FRANCESCA VELLA, Intervento introduttivo al Convegno "La mia voce per il mondo"

La scelta del titolo del convegno "La mia voce per il mondo" racchiude già in sé, anche dal punto di vista semantico, una grande complessità. Basta infatti una diversa interpretazione della piccolissima preposizione "per" che possiamo chiederci: ma in giro per il mondo o a favore del mondo o addirittura dedicato al mondo"? Dunque basta un titolo e già una scrittura al femminile crea problemi di interpretazione? Cosa sarà allora l'intero mondo della scrittura al femminile ed in particolare quello della scrittura poetica al femminile?
In questa intrinseca complessità penso, invece, possa essere racchiusa tutta la bellezza della scrittura poetica al femminile, perché essa dichiara che più di un significato può essere compreso nel significante, abbracciandoli tutti contemporaneamente.
La scrittura femminile, infatti, relega in secondo piano la necessità di una suddivisione ordinata e precisa del mondo, rifiuta come strette le categorie logiche e filosofiche prettamente maschili e si volge alla comprensione del mondo attraverso la visione data dall'insieme inscindibile di anima e corpo in cui questa comprensione stessa passa attraverso la comprensione del sé.
Dice Paola Mastracola: "La scrittura al femminile, più di quella al maschile, è costruita sulla ricerca della verità. Scrivere è riflettere su se stesse, guardare a costo di trovare il buio e l'orrore. E' questo estremo coraggio dello sguardo."
La scrittura, dunque, come affermazione del proprio essere, un gesto estremo da consegnare al mondo, per trovarsi o per perdersi, perché, se la parola può avere un valore salvifico, in realtà riconoscere il proprio bisogno interiore e seguirlo, senza curarsi delle conseguenze e delle convenienze, è trasgressione e la trasgressione non è un peso facile da reggere nella vita di tutti i giorni.
Non a caso moltissime poetesse hanno concluso la propria vita con il suicidio: la Cvetaeva, la Sexston, la Bishop, la Plath, la Rosselli e tante altre misconosciute, o hanno scelto una vita di totale isolamento: Dickinson, o hanno fatta l'esperienza del manicomio: Alda Merini, ultima in Italia in ordine di tempo.
La scrittura femminile non è quasi mai volutamente didattica o almeno esplicitamente didattica: gli "insegnamenti" passano attraverso il flusso dei ricordi, delle emozioni; la "pietas" pervade anche la scrittura più cruda, la "pietas" primordiale dell'accudimento e del contenimento.
Credo, infine, che la sensazione più forte che provi una donna che scrive sia quella dell'estraneità, dello "straniamento" rispetto ai modelli femminili imperanti, ma anche rispetto alle decantate situazioni di "parità".
Ma, infine, esiste una specificità femminile nella scrittura? Le donne scrivono in modo diverso dagli uomini?
Io non credo che si possano dare risposte definitive a queste domande, né che queste siano poi così importanti, ma sicuramente si può affermare che la donna, nello scrivere, predilige ascoltare la sua voce interiore ed esprimere emozioni legate al corpo, un corpo immerso nella quotidianità e nello stesso tempo al flusso della Storia che scorre.
Francesca Vella


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