GIOVANNI TESE', Presentazione della tela restaurata raffigurante la Madre Santissima del Lume

Intervento tenuto nella Chiesa Madre di Racalmuto il 10 dicembre 2010

Partecipare alla presentazione della tela, “ritrovata” e “restaurata”, raffigurante la Madre Santissima del Lume, qui a Racalmuto, in questa splendida Chiesa Madre, colma di fedeli per ammirare la straordinaria icona, è per me una gioia inesprimibile e al tempo stesso motivo di profonda emozione.
        Potere testimoniare la fede in Cristo Gesù e l’amore per la Mamma Celeste in un tempo così complesso e difficile è anche motivo di speranza, di quella speranza cristiana che non delude e non deluderà mai perché affonda le sue radici nell’amore.
        Viviamo in un periodo storico nel quale la crisi antropologica, l’egoismo disumano, la durezza del cuore, le ingiustizie, la smania per il “potere” e per “l’avere”, l’indifferentismo e il relativismo etico continuano ogni giorno a inselvatichire, anestetizzare e uccidere le coscienze, a mortificare la dignità umana e a mietere vittime innocenti provocando vuoti e drammi senza fine.
        Avvertiamo, pertanto, sempre più forte la necessità ineludibile di doverci fermare per riflettere sul vero senso della nostra vita.    
        Speriamo fortemente che l’essere umano, dopo avere rincorso falsi miti e fuorvianti obiettivi e dopo aver sperimentato l’inutilità e la vacuità di ogni e qualsiasi conquista materiale, debba rendersi conto che bisogna cambiare rotta, che occorre attivarsi per creare un nuovo umanesimo cristiano, solidale e responsabile.
        Papa Benedetto XVI nella Sua enciclica Caritas in Veritate ci ricorda che «lontano da Dio, l’uomo è inquieto e malato», ci ammonisce che «senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce a comprendere chi egli sia» e nello stesso tempo, però, ci tranquillizza precisando che «solo Dio ci dà la forza di lottare e di soffrire per amore del bene comune, perché Egli è il nostro Tutto, la nostra speranza più grande» e la nostra salvezza.
        In tutto questo è fondamentale l’opera di Maria Santissima, Corredentrice del genere umano e Cooperatrice all’opera salvifica del Divino Redentore Gesù Cristo.
        Ed è proprio l’opera di cooperazione alla redenzione e alla salvezza dell’umanità della nostra Mamma Celeste che è stata rappresentata in modo mirabile ed eloquente nell’icona originale, nell’immagine primigenia, raffigurante la Madre Santissima del Lume; la stessa immagine del dipinto “restaurato” che questa sera abbiamo la gioia di presentare.
        Seppur brevemente, credo sia doveroso dedicare qualche cenno sull’origine dell’immagine e del titolo della Madre Santissima del Lume e al conseguente culto e devozione.
        È ormai riconosciuto dalla gran parte degli studiosi che a diffondere il titolo, l’immagine, il culto e la devozione alla Madre Santissima del Lume sia stato in particolar modo il padre gesuita Giovanni Antonio Genovese, nato a Palazzo Adriano il 4 maggio 1684 e morto in odore di santità a Messina il 6 luglio 1743.
         Padre Genovese, secondo moltissimi studiosi, autore dei volumi dal titolo La Divozione di Maria SS. Del Lume, editi in forma anonima a Palermo presso la Tipografia di Stefano Amato nel 1733, riferisce che era suo straordinario desiderio poter realizzare un’immagine della Madre di Gesù, Luce del Mondo, da dipingere su tela, al fine di portarla con sé in missione, ovviamente insieme al Crocefisso, per diffonderne il culto e la devozione e soprattutto per far comprendere meglio a chiunque, attraverso l’immagine, il messaggio cristiano e mariano.
        Essendo indeciso, però, sia sull’immagine sia sul titolo con cui rappresentare la Vergine Santa, pensò di rivolgersi a una veggente - secondo alcuni la principessa di Favara o delle Favare - anche lei devotissima della Madonna, con l’intento di far chiedere direttamente alla Vergine in che modo desiderasse essere raffigurata e con quale titolo volesse essere invocata.
        Sempre lo stesso Padre Genovese racconta che non molto tempo dopo, verosimilmente la mattina del 21 novembre del 1722, nella Chiesa San Stanislao Kostka al Noviziato dei Padri Gesuiti in Palermo, la pia veggente, dopo aver ricevuto la Santa Comunione e ringraziato il Signore, cadde in estasi ed ebbe la desiderata celestiale visione.
        La Vergine Santissima, vestita con un abito bianco stretto alla vita da una cintura ornata di gioielli più belli delle stelle e con la testa coperta da un lungo mantello azzurro, straordinariamente bella e sfolgorante, apparve alla pia donna.
        La Madre Celeste, circondata da una schiera di angeli e di serafini che sorreggevano sul suo capo una corona regale, teneva col braccio sinistro il suo Divin Figlio Gesù, Luce del mondo.
        Con la mano destra, invece, era intenta a trattenere per un braccio un giovane “peccatore”, “un’anima” che stava per precipitare tra le fiamme dell’inferno. Alla sua sinistra un angelo in ginocchio, probabilmente San Raffaele, offriva a Gesù Bambino, in un cesto di vinchi, i cuori dei peccatori convertiti e salvati.
        Con questa celestiale apparizione la Madonna esaudiva il desiderio di Padre Genovese e chiedeva alla pia veggente di far sì che fosse dipinta nell’identico modo della visione e di invocarla e farla invocare con il titolo di “Madre Santissima del Lume”, promettendo che chiunque l’avesse chiamata e pregata con questo titolo «sarebbe stato coronato con ogni grazia e benedizione dal Cielo». 
        Padre Genovese commissionò l’opera a un pittore, rimasto anonimo.
        Il dipinto, secondo quanto ci è stato tramandato, fu realizzato con la soprannaturale assistenza della stessa Vergine Santissima e appena ultimato fu benedetto da Gesù.
        Da quel momento sia il titolo e l’immagine sia il culto e la devozione per la Madre Santissima del Lume, partendo da Palermo, si sono irradiati in ogni angolo del pianeta ad opera prevalentemente dei seguaci di sant’Ignazio di Loyola.
        Tanto il programma iconografico e iconologico quanto il titolo di “Madre Santissima del Lume” diedero adito, però, a fortissime disquisizioni esegetiche e teologiche.
        In certi periodi furono anche oggetto di anatemi e contestazioni da parte di teologi e prelati, stante il fatto che surrettiziamente si tentava di far credere che la Madonna tirasse fuori le anime dall’inferno e non che impedisse che vi precipitassero, così come correttamente deve interpretarsi.
        Norman Neurburg nel suo saggio sulla Madre Santissima de la Luz, legittimamente si chiede se le censure mosse da alcuni teologi fossero state in realtà rivolte al titolo e all’immagine della Madonna del Lume oppure se costoro fossero stati mossi dall’odio nei confronti dei gesuiti.
        Nonostante le perplessità avanzate dalle autorità ecclesiastiche, il culto e la devozione per la Madre Santissima del Lume continuarono e continuano a diffondersi in modo davvero miracoloso e straordinario in ogni parte del pianeta.
        Tantissime chiese e parrocchie sono state dedicate alla Madonna del Lume come pure innumerevoli  immagini e dipinti.
        Non può passare inosservato, però, il fatto che moltissimi dipinti, probabilmente a causa delle persecuzioni subite dai gesuiti ovvero per le minacce di scomuniche, sono di autori ignoti.
        Anche le due tele raffiguranti la Madonna del Lume che si conservano quì a  Racalmuto, città che ha dato i natali tra la seconda metà dell’Ottocento e tutto il Novecento a una nutrita schiera di seguaci di sant’Ignazio di Loyola, sono rimaste anonime.
        Addirittura, credo che solo pochissimi conoscano le tele raffiguranti la Madonna del Lume conservate qui a Racalmuto e comunque non risulta che qualcuno fino ad oggi ne abbia fatto cenno in qualsivoglia pubblicazione.
        Eppure una magnifica tela che raffigura il tema iconografico del “Lume” è ben visibile e si conserva nella chiesa dell’Itria o Odigitria, mentre la tela che questa sera abbiamo la gioia di ammirare “restaurata”, fino a pochi mesi fa era sconosciuta ai più e si trovava arrotolata in un sottotetto di questo Tempio.
        A tal riguardo, mi piace accennare a qualche ricordo e a qualche particolare, quantomeno per evidenziare che il più delle volte tante belle storie iniziano sempre con piccoli passi, fatti peraltro inconsapevolmente e senza aver chiara la meta.
        Ed è così che è stato per le tele che ci occupano.
        Meno di un anno fa parlai con Enzo Sardo dei miei studi e delle mie ricerche sulle origini e sulla diffusione delle immagini e del culto della Madre Santissima del Lume. Enzo Sardo, cultore appassionato della storia siciliana in generale e di Racalmuto in particolare, ne parlò con Salvatore Picone, giornalista attento alle problematiche culturali del nostro interland e conoscitore della Chiesa Madre di Racalmuto, che a sua volta ne parlò con l’arciprete don Diego Martorana, uomo colto, disponibile e lungimirante, e così, passo dopo passo, siamo arrivati alla “riscoperta” dei dipinti della Madonna del Lume di Racalmuto ed in particolare della tela che oggi  possiamo ammirare in tutto il suo originario splendore.
        Enzo Sardo e Salvatore Picone con altri studiosi e amici m’invitarono per visionare un dipinto su tela raffigurante, molto verosimilmente, la Madre Santissima del Lume che si trovava, staccato dal telaio e arrotolato, nel sottotetto della Chiesa Madre.
        Con piacere, come sempre del resto, accettai l’invito e il pomeriggio del  6 marzo 2010 ci siamo dati appuntamento quì a Racalmuto.
        Insieme ad Enzo Sardo, Salvatore Picone, Lillo Sardo, Sergio Amato, Giuseppe Cipolla, Maurizio Taormina, Nicolò Rizzo e Simone Stuto, grazie alla disponibilità di don Diego Martorana,  siamo venuti qui in Matrice per vedere la preziosa tela.
        È stato Salvatore Picone, che ovviamente sapeva dove cercare, a trovare il dipinto.
        Con non poca curiosità frammista ad una forte emozione e al desiderio della scoperta abbiamo disteso la tela “ritrovata” con la delicatezza che si riserva alle reliquie o alle cose preziose.
        Abbiamo cercato di abbozzare un primo ed estemporaneo rilievo sia tecnico sia iconografico dell’opera d’arte.
        Il dipinto, seppur ben sistemato, si è presentato ai nostri occhi in condizioni pessime, anzi potremmo dire pietose.
        Numerosi fattori di degrado di natura fisica, chimica, biologica e antropica nel corso degli anni avevano causato alla tela notevoli danni. Parti della tela erano state letteralmente asportate, ovviamente in modo accidentale, anche se, comunque e in ogni caso, con irreversibile danno.
        Del tutto lacerata era la parte di tela in cui erano raffigurati la testa e il braccino sinistro del Gesù Bambino, la testa e il dorso dell’angelo cistoforo nonché il cestello contenente i cuori dei peccatori.
        Nonostante la mancanza di questi elementi, essenziali nell’iconografia del Lume, e nonostante la superficie pittorica fosse completamente annerita, non sono stati necessari molti sforzi per comprendere ictu oculi che la tela raffigurasse chiaramente e inequivocabilmente la Madre Santissima del Lume.
        Con la guida esperta e competente del professor  Giuseppe Cipolla, dell’architetto Maurizio Taormina e del pittore Sergio Amato siamo stati tutti concordi nel ritenere che il periodo di realizzazione del dipinto, stante la metodologia pittorica utilizzata, potrebbe essere riconducibile alla prima metà del Settecento, anche se secondo Sergio Amato «non può escludersi una fattura postuma nell’ambito del XVIII secolo».
        Per quanto riguarda la paternità dell’opera, invece, non si è rilevato alcun ragionevole indizio e pertanto anche questo dipinto della Madonna del Lume rimane, almeno per il momento, opera d’ignoto.
        Il dipinto, alto circa 123 cm e largo cm 93, è stato realizzato con la tecnica della pittura a olio su tela e ricalca pedissequamente il tema iconografico del “Lume” ampiamente diffuso nella prima metà del Settecento e senza varianti significative o elementi  caratterizzanti.
        Anche i colori dei soggetti della scena sono sostanzialmente gli stessi dell’iconografia classica. In basso a destra, a sinistra per chi guarda, s’intravede in modo non del tutto chiaro e molto sfumata una testa di mostro demoniaco dalle cui fauci spalancate escono “fiamme di fuoco infernali” lambite dal piede destro del “peccatore”.
        Il dipinto è identico in tutto e per tutto a quello che è conservato nella Chiesa Madre di Canicattì, eccezion fatta per le dimensioni e per la raffigurazione della testa belluina ai piedi del “peccatore” che nel dipinto di Canicattì è stata verosimilmente sostituita, a seguito di uno dei tanti restauri, con le sole fiamme infernali.
        Particolarmente impressionante è la somiglianza tra i lineamenti del volto della Madonna con quelli raffigurati nel miracoloso dipinto che è custodito nella Basilica di Leòn, che stante a molti studiosi potrebbe essere addirittura l’immagine primigenia. Sempre quel 6 marzo del 2010, dinanzi al dipinto della Madre Santissima del Lume “ritrovato”, si convenne, estemporaneamente, sull’esigenza di un restauro improcrastinabile.
        Enzo Sardo, Salvatore Picone e Lillo Sardo, con la “benedizione” di don Diego Martorana, si sono assunti l’onere di costituire un comitato per la raccolta dei fondi necessari e per le incombenze inerenti e conseguenti.
        Si sono messi subito all’opera con l’immediata adesione di oltre cento cittadini entusiasti, amanti del bello e del buono.
        Raccolti i relativi fondi e ottenute le autorizzazioni di rito, in particolare quelle della Curia Arcivescovile e quelle della Soprintendenza ai beni culturali di Agrigento, è stato affidato al maestro Franco Fazzio, questa sera qui con noi, l’onere del difficile restauro.
        Desidero sottolineare che non è stato difficile trovare i fondi necessari; tutte le persone contattate si sono sentite immediatamente coinvolte e desiderose di contribuire a ridare “luce” a un bene della comunità, anzi dell’umanità intera, giacché ogni opera d’arte, credo lo si possa affermare a pieno titolo, appartiene sicuramente a tutta l’umanità.
        Tutto ciò dimostra altresì che quando le cose si fanno con amore, passione e disinteresse si può raggiungere qualsiasi obiettivo.
        Riportare alla luce un’opera d’arte rappresenta sicuramente un importantissimo risultato volto ad arricchire il patrimonio culturale delle nostre città ed assume uno straordinario significato specie quando tutto ciò avviene grazie all’impegno ed alla grande generosità di tantissimi cittadini che amano la cultura, le cose belle e che soprattutto sperano in un futuro migliore.
        Ed è grazie alla generosità ed all’amore per la “bellezza” di tanti generosi cittadini che questa sera possiamo gioire e possiamo ammirare una straordinaria opera d’arte che altrimenti, tutto lascia supporre, sarebbe stata destinata al degrado e all’oblio.
        Lo straordinario evento che questa sera stiamo vivendo con il cuore colmo di felicità, credo che resterà impresso per sempre nel nostro cuore e nella nostra mente.
        Il 10 dicembre 2010, credo, sarà una giornata speciale che resterà scolpita nella memoria della comunità di Racalmuto e nella storia di questa magnifica Chiesa Madre.
        E noi ai piedi dell’altare, in adorazione innanzi al Tabernacolo, invochiamo l’Immacolata piena di grazie, Figlia e Madre Santissima del Lume, perché con cuore materno ci prenda per mano e ci conduca al suo amato Figlio Gesù.

Intervento del Prof. Avv. Giovanni Tesè

Il pubblico nella navata centrale
della Chiesa Madre

Nessun commento:

Posta un commento