Pubblichiamo di seguito la relazione del prof. Luigi Gangitano, collaboratore di “Perlasicilia”, esposta nel corso della presentazione del libro Il barone Francesco Lombardo Gangitano di Gaetano Augello, che si è svolta al Teatro Sociale di Canicattì il 25 novembre 2013.
Buona sera a tutte le Signore
ed i Signori presenti
Un ringraziamento a chi mi ha
invitato questo tavolo.
Avuto davanti a me questo libro
di 450 pagine fui preso da una sensazione di disorientamento. Astutamente
pensai che l’introduzione di Guadagnino poteva esser bastevole per un
conoscenza esaustiva.
Nelle prime righe di essa, con
mio piacere, trovai un confronto con il don Fabrizio de “Il Gattopardo”
(Vedi il libro a pg 9)
Ma chi era don Fabrizio Salina
? Così è descritto da Tomasi:
“apparteneva ad un casato che
per secoli non aveva mai saputo fare neppure l’addizione delle proprie spese e
la sottrazione dei propri debiti”
“egli contemplava la rovina del
proprio ceto e del proprio patrimonio senza avere nessuna attività ed ancor
meno voglia di porvi riparo”
Un uomo-pecora da tosare per
don Calogero Sedara, rampante del nuovo ceto, ignorante e rozzo ma astuto e
spregiudicato pronto a sostituire la vecchia classe. A Donnafugata è già
ricco come il Principe (ma Tancredi Falconeri
è arido e rampante come lui e con una grazia ed un fascino a lui ignoti)
Dice don Fabrizio “Tutto durerà
il sempre umano e poi sarà diverso ma peggiore” ..”noi fummo i leoni ed i
gattopardi, chi ci sostituirà saranno gli sciacalletti e le iene e tutti
quanti….continueremo a sentirci il sale della terra”
Nel romanzo “Il Gattopardo” c’è
una identificazione tra il Principe e l’autore. Entrambi depressi e pessimisti,
ma uomini di grande cultura e non certo
incapaci. Tomasi nel dopoguerra fu responsabile della Croce Rossa in
Sicilia e si impegnò fattivamente, ma era pur sempre l’ultimo Gattopardo,
ridotto ad una esistenza parsimoniosa e rassegnata.
Egli nel racconto Lighea si definisce” il solo esemplare
superstite della famiglia
Il Barone Lombardo, come ben
dice Guadagnino, era persona diversa. Egli rappresentava la borghesia che
avanza (il titolo di barone era solo
onorifico) e che in quella fase storica
sostituisce la vecchia nobiltà
Non era certamente come don
Calogero rapace e spregiudicato ma operoso, generoso e attento verso i bisogni
degli altri e della comunità (Riforma delle circoscrizioni territoriali, Decime
regie, Ospedale )
Questo libro di Augello è nel
solco di una inversione di tendenza. Canicattì ha per lungo tempo ignorato la
propria storia, cancellato o danneggiato i segni del passato. Nel 1908 esce una
monografia di Alfonso e Giovanni Tropia su Canicattì. Poi il vuoto.
Chi si interessava di questi
argomenti era guardato con un certo sarcasmo e considerato un perditempo, come
Giacinto Gangitano che nel ’36 pubblica “La Terra di Canicattì”, seguono altre opere spesso a sue spese. Molto
materiale rimane inedito alla sua morte.
Dopo anni le cose cambiano ed
una produzione attenta e curata ha messo a disposizione dei lettori diversi
scritti dedicati. Abbiamo Fondazioni e Centri di Documentazione, e questo
cambiamento non può che fare piacere a chi è interessato a sapere, a ricordare.
Mi astengo dall’elencare i numerosi e meritevoli autori per evitare dolorose
dimenticanze.
La storia di Canicattì in parte
coincide, nel bene e nel male, con quella delle famiglie più rappresentative
per censo. Nei palazzi posseduti per secoli si conservava in capaci armadi o
soffitte di tutto. Poteva quindi emergere molto.
Non sempre è stato così. Molto
si è perduto, a volte anche la memoria storica. Ma c’è stato chi si è voluto
mettere disposizione della ricerca con scritti e testimonianze orali. Ma lo ha
fatto con riservatezza e modestia chiedendo spesso anche di non essere citato.
Mi fa piacere qui
ricordare il dott. Cesare Gangitano che
con pazienza ed impegno ha permesso la diffusione del manoscritto privato
“Cronache dal 1792 al 1852”.
Si è potuto così accedere ad una miniera di notizie non sempre poi
adeguatamente citato dagli utilizzatori. Ed altro ancora ha fatto che, per
rispetto alla sua riservatezza, non elenco.
Ma torniamo al libro su
Lombardo
Augello ha compiuto un’opera
che fa assumere al Lombardo (la cui
memoria è legata all’Ospedale, la villa Firriato, una via a lui intestata) una
fisionomia completa e precisa. Un lavoro che mancava.
Benefattore e filantropo,
attivo su questioni di grande rilievo pubblico ma anche imprenditore innovatore
e capace, pronto a difendersi ed attaccare in nome dei suoi interessi
economici.
In lui era presente il gusto
del "bello", l'attenzione all'aspetto estetico delle cose. Se Villa
Firriato rappresentava la punta più alta dell'arte ed a distanza di più di un
secolo ( 1897) nonostante le brutali spoliazioni ancora ci affascina, le opere rurali
finalizzate ad un lavoro razionale si
presentano come costruzioni di
bell'aspetto nella lor pietra squadrate che sfida il tempo.
Mi punge vaghezza di ipotizzare che questo
suo essere "anomalo" rispetto alla figura del latifondista dell'epoca
posa aver contribuito a farlo passare nel dimenticatoio. Un esempio da
accantonare per chi aveva una concezione diversa dei rapporti di classe e del
ruolo del grande proprietario. Egli fu più unico che raro come borghese
illuminato. Si diceva di lui che come conservatore fosse anomalo, ma non era
conservatore e dirlo attenuava la sua diversità. In fondo uno come gli altri ma
con qualche bizzarro comportamento.
Strettamente legata a lui è la figura di
Giovanni Guarino Amella. Quella del Guarino fu un’adozione filiale per il
Lombardo ed un’adozione cittadina per Canicattì. Guarino è presente in tutti
gli eventi che sono descritti nel libro. Del suo notevole archivio personale
non tutto è giunto a noi, ma grazie alla Fondazione che ne porta il nome, anche
questa ricerca ha avuto un contributo
Letta la prefazione ho avuto
l’impressione che anche Guadagnino avesse cercato di aggirare le 450 pagine.
Lombardo è descritto in modo organico offrendo una conoscenza dell’uomo e del
suo operare, ma dei vari contenuti del libro poco
E così, cercando di essere
all’altezza della generosa stima manifestata nei mie confronti, mi accinsi alla
lettura del testo. I martiri scaraventati nella fossa dei leoni al mio
confronto erano degli scanzonati visitatori del circo. Ma sono anche la prova
vivente che si può leggere tutto senza rischi
Nel lavoro di Augello c’è la
descrizione delle vita politica ed amministrativa, dei forti ideali, dei
contrasti tra le fazioni, degli attacchi anche pesanti sui numerosi ( e di breve vita) fogli locali
sino ad arrivare agli scontri di piazza (13 ott. 1913 contro Cesare
Gangitano pg 141)
Fatti che confrontati con il
clima privo di passioni e di alte tensioni, ma pieno di polemiche rumorose e
sterili, di oggi può farci rimpiangere quel periodo senza però trascurare le
trame, le camarille dei protagonisti, l’ignavia dell’on. Marchesano, i fatti
della Banca Romana che videro stampare biglietti di banca ( veri nella
filigrana e nel clichè, ma falsi nella sostanza) con allegria e disinvoltura.
La riforma delle circoscrizioni territoriali
di durata secolare (la questione del
piccolo territorio del Comune di Canicattì fu posta anche Garibaldi che ebbe a
dire “è pur vero” o qualcosa di simile. Ma Garibaldi ha anche dormito in tutti
i paesi e si è affacciato da tutti i balconi), offre al lettore esigente
dovizia di dettagli e fonti da consultare su una questione negletta ai più. Di
notevole rilievo è l’impegno profuso dai protagonisti del tempo. Lombardo fu
presidente della Lega Siciliana per la riforma delle Circoscrizioni
territoriali
Sulla questione delle Decime
ecclesiastiche dovute alla mensa Vescovile in frumento oppure orzo, con
possibilità di convertire in denaro, Augello ricostruisce un percorso che dai
Normanni arriva a dopo l’Unità.
Nonostante la loro credibile
infondatezza, leggi abrogative, dichiarazioni di illegittimità esse
venivano ancora richieste ai proprietari
di fondi agricoli e sostenute da procedimenti ingiuntivi. L’autore ne
fornisce una dettagliata descrizione, delizia
per chi intende esaudire la propria curiosità. La ricostruzione dei fatti dalle
origini, le altalenanti vicende a favore e contro, l’essere esse sacramentali
(per l’organizzazione del culto) e quindi personali oppure dominicali
(corrispettivi per le terre concesse dal sovrano alla chiesa) sono anche fonte
di conoscenza e riflessione sul coinvolgimento delle istituzioni religiose in
una commistione tra economico e culto. Argomento questo di significativa
attualità.
Le comunità civili lottavano da
anni anche contro i componenti del Governo e del Parlamento. Le decime erano rimaste solo in Sicilia. Lombardo fu
presidente della Lega di resistenza contro le decime ed operò con tenacia e
convinzione. Egli muore nel 1910. Nel 1912 fu promulgata la legge 639 che
chiuse la controversia con una prevedibile mediazione. Riconoscimento giuridico
delle decime e loro notevole riduzione nell’ammontare ( da circa 242.127 a 15.000)
Chiude il libro la
ricostruzione della storia dell’Ospedale con le donazioni del Lombardo ed altri
benefattori. Citati anche l’Orfanotrofio femminile “Maria Corsello, la Casa di
Riposo Burgio, il Boccone del Povero e loro benefattori.
Mi sia consentito un cenno alle notevoli
difficoltà in cui, a causa di una normativa inadeguata e superata, versa oggi
la Casa di Riposo “Burgio Corsello” assieme ad altre IPAB della Sicilia. E ciò
è fonte di apprensione per il suo futuro.
Completano l’opera rare ed
inedite foto ed una raccolta di documenti
Se questo mio dire è stato per
voi condivisibile ne deriva la lettura del libro, in caso contrario la lettura
dovrebbe dimostrare l’esattezza delle vostre considerazioni critiche. Non avete
scampo.
Grazie per l’attenzione e
svegliate quel signore là in fondo.
Nessun commento:
Posta un commento