Benedetto La Vecchia – nome di battesimo
Rosario - nacque in via Mirandola, a Canicattì, il 2 luglio 1813.
Entrato nell’Ordine dei frati minori
osservanti, fu docente di teologia e filosofia nel convento
di Aracoeli a Roma, di filosofia a Napoli, definitore generale
dell’Ordine a Roma, provinciale in Sicilia e, dal 1847, guardiano del convento
della Gancia a Palermo.
E il frate si trovava proprio in questo
convento allorché, il 4 aprile del 1860, mercoledì santo, scoppiò la rivolta
antiborbonica guidata da Francesco Riso. Le campane
della Gancia suonarono a stormo invitando i palermitani a ribellarsi.
Iniziata la repressione, i monaci furono accusati di aver sostenuto i rivoltosi
e arrestati: trentasei monaci (e tra essi cinque canicattinesi), legati a due a
due, furono condotti a piedi lungo il Cassaro (oggi via Vittorio Emanuele) dal
loro convento alla prigione del Carminello di piazza Bologna. Seguì
il dibattimento e il processo che, grazie all’abilità oratoria di frate
Benedetto si concluse, dopo trentotto giorni, con l’assoluzione dei
religiosi.
Giuseppe Garibaldi, giunto a Palermo a
capo dei Mille, volle visitare, dopo alcuni giorni, il convento
della Gancia e in particolare il magazzino utilizzato dal Riso.
Incontrando Benedetto La Vecchia gli chiese sornione: “E i frati ne avevano
armi?”: La Vecchia negò senza alcuna esitazione e il generale ne lodò
pubblicamente la sincerità.
Fra Benedetto pubblicò numerose opere
filosofiche e scientifiche. Da provinciale dei frati minori venne in visita a
Canicattì, accolto trionfalmente. L’Anonimo canicattinese, in data 12 maggio
1847, scrive: « Mercoledì circa le ore 23 giunse in questa il reverendo lettore
padre Benedetto La Vecchia, religioso di questo venerabile convento dello
Spirito Santo, con la veste di Provinciale ed entrò nel paese con la banda
».
Il 23 febbraio 1872 papa Pio IX lo nominò
vescovo di Noto, una diocesi che per ben otto anni era rimasta senza pastore.
Il 7 marzo fra Benedetto fu consacrato vescovo dal cardinale Michele Celesia
nella cattedrale di Palermo. Insieme a lui furono consacrati
Benedetto Dusmet, arcivescovo di Catania e futuro cardinale, Domenico
Turano, vescovo di Girgenti, Antonino Morana, vescovo di Caltagirone, Giuseppe
Guarino, arcivescovo di Siracusa e poi di Messina e cardinale. Per la prima
volta dei vescovi eletti erano consacrati in Sicilia e non a Roma.
Il 5 luglio 1875 fu nominato arcivescovo
di Siracusa ove morì nel 1896. Il suo corpo dal cimitero della città fu
traslato, il 29 novembre 1900, nella chiesa francescana spagnola di San
Giovanni alle Catacombe e ciò per eseguire le sue disposizioni testamentarie.
Quando però i francescani si trasferirono in una chiesa attigua, si ritenne
opportuno trasferire i resti mortali del vescovo nella Cattedrale della
città.
La traslazione avvenne con grande
solennità a mezzogiorno dell’otto marzo 1931: per le vie della città si snodò
una lunga e partecipata processione, guidata dall’arcivescovo di Siracusa
monsignor Giacomo Carabelli. Canicattì era rappresentata dal podestà
colonnello Antonio Curcio, dall’arciprete Angelo Ficarra, dal padre francescano
Agostino Gioia, dai nipoti del vescovo dottor Luigi La Vecchia, sacerdote Diego
Li Calzi, Angelo Li Calzi e avvocato Angelino La Vecchia. Altri canicattinesi
presenti: professor Alfonso Tropia, Gino Bordonaro, dottor
Giuseppe Racalbuto, Giuseppe Cutaia, sacerdoti Angelo Avanzato e
Antonio Guarneri, Giuseppe Giglia, archivista capo dell’Intendenza di
Finanza.
Ortigia, mensile siracusano di arte, lettere
e scienze, dedicò all’avvenimento un numero speciale. Vi furono pubblicati
anche contributi di sacerdoti (Angelo Ficarra, Antonio Cassaro, Diego Martines,
Vincenzo Cuva, Angelo Avanzato) e laici canicattinesi (una poesia in
dialetto siracusano di Alfonso Tropia).
L’arcivescovo La Vecchia fu onorato anche
a Canicattì con l’erezione di un monumento all’interno della Villa comunale. Il
4 luglio del 1926 fu consegnato simbolicamente al commissario prefettizio del
Comune di Canicattì, Ermenegildo Edvige Montalbano, un mezzo busto in bronzo
del grande canicattinese, opera dello scultore leccese Luigi Guacci. Il mezzo
busto in realtà era già stato collocato nella villa comunale, dopo essere stato
benedetto dall’arciprete Angelo Ficarra che sarebbe diventato il secondo
vescovo canicattinese.
Questo il testo della nota prefettizia:
“Innanzi a me Cav. Ermenegildo Edvige Montalbano Commissario Prefettizio del
Comune di Canicattì, assistito dal Sig. Pietro Di Caro Segretario del Comune si
è personalmente presentato il Sac. Angelo Avanzato quale incaricato verbale di
Padre Agostino Gioia, monaco dell’ordine di S. Francesco d’Assisi, il quale mi
ha dichiarato di voler, per incarico e mandato di detto Gioia, consegnare al
Comune il mezzo busto con basamento dedicato al concittadino mons. La Vecchia
Benedetto, opera dello scultore Guacci di Lecce, e già collocato in detta Villa
Comunale. Aderendo di buon grado al desiderio del cennato Sac. Avanzato… ho
dichiarato allo stesso di pigliare in consegna il mezzobusto anzidetto”. Il
mezzo busto di monsignor Benedetto La Vecchia oggi non si trova più nella Villa
Comunale.
Gaetano
Augello
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