Intervento scritto di Giovanni Tesè in occasione del Convegno su “I
Cattolici Italiani” e presentazione del libro di Enzo Sardo: “I Cattolici
Popolari tra etica e estetica” - Roma 07 dicembre 2011 ore 18,00 - Campidoglio
Sala della Protomoteca
Signor Presidente, Gentili
Signore e Signori, Onorevoli Consiglieri Comunali di Roma Capitale e amici del
Movimento Cristiano Lavoratori, a Voi tutti un saluto cordiale ed affettuoso.
Devo dire subito che ho accettato ben volentieri
l’invito a partecipare a questo convegno sia per rendere una testimonianza di
stima e di affetto al nostro Enzo Sardo a cui rivolgo un particolare sentito
saluto, sia per offrire un doveroso contributo al dibattito in corso
all’interno del mondo cattolico circa il ruolo e l’impegno che dovrebbero
assumere i cattolici in politica.
Tanto il tema che ci è stato proposto, I Cattolici Italiani, quanto le
riflessioni e le proposte contenute nel libro di Enzo Sardo, I Cattolici Popolari tra Etica ed Estetica,
che questa sera presentiamo, infatti, ci danno l’opportunità di offrire il
nostro punto di vista.
Certo, nessuna pretesa in noi di potere essere
esaustivi; tuttavia credo che anche da questo nostro incontro potranno emergere
interessanti spunti di riflessione e utili proposte.
La crisi economica e sociale, ormai cronica ed i cui
costi come sempre sono sopportati soprattutto da chi vive di lavoro, apre nuovi
ed inquietanti scenari.
L’incalzare delle pressioni e delle ingerenze
internazionali derivanti sia dalla bufera finanziaria globale sia dalla
recrudescenza di stigmatizzabili e miopi egoismi nazionali, rendono ancora più
esplosive e cariche di incognite la crisi che oggi viviamo.
Le piccole e medie imprese sono costrette ad uscire
fuori dal mercato.
Il sistema bancario, ubbidiente solo alla spietata
logica del profitto, non contribuisce minimamente ad invertire la rotta e a
stimolare, come dovrebbe, crescita e sviluppo.
Migliaia e migliaia di giovani, di sicuri talenti,
specie del Sud e della Sicilia in particolare, abbandonano quotidianamente il
nostro Paese.
La disoccupazione, specialmente quella giovanile,
sta toccando punte preoccupanti.
Secondo i dati Istat, nel 2010, i giovani
disoccupati in Sicilia si attestavano al 14,7% e nella provincia di Agrigento al
19,2%. Nella provincia di Palermo il tasso di disoccupazione femminile è stato
del 23,4%. Sempre nel 2010 abbiamo registrato la perdita di ben
ventiquattromila posti di lavoro.
A rendere ancor più grave e per certi versi drammatico
il tempo presente contribuiscono sicuramente sia una grave crisi antropologica
ed esistenziale sia una sempre crescente marginalizzazione della persona umana,
della famiglia e delle formazioni sociali.
Domani 8 dicembre (2011) - 157° anniversario della proclamazione da
parte del Sommo Pontefice Pio IX del dogma dell’immacolato concepimento della
nostra Mamma Celeste - il Movimento Cristiano dei Lavoratori (MCL) celebrerà il
39° anniversario della sua fondazione che, come ci ricorda anche Enzo Sardo nel
suo libro, avvenne l’8 dicembre 1972 per opera di un “gruppo di giovani
lungimiranti” guidati dall’On. Giovanni Bersani[1].
Sono certo che il Movimento Cristiano dei
Lavoratori, qui autorevolmente rappresentato, nella speciale ricorrenza di
domani, accanto al rinnovato impegno per la promozione sociale, economica e
culturale dei lavoratori, inserirà tra gli impegni prioritari anche quello di
sostenere con vigore le ragioni delle centinaia di migliaia di disoccupati che
ormai da tanto tempo levano inascoltati il loro grido d’aiuto.
Aiutiamo i nostri giovani a ritrovare la speranza,
aiutiamoli a ritrovare il coraggio di lottare; di lottare qui, nella nostra
terra!
Le criticità appena evidenziate sono aggravate da
uno statalismo spesso dissennatamente invasivo, da una coesione sociale ogni
giorno sempre più fragile, da una profonda crisi valoriale e culturale, da una
forte dissonanza cognitiva della politica rispetto ai problemi reali della
società, da una sfiducia nel presente e nel futuro, da un rigetto totale nei
confronti dell’attuale “casta” politica e amministrativa, da una pericolosa
crisi istituzionale e da un sempre crescente deficit sostanziale di libertà, di
democrazia e di partecipazione attiva dei cittadini alla vita del Paese.
E sul deficit di democrazia in particolare, credo che
sia sufficiente rassegnare qualche considerazione soltanto su due dei tanti
temi posti al centro del dibattito politico: quello concernente il sistema di
elezione della rappresentanza politica e parlamentare e quello inerente l’annosa
questione degli assurdi ed inqualificabili costi della “casta”.
La prima questione verte sulla deplorevole legge elettorale
vigente che anziché garantire stabilità politica e governabilità, come
surrettiziamente veniva declamato dai proponenti, ha attribuito invece a cinici
oligarchi di partito o peggio ancora ad un ristretto gruppo di capi manipoli, absit iniuria verbis, il potere di
“nominare”, a loro piacimento, deputati e senatori, spogliando, di fatto, i
cittadini del diritto di eleggere i propri rappresentanti e vanificando in tal
modo il principio costituzionalmente garantito della sovranità popolare.
Oggi rivendichiamo con forza che ci venga restituita
la sovranità nella sua pienezza e senza condizionamenti. Rivendichiamo con
urgenza una legge elettorale che sappia garantire concretamente stabilità e
governabilità ed al tempo stesso che restituisca ai cittadini il diritto di
eleggere liberamente e democraticamente i propri rappresentanti, garantendo agli
elettori il diritto di scegliere non solo la lista ma anche i candidati che, se
eletti, dovranno rappresentare il popolo italiano, liberi da qualsiasi vincolo
di mandato o da gravose imposizioni. Solo così si potrà restituire al Popolo
italiano libertà e democrazia e al Parlamento la dignità, la centralità e la
legittimità che gli sono propri.
L’altra questione portata avanti da alcuni politici
attiene alla demagogica e fuorviante proposta di “dimezzare il numero dei
parlamentari” e ciò per abbattere, a loro dire, i costi della “casta”.
Sul punto non si può non osservare che riducendo, “sic et simpliciter”, il numero dei
parlamentari non solo non si risolverebbe l’ingiustificabile e inammissibile
costo che la politica comporta, ma ancor più grave si consumerebbe un ennesimo
attentato alla rappresentanza democratica con una sostanziale mutilazione della
sovranità popolare.
Se si volesse affrontare e risolvere concretamente l’esorbitante
costo della rappresentanza, basterebbe solo un atto di responsabilità:
eliminare sprechi, privilegi, stipendi, vitalizi, pensioni e indennità a sei
zeri, goduti da un esercito di rappresentati politici, di amministratori e
dirigenti di enti in gran parte inutili e parassitari. Nulla di più.
In verità la “casta” vuole solo conservarsi e
perpetuarsi e continuare in eterno a godere di prebende e privilegi ingiustificati
in danno del popolo lavoratore, sempre depauperato e bistrattato. Il resto è
solo demagogia e mistificazione.
Tutte queste circostanze sembrano avvalorare la
tesi, invero alquanto inquietante e verosimile, secondo cui l’obiettivo di
molti in Italia e in Europa sia quello di sradicare la democrazia e limitare la
libertà al fine di esercitare un potere illimitato sul popolo, con l’aggravante
di utilizzare le costituzioni democratiche solo come comodo paravento.
Gran parte dell’attuale classe politica che ancora
oggi si arroga il diritto di governare il Paese ha perso ogni contatto con la gente,
con la realtà ed ancor più grave ha superato ogni limite di decenza politica.
Molto eloquenti ed attuali suonano oggi le considerazioni
che il compianto Vescovo Don Tonino Bello rivolgeva ai politici: «Oggi il
vostro mestiere è fra i più ingrati e incompresi. [….] Quando si parla di voi
la gente corruga la fronte, ricorre alla battuta convenzionale, si sente
autorizzata dal tacito consenso generale ad avanzare giudizi pesanti e, bene
che vada, l’aggettivo più innocuo che appone alla parola “politica” è quello di
“sporca”. [….] La gente con voi o è ossessivamente cortigiana, strisciandovi
davanti con le forme del lecchinaggio più vile, o vi disprezza dall’alto della
sua sufficienza, indicandovi come i capri espiatori di ogni malessere sociale,
anche il più ineluttabile. [….] I
puritani vi scansano con ostentazione, dichiarando che non vogliono
contaminarsi le mani con voi. Gli amici vi chiedono, con scoraggianti sorrisi,
chi mai ve lo fa fare. I parenti vi ripetono che fareste meglio a pensare un
po' più alla famiglia. I preti parlano di voi con tanti sottintesi misteriosi,
al punto che dal loro linguaggio traspaiono centomila riserve. Il vescovo
sembra che si faccia un sacco di problemi se deve apparire in pubblico con voi.
Forse gli stessi che, per salvaguardare un “look”
di verginità, in pubblico vi scansano, vi blandiscono vigliaccamente in privato
quando hanno bisogno del vostro appoggio».[2]
E a chi gli chiedeva come doveva caratterizzarsi
l’azione politica del credente, don Tonino Bello, rispondeva così: «… Il
cristiano che fa politica deve avere non solo la compassione delle mani e del
cuore, ma anche la compassione del cervello. Analizza in profondità le
situazioni di malessere. Apporta rimedi sostanziali sottratti alla
fosforescenza del precariato. Non fa delle sofferenze della gente l’occasione
per gestire i bisogni a scopo di potere. Paga di persona il prezzo di una
solidarietà che diventa passione per l’uomo. Addita in termini planetari e
senza paure, i focolai da cui partono le ingiustizie, le violenze, le guerre,
le oppressioni, le violazioni dei diritti umani. Sicché, man mano che il
cristiano entra in politica, dovrebbe uscirne di pari passo la mentalità
clientelare, il vassallaggio dei sistemi correntizi, la spartizione oscena del
denaro pubblico, il fariseismo teso a scopi reconditi di dominio. Utopie?
Forse. Ma così a portata di mano, che possono finalmente diventare “carne e
sangue” sull’altare della vita».
Queste sono alcune delle straordinarie esortazioni
che don Tonino rivolgeva ai politici con lo scopo di far prendere loro
coscienza dell’alta missione che si sono assunti di fronte alla gente e
soprattutto di fronte ai più poveri e agli umili.
Ahimè, ahinoi, come sono lontani, purtroppo, molti dei
nostri politici dal profilo delineato da don Tonino!
Come sarebbe bello, in un prossimo futuro, potere
avere politici così come auspicati dal compianto Vescovo della diocesi di
Molfetta!
Anche il processo di integrazione europea è messo a
dura prova.
Oggi a causa dell’affermazione sempre crescente di
una politica a servizio di una finanza cinica e senza etica, il rischio di
vanificare e di frantumare sessanta anni di sforzi volti all’unificazione dei
popoli europei si fa sempre più concreto e ciò con conseguenze inimmaginabili,
imprevedibili e di certo tutt’altro che governabili.
Cominciò proprio da qui, da Roma, dal Campidoglio, dalla
sala degli Orazi e dei Curiazi, il lungo cammino di pace, speranza e
solidarietà che sei Paesi fondatori, tra cui l’Italia, iniziarono il 25 marzo
del 1957 con la firma dei Trattati istitutivi della Comunità economica europea
e della Comunità europea dell’energia atomica.
Siamo tutti consapevoli che venendo meno l’Unione
europea, la pace che sembra un dato definitivamente acquisito, potrebbe un
giorno non lontano essere messa in discussione.
Anche su questo versante è urgente che una classe
politica nuova e illuminata possa impedire a mercanti senza scrupoli di
impadronirsi della nostra cara vecchia Europa, si sappia riappropriare del
progetto di unificazione dei popoli europei e riesca a promuovere una politica
più umana, solidale, inclusiva, capace di contrastare ogni forma di umana
ingiustizia e di lottare con forza per debellare ogni forma di miseria e
povertà.
In questo clima di sfiducia e di diffuso malessere
politico, sociale, valoriale, culturale, economico e istituzionale, larghi
strati della società cominciano a manifestare indignazione e rabbia che
talvolta degenerano in inquietanti ed esecrabili episodi di violenza.
Ormai è diffusa tra la gente l’opinione che il
Governo in carica ha tradito ogni aspettativa e fallito miseramente in ogni suo
obiettivo.
Non vi è dubbio che l’esperienza culturale e
politica della cosiddetta “seconda repubblica”, nata da discutibili premesse e
vissuta nell’illusione di promesse rimaste disattese, sia ormai definitivamente
conclusa.
La crisi è profonda in ogni settore della vita
sociale.
Sappiamo che il tempo presente è difficile, irto di
ostacoli e di criticità.
È quasi unanime la convinzione che occorre cambiare
rotta immediatamente, senza timori o tentennamenti.
Occorre iniziare, pertanto, un processo di
rifondazione politica, morale e istituzionale.
Occorre l’elaborazione di una forte azione tesa a
sensibilizzare e ridestare le coscienze, a promuovere una libera informazione e
una seria formazione, nella convinzione che una buona cultura produrrà buoni
cittadini, buoni professionisti, buoni politici, buoni amministratori e, come
ci insegnò don Luigi Sturzo, “Buon Governo”.
Anche l’insigne giurista e “Padre Costituente” Piero
Calamandrei non mancava mai di evidenziare con forza il ruolo fondamentale e
decisivo esercitato dalla cultura, dalla formazione e dalla scuola.[3]
E il nostro Enzo Sardo, molto efficacemente al riguardo,
nel libro che oggi presentiamo, sostiene: « Ricordiamo ai molti che il sapere,
l’arte, la formazione e la ricerca scientifica costituiscono il vero contrasto
ad ogni forma di violenza e di prepotenza umana».[4]
Occorre intraprendere, pertanto, un percorso certamente
nuovo, con serietà e senso di responsabilità.
È difficile, oggi, poter dire chi potranno essere i
protagonisti del dopo; siamo consapevoli, però, che una nuova e non facile fase
culturale, politica e istituzionale sta per aprirsi.
Siamo fortemente convinti che oggi chi volesse
arrogarsi il primato di possedere le soluzioni per risolvere i problemi che
caratterizzano il nostro tempo, sia a livello globale che locale, peccherebbe
quantomeno di arroganza e superbia; è necessario, invece, ricercare insieme
tutte quelle soluzioni idonee a contribuire concretamente a ridare fiducia e
speranza al popolo sempre più oppresso e sfruttato.
Nello stesso tempo, nell’interesse del Paese, siamo
convinti che sia necessario ed urgente contribuire a neutralizzare ogni forma
di populismo che anche se vacuo resta pur sempre pericoloso.
Siamo chiamati ad affrontare un periodo di
transizione - speriamo non troppo lungo – difficile, complesso e incerto.
Poche le certezze che oggi ci vengono in aiuto. Tra
queste c’è sicuramente quella del fallimento delle ideologie e quella della
necessità dell’affermazione di valori universalmente condivisi.
È ormai pacificamente e quasi unanimemente
riconosciuto che tanto il comunismo materialista quanto il liberismo egoista e utilitarista
hanno fallito in tutti i loro obiettivi ed ancor più grave hanno mortificato e
leso in tantissime occasioni la dignità delle persone.
Specie dopo il crollo del comunismo, un liberismo
sfrenato, un pragmatismo cinico, un consumismo sempre più indotto
mediaticamente, un’economia ed una finanza senza etica, un relativismo
esasperato, un indifferentismo deplorevole, una politica ridotta a mero mercato
e una mercificazione selvaggia di tutto sono stati i principali ingredienti
della crisi epocale che noi tutti stiamo vivendo e subendo.
Di fronte alle poderose sfide che ci attendono anche
noi cristiani, noi cattolici non possiamo non interrogarci seriamente e
responsabilmente se sia giusto o meno, nel tempo presente, impegnarci e
spenderci in prima persona anche in campo politico.
Che fare? In quali ambiti, in quale direzione e con
quali metodi bisogna profondere il nostro impegno e la nostra testimonianza in
questo drammatico periodo storico? Ci sono oggi gli spazi e le condizioni per
un impegno di cristiani, di cattolici in politica?
Questi sono alcuni degli interrogativi che esigono
risposte immediate.
Il dibattito è aperto: problematico ma costruttivo.
Tantissimi
incontri, eventi, dibattiti e forum sono quotidianamente promossi da cattolici operosi in ogni parte del Paese per interrogarsi
e riflettere su questi temi.
Da
questi incontri comincia ad emergere un dato che non lascia dubbi di sorta: la
consapevolezza che noi cristiani, noi cattolici, di fronte alle naturali
asperità e alle drammaticità del momento non possiamo continuare a mimetizzarci
ed a maggior ragione non possiamo continuare a restare spettatori passivi o
colpevolmente assenti. In questi mesi cominciano a intravedersi significativi segnali
volti a un nuovo impegno politico da parte di coloro i quali fino ad ora sono
rimasti lontani o indifferenti rispetto alle dinamiche politiche del Paese.
È vero
che i cattolici che continuano a sostenere la giustezza del disimpegno da ogni
attività politica sono ancora tanti.
È
altrettanto vero, di contro, che seppur in modo non del tutto organico, siamo in
molti a credere che sia giunta l’ora per un nuovo impegno “operoso” ed
“eticamente responsabile” dei cattolici in politica. Così come siamo in molti a
essere convinti che quei cattolici che dovessero optare per la linea del
disimpegno politico e dell’abdicazione, priverebbero la politica e il Paese di
un importante e notevole contributo.
È la
storia che ci porta a questo convincimento.
È la
storia a ricordarci che nei momenti convulsi e difficili, specie all’indomani
delle due guerre mondiali, il contributo generoso ed operoso dei cattolici è
stato importante ed anche decisivo per affrontare e superare la crisi.
Non
possiamo anche in questa sede non ricordare il contributo dato nel processo di
costruzione europea da tre uomini animati da grande fede cristiana: l’italiano
Alcide De Gasperi, il francese Robert Schumann e il tedesco Konrad Adenauer,
autentici padri dell’Europa dei popoli.
Adenauer,
Schumann e De Gasperi, in una Europa devastata dalla guerra più terribile che
il mondo abbia mai conosciuto, riuscirono ad avviare concretamente il progetto
di unione dei popoli europei fondando la loro azione politica sui principi e i
valori della fede cristiana: solidarietà, amore sociale, dignità della persona
umana e bene comune.
Sempre
all’indomani della seconda guerra mondiale, una straordinaria classe politica
di giovani cattolici, formatasi alla luce degli insegnamenti del Vangelo e
della dottrina sociale della Chiesa Cattolica, riuscì a dare un contributo
determinante per la formazione della Costituzione Repubblicana, per la
ricostruzione dell’Italia e per le grandi scelte cui il Paese fu chiamato a
fare.
Ebbene
anche oggi è il tempo di grandi scelte; è il tempo nel quale ogni cittadino,
ogni persona e in particolar modo ogni cristiano, ogni cattolico ha il dovere
di impegnarsi personalmente e di dare il proprio contributo personale e
coraggioso in politica per riscrivere una nuova pagina della vita politica del
nostro Paese.
Riteniamo,
pertanto, che sia necessario, con il coraggio che i momenti difficili
richiedono e nei modi e nelle forme ad ognuno più congeniali, spenderci
personalmente per contribuire ad affermare la valenza morale della politica da
porre al servizio dell’uomo e dei suoi valori più grandi.
Oggi più
che mai è necessario, ricercando sempre la “verità”, impegnarci sinceramente
per contribuire a superare le tante distinzioni -cattolici sociali,
conservatori, democratici, liberali, popolari - e sforzarci di trovare le tante
ragioni che ci uniscono.
Credo,
amici, che oggi non sia più tempo di continuare a dividerci su questioni spesso
artificiose. Dobbiamo ritrovare, presto e senza indugi, la vocazione per
l’impegno personale ed organico anche in campo politico, consapevoli che per i
cristiani, per i cattolici la Politica è un dovere sociale e un concreto atto
di carità.
Il
tempo di dare deleghe in bianco è finito. Così come dovrà finire il tempo
dell’indifferentismo e degli sfoghi spesso sterili e inutili, se vogliamo
contribuire a salvare la democrazia.
Oggi è
il tempo in cui noi cristiani, noi cattolici, valorizzando ciò che ci unisce, senza
integralismi e con spirito laico, con tutti coloro i quali condividono i nostri
principi e i nostri valori e con chi crede ancora che fare politica vuol dire
impegnarsi per servire il prossimo e operare per il bene comune, abbiamo il
dovere di contribuire a far ripartire quest’Italia bloccata da mestieranti
miopi ed utilitaristi della politica. E per raggiungere quest’obiettivo è
necessario oggi più che mai ricercare un confronto continuo, leale e
costruttivo con le altre grandi tradizioni culturali, sia con quelle che
s’ispirano al pensiero liberale sia con quelle che s’ispirano all’umanesimo
laico, socialista e democratico.
Non si
tratta di fondare il partito “dei cattolici”; non si tratta di riesumare
esperienze politiche e modelli ormai superati. Si tratta, invece, di non
rinunciare a dare un contributo organico, concreto e operoso per la
ricostruzione culturale, morale, sociale e politica della nostra Italia, delle
nostre città e dei nostri comuni.
Oggi
più di ieri è necessario portare avanti una politica di valori da affidare al
continuo e sostanziale controllo dei cittadini per un’affermazione pubblica dei
diritti di ogni persona.
Riteniamo
che essere sensibili ai valori non significa insensibilità agli interessi
economici e sociali dei cittadini; anzi siamo fortemente convinti che proprio
grazie all’esaltazione dei valori si potranno raggiungere concretamente i più
alti e concreti traguardi economici, sociali, culturali e politici.
Occorre
operare scelte responsabili che comportano la volontà di servire con l’impegno
e la testimonianza, non “come agnelli tra i lupi”, ma come “profeti armati”;
così un grande laico cattolico siciliano, Pino Lanza, sosteneva con convinzione
profonda.
Occorre
impegnarsi con forza per consentire alla democrazia di fare un significativo salto
di qualità: da falsamente rappresentativa ad autenticamente e concretamente
rappresentativa e partecipativa.
Così
come occorre impegnarsi con il massimo sforzo per restituire alla politica la
dignità che le è propria.
Oggi
più che mai riecheggia forte il monito di Paolo VI sul significato dell’azione
politica: «Conforme alla propria vocazione, il potere politico deve sapersi
disimpegnare dagli interessi particolari per considerare attentamente la
propria responsabilità nei riguardi del bene di tutti, superando anche i limiti
nazionali. Prendere sul serio la politica nei suoi diversi livelli – locale,
regionale, nazionale e mondiale – significa affermare il dovere dell’uomo, di
ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta e il valore della libertà di
scelta che gli è offerta per cercare di realizzare insieme il bene della città,
della nazione e dell’umanità».[5]
La
dottrina sociale cristiana, gli insegnamenti evangelici, uno sviluppo economico
sostenibile, umano, solidale e responsabile, un sincero impegno per una società
inclusiva e per un’autentica giustizia e sicurezza sociale, l’affermazione del
principio di sussidiarietà, i diritti inviolabili della persona umana e delle
formazioni sociali consacrati anche nella nostra Costituzione Repubblicana ben
potrebbero rappresentare un utile punto di riferimento per orientare un nuovo
percorso politico laico e d’ispirazione cristiana, aperto a tutti coloro i
quali credono nella centralità della persona umana e nel bene comune.
Partendo
dalla persona umana, dalla famiglia, dalle formazioni sociali, dal territorio,
dagli enti locali e con la consapevolezza che la politica deve essere carità e
amore sociale, volontà di servire e non di servirsi o farsi servire, potremo
contribuire a realizzare una buona politica per il bene del nostro Paese.
Cominciamo,
amici, a guardare il prossimo futuro con speranza e con fiducia, con la
convinzione che sarebbe assurdo darsi per vinti e che invertire la rotta, se si
vuole, si può.
È
necessario, però, un impegno corale. A poco servirebbe un impegno individuale e
disorganico.
Siamo
consapevoli che l’impegno personale comporta sacrifici e per qualcuno anche la
perdita di qualche effimero privilegio o comodità.
Nessuna
diaspora strategica, nessuna ricerca di nicchie privilegiate e nessun comodo
disimpegno, pertanto, dovranno tentarci. Nessun complesso e nessun pregiudizio
dovranno condizionarci.
Le
chiavi dello “scrigno” sono ancora in parte nelle nostre mani.
Amore
sociale e responsabilità dovranno essere le parole chiave del nostro impegno.
Un impegno, come diceva Don Primo Mazzolari, «non per riordinare il mondo, non
per rifarlo su misura, ma per amarlo»[6].
Con questa consapevolezza e con questo spirito, credo
e spero che noi cristiani, noi cattolici dobbiamo essere pronti a dare il
nostro contributo “operoso”.
NOTE
[1] Cfr. Enzo Sardo, I Cattolici Popolari, tra Etica ed Estetica, Ed. Sciascia, 2011, pag. 99.
[2] Cfr.
Don Tonino Bello, Mistica Arte, Lettere
sulla politica, Edizioni La
Meridiana, Firenze, 2005
[3] Cfr. Piero
Calamandrei, in Prefazione alla raccolta postuma di scritti di Giovanni Ferretti,
Scuola e democrazia,Ed. Einaudi, 1956, scriveva testualmente: « … non c’è dubbio che in una democrazia, se
si vuole che la democrazia prima si faccia e poi si mantenga e si perfezioni,
si può dire che la scuola a lungo andare è più importante del Parlamento e
della Magistratura e della Corte Costituzionale. Il Parlamento consacra in
formule legali i diritti del cittadino, la Magistratura e la Corte
Costituzionale difendono e garantiscono questi diritti; ma la coscienza dei
cittadini è creazione della scuola; dalla scuola dipende come sarà domani il
Parlamento, come funzionerà domani la Magistratura: cioè quale sarà la
coscienza e la competenza di quegli uomini che saranno domani i legislatori, i
governanti e i giudici del nostro Paese. La classe politica che domani detterà le leggi o
amministrerà la giustizia esce dalla scuola: tale sarà quale la scuola sarà
riuscita a formarla. Che la classe dirigente sia veramente formata, com’è
ideale democratico, dei migliori di tutte le classi, in modo che da tutti gli
strati sociali, anche dai più umili, i giovani più idonei e i più meritevoli
possano salire ai posti di responsabilità, dipende dalla scuola, che è il
vaglio dei cittadini di domani.”
[4] Cfr. Enzo Sardo, I Cattolici
Popolari, tra Etica ed Estetica, Ed. Sciascia, 2011, pag. 62.
[5] Così il santo Padre Paolo VI nell’enciclica del 14 maggio 1971 “Octogesima adveniens” al n. 46, in occasione dell’80° anniversario
della Rerum Novarum, scrisse, tra l’altro, sulla politica.
[6] Cfr. Don Primo Mazzolari, Omelia pronunciata il giovedì santo del 1958. Noi
ci impegniamo/Ci impegniamo noi, e non gli altri;/unicamente noi,
e non gli altri;/né chi sta in alto, né chi sta in basso;/né chi crede, né chi
non crede./Ci impegniamo,/senza pretendere che gli altri si
impegnino,/con noi o per conto loro,/con noi o in altro modo./Ci impegniamo/senza
giudicare chi non s’impegna, senza accusare chi non s’impegna,/senza condannare
chi non s’impegna,/senza cercare perché non s’impegna./senza disimpegnarci
perchè altri non s'impegna./Ci impegniamo
perchè non potremmo non impegnarci./C'è qualcuno o qualche cosa in
noi,/un istinto, una ragione, una vocazione, una grazia,/ più forte di noi
stessi./ Ci impegniamo per trovare un senso alla vita,/a questa vita, alla
nostra vita,/una ragione che non sia una delle tante ragioni,/che ben
conosciamo e che non ci prendono il cuore./Si vive una sola volta/e non
vogliamo essere "giocati"./in nome di nessun piccolo interesse./Non
ci interessa la carriera,/non ci interessa il denaro,/non ci interessa la donna
o l'uomo/se presentati come sesso soltanto,/non ci interessa il successo né di
noi né delle nostre idee,/non ci interessa passare alla storia./Ci interessa di
perderci per qualche cosa o per qualcuno che rimarrà anche dopo che noi saremo
passati e che costituisce la ragione del nostro ritrovarci./Ci impegniamo a
portare un destino eterno nel tempo,/a sentirci responsabili di tutto e di
tutti,/ad avviarci, sia pure attraverso un lungo errare,/verso l'amore./Ci
impegniamo non per riordinare il mondo,/non per rifarlo su misura, ma per
amarlo;/per amare anche quello che non possiamo accettare,/anche quello che non
è amabile,/anche quello che pare rifiutarsi all'amore,/poiché dietro ogni volto
e sotto ogni cuore c'è, insieme a una grande sete d'amore,/il volto e il cuore
dell'amore./Il mondo si muove se noi ci muoviamo, si muta se noi
mutiamo,/si fa nuovo se qualcuno si fa nuova creatura./La primavera
incomincia con il primo fiore,/la notte con la prima stella,/il fiume con la
prima goccia d’acqua l’amore col primo pegno./Ci impegniamo perché noi
crediamo nell’amore,/la sola certezza che non teme confronti,/la sola che basta
a impegnarci perpetuamente.
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