LUIGI FICARRA, Solidarietà a Giovanni Impastato

L'Associazione Giuristi Democratici "Giorgio Ambrosoli” di Padova esprime piena solidarietà a Giovanni Impastato, fratello di Peppino Impastato, assassinato per ordine del capo mafia Gaetano Badalamenti. E’, a nostro avviso, un segno sintomatico della profonda crisi che corrode alcune branche della giustizia condannare Giovanni per avere legittimamente criticato, anche duramente, chi, sapendo e comunque ben potendo sapere di non dire il vero, aveva, nel processo a carico dell’assassino Badalamenti, presentato artatamente suo fratello Peppino come terrorista, morto - venne detto - durante la preparazione di un attentato sui binari della ferrovia.
 Attentato che, come tutti sanno, fu messo in scena proprio dagli uomini di Badalamenti. E’ grave che ciò accada mentre un uomo come Cuffaro, accusato di collusione e favoreggiamento aggravato della mafia, sulla base di molteplici prove, che appaiono a tutti inoppugnabili, resti a ricoprire indisturbato la carica di Presidente della Regione Siciliana, ricevendo addirittura segni inequivocabili di solidarietà da alcuni fra i massimi dirigenti politici italiani, anche con alti incarichi nelle istituzioni.
La nostra solidarietà di giuristi democratici si traduce anche nella riconferma dell’impegno di non patrocinare mai in un processo un capo mafia, come tale da tutti riconosciuto: “cosa nostra” agisce sì nell’ombra, ma che Caio o Tizio sia un capo mafia tutti lo sanno, essendo di dominio pubblico chi esercita illegittimamente il in un determinato territorio, e ciò proprio per le conseguenze di silenziosa e-o partecipe connivenza ovvero di civile contrapposizione contro detto potere criminale. In tal caso, infatti, non si opera solo la difesa dell’imputato - il quale, assistito giustamente come gli altri dalla presunzione di non colpevolezza, potrebbe pur benissimo dimostrare la sua estraneità in relazione al fatto particolare contestatogli in quel determinato processo -, ma la difesa della famiglia mafiosa e, quindi, anche se per pura ipotesi non lo si volesse, della mafia. Invero, questa, come insegnano tutti gli studiosi di tale fenomeno da Arlacchi a Lupo ed a Santino, come spiegano i giuristi ed in particolare la giurisprudenza (vedasi sul punto l’elaborazione rivoluzionaria di Falcone), è un’organizzazione politico-criminale di potere, ed il singolo mafioso vive, esiste come tale, e può agire nel territorio solo ed unicamente al suo interno, come suo membro. Pertanto, ipotizzarlo come separato, autonomo da essa, singolo e solo responsabile del fatto-reato di mafia contestatogli in un processo, è un’astrazione errata, non compiuta certo in buona fede e dettata unicamente da mero, basso opportunismo. Di conseguenza, quando si patrocina un mafioso, non si può dire che si difende , come dice correttamente Ettore Randazzo, Presidente dell’Unione delle Camere Penali, in “L’avvocato e la verità”, riferendosi però alla difesa che normalmente un legale compie anche di chi è accusato di un “crimine repellente” (così lo stesso Randazzo), come stupro, corruzione di giudici, concussione, violenza di pubblico ufficiale, alterazione della libera competizione democratica attraverso il finanziamenti illecito dei partiti. Una cosa, cioè, è il caso di uno stupratore, dove logicamente è giusto dire che si difende l’imputato e non il reato, altra, si ripete, quella di un capo mafia, dove nessuno, anche se cerca di nascondersi nel cielo della pura astrazione ideologica e, quindi, della falsa coscienza, può dire di difendere il singolo imputato di mafia e non l’organizzazione criminale di cui è parte necessaria ed espressione anche per il fatto-reato contestatogli in quello specifico processo. - Per fare un esempio chiaro, che, nel caso di specie, è vero in pratica ed in teoria, come avrebbe detto Kant, difendere un capo mafia come Totò Riina significa difendere inevitabilmente e necessariamente la sua famiglia mafiosa e cioè la mafia. E’ vero che se egli viene formalmente imputato di un delitto di mafia, dovrà anche essere difeso, ma all’occorrenza ci saranno tanti avvocati disposti a farlo, avvocati nel senso attribuito purtroppo a tale funzione da Dostojevskjj, non certo noi, giuristi democratici, pena il tradimento degli ideali che ci siamo impegnati a difendere. Tranne che, ove venisse rigettata la nostra istanza di sostituzione per i sopra detti motivi, dovessimo essere costretti a farlo come difensori d’ufficio, ma in tal caso ci limiteremmo a garantirgli, lui consapevole, la semplice correttezza formale del giudizio e la conseguente giustizia della eventuale condanna.
I giuristi democratici, anche in memoria di Peppino Impastato e della sua giusta lotta contro la mafia, si impegnano a contribuire attivamente per ripristinare il vero "decoro" e la vera "dignità" dell'avvocatura, riagganciandola alla sua imprescindibile e fondamentale funzione sociale e democratica, senza sbavature e senza tentennamenti ma sempre con intransigenza, seguendo costantemente l’esempio fulgido di maestri come Piero Calamandrei e Giorgio Ambrosoli. In tal modo essi aiuteranno concretamente i giovani giuristi a ritrovare la via da seguire, specie nella triste e drammatica situazione presente, caratterizzata dall’affossamento del diritto internazionale e dal grave disegno eversivo dell’ordinamento costituzionale democratico interno da parte dell’attuale maggioranza parlamentare.
Come segno concreto della nostra solidarietà nei confronti di Giovanni Impastato, effettuiamo a parte un versamento al Centro Siciliano di documentazione “Giuseppe Impastato” - via Villa Sperlinga 15 - 90144 Palermo - c.c. p. n. 10690907, ed invitiamo ciascun associato a volersi pure attivare in tal senso.

Per l’Associazione Giuristi Democratici “Giorgio Ambrosoli” di Padova
Padova 5.10.04
luigi ficarra

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