GIOVANNI TESÈ, I cattolici italiani per un impegno “operoso” in politica nel tempo presente

Intervento scritto di Giovanni Tesè in occasione del Convegno su “I Cattolici Italiani” e presentazione del libro di Enzo Sardo: “I Cattolici Popolari tra etica e estetica” - Roma 07 dicembre 2011 ore 18,00 - Campidoglio Sala della Protomoteca



Signor Presidente, Gentili Signore e Signori, Onorevoli Consiglieri Comunali di Roma Capitale e amici del Movimento Cristiano Lavoratori, a Voi tutti un saluto cordiale ed affettuoso.

Devo dire subito che ho accettato ben volentieri l’invito a partecipare a questo convegno sia per rendere una testimonianza di stima e di affetto al nostro Enzo Sardo a cui rivolgo un particolare sentito saluto, sia per offrire un doveroso contributo al dibattito in corso all’interno del mondo cattolico circa il ruolo e l’impegno che dovrebbero assumere i cattolici in politica.

Tanto il tema che ci è stato proposto, I Cattolici Italiani, quanto le riflessioni e le proposte contenute nel libro di Enzo Sardo, I Cattolici Popolari tra Etica ed Estetica, che questa sera presentiamo, infatti, ci danno l’opportunità di offrire il nostro punto di vista.

Certo, nessuna pretesa in noi di potere essere esaustivi; tuttavia credo che anche da questo nostro incontro potranno emergere interessanti spunti di riflessione e utili proposte.

La crisi economica e sociale, ormai cronica ed i cui costi come sempre sono sopportati soprattutto da chi vive di lavoro, apre nuovi ed inquietanti scenari.

L’incalzare delle pressioni e delle ingerenze internazionali derivanti sia dalla bufera finanziaria globale sia dalla recrudescenza di stigmatizzabili e miopi egoismi nazionali, rendono ancora più esplosive e cariche di incognite la crisi che oggi viviamo.

Le piccole e medie imprese sono costrette ad uscire fuori dal mercato.

Il sistema bancario, ubbidiente solo alla spietata logica del profitto, non contribuisce minimamente ad invertire la rotta e a stimolare, come dovrebbe, crescita e sviluppo.

Migliaia e migliaia di giovani, di sicuri talenti, specie del Sud e della Sicilia in particolare, abbandonano quotidianamente il nostro Paese.

La disoccupazione, specialmente quella giovanile, sta toccando punte preoccupanti.

Secondo i dati Istat, nel 2010, i giovani disoccupati in Sicilia si attestavano al 14,7% e nella provincia di Agrigento al 19,2%. Nella provincia di Palermo il tasso di disoccupazione femminile è stato del 23,4%. Sempre nel 2010 abbiamo registrato la perdita di ben ventiquattromila posti di lavoro.

A rendere ancor più grave e per certi versi drammatico il tempo presente contribuiscono sicuramente sia una grave crisi antropologica ed esistenziale sia una sempre crescente marginalizzazione della persona umana, della famiglia e delle formazioni sociali.

Domani 8 dicembre (2011)  - 157° anniversario della proclamazione da parte del Sommo Pontefice Pio IX del dogma dell’immacolato concepimento della nostra Mamma Celeste - il Movimento Cristiano dei Lavoratori (MCL) celebrerà il 39° anniversario della sua fondazione che, come ci ricorda anche Enzo Sardo nel suo libro, avvenne l’8 dicembre 1972 per opera di un “gruppo di giovani lungimiranti” guidati dall’On. Giovanni Bersani[1].

Sono certo che il Movimento Cristiano dei Lavoratori, qui autorevolmente rappresentato, nella speciale ricorrenza di domani, accanto al rinnovato impegno per la promozione sociale, economica e culturale dei lavoratori, inserirà tra gli impegni prioritari anche quello di sostenere con vigore le ragioni delle centinaia di migliaia di disoccupati che ormai da tanto tempo levano inascoltati il loro grido d’aiuto.

Aiutiamo i nostri giovani a ritrovare la speranza, aiutiamoli a ritrovare il coraggio di lottare; di lottare qui, nella nostra terra!

Le criticità appena evidenziate sono aggravate da uno statalismo spesso dissennatamente invasivo, da una coesione sociale ogni giorno sempre più fragile, da una profonda crisi valoriale e culturale, da una forte dissonanza cognitiva della politica rispetto ai problemi reali della società, da una sfiducia nel presente e nel futuro, da un rigetto totale nei confronti dell’attuale “casta” politica e amministrativa, da una pericolosa crisi istituzionale e da un sempre crescente deficit sostanziale di libertà, di democrazia e di partecipazione attiva dei cittadini alla vita del Paese.

E sul deficit di democrazia in particolare, credo che sia sufficiente rassegnare qualche considerazione soltanto su due dei tanti temi posti al centro del dibattito politico: quello concernente il sistema di elezione della rappresentanza politica e parlamentare e quello inerente l’annosa questione degli assurdi ed inqualificabili costi della “casta”.

La prima questione verte sulla deplorevole legge elettorale vigente che anziché garantire stabilità politica e governabilità, come surrettiziamente veniva declamato dai proponenti, ha attribuito invece a cinici oligarchi di partito o peggio ancora ad un ristretto gruppo di capi manipoli, absit iniuria verbis, il potere di “nominare”, a loro piacimento, deputati e senatori, spogliando, di fatto, i cittadini del diritto di eleggere i propri rappresentanti e vanificando in tal modo il principio costituzionalmente garantito della sovranità popolare.

Oggi rivendichiamo con forza che ci venga restituita la sovranità nella sua pienezza e senza condizionamenti. Rivendichiamo con urgenza una legge elettorale che sappia garantire concretamente stabilità e governabilità ed al tempo stesso che restituisca ai cittadini il diritto di eleggere liberamente e democraticamente i propri rappresentanti, garantendo agli elettori il diritto di scegliere non solo la lista ma anche i candidati che, se eletti, dovranno rappresentare il popolo italiano, liberi da qualsiasi vincolo di mandato o da gravose imposizioni. Solo così si potrà restituire al Popolo italiano libertà e democrazia e al Parlamento la dignità, la centralità e la legittimità che gli sono propri.

L’altra questione portata avanti da alcuni politici attiene alla demagogica e fuorviante proposta di “dimezzare il numero dei parlamentari” e ciò per abbattere, a loro dire, i costi della “casta”.

Sul punto non si può non osservare che riducendo, “sic et simpliciter”, il numero dei parlamentari non solo non si risolverebbe l’ingiustificabile e inammissibile costo che la politica comporta, ma ancor più grave si consumerebbe un ennesimo attentato alla rappresentanza democratica con una sostanziale mutilazione della sovranità popolare.

Se si volesse affrontare e risolvere concretamente l’esorbitante costo della rappresentanza, basterebbe solo un atto di responsabilità: eliminare sprechi, privilegi, stipendi, vitalizi, pensioni e indennità a sei zeri, goduti da un esercito di rappresentati politici, di amministratori e dirigenti di enti in gran parte inutili e parassitari. Nulla di più.

In verità la “casta” vuole solo conservarsi e perpetuarsi e continuare in eterno a godere di prebende e privilegi ingiustificati in danno del popolo lavoratore, sempre depauperato e bistrattato. Il resto è solo demagogia e mistificazione.

Tutte queste circostanze sembrano avvalorare la tesi, invero alquanto inquietante e verosimile, secondo cui l’obiettivo di molti in Italia e in Europa sia quello di sradicare la democrazia e limitare la libertà al fine di esercitare un potere illimitato sul popolo, con l’aggravante di utilizzare le costituzioni democratiche solo come comodo paravento.

Gran parte dell’attuale classe politica che ancora oggi si arroga il diritto di governare il Paese ha perso ogni contatto con la gente, con la realtà ed ancor più grave ha superato ogni limite di decenza politica.

Molto eloquenti ed attuali suonano oggi le considerazioni che il compianto Vescovo Don Tonino Bello rivolgeva ai politici: «Oggi il vostro mestiere è fra i più ingrati e incompresi. [….] Quando si parla di voi la gente corruga la fronte, ricorre alla battuta convenzionale, si sente autorizzata dal tacito consenso generale ad avanzare giudizi pesanti e, bene che vada, l’aggettivo più innocuo che appone alla parola “politica” è quello di “sporca”. [….] La gente con voi o è ossessivamente cortigiana, strisciandovi davanti con le forme del lecchinaggio più vile, o vi disprezza dall’alto della sua sufficienza, indicandovi come i capri espiatori di ogni malessere sociale, anche il più ineluttabile. [….]  I puritani vi scansano con ostentazione, dichiarando che non vogliono contaminarsi le mani con voi. Gli amici vi chiedono, con scoraggianti sorrisi, chi mai ve lo fa fare. I parenti vi ripetono che fareste meglio a pensare un po' più alla famiglia. I preti parlano di voi con tanti sottintesi misteriosi, al punto che dal loro linguaggio traspaiono centomila riserve. Il vescovo sembra che si faccia un sacco di problemi se deve apparire in pubblico con voi. Forse gli stessi che, per salvaguardare un “look” di verginità, in pubblico vi scansano, vi blandiscono vigliaccamente in privato quando hanno bisogno del vostro appoggio».[2]

E a chi gli chiedeva come doveva caratterizzarsi l’azione politica del credente, don Tonino Bello, rispondeva così: «… Il cristiano che fa politica deve avere non solo la compassione delle mani e del cuore, ma anche la compassione del cervello. Analizza in profondità le situazioni di malessere. Apporta rimedi sostanziali sottratti alla fosforescenza del precariato. Non fa delle sofferenze della gente l’occasione per gestire i bisogni a scopo di potere. Paga di persona il prezzo di una solidarietà che diventa passione per l’uomo. Addita in termini planetari e senza paure, i focolai da cui partono le ingiustizie, le violenze, le guerre, le oppressioni, le violazioni dei diritti umani. Sicché, man mano che il cristiano entra in politica, dovrebbe uscirne di pari passo la mentalità clientelare, il vassallaggio dei sistemi correntizi, la spartizione oscena del denaro pubblico, il fariseismo teso a scopi reconditi di dominio. Utopie? Forse. Ma così a portata di mano, che possono finalmente diventare “carne e sangue” sull’altare della vita».

Queste sono alcune delle straordinarie esortazioni che don Tonino rivolgeva ai politici con lo scopo di far prendere loro coscienza dell’alta missione che si sono assunti di fronte alla gente e soprattutto di fronte ai più poveri e agli umili.

Ahimè, ahinoi, come sono lontani, purtroppo, molti dei nostri politici dal profilo delineato da don Tonino!

Come sarebbe bello, in un prossimo futuro, potere avere politici così come auspicati dal compianto Vescovo della diocesi di Molfetta!

Anche il processo di integrazione europea è messo a dura prova.

Oggi a causa dell’affermazione sempre crescente di una politica a servizio di una finanza cinica e senza etica, il rischio di vanificare e di frantumare sessanta anni di sforzi volti all’unificazione dei popoli europei si fa sempre più concreto e ciò con conseguenze inimmaginabili, imprevedibili e di certo tutt’altro che governabili.

Cominciò proprio da qui, da Roma, dal Campidoglio, dalla sala degli Orazi e dei Curiazi, il lungo cammino di pace, speranza e solidarietà che sei Paesi fondatori, tra cui l’Italia, iniziarono il 25 marzo del 1957 con la firma dei Trattati istitutivi della Comunità economica europea e della Comunità europea dell’energia atomica.

Siamo tutti consapevoli che venendo meno l’Unione europea, la pace che sembra un dato definitivamente acquisito, potrebbe un giorno non lontano essere messa in discussione.

Anche su questo versante è urgente che una classe politica nuova e illuminata possa impedire a mercanti senza scrupoli di impadronirsi della nostra cara vecchia Europa, si sappia riappropriare del progetto di unificazione dei popoli europei e riesca a promuovere una politica più umana, solidale, inclusiva, capace di contrastare ogni forma di umana ingiustizia e di lottare con forza per debellare ogni forma di miseria e povertà.

In questo clima di sfiducia e di diffuso malessere politico, sociale, valoriale, culturale, economico e istituzionale, larghi strati della società cominciano a manifestare indignazione e rabbia che talvolta degenerano in inquietanti ed esecrabili episodi di violenza.

Ormai è diffusa tra la gente l’opinione che il Governo in carica ha tradito ogni aspettativa e fallito miseramente in ogni suo obiettivo.

Non vi è dubbio che l’esperienza culturale e politica della cosiddetta “seconda repubblica”, nata da discutibili premesse e vissuta nell’illusione di promesse rimaste disattese, sia ormai definitivamente conclusa.

La crisi è profonda in ogni settore della vita sociale.

Sappiamo che il tempo presente è difficile, irto di ostacoli e di criticità.

È quasi unanime la convinzione che occorre cambiare rotta immediatamente, senza timori o tentennamenti.

Occorre iniziare, pertanto, un processo di rifondazione politica, morale e istituzionale.

Occorre l’elaborazione di una forte azione tesa a sensibilizzare e ridestare le coscienze, a promuovere una libera informazione e una seria formazione, nella convinzione che una buona cultura produrrà buoni cittadini, buoni professionisti, buoni politici, buoni amministratori e, come ci insegnò don Luigi Sturzo, “Buon Governo”.

Anche l’insigne giurista e “Padre Costituente” Piero Calamandrei non mancava mai di evidenziare con forza il ruolo fondamentale e decisivo esercitato dalla cultura, dalla formazione e dalla scuola.[3]

E il nostro Enzo Sardo, molto efficacemente al riguardo, nel libro che oggi presentiamo, sostiene: « Ricordiamo ai molti che il sapere, l’arte, la formazione e la ricerca scientifica costituiscono il vero contrasto ad ogni forma di violenza e di prepotenza umana».[4]

Occorre intraprendere, pertanto, un percorso certamente nuovo, con serietà e senso di responsabilità.

È difficile, oggi, poter dire chi potranno essere i protagonisti del dopo; siamo consapevoli, però, che una nuova e non facile fase culturale, politica e istituzionale sta per aprirsi.

Siamo fortemente convinti che oggi chi volesse arrogarsi il primato di possedere le soluzioni per risolvere i problemi che caratterizzano il nostro tempo, sia a livello globale che locale, peccherebbe quantomeno di arroganza e superbia; è necessario, invece, ricercare insieme tutte quelle soluzioni idonee a contribuire concretamente a ridare fiducia e speranza al popolo sempre più oppresso e sfruttato.

Nello stesso tempo, nell’interesse del Paese, siamo convinti che sia necessario ed urgente contribuire a neutralizzare ogni forma di populismo che anche se vacuo resta pur sempre pericoloso.

Siamo chiamati ad affrontare un periodo di transizione - speriamo non troppo lungo – difficile, complesso e incerto.

Poche le certezze che oggi ci vengono in aiuto. Tra queste c’è sicuramente quella del fallimento delle ideologie e quella della necessità dell’affermazione di valori universalmente condivisi.

È ormai pacificamente e quasi unanimemente riconosciuto che tanto il comunismo materialista quanto il liberismo egoista e utilitarista hanno fallito in tutti i loro obiettivi ed ancor più grave hanno mortificato e leso in tantissime occasioni la dignità delle persone.

Specie dopo il crollo del comunismo, un liberismo sfrenato, un pragmatismo cinico, un consumismo sempre più indotto mediaticamente, un’economia ed una finanza senza etica, un relativismo esasperato, un indifferentismo deplorevole, una politica ridotta a mero mercato e una mercificazione selvaggia di tutto sono stati i principali ingredienti della crisi epocale che noi tutti stiamo vivendo e subendo.

Di fronte alle poderose sfide che ci attendono anche noi cristiani, noi cattolici non possiamo non interrogarci seriamente e responsabilmente se sia giusto o meno, nel tempo presente, impegnarci e spenderci in prima persona anche in campo politico.

Che fare? In quali ambiti, in quale direzione e con quali metodi bisogna profondere il nostro impegno e la nostra testimonianza in questo drammatico periodo storico? Ci sono oggi gli spazi e le condizioni per un impegno di cristiani, di cattolici in politica?

Questi sono alcuni degli interrogativi che esigono risposte immediate.

Il dibattito è aperto: problematico ma costruttivo.

Tantissimi incontri, eventi, dibattiti e forum sono quotidianamente promossi da cattolici operosi in ogni parte del Paese per interrogarsi e riflettere su questi temi.
Da questi incontri comincia ad emergere un dato che non lascia dubbi di sorta: la consapevolezza che noi cristiani, noi cattolici, di fronte alle naturali asperità e alle drammaticità del momento non possiamo continuare a mimetizzarci ed a maggior ragione non possiamo continuare a restare spettatori passivi o colpevolmente assenti. In questi mesi cominciano a intravedersi significativi segnali volti a un nuovo impegno politico da parte di coloro i quali fino ad ora sono rimasti lontani o indifferenti rispetto alle dinamiche politiche del Paese.
È vero che i cattolici che continuano a sostenere la giustezza del disimpegno da ogni attività politica sono ancora tanti.
È altrettanto vero, di contro, che seppur in modo non del tutto organico, siamo in molti a credere che sia giunta l’ora per un nuovo impegno “operoso” ed “eticamente responsabile” dei cattolici in politica. Così come siamo in molti a essere convinti che quei cattolici che dovessero optare per la linea del disimpegno politico e dell’abdicazione, priverebbero la politica e il Paese di un importante e notevole contributo.
È la storia che ci porta a questo convincimento.
È la storia a ricordarci che nei momenti convulsi e difficili, specie all’indomani delle due guerre mondiali, il contributo generoso ed operoso dei cattolici è stato importante ed anche decisivo per affrontare e superare la crisi.
Non possiamo anche in questa sede non ricordare il contributo dato nel processo di costruzione europea da tre uomini animati da grande fede cristiana: l’italiano Alcide De Gasperi, il francese Robert Schumann e il tedesco Konrad Adenauer, autentici padri dell’Europa dei popoli.
Adenauer, Schumann e De Gasperi, in una Europa devastata dalla guerra più terribile che il mondo abbia mai conosciuto, riuscirono ad avviare concretamente il progetto di unione dei popoli europei fondando la loro azione politica sui principi e i valori della fede cristiana: solidarietà, amore sociale, dignità della persona umana e bene comune.
Sempre all’indomani della seconda guerra mondiale, una straordinaria classe politica di giovani cattolici, formatasi alla luce degli insegnamenti del Vangelo e della dottrina sociale della Chiesa Cattolica, riuscì a dare un contributo determinante per la formazione della Costituzione Repubblicana, per la ricostruzione dell’Italia e per le grandi scelte cui il Paese fu chiamato a fare.
Ebbene anche oggi è il tempo di grandi scelte; è il tempo nel quale ogni cittadino, ogni persona e in particolar modo ogni cristiano, ogni cattolico ha il dovere di impegnarsi personalmente e di dare il proprio contributo personale e coraggioso in politica per riscrivere una nuova pagina della vita politica del nostro Paese.
Riteniamo, pertanto, che sia necessario, con il coraggio che i momenti difficili richiedono e nei modi e nelle forme ad ognuno più congeniali, spenderci personalmente per contribuire ad affermare la valenza morale della politica da porre al servizio dell’uomo e dei suoi valori più grandi.
Oggi più che mai è necessario, ricercando sempre la “verità”, impegnarci sinceramente per contribuire a superare le tante distinzioni -cattolici sociali, conservatori, democratici, liberali, popolari - e sforzarci di trovare le tante ragioni che ci uniscono.
Credo, amici, che oggi non sia più tempo di continuare a dividerci su questioni spesso artificiose. Dobbiamo ritrovare, presto e senza indugi, la vocazione per l’impegno personale ed organico anche in campo politico, consapevoli che per i cristiani, per i cattolici la Politica è un dovere sociale e un concreto atto di carità.
Il tempo di dare deleghe in bianco è finito. Così come dovrà finire il tempo dell’indifferentismo e degli sfoghi spesso sterili e inutili, se vogliamo contribuire a salvare la democrazia.
Oggi è il tempo in cui noi cristiani, noi cattolici, valorizzando ciò che ci unisce, senza integralismi e con spirito laico, con tutti coloro i quali condividono i nostri principi e i nostri valori e con chi crede ancora che fare politica vuol dire impegnarsi per servire il prossimo e operare per il bene comune, abbiamo il dovere di contribuire a far ripartire quest’Italia bloccata da mestieranti miopi ed utilitaristi della politica. E per raggiungere quest’obiettivo è necessario oggi più che mai ricercare un confronto continuo, leale e costruttivo con le altre grandi tradizioni culturali, sia con quelle che s’ispirano al pensiero liberale sia con quelle che s’ispirano all’umanesimo laico, socialista e democratico.
Non si tratta di fondare il partito “dei cattolici”; non si tratta di riesumare esperienze politiche e modelli ormai superati. Si tratta, invece, di non rinunciare a dare un contributo organico, concreto e operoso per la ricostruzione culturale, morale, sociale e politica della nostra Italia, delle nostre città e dei nostri comuni.
Oggi più di ieri è necessario portare avanti una politica di valori da affidare al continuo e sostanziale controllo dei cittadini per un’affermazione pubblica dei diritti di ogni persona.
Riteniamo che essere sensibili ai valori non significa insensibilità agli interessi economici e sociali dei cittadini; anzi siamo fortemente convinti che proprio grazie all’esaltazione dei valori si potranno raggiungere concretamente i più alti e concreti traguardi economici, sociali, culturali e politici.
Occorre operare scelte responsabili che comportano la volontà di servire con l’impegno e la testimonianza, non “come agnelli tra i lupi”, ma come “profeti armati”; così un grande laico cattolico siciliano, Pino Lanza, sosteneva con convinzione profonda.
Occorre impegnarsi con forza per consentire alla democrazia di fare un significativo salto di qualità: da falsamente rappresentativa ad autenticamente e concretamente rappresentativa e partecipativa.
Così come occorre impegnarsi con il massimo sforzo per restituire alla politica la dignità che le è propria.
Oggi più che mai riecheggia forte il monito di Paolo VI sul significato dell’azione politica: «Conforme alla propria vocazione, il potere politico deve sapersi disimpegnare dagli interessi particolari per considerare attentamente la propria responsabilità nei riguardi del bene di tutti, superando anche i limiti nazionali. Prendere sul serio la politica nei suoi diversi livelli – locale, regionale, nazionale e mondiale – significa affermare il dovere dell’uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta e il valore della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di realizzare insieme il bene della città, della nazione e dell’umanità».[5]
La dottrina sociale cristiana, gli insegnamenti evangelici, uno sviluppo economico sostenibile, umano, solidale e responsabile, un sincero impegno per una società inclusiva e per un’autentica giustizia e sicurezza sociale, l’affermazione del principio di sussidiarietà, i diritti inviolabili della persona umana e delle formazioni sociali consacrati anche nella nostra Costituzione Repubblicana ben potrebbero rappresentare un utile punto di riferimento per orientare un nuovo percorso politico laico e d’ispirazione cristiana, aperto a tutti coloro i quali credono nella centralità della persona umana e nel bene comune.
Partendo dalla persona umana, dalla famiglia, dalle formazioni sociali, dal territorio, dagli enti locali e con la consapevolezza che la politica deve essere carità e amore sociale, volontà di servire e non di servirsi o farsi servire, potremo contribuire a realizzare una buona politica per il bene del nostro Paese.
Cominciamo, amici, a guardare il prossimo futuro con speranza e con fiducia, con la convinzione che sarebbe assurdo darsi per vinti e che invertire la rotta, se si vuole, si può.
È necessario, però, un impegno corale. A poco servirebbe un impegno individuale e disorganico.
Siamo consapevoli che l’impegno personale comporta sacrifici e per qualcuno anche la perdita di qualche effimero privilegio o comodità.
Nessuna diaspora strategica, nessuna ricerca di nicchie privilegiate e nessun comodo disimpegno, pertanto, dovranno tentarci. Nessun complesso e nessun pregiudizio dovranno condizionarci.
Le chiavi dello “scrigno” sono ancora in parte nelle nostre mani.
Amore sociale e responsabilità dovranno essere le parole chiave del nostro impegno. Un impegno, come diceva Don Primo Mazzolari, «non per riordinare il mondo, non per rifarlo su misura, ma per amarlo»[6].
Con questa consapevolezza e con questo spirito, credo e spero che noi cristiani, noi cattolici dobbiamo essere pronti a dare il nostro contributo “operoso”.







NOTE

[1] Cfr. Enzo Sardo, I Cattolici Popolari, tra Etica ed Estetica, Ed. Sciascia, 2011, pag. 99.
[2] Cfr. Don Tonino Bello, Mistica Arte, Lettere sulla politica, Edizioni  La Meridiana, Firenze, 2005
[3] Cfr. Piero Calamandrei, in  Prefazione alla raccolta postuma di scritti di Giovanni Ferretti, Scuola e democrazia,Ed. Einaudi, 1956, scriveva testualmente: « … non c’è dubbio che in una democrazia, se si vuole che la democrazia prima si faccia e poi si mantenga e si perfezioni, si può dire che la scuola a lungo andare è più importante del Parlamento e della Magistratura e della Corte Costituzionale. Il Parlamento consacra in formule legali i diritti del cittadino, la Magistratura e la Corte Costituzionale difendono e garantiscono questi diritti; ma la coscienza dei cittadini è creazione della scuola; dalla scuola dipende come sarà domani il Parlamento, come funzionerà domani la Magistratura: cioè quale sarà la coscienza e la competenza di quegli uomini che saranno domani i legislatori, i governanti e i giudici del nostro Paese. La classe  politica che domani detterà le leggi o amministrerà la giustizia esce dalla scuola: tale sarà quale la scuola sarà riuscita a formarla. Che la classe dirigente sia veramente formata, com’è ideale democratico, dei migliori di tutte le classi, in modo che da tutti gli strati sociali, anche dai più umili, i giovani più idonei e i più meritevoli possano salire ai posti di responsabilità, dipende dalla scuola, che è il vaglio dei cittadini di domani.”
[4]  Cfr. Enzo Sardo,  I Cattolici Popolari, tra Etica ed Estetica, Ed. Sciascia, 2011, pag. 62.
[5] Così il santo Padre Paolo VI  nell’enciclica del 14 maggio 1971 “Octogesima adveniens” al n. 46, in occasione dell’80° anniversario della Rerum Novarum, scrisse, tra l’altro, sulla politica.
[6] Cfr. Don Primo Mazzolari, Omelia pronunciata il giovedì santo del 1958. Noi ci impegniamo/Ci impegniamo noi, e non gli altri;/unicamente noi, e non gli altri;/né chi sta in alto, né chi sta in basso;/né chi crede, né chi non crede./Ci impegniamo,/senza pretendere che gli altri si impegnino,/con noi o per conto loro,/con noi o in altro modo./Ci impegniamo/senza giudicare chi non s’impegna, senza accusare chi non s’impegna,/senza condannare chi non s’impegna,/senza cercare perché non s’impegna./senza disimpegnarci perchè altri non s'impegna./Ci impegniamo  perchè non potremmo non impegnarci./C'è qualcuno o qualche cosa in noi,/un istinto, una ragione, una vocazione, una grazia,/ più forte di noi stessi./ Ci impegniamo per trovare un senso alla vita,/a questa vita, alla nostra vita,/una ragione che non sia una delle tante ragioni,/che ben conosciamo e che non ci prendono il cuore./Si vive una sola volta/e non vogliamo essere "giocati"./in nome di nessun piccolo interesse./Non ci interessa la carriera,/non ci interessa il denaro,/non ci interessa la donna o l'uomo/se presentati come sesso soltanto,/non ci interessa il successo né di noi né delle nostre idee,/non ci interessa passare alla storia./Ci interessa di perderci per qualche cosa o per qualcuno che rimarrà anche dopo che noi saremo passati e che costituisce la ragione del nostro ritrovarci./Ci impegniamo a portare un destino eterno nel tempo,/a sentirci responsabili di tutto e di tutti,/ad avviarci, sia pure attraverso un lungo errare,/verso l'amore./Ci impegniamo non per riordinare il mondo,/non per rifarlo su misura, ma per amarlo;/per amare anche quello che non possiamo accettare,/anche quello che non è amabile,/anche quello che pare rifiutarsi all'amore,/poiché dietro ogni volto e sotto ogni cuore c'è, insieme a una grande sete d'amore,/il volto e il cuore dell'amore./Il mondo si muove se noi ci muoviamo, si muta se noi mutiamo,/si fa nuovo se qualcuno si fa nuova creatura./La primavera incomincia con il primo fiore,/la notte con la prima stella,/il fiume con la prima goccia d’acqua l’amore col primo pegno./Ci impegniamo perché noi crediamo nell’amore,/la sola certezza che non teme confronti,/la sola che basta a impegnarci perpetuamente.

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