Sommario: 1. Il Trattato di Maastricht! Chi era costui? 2. L’Atto Unico Europeo 3. Dagli accordi economici e mercantili all’Unione politica 4. Il Trattato firmato dai dodici a Maastricht: struttura e aspetti formali 5. I cinque pilastri degli Accordi di Maastricht 6. Cittadini Europei 7. Le prossime scadenze 8. Conclusioni
1. Il Trattato di Maastricht! Chi era costui?
«Carneade! Chi era costui?
Ruminava tra sé don Abbondio». Nonostante ogni sforzo don Abbondio, il celebre personaggio de
I Promessi Sposi di manzoniana memoria,
non riusciva a risolvere l’enigma. Carneade, infatti, per il povero curato
restava un illustre sconosciuto.
Oggi, mutuando Alessandro Manzoni, potremmo chiederci: « Il Trattato di Maastricht! Chi è costui?»
Ben pochi sanno, infatti, cos’è il Trattato di Maastricht e cos’è
stato stabilito realmente a Maastricht lo scorso 7 febbraio 1992 dai dodici
rappresentanti della Comunità Europea.
La gran parte dei cittadini ancora non ha la benché minima consapevolezza
sugli effetti che gli accordi conclusi a Maastricht, città olandese di
circa120.000 abitanti, produrranno sul piano politico, economico e sociale. Solo
in pochi, anzi pochissimi, forse, hanno le idee chiare al riguardo; forse, gli
addetti ai lavori.
Da una recente indagine telefonica realizzata dalla Doxa per
conto del settimanale britannico “The
European”, emerge che il trentasette per cento degli italiani «non ha mai
sentito parlare di Maastricht». Il cinquantadue per cento ha affermato di
averne già sentito parlare» ma ha ammesso di «sapere poco o nulla
sull’argomento». Il restante undici percento, tra gli italiani intervistati, ha
detto di «pensare di essere informato sul Trattato di Maastricht», con
frequenti riserve, però, sul livello d’informazione.
In realtà di questo storico e straordinario avvenimento che,
come cittadini d’Europa, ci sfida e continuerà a sfidarci per i prossimi lustri
ad un cambiamento radicale sul nostro modo di rapportarci in tutti i settori
della vita civile, sociale, culturale, politica ed economica, emerge che nel
nostro Paese non è stata posta sufficiente ed adeguata attenzione.
Istituzioni, mass media e la gran parte dei politici oggi più
che mai assenti, inattivi e impreparati non hanno attivato iniziative idonee,
specie nelle piccole città, nei paesi e nelle periferie, per informare e
confrontarsi con i cittadini.
Nonostante il clamore mediatico che spesso e volentieri si
limita ad offrire solo titoli a caratteri cubitali e nulla di più, in realtà
sui temi concreti, sui contenuti e sulle problematiche del Trattato sottoscritto
a Maastricht, la gran parte dei cittadini, che sono i veri destinatari degli
accordi, è rimasta e continua a rimanere all’oscuro.
Invero, “Maastricht” e
“il Trattato di Maastricht” per la
gran parte dei cittadini, come “Carneade”
per don Abbondio, restano degli
illustri sconosciuti.
Eppure anche per la deflagrazione del sistema monetario con la
lira e la sterlina fuggite dal sistema, per l’incalzare del vigorosissimo marco
tedesco, per il forte ritorno dell’antieuropeismo thatcheriano, per le misure
fiscali adottate dal governo italiano, per il “no” dei cittadini danesi, con il
referendum del 2 giugno (1992), alla ratifica del Trattato di Maastricht e di
contro per il “si” alla ratifica del popolo francese con il referendum dello
scorso 20 settembre (1992), s’impone per tutti noi l’esigenza improcrastinabile
di una riflessione, di un confronto e di un approfondimento su quanto si è stato
stabilito con il Trattato sottoscritto a Maastricht; trattato che condizionerà
sicuramente per i prossimi anni non soltanto la politica economica e sociale
del nostro continente ma anche quella dell’intero pianeta.
Solo l’istituzione scolastica, fino ad ora, ha mostrato
sensibilità ed interesse a promuovere dibattiti, eventi, conferenze e
quant’altro per attivare un confronto sul Trattato che ci occupa.
È la scuola, infatti, attraverso una serie d’iniziative, che ha
assunto un ruolo di primo piano nel processo di unificazione europea e ciò sia
per quel che riguarda la formazione e l’informazione sia per quanto concerne il
difficile processo d’integrazione etnica, sociologica e culturale.
È nostro intendimento, pertanto, cominciando anche con l’incontro
- dibattito di questa sera, contribuire a dare un’idea, anche su grandi linee, sui
contenuti del Trattato sottoscritto dai dodici a Maastricht e confrontarci al tempo
stesso sui problemi e sulle prospettive da esso scaturenti, nella convinzione
che anche il nostro vivere quotidiano per i prossimi anni ne sarà condizionato.
Si aprirà, tout court, un’era nuova.
A Maastricht, prima con il vertice tenutosi dal 9 all’11
dicembre 1991 e dopo, il 7 febbraio 1992, con la firma del Trattato da parte
dei rappresentanti dei dodici Paesi membri della Comunità Europea, è nata,
almeno sulla carta, “l’Unione politica Europea”.
Non vi è dubbio che gli Accordi di Maastricht, dopo i trattati
di Parigi del 1951 e di Roma del 1957 nonché dell’Atto Unico Europeo firmato a
Lussemburgo nel 1987, possono essere considerati l più importanti del processo d’integrazione
ed unificazione europea.
È proprio a Maastricht che quell’idea di Europa dei popoli, che
affonda le sue radici nell’orizzonte storico culturale greco e latino, e
soprattutto nei principi e nei valori del cristianesimo, ha cominciato a
prendere forma.
È proprio a Maastricht che l’idea di un’Europa unita immaginata
da Giulio Cesare e Carlo Magno, Rex pater
Europae (Re padre dell’Europa), ha ripreso un nuovo cammino, fondato, però,
sulla libera determinazione dei popoli.
È proprio a Maastricht che il progetto di un’Europa unita,
libera e federale tanto agognato da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio
Codorni, ha trovato un nuovo impulso concreto e beneaugurante.
È proprio a Maastricht che tre grandi statisti, l’italiano De
Gasperi, il francese Schumann e il tedesco Adenauer, uniti nella fede e negli
ideali per un’Europa unita e solidale nella libertà e nella democrazia, hanno
avuto ragione sui tanti detrattori che li consideravano poveri illusi,
sognatori ed utopisti.
È sempre a Maastricht che quell’idea di Europa ed altruista
agognata da Dante Alighieri a Victor Hugo, da Tommaso Moro ad Albert Einsteinn,
da Luigi Sturzo a Gaspare Ambrosini, da Gaetano Martino ad Aldo Moro, da Giovanni
XXIII a Paolo VI, da Giovanni Paolo II a tanti altri grandi uomini lungimiranti
e illuminati, ha iniziato un percorso, ci auguriamo, più concreto e credibile.
È proprio a Maastricht che gli ideali di libertà, di democrazia,
di giustizia sociale, di solidarietà,di tutela e valorizzazione della dignità
di ogni persona umana, ai quali gli europei vorrebbero riconoscersi, hanno
fatto sentire il primo vero e concreto vagito.
Tutto ciò è stato avviato a Maastricht lo scorso 7 febbraio
1992.
Va subito detto con molto realismo, però, che se è vero che a
Maastricht sono stati fatti notevoli passi avanti verso l’unificazione politica
dei popoli europei, sancendo l’Unione Europea, è altrettanto vero che i
risultati e gli obiettivi sperati sono ancora lontani.
A Maastricht purtroppo i dodici non sono riusciti a statuire né
come né quando la tanto agognata “Unione europea” si potrà realizzare
concretamente. I problemi irrisolti sono ancora tanti e le divergenze tra gli
Stati membri sembrano, talvolta, incolmabili. L’Unione europea, identificata
dall’Atlantico agli Urali, è tutt’altro che concreta e definita.
Siamo consapevoli che il cammino non è facile e non sarà breve.
Non vogliamo illuderci che gli egoismi nazionali siano per incanto svaniti. Siamo
coscienti che sono sempre in agguato. Così come siamo consapevoli della forza e
della spregiudicatezza di un apparato economico e finanziario senza scrupoli che
guarda non certo al bene comune ma solo al profitto.
Il cammino, pertanto, è e sarà, ancora lungo ed irto di ostacoli.
È certo, però, che il processo di unificazione europea ha
cessato di essere un sogno irrealizzabile.
Il cammino per raggiungere l’agognato traguardo è già iniziato e
oggi, quella locuzione secondo la quale “il
cammino si apre andando”, suona più
vera che mai.
2. L’Atto Unico Europeo
Alla luce degli Accordi di Maastricht, oggi possiamo dire senza
tema di essere smentiti che l’Atto Unico Europeo (AUE), ha rappresentato il
presupposto necessario ed indispensabile per consentire e facilitare il
passaggio dall’Europa Comunitaria all’Unione Europea.
L’Atto Unico, sottoscritto a Lussemburgo il 17 febbraio 1986 da
nove Stati membri e il 28 febbraio 1986 dalla Danimarca, dalla Grecia e
dall’Italia entrò in vigore il primo luglio 1987 e rappresentò sicuramente il
più importante documento di riforma dei trattati di Roma.
Non vi è dubbio alcuno che le disposizioni contenute nell’Atto
Unico Europeo in questi anni hanno dato un sostanziale impulso al processo
d’integrazione economica europea. Anzitutto ha consentito la realizzazione del
Mercato Interno e permesso la ripresa di una cooperazione politica tra gli Stati
membri.
In buona sostanza, dopo quasi sei anni, le disposizioni
contenute nell’Atto Unico Europeo
perdono, di fatto, la loro efficacia poiché in parte sono state riprodotte, con
integrazioni e modifiche, negli Accordi di Maastricht e in parte saranno abrogate
con l’entrata in vigore del nuovo Trattato sull’Unione Europea.
L’Atto Unico Europeo, pertanto, avendo trovato il suo sbocco
naturale negli storici accordi di Maastricht
e con la conseguente approvazione del Trattato ha esauritola sua
funzione.
3. Dagli accordi economici e mercantili all’Unione politica
A Maastricht, dopo vari e talvolta anche sterili tentativi, si è
finalmente superato il vecchio schema mercantilista che aveva caratterizzato i
precedenti trattati tra i Paesi membri.
A Maastricht, pertanto, nonostante steccati e barriere emersi in
ogni occasione, si è compiuto un incisivo balzo in avanti verso quell’Unione
politica europea auspicata dai padri fondatori che con la costituzione della
Comunità Economica Europea sperarono di seppellire definitivamente rivalità e
contrasti secolari.
Prima di Maastricht i rappresentanti dei Paesi riuscivano,
seppur con non poche difficoltà, a trovare accordi fondati solo sul buon senso
o sulla certezza di una comune e reciproca utilità, specie in campo economico.
I poteri classici degli Stati membri, però, rimanevano intangibili.Con
il Trattato di Maastricht non lo sono più. Superando logiche e concezioni
mercantili che avevano caratterizzato il passato, gli Stati membri hanno
concordemente deciso di devolvere una parte, anche se piccolissima, dei poteri
sovrani all’Unione.
Anche questo rappresenta un notevole passo avanti. Anche per
queste ragioni di grande rilevanza politica e giuridica il vertice di
Maastricht è stato lungo, difficile e laborioso.
4. Il Trattato firmato
dai dodici a Maastricht:struttura e aspetti formali
Il Trattato di Maastricht (oltre duecentocinquanta pagine fitte
di accordi) non è un testo agile, né di facile lettura. Sia per quanto riguarda
la struttura sia per quanto concerne gli aspetti formali, si presenta alquanto
complesso. Complessità che rispecchia ovviamente le difficoltà e le problematicità
dei contenuti che hanno caratterizzato gli accordi. La struttura presenta
sicuramente significativi elementi di originalità giuridica ed offre (necessità
imposta dalla laboriosità degli accordi) la possibilità di svolgersi in varie
direzioni e consente di affrontare e risolvere con la necessaria ed inevitabile
flessibilità l’insorgenza di problemi in divenire.
Con il Trattato firmato a Maastricht, i dodici Paesi membri
hanno posto le basi per la creazione di un’Unione che dovrebbe avvicinare i popoli
dell’Europa all’obiettivo di creare un’organizzazione politica di tipo
federale. Purtroppo siamo ancora lontani da questo obiettivo. È comunque
importante avere affrontato e incardinato l’ambizioso progetto.
Il Trattato si apre con un “Preambolo” con il quale i dodici
Capi degli Stati membri contraenti: «Decisi a segnare una nuova tappa nel
processo di integrazione europea intrapreso con l'istituzione delle Comunità
europee, rammentando l’importanza storica della fine della divisione del
continente europeo e la necessità di creare solide basi per l'edificazione
dell'Europa futura, confermando il proprio attaccamento ai principi della
libertà, della democrazia e del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali nonché dello Stato di diritto, desiderando intensificare la
solidarietà tra i loro popoli rispettandone la storia, la cultura e le
tradizioni, desiderando rafforzare ulteriormente il funzionamento democratico
ed efficiente delle istituzioni in modo da consentire loro di adempiere in modo
più efficace, in un contesto istituzionale unico, i compiti loro affidati, decisi
a conseguire il rafforzamento e la convergenza delle proprie economie e ad
istituire un’Unione economica e monetaria che comporti, in conformità delle
disposizioni del presente trattato, una moneta unica e stabile, determinati a
promuovere il progresso economico e sociale dei loro popoli, nel contesto della
realizzazione del mercato interno e del rafforzamento della coesione e della
protezione del- l'ambiente, nonché ad attuare politiche volte a garantire che i
progressi compiuti sulla via dell'integrazione economica si accompagnino a
paralleli progressi in altri settori, decisi ad istituire una cittadinanza
comune ai cittadini dei loro paesi, decisi ad attuare una politica estera e di
sicurezza comune che preveda la definizione a termine di una politica di difesa
comune, che potrebbe successivamente condurre ad una difesa comune, rafforzando
così l'identità dell'Europa e la sua indipendenza al fine di promuovere la pace,
la sicurezza e il progresso in Europa e nel mondo, riaffermando l’obiettivo di
agevolare la libera circolazione delle persone, garantendo nel contempo la
sicurezza dei loro popoli, mediante l'inclusione, nel presente trattato, di
disposizioni relative alla giustizia e agli affari interni, decisi a portare
avanti il processo di creazione di un'unione sempre più stretta fra i popoli
dell'Europa, in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai
cittadini, conformemente al principio della sussidiarietà, in previsione degli
ulteriori passi da compiere ai fini dello sviluppo dell'integrazione europea, hanno
deciso di istituire un'Unione europea[….] hanno convenuto le disposizioni che
seguono[..].»
Sette “Titoli” seguono
il “Preambolo” . Il primo rubricato “Disposizioni
Comuni” individua i principi e gli obiettivi dell’Unione (artt. A - F) che
ci sembra opportuno, anche in questa sede, riportarli integralmente.
TITOLO I DISPOSIZIONI
COMUNI
Articolo A
Con il presente trattato, le Alte Parti Contraenti istituiscono
tra loro un'Unione europea, in appresso denominata «Unione». Il presente
trattato segna una nuova tappa nel processo di creazione di un'unione sempre
più stretta tra i popoli dell'Europa, in cui le decisioni siano prese il più
vicino possibile ai cittadini. L'Unione è fondata sulle Comunità europee,
integrate dalle politiche e forme di cooperazione instaurate dal presente
trattato. Essa ha il compito di organizzare in modo coerente e solidale le
relazioni tra gli Stati membri e tra i loro popoli.
Articolo B
L’Unione si prefigge i seguenti obiettivi: - promuovere un
progresso economico e sociale equilibrato e sostenibile, segnatamente mediante
la creazione di uno spazio senza frontiere interne, il rafforzamento della
coesione economica e sociale e l'instaurazione di un'unione economica e
monetaria che comporti a termine una moneta unica, in conformità delle
disposizioni del presente trattato; - affermare la sua identità sulla scena
internazionale, segnatamente mediante l'attuazione di una politica estera e di
sicurezza comune, ivi compresa la definizione a termine di una politica di
difesa comune che potrebbe, successivamente, condurre ad una difesa comune; -
rafforzare la tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini dei suoi Stati
membri mediante l'istituzione di una cittadinanza dell'Unione; - sviluppare una
stretta cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni; -
mantenere integralmente l'«acquis» comunitario e svilupparlo al fine di
valutare, attraverso la procedura prevista all'articolo N, paragrafo 2, in
quale misura si renda necessario rivedere le politiche e le forme di
cooperazione instaurate dal presente trattato allo scopo di garantire
l'efficacia dei meccanismi e delle istituzioni comunitarie. Gli obiettivi dell'Unione
saranno perseguiti conformemente alle disposizioni del presente trattato, alle
condizioni e secondo il ritmo ivi fissati, nel rispetto del principio di
sussidiarietà definito all'articolo 3 B del trattato che istituisce la Comunità
europea.
Articolo C
L’Unione dispone di un
quadro istituzionale unico che assicura la coerenza e la continuità delle
azioni svolte per il perseguimento dei suoi obiettivi, rispettando e
sviluppando nel contempo l'«acquis» comunitario. L'Unione assicura in
particolare la coerenza globale della sua azione esterna nell'ambito delle
politiche in materia di relazioni esterne, di sicurezza, di economia e di
sviluppo. Il Consiglio e la Commissione hanno la responsabilità di garantire
tale coerenza. Essi provvedono, nell'ambito delle rispettive competenze, ad
attuare dette politiche.
Articolo D
Il Consiglio europeo dà
all'Unione l'impulso necessario al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti
politici generali. Il Consiglio europeo riunisce i Capi di Stato o di Governo
degli Stati membri nonché il Presidente della Commissione. Essi sono assistiti
dai Ministri incaricati degli Affari esteri degli Stati membri e da un membro
della Commissione. Il Consiglio europeo si riunisce almeno due volte l'anno
sotto la Presidenza del Capo di Stato o di Governo dello Stato membro che
esercita la Presidenza del Consiglio. Il Consiglio europeo presenta al
Parlamento europeo una relazione dopo ciascuna delle sue riunioni, nonché una
relazione scritta annuale sui progressi compiuti dall'Unione.
Articolo E
Il Parlamento europeo, il Consiglio, la Commissione e la Corte
di giustizia esercitano le loro attribuzioni alle condizioni e ai fini
previsti, da un lato, dalle disposizioni dei trattati che istituiscono le
Comunità europee, nonché dalle disposizioni dei successivi trattati e atti
recanti modifiche o integrazioni delle stesse e, dall'altro, dalle altre
disposizioni del presente trattato.
Articolo F
1. L’Unione rispetta l'identità nazionale dei suoi Stati membri,
i cui sistemi di governo si fondano sui principi democratici. 2. L'Unione
rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata
a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali
comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario.
3. L'Unione si dota dei mezzi necessari per conseguire i suoi obiettivi e per
portare a compimento le sue politiche.
I successivi tre titoli contengono le disposizioni che
modificano i trattati che istituiscono la Comunità economica europea (CEE) per
creare la Comunità europea (CE), la Comunità europea del carbone e dell’acciaio
(CECA) e la Comunità europea dell’energia atomica (EURATOM) (artt. G – I). Il
quinto ed il sesto contengono disposizioni relative alla politica estera e di
sicurezza comune (artt. J- J.11) e alla cooperazione nei settori della
giustizia e degli affari interni (artt. K. K.9). Il settimo titolo, infine, contiene
le disposizioni finali (artt. L – S).
Del Trattato fanno parte 17 protocolli (Sull’acquisto di beni
immobili in Danimarca, sul’articolo 119 del trattato che istituisce la Comunità
europea,sullo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca
centrale europea, sullo statuto dell’Istituto monetario europeo, sulla
procedura per i disavanzi eccessivi,sui criteri di convergenza di cui
all'articolo 109 J del trattato che istituisce la Comunità europea, modificativo
del protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee, sulla
Danimarca,sul Portogallo,sulla transizione alla terza fase dell’Unione
economica e monetaria, su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran
Bretagna e Irlanda del Nord, su talune disposizioni relative alla Danimarca,sulla
Francia,sulla politica sociale, accordo sulla politica sociale concluso tra gli
Stati membri della Comunità europea ad eccezione del Regno Unito di Gran
Bretagna e Irlanda del Nord, sulla coesione economica e sociale,sul Comitato
economico e sociale e sul Comitato delle regioni,protocollo allegato al
trattato sull'Unione europea e ai trattati che istituiscono le Comunità europee,
Atto finale).
Infine il Trattato si completa con ben 33 dichiarazioni
integrative ed interpretative delle diposizioni contenute negli accordi
(Dichiarazioni sulla protezione civile, l’energia e il turismo, sulla
cittadinanza di uno Stato membro, sulla parte terza, titoli III e VI , del
trattato che istituisce la Comunità europea, sulla parte terza, titolo VI , del
trattato che istituisce la Comunità europea, sulla cooperazione monetaria con i
paesi terzi, sulle relazioni monetarie con la Repubblica di San Marino, lo
Stato della Città del Vaticano e il Principato di Monaco, sull’articolo 73 D
del trattato che istituisce la Comunità europea, sull’'articolo 109 del
trattato che istituisce la Comunità europea, sulla parte terza, titolo XVI, del
trattato che istituisce la Comunità europea, sugli articoli 109, 130 R e 130 Y
del trattato che istituisce la Comunità europea, sulla direttiva del 24
novembre 1988 (Emissioni),sul Fondo europeo di sviluppo, sul ruolo dei
parlamenti nazionali nell'Unione europea, sulla conferenza dei parlamenti, sul
numero dei membri della Commissione e del Parlamento europeo, sulla gerarchia
degli atti comunitari, sul diritto di accesso all’informazione 229
Dichiarazione sulla stima dei costi risultanti dalle proposte della Commissione,
sull’applicazione del diritto comunitario, sulla valutazione dell’impatto
ambientale delle misure comunitarie,sulla Corte dei conti,sul Comitato
economico e sociale, sulla cooperazione con le associazioni di solidarietà
sociale, sulla protezione degli animali,sulla rappresentanza degli interessi
dei paesi e territori d’oltremare di cui all'articolo 227, paragrafi 3 e 5,
lettere a) e b), del trattato che istituisce la Comunità europea, sulle regioni
ultraperiferiche della Comunità, sul voto nel settore della politica estera e
di sicurezza comune,sulle modalità pratiche nel settore della politica estera e
di sicurezza comune,sul regime linguistico nel settore della politica estera e
di sicurezza comune, sull’Unione dell'Europa occidentale,sull'asilo, sulla
cooperazione di polizia, sulle controversie tra la BCE e l’ΙΜΕ, da una parte, e
i loro agenti, dall’altra).
Infine, tra le tante innovazioni introdotte con il Trattato c’è
da evidenziare il cosiddetto “principio di sussidiarietà” secondo cui l’Unione
potrà intervenire anche nei settori in cui non ha competenza esclusiva, anche
se ciò sarà possibile quando l’intervento degli Stati membri si rileverà
insufficiente o inadeguato al raggiungimento degli obiettivi.
Sul punto il confronto è aperto, stante le difficoltà
interpretative palesate dai vari stati membri.
Da quanto fin qui detto, si può dedurre agevolmente che le
difficoltà incontrate per mettere insieme un accordo di tale portata non sono
state né poche né di facili soluzioni. Basti pensare che questi Paesi, appena
cinquant’anni fa, erano gli uni contro gli altri armati, in una guerra, la più
cruenta della storia dell’umanità, che produsse oltre cinquantamilioni di morti
e distruzioni di portata apocalittica.
Si sono incontrate anche difficoltà di ordine pratico per la
redazione dei testi a cominciare dalla necessità di utilizzare una terminologia
giuridica idonea per evitare ogni sorta di complicazione interpretativa. Non
poche e comprensibili difficoltà si sono incontrate anche per la traduzione del
Trattato nella lingua di ciascun Paese membro.
Ecco anche perché il Trattato sull’Unione Europea sottoscritto a
Maastricht che entrerà in vigore dopo la ratifica da parte degli Stati membri,
rappresenta un evento storico di grande portata storica.
Per l’Italia sarà il Parlamento italiano, così come previsto dall’art.
80 della nostra Carta Costituzionale, ad autorizzare con legge la ratifica del
Trattato.
Ci auguriamo che l’occasione possa far scaturire un dibattito
sereno e costruttivo non soltanto in Parlamento ma anche nel Paese.
5.I cinque pilastri degli Accordi di Maastricht
Possiamo dire che gli Accordi di Maastricht confluiti nel
Trattato in esame, poggiano complessivamente su cinque pilastri fondamentali,
tanti quanti sono gli ostacoli e le problematiche che separano la “Comunità
Europea” dall’”Unione Europea” e più precisamente: I) Politica estera e Difesa
Comune, II Legislazione sociale, III) Giustizia e Affari Interni, IV)
Parlamento Europeo e Istituzioni, V) Coesione economica e monetaria. Ecco in
estrema sintesi alcuni aspetti.
I) Politica estera e
Difesa Comune
Per quanto attiene la Politica Estera e la Sicurezza Comune, Il
Trattato di Maastricht ha enucleato una serie di obiettivi che si propongono
di:
a) difendere i valori comuni, gli interessi fondamentali,
l’indipendenza dell’Unione Europea;
b) rafforzare la sicurezza dell’Unione;
c) mantenere la pace e rafforzare la sicurezza internazionale;
d) promuovere la cooperazione internazionale;
e) sviluppare e consolidare la democrazia, lo Stato di diritto
ed il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Ciò che è più rilevante, però, è il fatto che per la prima volta
è stata riconosciuta alla Comunità Economica Europea - Unione Europea una
capacità di orientamento univoco nei rapporti internazionali, dotandola della
possibilità di realizzare azioni comuni e quindi di autolimitare, una sfera
delicata, seppur piccolissima, di sovranità e quindi di libertà degli Stati
membri.
Per raggiungere questo obiettivo si è dovuto ricorrere a un
meccanismo flessibile capace di garantire gli equilibri tra gli Stati membri.
Le questioni espressamente e unanimemente definite dal Consiglio
dell’Unione dovranno essere decise dai Paesi membri con voto unanime. Le
questioni residuali, invece, potranno essere adottate con maggioranza semplice.
Per quanto concerne la difesa comune, i dodici hanno concordato
che il problema dovrà essere ridiscusso nel 1996 e ciò stante le forti
divergenze che si sono state evidenziate.
Una parte, infatti, parlava di “Difesa Comune” che presuppone l’istituzione,
in tempi ragionevolmente brevi, di forze armate europee. Un’altra parte parlava
di “Politica di Difesa Comune” che presuppone, invece, un graduale impegno per
una futura costituzione di forze armate europee. Seguendo quest’ultima linea s’intende
graduare l’impegno per una futura costruzione di una forza armata comune.
È chiaro che gli effetti dell’una o dell’altra scelta cozzano
con interessi ed equilibri già consolidati tra gli Stati membri per cui il
rinvio è stato ritenuto la decisione, per il momento, più saggia.
In ogni caso anche questo delicato discorso a Maastricht è stato
avviato.
II Legislazione sociale
Su questo importante settore è stato deciso che l’Europa dovrà
avere una legislazione sociale unica con interventi adottati a maggioranza
qualificata.
Tuttavia la Gran Bretagna si dichiarava decisamente contraria
agli interventi comunitari in campo sociale.
Per superare tale presa di posizione, peraltro molto rigida, è
stata introdotta una clausola derogatoria (opting
out) che consente di optare se restare fuori o meno dalle decisioni prese
dagli altri Stati membri.
La Gran Bretagna si avvarrà di questa clausola.
Nello stesso tempo gli
altri undici Paesi hanno sottoscritto due protocolli addizionali che fanno
parte del Trattato. Con il primo i dodici autorizzano i restanti undici Paesi,
con l’autoesclusione della Gran Bretagna, a usare per il conseguimento di fini
sociali “ procedure e istituzioni” della Comunità. Con il secondo protocollo
gli undici fissano le linee comuni in materia di legislazione sociale.
In questo modo la Gran Bretagna, pur rimanendo fuori dagli
accordi, resta comunque compartecipe degli accordi e libera di adeguarsi in
futuro.
III) Giustizia e Affari
Interni
Il Trattato prevede una maggiore cooperazione in materia di
polizia giudiziaria e doganale.
I principali settori d’intervento riguardano: a) la politica
d’asilo; b) la politica d’emigrazione; c) la lotta contro la tossico
dipendenza.
Per questi settori i dodici hanno approvato la creazione di un
Ufficio Europeo di polizia, l’Europol che avrà anche il compito di scambiare
informazioni su scala comunitaria e specie in materia di stupefacenti.
IV) Parlamento Europeo e
Istituzioni
L’esigenza di un ampliamento dei poteri del Parlamento Europeo è
stata rivendicata da più parti e da tantissimo tempo.
Con il Trattato di Roma al Parlamento Europeo fu affidato un
ruolo meramente consultivo e veniva eletto dai parlamentari nazionali dei Paesi
membri.
Solo dal 1979 il Parlamento Europeo è eletto a suffragio
universale diretto dai cittadini elettori della Comunità Europea.
Con l’Atto Unico Europeo, quindi dal 1987, i poteri del
Parlamento Europeo sono stati allargati. È stato previsto, infatti, il potere
di emendare e respingere un testo legislativo mediante le procedure di “cooperazione” e del “parere conforme”.
Con i recenti Accordi di Maastricht, finalmente, si è compiuto
un ulteriore passo avanti. È stata introdotta la procedura di “codecisione”. Con questa nuova
procedura il Parlamento Europeo avrà il potere di legiferare congiuntamente al
Consiglio su un numero determinato di settori quali: a) la libera circolazione
dei lavoratori; b) il riconoscimento dei diplomi; c) diritti ed interessi dei
lavoratori; d) sui programmi ambientali; e) sulle reti trans europee; f) sull’istruzione,
la cultura e la sanità pubblica.
Non solo, la procedura del “parere
conforme” è stata estesa anche per l’adozione delle disposizioni
riguardanti gli orientamenti generali dei “Fondi
Strutturali” e per la creazione del “Fondo
di Coesione”.
Tra le nuove attribuzioni al Parlamento Europeo vanno ricordate pure
quelle relative alla facoltà di costituire Commissioni
temporanee d’inchiesta, la possibilità di ricevere petizioni e di designare
il Mediatore Europeo al quale i cittadini d’Europa potranno far pervenire le
lagnanze relative alla cattiva amministrazione di una istituzione o organo
comunitario.
Di rilevante importanza sarà il Consiglio Europeo (composto dai
Capi di Stato o di Governo dei Paesi membri e dal Presidente della Commissione)
che avrà competenza ad intervenire in tutti i settori considerati dai trattati.
Anche il ruolo del Consiglio dei Ministri è stato ampliato
mediante la procedura di “codecisione”
con il Parlamento Europeo.
I dodici hanno stabilito, altresì, che la Commissione (organo
formato da diciassette membri eletti dal Consiglio dei Ministri e che deve
ricevere l’investitura dal Parlamento Europeo) sarà responsabile delle
politiche comunitarie e assicurerà il rispetto dei trattati, fermo restando il
diritto esclusivo d’iniziativa in materia legislativa. Dal primo gennaio 1995,
la Commissione resterà in carica cinque anni e non più quattro e sarà
responsabile di fronte al Parlamento Europeo che con una mozione di “censura” potrà provocare le dimissioni
dei suoi membri.
Infine, per rafforzare e dare dignità politica e giuridica alle
autonomie e peculiarità regionali e locali è stato istituito il Comitato delle Regioni
composto da 189 membri di cui 24 ciascuno l’avranno l’Italia, la Francia, la
Germania e la Gran Bretagna.
V) Coesione economica e
monetaria
Quest’ultimo pilastro che è il cuore del Trattato rappresenta la
parte più rilevante ed impegnativa, il problema più difficile da affrontare nei
prossimi anni.
Entro il primo gennaio 1999 dovrà essere introdotta la moneta
unica europea. Entro quella data la moneta dei cittadini europei non sarà più
la moneta dei singoli Stati membri bensì lo “scudo europeo” che finirà di
essere una semplice unità di conto e diventerà, verosimilmente con diverso
nome, la moneta dei cittadini europei che aderiranno al nuovo sistema monetario.
Su questo punto non sono mancate divergenze: sia sui tempi e sia
sui modi di attuazione.
La Gran Bretagna, anche su questo tema, si è avvalsa della
clausola derogatoria di opting out
riservandosi in tal modo se entrare o meno in un momento successivo.
I dodici hanno stabilito espressamente i requisiti necessari per
aderire all’unione economica e monetaria che possono essere così sintetizzati:
a) avere un rapporto tra deficit dei conti pubblici e PIL (Prodotto interno
lordo) non superiore al 3%; b) avere un rapporto tra debito pubblico
consolidato e PIL non superiore al 60%,il Belgio e l’Italia sono stati esentati;
c) avere un tasso di inflazione che si discosti solo di un punto e mezzo da
quello dei tre Paesi economicamente più solidi; d) avere un tasso d’interesse a
lungo termine non superiore al 2% del tasso medio d’interesse sempre dei tre
Paesi economicamente più solidi; e) aver fatto parte del Sistema Monetario
Europeo (SME) senza fluttuazioni della moneta nazionale;
L’unione economica e monetaria passerà attraverso tre fasi.
La prima fase consisterà nella verifica delle condizioni dei
singoli stati che dovranno ridurre e contenere il disavanzo pubblico (art.
104).
Nella seconda fase, a partire dal primo gennaio 1994 (art. 109
E), si porranno le condizioni per l’adozione di una moneta unica e di una Banca
Centrale. Nelle more opererà l’Istituto Monetario Europeo (art. 109).
Entro il 31 dicembre 1996 sarà deliberata l’adozione di una
moneta unica.
Il passaggio all’ultima fase dovrà essere concluso entro il
primo gennaio 1999, data in cui non sarà più necessario un numero minimo di
Stati per far decollare il nuovo sistema. Entrerà solo chi, tra i Paesi membri
, avrà i requisiti previsti dal Trattato; in mancanza dovrà aspettare di
possederli.
Per l’Italia questi appuntamenti rappresenteranno una poderosa
sfida a se stessa. Ed è anche per queste ragioni che bisogna prepararsi con
serietà e senso di responsabilità.
Questa sfida ci impone sacrifici e comportamenti coerenti dai
quali non possiamo sfuggire senza rischiare di rimanere impantanati nella zona
povera e socialmente degradata d’Europa con l’effetto, specie per le nuove
generazioni, di dover pagare incolpevolmente il conto per tutti.
Siamo andati a Maastricht con la presunzione di essere stati
posti nel girone d’onore, consapevoli, peraltro, di non averne i requisiti. La
prima conseguenza sarà tutt’altro che incoraggiante. Le regioni meridionali non
potranno attingere al “ Fondo di
Coesione” i cui mezzi saranno destinati ai Paesi di serie “B”.
Bisogna fare molta attenzione. Noi rischiamo ancora più grosso.
Rischiamo di essere retrocessi d’ufficio nel girone dilettanti se non saremo in
grado di risalire la china con coraggio e concretezza.
Abbiamo appena accennato al “Fondo
di Coesione” che sarà istituito entro il 31 dicembre 1993 e che avrà lo
scopo di contribuire alla realizzazione di progetti nel settore dell’ambiente e
in quello delle reti trans europee nei Paesi meno prosperi quali l’Irlanda, la
Grecia, la Spagna e il Portogallo. E il Meridione d’Italia?
Per il principio di solidarietà e dati i profondi divari di
viluppo tra le regioni europee sono stati rafforzati i Fondi Comunitari: a) Il
Fondo Sociale Europeo; b) il Fondo Agricolo di Orientamento e di Garanzia; c)
il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. Saremo capaci di attingere a questi
fondi e soprattutto di saperli utilizzare proficuamente?
Per i nostri governanti, pertanto, è finito - almeno si spera -
il tempo dell’incompetenza, della superficialità e dell’irresponsabilità. È
finito il tempo di bleffare, di rinviare, d’ingannare e dell’illusionismo
finanziario.
In Europa nessuno ci farà sconti. Saremo obbligati a fare scelte
radicali sia a livello politico, sia a livello economico e finanziario.
Occorre, tout court, cambiar modo, speriamo in meglio, di essere
classe dirigente del Paese.
La sfida è aperta e soprattutto è audace ed avvincente.
6. Cittadini Europei
Un altro importante passo avanti verso l’unione dei popoli
europei è rappresentato dal fatto che con l’entrata in vigore del Trattato
firmato a Maastricht e secondo le scadenze ivi previste, tutti i cittadini dei
Paesi Membri dell’ormai Unione Europea diventeranno automaticamente cittadini
europei.
L’art. 8 A del Trattato prevede, infatti, che:
1. Ogni
cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente
nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni
previste dal presente trattato e dalle disposizioni adottate in applicazione
dello stesso.
2. Il
Consiglio può adottare disposizioni intese a facilitare l'esercizio dei diritti
di cui al paragrafo 1; salvo diversa disposizione del presente trattato, esso
delibera all'unanimità su proposta della Commissione e previo parere conforme
del Parlamento europeo.
Non solo, per
i cittadini dell’Unione Europea residente in qualsiasi Stato membro di cui non
sono cittadini, è stato previsto anche il diritto di elettorato attivo e
passivo, sia per le elezioni municipali sia per quelle europee. Sul punto
l’articolo 8 B del trattato prevede espressamente che:
1. Ogni
cittadino dell'Unione residente in uno Stato membro di cui non è cittadino ha
il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali nello Stato membro
in cui risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. Tale
diritto sarà esercitato con riserva delle modalità che il Consiglio,
deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione
del Parlamento europeo, dovrà adottare entro il 31 dicembre 1994; tali modalità
possono comportare disposizioni derogatorie ove problemi specifici di uno Stato
membro lo giustifichino.
2. Fatte
salve le disposizioni dell'articolo 138, paragrafo 3, e le disposizioni
adottate in applicazione di quest’ultimo, ogni cittadino dell'Unione residente
in uno Stato membro di cui non è cittadino ha il diritto di voto e di
eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro in cui
risiede, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato. Tale diritto sarà
esercitato con riserva delle modalità che il Consiglio, deliberando
all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del
Parlamento europeo, dovrà adottare entro il 31 dicembre 1993; tali modalità
possono comportare disposizioni derogatorie ove problemi specifici di uno Stato
membro lo giustifichino.
7. Le prossime scadenze
Come abbiamo avuto modo di evidenziare, il Trattato si colloca
nel contesto di un processo in continuo divenire e in quest’ottica sono stati
previsti obiettivi e scadenze per il prossimo decennio.
Ecco in sintesi le prossime scadenze:
1 gennaio 1993
Saranno abolite le dogane intercomunitarie e sarà attuato il
mercato unico per la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali.
31 dicembre 1993
A ogni cittadino dell’Unione che si trovi in un Paese terzo
verrà riconosciuto il diritto di essere tutelato dalle Autorità diplomatiche di
qualsiasi Paese membro dell’Unione.
1 gennaio 1994
Nascerà la Banca Europea.
31 dicembre 1994
Tutti io cittadini dell’Unione avranno il diritto di votare e di
essere eletti nelle municipali dello Stato membro in cui risiedono.
1 gennaio 1995
È previsto il probabile ingresso di Svezia e Austria
nell’Unione.
1 gennaio 1999
I Paesi che avranno i requisiti e che lo vorranno potranno
partecipare alla istituzione della Banca Centrale Europea e aderire alla Moneta
Unica Europea.
8. Conclusioni
Possiamo ben dire, pertanto, che pur tra speranze e problemi il
cammino verso
L’Europa dei popoli e delle autonomie locali avanza in modo
irreversibile.
Siamo consapevoli, però, che non bisogna pensare più ad
un’Europa come un’entità dotata solo di una propria veste istituzionale ma
soprattutto dobbiamo lavorare per costruire un’Europa federata e con
personalità giuridica internazionale.
Occorre che l’Unione Europea si debba costruire su una filosofia
nuova, fondata sulla solidarietà concreta e non sugli egoismi nazionali e
locali.
Bisogna cominciare a costruire un’Europa che sappia guardare ai
Paesi del Sud e dell’Est dell’Europa, delle Americhe, dell’Asia, dell’Oceania.
È inimmaginabile un’Europa dei popoli uniti e progrediti se
continueranno a persistere nel Vecchio Continente squilibri economici e sociali
tra gli Stati membri e tra aree geografiche, se si dovessero continuare ad
ignorare le enormi sacche di sottosviluppo e soprattutto se si dovesse
abbandonare a se stesso quel Sud degradato, rassegnato e caratterizzato da ogni
sorta d’ingiustizia. Aspetti che potrebbero rappresentare elementi di forti
turbative, di crisi e lacerazioni insanabili.
Bisogna cominciare a costruire, senza riserve, un’Europa che
abbia un dialogo serio e responsabile con i Paesi dell’Africa bagnati dal mar
Mediterraneo. In quest’ottica immaginiamo una Sicilia, la nostra Sicilia, non
più considerata un estremo lembo periferico e marginale del Vecchio continente
ma cerniera, ponte, interlocutrice tra Europa e Africa.
La politica europea deve scrollarsi di dosso definitivamente
l’atavica concezione egocentrica e colonialista e deve diventare planetaria e altruistica.
La sua vocazione deve essere la solidarietà, l’autentica e concreta
cooperazione.
Pur coscientemente convinti che il cammino non sarà né facile né
breve, crediamo che solo con un’Europa unita federata e solidale, capace di
rafforzare e valorizzare le autonomie e le peculiarità locali, si potrà
scongiurare il risveglio di vecchi e nuovi nazionalismi e si potrà evitare la
nascita di nuovi, temibili e catastrofici revanscismi.
Solo un’Europa sostenuta da una convinta partecipazione popolare
a tutti i livelli, potrà essere punto di riferimento, di equilibrio e di
garanzia per la sicurezza, la pace, lo sviluppo e i destini del nostro pianeta.
Il 7 febbraio 1992 a Maastricht in Olanda, bellissima città
sulle rive della Mosa, i dodici rappresentanti dei Paesi membri della Comunità
Europea hanno firmato il Trattato che istituisce l’Unione Europea.
Si dice a gran voce, esultando, che a Maastricht sia nata
l’unione dei popoli europei.
Anche noi esultiamo, anche noi, come i Padri fondatori, vogliamo
crederci, dobbiamo crederci.
Siamo consapevoli, comunque, che “nessuna asserzione è veramente certa” come affermava, oltre
duemila anni fa, il filosofo greco, sostenitore del probabilismo, Carneade.
_____________________
Canicattì 16 ottobre 1992 – I.T.C.G. “G. Galilei” Canicattì –
Sala Convegni - Incontro dibattito sul tema: «Il trattato di Maastricht e il
sistema monetario Europeo: problemi e prospettive».
Relazione tenuta dal Prof.
Giovanni Tesè
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