SALVATORE VAIANA, La rivista "Oltre il muro" e il "Galilei" di Canicattì: una collaborazione produttiva (A.S. 2011-12)

Pubblichiamo di seguito il testo della ricerca storico-biografica su  Dietrich Bonhoeffer a cura degli alunni della V B geometri dell’Istituto Tecnico “Galilei” di Canicattì, coordinati dal prof. Salvatore Vaiana. La ricerca è stata presentata al “Convegno di studi in onore del Servo di Dio Rosario Livatino”, il 17-12-2011.



 
Dietrich Bonhoeffer teologo della prassi.
Impegno culturale e politico, resistenza e martirio
 


Dietrich Bonhoeffer fu insegnante, teologo e uomo di profonda e meditata fede, intesa e vissuta come «atto vitale». Fu pastore protestante Sub Tutela Dei: «Nella cura d’anime» scrive in “La vita comune” «può avere autorità soltanto il servitore di Gesù che non cerca la sua propria autorità, ma che pone se stesso sotto l’autorità della Parola ed è un fratello tra fratelli» (corsivo ns.).

Ma fu anche uomo di azione come si evince da questa sua risposta alla domanda di un compagno detenuto italiano: «Se un pazzo, nella Kurfürstendamm, lanciasse la sua automobile sul marciapiede, come pastore io non potrei accontentarmi di seppellire i morti e di consolare le famiglie. Se io mi trovassi lì, dovrei lanciarmi all’inseguimento del guidatore e strappargli il volante dalle mani».

La sua cifra storica risiede anche nella estrema coerenza, fino al martirio, con l’ideale di un umanesimo cristiano fondato sull’attaccamento «degli uomini alla loro vita sulla terra»: «il cristiano […] deve assaporare fino in fondo la vita terrena come ha fatto Cristo. […] L’aldiquà non deve essere soppresso prematuramente».

Bonhoeffer si consegna alla storia come un teologo della prassi («teologo pratico» lo ha definito un suo studioso, Ermanno Genre) di travolgente fascino per quei credenti (e non solo) che mettono l’uomo al centro della loro azione quotidiana. 

Bonhoeffer nacque a Breslavia, nel 1906; crebbe in un ambiente familiare borghese luterano ma impregnato di cultura laica e scientifica.

Dopo aver conseguito la laurea in teologia, fece all’estero (Spagna, USA, Inghilterra) diverse esperienze formative, culturali e spirituali.

A Barcellona fu pastore presso la chiesa luterana della comunità tedesca.

A New York entrò in contatto con il Social Gospel e celebrò funzioni religiose nei ghetti neri.

A Londra entrò, da pacifista convinto, in rapporto epistolare con Gandhi e maturò l’idea, rimasta irrealizzata, di visitare l’India della non violenza. Avanzò inoltre la proposta di un concilio ecumenico cristiano, nella consapevolezza che «il mondo, nel pianto e stridor di denti, debba udire la parola della pace».

Queste esperienze avranno un riflesso nella sua attività d’insegnamento e nelle sue future scelte di campo.

Ritornato in Germania, dal ‘31 al '33 insegnò a Berlino, dove coinvolgeva gli studenti in iniziative legate alla crisi politica di allora.

L’anno di svolta nella vita del nostro giovane teologo avviene nel ’33, in seguito all'ascesa di Hitler al potere.

L’evento ebbe riflessi sulle religioni di Abramo: la più antica, quella ebraica, fu immediata vittima delle persecuzioni naziste; la più giovane, quella islamica, si piegò alla svastica (il Gran Muftì di Gerusalemme collaborò con il Fuhrer alle persecuzioni antiebraiche); quella cristiana si trovò oscillante fra le posizioni prudenti della chiesa cattolica e quelle di aperto appoggio della Chiesa evangelica tedesca.

Molti protestanti tedeschi accolsero favorevolmente l'ascesa del nazismo; il gruppo dei “Deutsche Christen” divenne addirittura portavoce dell'ideologia nazista all'interno della Chiesa evangelica. Nell'estate 1933 costoro, ispirandosi alle leggi ariane dello Stato, proposero un “paragrafo ariano” per la chiesa, che impedisse ai “non-ariani” di diventare ministri di culto o insegnanti di religione; sostenevano inoltre che gli ebrei fossero una razza diversa, che non poteva diventare “ariana” neanche tramite il battesimo.

Bonhoeffer si oppose fermamente al "paragrafo ariano", che degenerava dai principi del Vangelo, e contribuì a fondare una nuova chiesa, libera dall'influenza del regime. In un saggio del ‘33, “La chiesa davanti al problema degli ebrei”, egli fu il primo ad affrontare la questione del rapporto tra la Chiesa evangelica e il nazismo e dell’opposizione politica a questo.

Quando, nel settembre 1933, il "paragrafo ariano" fu approvato dal sinodo nazionale della Chiesa evangelica, Bonhoeffer si impegnò per informare e sensibilizzare il movimento ecumenico internazionale sulla gravità della questione. Rifiutò inoltre un posto di pastore a Berlino, per solidarietà con coloro che venivano esclusi dal ministero per ragioni razziali, e decise di trasferirsi a Londra in una congregazione di lingua tedesca.

Nel maggio 1934, un gruppo di oppositori interni della Chiesa evangelica filo nazista fondò la Chiesa confessante. Nell’aprile del ‘35 Bonhoeffer tornò in Germania per dirigere a Finkenwalde un seminario clandestino per la formazione dei pastori di questa Chiesa. Nel ‘37 un decreto di Himmler dichiarava illegale la formazione di candidati pastori per la Chiesa confessante e, il mese successivo, il seminario fu chiuso dalla Gestapo. Nel ’38 la Gestapo lo costrinse ad andar via da Berlino. Nel ‘39, poco prima dello scoppio della guerra, Bonhoeffer ritornò in America per sfuggire ai diversi provvedimenti di polizia nei suoi confronti.

Ma dopo circa un mese di tormentosi ripensamenti ritornò fermamente deciso in Germania, con la chiara coscienza del pericolo cui andava incontro.

Qui si avvicinò ad un gruppo di resistenza a Hitler, costituito, fra gli altri, dall’ammiraglio Wilhelm Canaris, dal generale Hans Oster e dall’avvocato Hans von Dohnanyi, suo cognato. In esso svolse la delicata funzione di collegamento fra resistenza interna e resistenza esterna al nazismo. Inoltre, nel complotto contro il fürer, arrivò ad offrirsi personalmente per ucciderlo.

Scoperta la sua attività cospirativa, nel ‘43 venne arrestato e internato nel carcere militare di Tegel.

Dopo il fallito attentato contro Hitler del 20 luglio 1944, Bonhoeffer fu trasferito nella prigione di Berlino e successivamente nel campo di concentramento di Buchenwald.

Durante gli anni di prigionia, Bonhoeffer scrisse diversi appunti e le lettere che vennero pubblicati postumi, nel 1951, in Resistenza e resa, la sua opera più conosciuta in cui medita sui rapporti tra fede, azione ed esistenza terrena. In essa l’autore afferma l’importanza dell’agire dell’uomo nella storia coerentemente ai propri ideali, nel suo caso quelli cristiani: «Attendere inattivi e restare ottusamente alla finestra» scrive «non sono atteggiamenti cristiani». In un altro passo afferma che «la fede esige questo agire mobile e vivo. Solo così possiamo affrontare e rendere feconda la situazione che di volta in volta ci si presenta». Sono queste affermazioni espressioni della sua teologia dell’azione. Il tempo della prigionia è tempo della sofferenza, ma per lui quest’ultima è legata al precedente tempo dell’azione ed entrambe rimesse nelle mani di Dio: «La morte è il coronamento della libertà umana. Comprendere o meno la propria sofferenza come prosecuzione della propria azione, come compimento della libertà, questo determina se l’azione umana sia o non sia un affare di fede».

Il 9 aprile 1945, un mese prima della capitolazione della Germania, venne impiccato con altri cospiratori nel campo di concentramento di Flossebürg.

Bonhoeffer fu impiccato, come è stato rilevato, «non perché fosse un teologo che in nome della fede combatteva il nazismo, ma perché era entrato a far parte di una organizzazione dell'esercito con una motivazione prettamente laica come tanti altri ufficiali e soldati» (corsivo ns.). Per questo egli non si può considerare un martire della fede, pur affrontando la morte, oltre che con coraggio, con cristiana serenità tanto da far dire al medico del campo di Flossebürg: «Nella mia attività medica di quasi cinquant’anni non ho mai visto un uomo morire con tanta fiducia in Dio» (corsivo ns.).

Per la sua teologia della prassi, per la sua «motivazione prettamente laica» nella lotta al nazismo e per la sua fine nel carcere nazista (aspetti che, paradossalmente, lo avvicinano più  al filosofo della prassi Antonio Gramsci, ucciso dalla lunga detenzione nelle carceri e negli ospedali fascisti, che ai martiri della fede), egli entra invece a pieno titolo nel panteon dei martiri antifascisti del Novecento.

Un martirio il suo altresì diverso da quello dei martiri del lavoro come i giudici Antonino Saetta e Rosario Livatino, uccisi nel pieno esercizio delle loro funzioni; uccisi in quanto giudici che intralciavano gli interessi della mafia.



"La fiducia in Dio in alcuni martiri del Novecento"

Studenti Istituto Tecnico Galileo Galilei di Canicattì

Edith Stein

Dietrich Bohnoeffer

Massimiliano Kolbe

Padre Puglisi

Rosario Livatino

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