL nella
proprietà dello stabile, ne chiese al Comune il rilascio. Il Tribunale di
Agrigento, in data 11 dicembre 1953 e 12 gennaio 1954, diede torto al Comune di
Canicattì.
La Corte di Appello di
Catania, con sentenza del 3 febbraio 1961, condannò il Comune anche al
risarcimento dei danni per la mancata disponibilità dell’immobile. In sede di
appello il Comune fu difeso dall’avv. Natale Ciancio, a seguito di incarico
conferito nel 1958. In data 4 agosto 1961 gli occupanti dello stabile
(Associazione Partigiani, Partito Comunista Italiano, Associazione Pensionati e
Invalidi e CRAL) presentarono ricorso in Cassazione. Il Comune di Canicattì, il
5 marzo 1962, su proposta del sindaco Pasquale Gazzara, nominò come suo legale
ad iuvandum l’avvocato Triolo
Manfredi del foro di Palermo. Apposita delega all’avv. Triolo fu conferita dal
presidente della sezione di Canicattì dell’ANPI (Associazione Nazionale
Partigiani d’Italia), Gaetano Iannello, dal segretario della sezione del
Partito Comunista di Canicattì, Calogero Ferreri, dal presidente
dell’Associazione Pensionati e Invalidi di Canicattì e CRAL,
Antonio Cangialosi. Ma anche la Cassazione diede torto al Comune.
GAETANO
AUGELLO
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