Superare le amarezze, ricercare quella energia vitale intesa come espressione della volontà
di resistere alle avversità del quotidiano. Sono questi alcuni dei tratti essenziali
che emergono dirompenti nel recente libro, “I fatti di Centuripe. Guardie rosse o briganti. Storia
di un fatto accaduto e documentato nel 1944” (tipolitografia “Gutenberg” di
Enna, 2014, pp. 94), di Pino Vicari che, con
scrittura intensa e gravida di “fatti accaduti e in parte vissuti
personalmente”, ci presenta tasselli di vita intessuti in una sorta di
tavolozza ricca di colori dalle sfumature diverse.
Classe 1927, figlio di terra ennese, l’autore non è nuovo
a esperienze editoriali riguardanti la sua terra. Nato in una famiglia di
minatori dello zolfo, il suo animo sincero ma battagliero lo spinge ad
occuparsi dei suoi concittadini. Dirigente della Federterra dal
1946 al 1948 è poi segretario del Pci e successivamente segretario provinciale
della Cgil. Ha militato sempre nello schieramento della Sinistra Riformista,
cattolico convinto, praticante ed impegnato.
L’autore racconta con dovizia di documentazione
la storia di alcuni uomini di un piccolo paese dell’entroterra siciliano
riportando episodi di micro-storia che hanno come “cornice la tragedia della
Seconda Guerra Mondiale e lo sbarco degli angloamericani in Sicilia, le
conseguenze di questo sbarco, la miseria, la fame del dopoguerra, l’esperienza
comunista in provincia di Enna”, come annota il prefatore Andrea Luigi Mazzola.
Non pochi gli episodi
riportati per cercare di comprendere il sottile e intrecciato legame che si
istituisce tra politica, società ed esperienze individuali. Un esempio è il
“diario” di Onofrio Costanzo che, con la sua profondità d’animo, la sua
sgrammaticata e intelligente scrittura, esprime un genuino “amore passionale
per la sua donna per la sua terra e per una giustizia sociale che sapeva essere
difficile da assaporare in quei tempi”, come scrive Paolo Garofalo nella sua
introduzione.
Anche i fatti relativi al
cosiddetto “assalto alla corriera” del ’44 a Centuripe ad opera di alcuni
giovani “comunisti”, resosi colpevoli di bloccare il flusso di prodotti
alimentari che andava ad incrementare il mercato nero a Catania, fatti poi oggetto
di “minacce, maltrattamenti”, odissea in carcere e per anni assistiti
gratuitamente e con notevole impegno professionale e politico dall’avvocato
Casalaina, sono oggetto di analisi per far luce su un’amara vicenda.
Altro tassello è il “primo”
sciopero alla rovescia in territorio centuripino. Nei primi mesi del 1950 numerosi
paesi della Sicilia centrale, tra questi il Comune di Centuripe, furono colpiti
da una grave alluvione subendo l’interruzione delle comunicazioni stradali e
telegrafiche. Per poter ripristinare i collegamenti furono chiamati non pochi
lavoratori (avviati con i Cantieri scuola) che, dopo avere sgombrato alcune
strade principali, furono sospesi. Gli operai, sostenuti dalle organizzazioni
sindacali, non solo mostrarono il loro grande disappunto in quanto molte strade
erano ancora intransitabili ma continuarono a lavorare proclamando lo “sciopero
alla rovescia”. Invece di incrociare le braccia ed astenersi dal lavoro
continuarono a lavorare, anche senza la direzione degli uffici comunali, per
l’interesse della collettività. A nulla valsero i tentativi delle autorità volti
a dissuadere dal loro intento i lavoratori centuripini che continuarono a
sgombrare le strade e avanzando pure richiesta di pagamento per il lavoro
svolto. Nei confronti delle autorità prefettizie si incardinò una vertenza che
si trascinò a lungo senza alcun esito positivo sebbene le autorità comunali ed
i vari sodalizi locali fossero dalla parte dei lavoratori. In risposta alla
posizione intransigente della Prefettura, un gruppo di lavoratori, guidato da Costanzo
Onofrio (molto attivo nel sindacato e nel Partito comunista), si piazzava
davanti l’ingresso della Chiesa Madre (in cui Costanzo era stato sacrista) proclamando
lo “sciopero della fame”. Tale stato di cose ebbe vasta eco, non solo in campo
sindacale e nei partiti di sinistra ma anche nei confronti della stampa
nazionale, tanto da costringere la Prefettura a riconoscere il lavoro prestato
dagli operai e perciò retribuito.
Quella
di Pino Vicari si rivela come una finestra che si apre per fornire al lettore
la conoscenza e l’accurata analisi di un lavoro di tutto rispetto e necessario
a chi, della storia contemporanea, vuole averne una visione completa e
intelligente.
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