“Psicomosaici” è il titolo della seconda raccolta di Poesie del
Poeta e Pittore di Canicattì (AG) Giuseppe Leone, recentemente scomparso, conosciuto
anche con lo pseudonimo Leonino. La silloge, composta da 150 pagine, è stata
pubblicata nel 2011. Dal 2103 è pure pubblicata in ebook su Amazon Kindle Ebook
al prezzo di € 2,99. Contiene 86 Poesie in lingua e 39 in dialetto siciliano-canicattinese.
Queste ultime erano già state pubblicate nel 1981 in un’antologia dal
titolo “Quadri d’inchiostro”. La
nuova silloge è suddivisa in due sezioni: “Su
questa terra”, che raccoglie quelle in lingua, e “Lu juvu”, che ordina quelle
in dialetto.
Con la scelta di questo titolo alquanto
suggestivo, forse perfino inquietante, Giuseppe Leone ha voluto esprimere l’estrema
sintesi della sua visione poetica, costituita da molteplici elementi psichici, cioè
della sua personalissima, autentica interiorità; e come le tante tessere musive
di un mosaico compongono l’immagine che ha in mente l’Artista, così gli
elementi psichici anzidetti vanno a ricomporre un mondo, il mondo di Giuseppe
Leone fatto di tanto dolore ma anche di tanta esemplare bellezza. Il tutto
espresso con un uso sapiente, colto e appropriato della lingua italiana e dei
suoi vocaboli, a volte persino aulici, classicheggianti, altre volte desueti. Per
quanto riguarda il dialetto, al di là se ad esso si vuole dare o non dare una
dignità letteraria (anche se essa non sempre è facilmente riconoscibile, a
causa della dispersione di un patrimonio linguistico, non tanto, o non solo,
perché vasto bensì non unanimemente codificato), i versi siciliani di Leone
acquistano, se possibile, una maggiore efficacia espressiva e soprattutto
lirica, proprio perché il dialetto è, o quanto meno era, la prima lingua madre di
ogni individuo, in ogni regione e in ogni città e/o paese.
Psicomosaici dunque, per raccontare in 125
sequenze, moltiplicate per il numero totale dei versi, il proprio vissuto psichico;
una narrazione atta a lenirne gli aspetti dolorosi e cantarne quelli intrisi di
bellezza ed incanto, comunque tutti attinti interamente dal suo mondo
circostante, altrimenti frutto di schizofrenica allucinazione. Leone, nei versi
finali della sua Poesia intitolata, appunto, “Poesia”, dice: <<… E
canto triste, nel mondo/con l’anima piccola mia/malata d’un male
soltanto/incurabile male. POESIA!>>; ma all’inizio provocatoriamente si
chiede anche: <<Io non canto che
umori/timori di mente malata?/Nessuno dei tanti dottori/m’avrebbe la mente
curata>>. Dunque male, se da ipotetici altri “umori/timori di mente malata” la sua Poesia viene giudicata; ma,
meglio, sembra rispondere, “nessuno dei tanti dottori/m’avrebbe la
mente curata”. Allora che essa sia omeopatico rimedio.
Esprimersi in versi è servito a Leone anche
da ragione di vita, essendo egli ben consapevole della caducità del corpo, e
quindi che solo le sue Opere potranno sopravvivergli e raccontare ai posteri la
sua personalissima e passeggera esperienza nel mondo. A tal proposito è emblematica
la Poesia “Guardati allo specchio”, che nei versi centrali dice: <<… Più nulla esisterà!/L’anima troppo
debole/è incapace di spiccare il volo/verso mete più alte./E verrà condannata a
perir/qual albero senza germogli./Solo le opere esisteranno!/Ma ove son le tue
opere?/Se da comune mortale/hai vissuto erroneamente/senza uno scopo
prefisso/senza pensare al domani/senza esternare i tuoi affanni/che celi
nell’ermetica bottiglia/impenetrabile del cuore/senza farti conoscere/senza far
nulla per vivere/ed incapace di lottare/sei vinta dalla vita che ti schiaccia! ...>>.
Quando l’anima è debole, quando non raggiunge dunque le elevate vette
dell’Illuminazione dei Buddha, dei Gesù, la Poesia, ma anche il corretto operato in genere
dell’uomo, sono intesi da Giuseppe Leone come possenti strumenti, oltre che
catartici, utili per non darla vinta allo schiacciante peso della vita.
Perciò i versi di Leone sono molto energici, proprio
per bilanciare il grosso fardello che la vita gli ha riservato da sopportare; e
sono anche evocativi, immaginifici, efficaci, per rappresentare un’esistenza pesante
ma anche sfuggente dal punto di vista dell’analisi, della decifrazione e della
descrizione. Nelle sue 86 Poesie in lingua, egli spesso fa uso di rime
alternate o di assonanze per dare un ritmo e un suono alle sue poetiche decifrazioni.
Si può certamente dire che tutta la
Poetica di Leone è una denuncia, un’accusa rivolta ad una
società sempre più corrotta, e dei mali e delle ingiustizie che giornalmente vi
si consumano; ed è anche un ricordo nostalgico di un mondo e di valori fondamentali
che non esistono più. Significativa in tal senso la Poesia “Il mondo”: <<…
Scomparso un mondo idillico/se guardi i mari e i fiumi/sol vedi il sangue a
rivoli/coagularsi in grumi./E’ un mondo troppo angusto/con mille trame
storte/con guerre, pestilenze/le carestie, la morte…>>.
Cosicché la Poetica di Leone assume
anche un grande valore sociale, e il pessimismo che spesso la caratterizza non
risulta essere il compiacimento di un Poeta infelice e scontento della sua vita,
ma ha una sua ragione d’essere nelle storture di un sistema mondiale che è
sotto gli occhi di tutti, oltre che nel suo personalissimo e doloroso percorso
esistenziale, come uomo innanzitutto, e poi come Poeta e Artista. Molte sue Poesie, infatti, sono
solari e ottimiste e rivelano il suo grande amore per la natura e per tutte le
sue creature. Quando egli si trova a descrivere il mondo della natura, quello
ancora incontaminato dalle perversioni dell’uomo moderno, ritorna un bambino
ancora capace di meravigliarsi ed emozionarsi di fronte all’incanto dell’evocazione
e descrizione di una lucertola, una formica, una farfalla, una cicala, una
biscia, un corvo, un merlo, un melo, un melograno. Leone sa che molto di questo
mondo naturale è stato distrutto dall’uomo moderno, e quanto meno tenta di
preservarne un lucido, poetico, romantico ricordo da tramandare ai posteri,
forse come monito ad invertire tale distruttivo indirizzo. Per tale motivo spesso
lo troviamo attraverso i suoi versi un accusante ambientalista, come in “Lu rimitu” (L’eremita): <<… Dipingi li figuri
’mbillittati,/picciotti beddri di formi e culura;/li vaddri virdi, l’arbuli
xjuruti,/unni l’omu distrudi la natura…>>. (… Dipinge le figure abbellite,/giovani belli di forme e colori;/le
valli verdi, gli alberi fioriti,/dove l’uomo distrugge la natura). Una Poesia poi
di Leone ottimista, solare, speranzoso, aggregante e coinvolgente, dato che nella
costruzione delle frasi abbandona la prima persona singolare e adotta la prima
persona plurale per esortare ad abbellire tutti insieme il futuro del mondo, come
a voler dire “l’unione fa la forza”, è “Dipingeremo
l’aurora”: <<Dipingeremo
l’aurora/che tremula nasce/per renderla bella più ancora./Coloreremo con
fasce/gialle il sole che indora/l’uve, il gregge che pasce/la pallida piccola
suora…>>.
Non bisogna
dimenticare che Leone è stato anche pittore. L’immagine usata per la copertina
di “Psicomosaici” è un suo dipinto. Egli
ha lasciato ai suoi amici decine di tele originalissime, contraddistinte da una
policromia intensa, subito emozionante, poetica e dolce, specie laddove raffigurano
piccoli animali domestici. Anche attraverso queste ultime tele possiamo
scorgere un Giuseppe Leone sincero e innamorato ambientalista. La maggior parte
delle sue tele poi sono astratte, dove tra l’intreccio policromo e affastellato
della materia pittorica, come da dentro una fitta selva, emergono quasi a
stento stilizzazioni di volti e profili umani, e di piccoli, appena
riconoscibili elementi naturali quali la testa di un uccello, un pesciolino, un
occhio umano e così di seguito. Interessanti sono quelle “rifinite” con sgocciolature di colore in
stile pollockiano. Si tratta però di una coincidenza e non di pedissequa
imitazione della sgocciolatura, o dripping, tipica dell’Action Painting, dato che, come mi disse (ho avuto una
conoscenza diretta con Leone), egli non conosceva questo Autore né tanto meno i
suoi dipinti.
Per concludere, si può dire che Giuseppe
Leone è stato un grande e geniale Artista. Con lo studio e la sapienza
dell’uomo colto, nonostante non avesse frequentato grandi scuole, da assoluto
autodidatta, egli è riuscito a creare delle Opere originali e cariche di
contenuti, impadronendosi genialmente
dell’Arte Poetica e di quella Pittorica, dando così un senso e un sollievo alla
sua dolorosa vita e lasciando a noi delle meravigliose Opere Immortali. Credo
che la loro fruizione non può che arricchirci e renderci uomini migliori. Si
dice che quando muore un Poeta il mondo rimane più povero; ed è vero, la
perdita è incommensurabile! Ma ancor più povero resta se le Opere che ci ha
lasciato in eredità vengono dimenticate. Ad evitare un tantino ciò, nel mio
piccolo, vorrei che servisse questa recensione postuma.
Angelo Lo Verme
Nessun commento:
Posta un commento