ANTONIO MILIONE, Il rapporto padre-figlio nel mondo greco-romano

Il rapporto tra padri e figli può essere molto complicato e delicato, questo perché non sempre c’è intesa fra i due, e spesso i figli non comprendono le decisioni paterne. In molti si chiedono se questo rapporto sia lo stesso da sempre o sia invece cambiato col tempo.

   Nel mondo antico i genitori avevano un ruolo fisso: la madre si occupava della prima educazione del figlio, mentre il padre interveniva più avanti nella crescita del bambino. I Greci descrivevano i contrasti generazionali attraverso i miti, e con l’epica sono stati tramandati esempi di padri, sia in funzione positiva che negativa. Dunque il padre dovrebbe essere per un figlio la sua figura di riferimento, un esempio da seguire per crescere. Eppure in questo testo, che è un estratto dell’Edipo a Colono di Sofocle, uno dei tragediografi più amati del teatro greco, pensa che i suoi figli maschi si prenderanno cura di lui. Il dramma nasce in un momento veramente molto difficile per Atene, impegnata in un riassetto dopo la guerra contro Sparta. È un momento pieno di lutti, di case e campagne devastate, un periodo caratterizzato da odio e rivalità politica. Proprio per questo Sofocle compose i drammi più cupi e disperati del teatro occidentale, ideò personaggi che incarnano l’infelicità e il dolore esistenziale. In questo testo vedremo proprio come Edipo sia deluso, in quanto i suoi due figli maschi, Eteocle e Polinice, non aiuteranno il loro padre. Infatti nel verso 445, Edipo è molto grato di avere due figlie femmine, Antigone ed Ismene, che aiutano il padre proprio come due uomini e non come due donne. Molto importante è il: “γνους πρκεσιν”, ovvero questo sostegno, soccorso familiare che le figlie dimostrano al proprio padre, in cui egli si sente bene poiché ha accanto ancora una famiglia nonostante tutto ciò che accade. Nel verso successivo Edipo spiega che Polinice ed Eteocle hanno preferito avere il potere assoluto, dunque regnare su Tebe, anziché amare ed aiutare il loro padre. Edipo, infine, dice che non sarà mai un loro “συμμαχος” poiché si sente solo e tradito. In fondo, Edipo è molto arrabbiato, poiché il loro compito era quello di sostenere il proprio padre, proprio come Edipo ha fatto con loro. Dunque il rapporto padre-figlia sostituisce quello tradizionale padre-figlio aprendo un nuovo modo di intendere i rapporti familiari. Nell’Edipo re, opera che si inserisce nel cosiddetto ciclo tebano, ossia la storia in chiave mitologica della città di Tebe, narra come Edipo, re carismatico e amato dal suo popolo, in un solo giorno venga a conoscere l'orrenda verità sul suo passato: senza saperlo ha infatti ucciso il padre Laio, e sposato la propria madre Giocasta. Possiamo quindi individualizzare un rapporto padre-figlio molto complicato poiché, secondo l'interpretazione freudiana, sotto la spinta degli istinti sessuali, egli bramava il possesso della madre e, per raggiungere il proprio fine, arriva a sopprimere il rivale, cioè il padre. Quindi si può vedere come il figlio, in questo caso, provi per il padre un senso di odio, di rivalità che lo porta proprio ad eliminarlo e si parla appunto di un parricidio senza colpa, poiché Edipo in realtà non sapeva che Laio fosse suo padre, in quanto egli ha vissuto la sua infanzia con Polibo. 

    Fino ad ora abbiamo visto storie di padri che trasmettono le colpe ai figli, di incesti, di parricidi, ma già nell’arcaia, la commedia antica il cui più grande esponente è Aristofane, vengono messe in scena dinamiche familiari meno estreme, anche se sufficientemente patologiche per essere comiche. L’attività teatrale del poeta coincide per un ventennio con la guerra del Peloponneso in cui Atene vede in particolare la fine della grandezza della città e anche la corruzione di tutti gli ideali che l’avevano portata alla grandezza precedente. Facendo un esempio di questo rapporto possiamo far riferimento sicuramente alla commedia “Vespe”, dove al centro vi è l’agone, ossia la contesa verbale, tra Filocleone e suo figlio Bdelicleone. L’uno sostiene che il ruolo dei compagni di tribunale è fondamentale per Atene, l’altro ne sostiene invece l’inutilità. Quindi si nota come i due hanno questa contesa in quanto entrambi hanno idee e modi di pensare differenti. A chi non è mai capitato di avere uno scontro con il proprio padre? Sicuramente tutti lo abbiamo avuto, e per la maggior parte delle volte abbiamo litigato sempre per idee diverse. Magari idee anche sciocche, ma mai nessuno dei due vuol dare ragione all’altro e dunque lo scontro diventa una discussione abbastanza lunga e complicata, in cui il figlio prova in quel momento un sentimento di odio nei confronti del padre. Questo sentimento, un sentimento molto strano, caratterizzato dalla rabbia, porta i figli ad allontanarsi dai propri padri, in quanto vedono la sua figura come se fosse una persona estranea. 

    Questo concetto si può vedere anche in Terenzio, famoso commediografo latino, appartenente al circolo degli Scipioni, un circolo molto importante che si sviluppò alla metà del secondo secolo a.C. Terenzio abbraccia totalmente l’Humanitas poiché evidenziava l’uomo con le sue varie sfaccettature. L’uomo era dotato di dignità, comune a tutti, e da questo ne scaturiva il concetto della filantropia, ossia il grande rispetto dell’uomo per l'altro, essendo simili tra di loro. Egli dedica una particolare attenzione alla famiglia e ai complessi rapporti tra padri e figli. Il rapporto conflittuale tra padri e figli è, per l’appunto, un topospiuttosto diffuso nel teatro: la trascrizione in chiave comica dello scontro generazionale si esplicita per lo più nella contrapposizione di due caratteri fortemente stereotipati.

    ”Heautontimorumenos” è la terza commedia di Terenzio, nella quale il senexdella situazione, sentendosi in colpa per aver impedito il matrimonio del figlio con la ragazza che questo amava, si condanna ad una vita di fatica e privazione. La figura del pater familiasè di grande importanza nel mondo romano: egli è colui che decide la sorte dei familiari, che prende le decisioni più importanti, esercitando addirittura il diritto di vita o di morte su chi gli sta sotto. “Tu non gli hai mai dimostrato quanto ci tenevi a lui, né lui ha osato aprirsi con te, come si deve fare con un padre. Se lo aveste fatto, tutto questo non sarebbe successo”. Questa è la critica mossa da Cremete, padre ‘progressista’, a Menedemo in cui Terenzio mostra allora come il parlare, il confrontarsi, sia il modo migliore per risolvere ogni situazione, per capire i sentimenti dell’altro. Questo succede molto spesso anche nella nostra vita quotidiana. Noi adolescenti proviamo, se non odio, almeno risentimento, amarezza, delusione nei confronti dei nostri padri. Magari perché, loro sono sempre molto chiusi, si tengono tutti i loro pensieri all’interno delle loro menti, e non si sfogano con nessuno. Di conseguenza noi, tendiamo ad allontanarci dai nostri padri, perché a volte, immersi nei loro pensieri giornalieri, essi ci risultano distanti. Proprio per questo, non cerchiamo nessuna forma di dialogo, di confronto con nostro padre, rendendo il tutto molto più difficile. 

    Un altro esempio è sicuramente Plauto, commediografo latino molto famoso. La sua produzione letteraria si colloca nel periodo successivo alla seconda guerra punica, durante il quale a Roma convivevano due tendenze opposte, una che dava inizio ad un processo di ellenizzazione e l’altra che invece prospettava un tentativo di chiusura verso il mondo greco. La commedia di Plauto ha proprio questo come sfondo generale: la rappresentazione caricaturale del mondo ellenistico. Si accosta al genere letterario della palliata, rielaborando le opere appartenenti alla Commedia Nuova ellenistica ma secondo la mentalità e le aspettative proprie del pubblico romano, utilizza, quindi, la tecnica della contaminatio. Le sue opere sono spesso incentrate sul rapporto padre-figlio e sulle dinamiche di questa relazione, egli descrive sia il carattere buono e obbediente del figlio, ma anche il carattere autorevole e autoritario del padre, mettendo però sempre in luce la sintonia tra i due. Questa sintonia tra padre e figlio, in Plauto, si vede soprattutto nella celebre commedia degli asini, ossia: “Asinaria”. Infatti proprio in quest’opera vedremo che il giovane Argirìppo è molto innamorato di una cortigiana, ma gli occorrono venti mine per liberarla. Grazie alla complicità del padre Demèneto, egli riesce a trovare il denaro e a scagionare la donna. La maggior parte degli autori della letteratura, sia greca che latina, mettono in scena rapporti tra padre e figlio in cui vi sono sentimenti come stima, fiducia, odio… Ma molto importante in Plauto è che lui in una sua commedia chiamata “Captivi” mette in luce uno dei sentimenti più importanti che un padre può provare per un figlio, ovvero l’Amore. Infatti non basta avere un padre ricco se poi alla fine non vi sono legami forti caratterizzati da gioie e felicità, poiché la più grande eredità che un padre può lasciare al proprio figlio è la memoria del suo amore, il resto non avrà alcun valore. Il vecchio Egione ha perduto i suoi due figli: l’uno gli è stato rapito quando era bambino, mentre l’altro è stato fatto prigioniero durante la guerra tra Etoli ed Elei. Per riscattare il figlio prigioniero, il vecchio acquista due schiavi di guerra elei, sperando di trovare qualcuno da poter scambiare con suo figlio. Alla fine Egione non solo riuscirà a riavere il figlio prigioniero, ma riconoscerà in uno dei due schiavi l’altro figlio. Egli ha un ruolo molto importante e commovente all’interno di questa commedia. E’ stato una persona molto sfortunata, e nonostante il dolore che lui prova per la perdita del primo figlio, non si è arreso al primo ostacolo per scagionare suo figlio, ma fa di tutto per riaverlo indietro. Lui fu un bravissimo padre ed è proprio per questo che Plauto decise di fargli una sorta di regalo, ovvero quello di riconoscere il figlio in uno dei suoi schiavi comprati. 

 

     Oggi il rapporto fra padre e figlio viene considerato di centrale importanza nella creazione della personalità del bambino, soprattutto se maschio, che vede nella figura paterna un'ordinaria ammirazione che terminerà poi, con la crescita, in un distacco. E’ anche vero che ormai il rapporto col padre non ha più equilibrio, perché da una parte si trova il padre fin troppo apprensivo e dall’altra quello completamente assente che non riesce ad essere un punto di riferimento per i propri figli. La buona volontà e la giusta capacità di comunicazione aiutano a trovare il modo giusto per rendere perfetto un rapporto che ogni tanto può degenerare. Si può quindi affermare che il rapporto tra genitori e figli non è mai stato semplice e mai lo sarà.

 

Antonio Milione

Nessun commento:

Posta un commento