GIUSEPPE NATIVO, I fatti di Centuripe, l’alluvione del ’50 e lo sciopero alla rovescia

Superare le amarezze, ricercare quella energia vitale intesa come espressione della volontà di resistere alle avversità del quotidiano. Sono questi alcuni dei tratti essenziali che emergono dirompenti nel recente libro, “I fatti di Centuripe. Guardie rosse o briganti. Storia di un fatto accaduto e documentato nel 1944” (tipolitografia “Gutenberg” di Enna, 2014, pp. 94), di Pino Vicari che, con scrittura intensa e gravida di “fatti accaduti e in parte vissuti personalmente”, ci presenta tasselli di vita intessuti in una sorta di tavolozza ricca di colori dalle sfumature diverse.

Classe 1927, figlio di terra ennese, l’autore non è nuovo a esperienze editoriali riguardanti la sua terra. Nato in una famiglia di minatori dello zolfo, il suo animo sincero ma battagliero lo spinge ad occuparsi dei suoi concittadini. Dirigente della Federterra dal 1946 al 1948 è poi segretario del Pci e successivamente segretario provinciale della Cgil. Ha militato sempre nello schieramento della Sinistra Riformista, cattolico convinto, praticante ed impegnato.
L’autore racconta con dovizia di documentazione la storia di alcuni uomini di un piccolo paese dell’entroterra siciliano riportando episodi di micro-storia che hanno come “cornice la tragedia della Seconda Guerra Mondiale e lo sbarco degli angloamericani in Sicilia, le conseguenze di questo sbarco, la miseria, la fame del dopoguerra, l’esperienza comunista in provincia di Enna”, come annota il prefatore Andrea Luigi Mazzola.
Non pochi gli episodi riportati per cercare di comprendere il sottile e intrecciato legame che si istituisce tra politica, società ed esperienze individuali. Un esempio è il “diario” di Onofrio Costanzo che, con la sua profondità d’animo, la sua sgrammaticata e intelligente scrittura, esprime un genuino “amore passionale per la sua donna per la sua terra e per una giustizia sociale che sapeva essere difficile da assaporare in quei tempi”, come scrive Paolo Garofalo nella sua introduzione.
Anche i fatti relativi al cosiddetto “assalto alla corriera” del ’44 a Centuripe ad opera di alcuni giovani “comunisti”, resosi colpevoli di bloccare il flusso di prodotti alimentari che andava ad incrementare il mercato nero a Catania, fatti poi oggetto di “minacce, maltrattamenti”, odissea in carcere e per anni assistiti gratuitamente e con notevole impegno professionale e politico dall’avvocato Casalaina, sono oggetto di analisi per far luce su un’amara vicenda.
Altro tassello è il “primo” sciopero alla rovescia in territorio centuripino. Nei primi mesi del 1950 numerosi paesi della Sicilia centrale, tra questi il Comune di Centuripe, furono colpiti da una grave alluvione subendo l’interruzione delle comunicazioni stradali e telegrafiche. Per poter ripristinare i collegamenti furono chiamati non pochi lavoratori (avviati con i Cantieri scuola) che, dopo avere sgombrato alcune strade principali, furono sospesi. Gli operai, sostenuti dalle organizzazioni sindacali, non solo mostrarono il loro grande disappunto in quanto molte strade erano ancora intransitabili ma continuarono a lavorare proclamando lo “sciopero alla rovescia”. Invece di incrociare le braccia ed astenersi dal lavoro continuarono a lavorare, anche senza la direzione degli uffici comunali, per l’interesse della collettività. A nulla valsero i tentativi delle autorità volti a dissuadere dal loro intento i lavoratori centuripini che continuarono a sgombrare le strade e avanzando pure richiesta di pagamento per il lavoro svolto. Nei confronti delle autorità prefettizie si incardinò una vertenza che si trascinò a lungo senza alcun esito positivo sebbene le autorità comunali ed i vari sodalizi locali fossero dalla parte dei lavoratori. In risposta alla posizione intransigente della Prefettura, un gruppo di lavoratori, guidato da Costanzo Onofrio (molto attivo nel sindacato e nel Partito comunista), si piazzava davanti l’ingresso della Chiesa Madre (in cui Costanzo era stato sacrista) proclamando lo “sciopero della fame”. Tale stato di cose ebbe vasta eco, non solo in campo sindacale e nei partiti di sinistra ma anche nei confronti della stampa nazionale, tanto da costringere la Prefettura a riconoscere il lavoro prestato dagli operai e perciò retribuito.

Quella di Pino Vicari si rivela come una finestra che si apre per fornire al lettore la conoscenza e l’accurata analisi di un lavoro di tutto rispetto e necessario a chi, della storia contemporanea, vuole averne una visione completa e intelligente.

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