I Savoia del ‘900: da Vittorio Emanuele terzo a Mafalda (Un mondo di luci e ombre)” è questo il titolo dell’ultima fatica letteraria dello storico e saggista Rosario D’Ottavio. Sarà presentata questo pomeriggio, 7 dicembre, all’Hotel Dioscuri Bay Palace di San leone, alle ore 16:30 il libro che l’ingegnere, agrigentino d’adozione, ha appena pubblicato.
Non si arresta affatto la sete di conoscenza, che porta D’Ottavio ad approfondire, ricercare, carpire, un’urgenza per l’ingegnere che non si ferma davanti a nulla. Diversi i documenti consultati in varie parti dello stivale, così come le foto, molte delle quali inedite al pubblico, che sono state recuperate. L’iniziativa è promossa dall’Anioc, l’Associazione nazionale insigniti onorificenze cavalleresche, sezione provinciale di Agrigento. Insieme all’autore sono intervenuti Gaetano Marongiu, Salvatore Cardinale, Giuseppina Rizzo, l’Avv. Giovanni Tesè. Diversi anche i momenti musicali del violinista Juan Pablo Orrego e del soprano Sara Chianetta. A moderare l’incontro la giornalista Marcella Lattuca.
L’educatore e presidente dell’Università di Harvard Charles William Eliot sosteneva che «i libri sono gli amici più tranquilli e costanti; sono i consiglieri più disponibili e saggi, e gli insegnanti più pazienti». Queste affermazioni, se condivise, penso che possano essere sufficienti, anche da sole, a giustificare tutte le fatiche che la scrittura comporta e ad affrontare tutti gli ostacoli che ne derivano. Scrivere un libro, infatti, oltre ad esigere passione, determinazione, impegno, capacità, competenza, pazienza e costanza, richiede sicuramente resilienza e fatica. Al tempo stesso, a chi scrive un libro credo che non debbano e non possano mancare coraggio e un forte spirito di generosità. Con le prerogative accennate è certo che i libri possono assolvere concretamente le funzioni per cui si scrivono e in particolar modo quelle di suscitare nei lettori curiosità, emozioni, stimoli, interessi, domande, riflessioni e progetti. Conseguentemente i libri diverranno amici tranquilli, consiglieri fidati e insegnanti pazienti di chi li legge.
Rosario D’Ottavio con le sue opere già pubblicate, presumo che abbia dimostrato di possedere il coraggio e la generosità necessari per scrivere un libro. Lo stesso può dirsi con la pubblicazione che presentiamo:I Savoia del Novecento: da Vittorio Emanuele III a Mafalda (Un mondo di luci e di ombre). Con questo lavoro, che si snoda in cinque capitoli, preceduti da un’introduzione e arricchito da una notevole ed eloquente documentazione fotografica, Rosario D’Ottavio, partendo da una “premessa riflessiva sul ruolo di Casa Savoia nei primi cinquant’anni del Novecento”, ci presenta in particolare un compendio della vita pubblica e privata di quattro esponenti rappresentativi della dinastia Sabauda: Vittorio Emanuele III, la Regina Elena del Montenegro, Umberto II di Savoia e Mafalda di Savoia ovvero la “principessa dimenticata”.
Non vi è alcun dubbio che la dinastia dei Savoia, dal capostipite Umberto I Biancamano all’ultimo re d’Italia Umberto II, tra luci e ombre, nel bene e nel male, ha avuto sicuramente e per moltissimi anni un rapporto considerevole con la storia d’Europa, d’Italia e con la nostra Sicilia. Per effetto dei trattati di Utrecht, la Sicilia fu assegnata ai Savoia e Vittorio Amedeo II vi regnò dal 1713 al 1720. La Beata Maria Cristina di Savoia, moglie di Ferdinando II e madre di Francesco II di Borbone, dal 1832 fino alla morte fu regina consorte del Regno delle Due Sicilie. L’Italia per ben ottantacinque anni, dalla proclamazione della sua unità fino al 1946, ha avuto quattro re appartenenti alla dinastia Sabauda: Vittorio Emanuele II, Umberto I, Vittorio Emanuele III che morì in esilio proprio il giorno successivo alla promulgazione della Costituzione della Repubblica Italiana e Umberto II, conte di Sarre, quarto e ultimo Re d’Italia, col quale si chiuse definitivamente un’era. Dal 2 giugno 1946, infatti, «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.» Così afferma solennemente l’articolo 1 della nostra Costituzione repubblicana entrata in vigore il primo gennaio 1948.
Dai profili biografici che Rosario D’Ottavio ci presenta con il suo lavoro, oltre a venir fuori storie rilevanti di altri importanti notabili del casato Sabaudo, emergono anche, nitidamente o in filigrana, alcune delle molteplici peculiarità politiche, economiche, culturali e sociali che hanno caratterizzato la storia dei primi cinquant’anni del XX Secolo.
In quest’ottica ci viene offerta un’ulteriore occasione, utile e necessaria, per approfondire e riflettere non soltanto sull’influenza che alcuni esponenti di Casa Savoia esercitarono o avrebbero potuto esercitare sulle vicende storiche del loro tempo, ma anche e credo soprattutto su uno dei periodi più complessi e difficili della storia dell’umanità: la prima metà del Novecento, il «Secolo delle idee assassine», così come fu definito dallo storico e scrittore inglese Robert Conquest.
Invero il Novecento era iniziato sotto i migliori auspici. Nuove frontiere venivano raggiunte in ogni ambito. La tecnologia e le innovazioni facevano passi da gigante. Importanti scoperte come la penicillina e i raggi x in campo medico, il telefono e la radio nel campo delle comunicazioni e la radioattività in quello scientifico iniziavano a segnare un nuovo cammino per l’umanità.
L’ascensore sociale, sempre più pieno, cominciava a muoversi speditamente. Milioni di famiglie facevano ogni sorta di sacrificio per consentire ai figli di conseguire la licenza media, un diploma e addirittura la laurea. Certo, le condizioni di vita non erano uguali per tutti. L’emigrazione verso le Americhe spopolava intere zone marginali d’Europa. In Italia, in particolar modo nel sud e nelle isole, restavano ancora larghe sacche di povertà che tuttavia cominciavano a trovare nelle organizzazioni sindacali, nei movimenti socialisti e nella Chiesa Cattolica riferimenti considerevoli. È proprio in quegli anni che iniziavano a prodursi in concreto gli effetti della Rerum Novarum, promulgata il 15 maggio 1891 da papa Leone XIII. Notevole e rivoluzionario fu il movimento cooperativo, rurale e bancario, organizzato e guidato, massimamente nel sud d’Italia, dal sacerdote e sociologo calatino don Luigi Sturzo che nel 1919 fondò il Partito Popolare Italiano.
Se da un canto, però, il progresso e lo sviluppo economico-sociale sembravano inarrestabili, dall’altro, grandi nubi minacciose si addensavano all’orizzonte non lasciando presagire nulla di buono. Questo periodo idilliaco tanto da meritare di essere efficacemente definito Belle époque, infatti, dopo una serie di fortissime incomprensioni e tensioni inconciliabili tra gli Stati Europei, nel 1914, vide infrangere sogni e speranze con lo scoppio della prima guerra mondiale. Nonostante i continui e accorati appelli del Santo Padre Benedetto XV ai Capi dei popoli belligeranti di porre fine «alla follia universale» e «all’inutile strage», da quel fatidico 1914 e per oltre trent’anni, il mondo ha conosciuto orribili brutalità e nefandezze inenarrabili.
Due guerre mondiali misero a ferro e fuoco l’intera Europa e gran parte del pianeta provocando complessivamente, secondo alcune stime, circa ottantanove milioni di morti tra civili e militari. Gli opposti totalitarismi, affermatisi tra le due guerre, fondati, per dirla con Robert Conquest, su «ideologie criminali» e su un «delirio ideologico», pretesero di imporre il dominio assoluto dello Stato sui cittadini, annullarono le coscienze e mortificarono la dignità delle persone umane, cancellarono democrazie, abolirono le principali libertà e annientarono decine di milioni di oppositori. Le leggi razziali segnarono il passaggio dalla persecuzione dei diritti inviolabili dell’uomo alla sopraffazione e alla soppressione materiale delle vite umane. La Shoah, lo sterminio del popolo ebraico, determinò l’assassinio di oltre sei milioni di esseri umani. L’attacco atomico alle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki del 6 agosto 1945, oltre ad aver causato la morte di almeno duecentocinquantamila persone, in gran parte civili, ebbe e continua ad avere fortissime implicazioni etiche di portata universale.
I fatti appena evidenziati rappresentano solamente quelli più tangibili di una delle epoche più ciniche e violente conosciute dall’umanità.
Spettatori privilegiati e talvolta attori interessati degli avvenimenti che sconvolsero il mondo nei primi cinquant’anni del Novecento, quantomeno per il ruolo istituzionale rivestito, sono stati certamente i re sabaudi con le loro consorti e i loro discendenti. Fra tutti indubbiamente il più esposto fu Vittorio Emanuele III di Savoia che durante il suo lunghissimo regno, quasi quarantasei anni, con le sue scelte, le sue complicità, le sue ambizioni, i suoi errori e le sue non poche responsabilità, secondo la gran parte degli studiosi, influenzò sicuramente il corso della storia del ventesimo secolo. Non si tratta, però, almeno in questa sede, di emettere sentenze di condanna né tantomeno di individuare formule assolutorie. Si tratta, invece, di porre l’accento soprattutto sulla necessità di coltivare e custodire la memoria per trasmetterla alle nuove generazioni evitando così di consegnare all’oblio un’epoca importante e fondamentale della nostra storia.
Anche per questi obiettivi, credo che l’opera amica offertaci da Rosario D’Ottavio potrà dare un utile contributo.
Il XX secolo sembra ormai alle nostre spalle, ma in realtà non lo è ancora. Abbiamo ricevuto, invero, in eredità non pochi problemi ancora irrisolti e molti interrogativi ai quali siamo chiamati a dare risposte precise. Le tantissime pagine di storia tanto della prima metà quanto della seconda metà del Novecento, per molti versi, sono ancora tutte da studiare, decifrare, interpretare e chiarire.
È un diritto e un dovere di tutti, pertanto, conoscere, capire sino in fondo, sapere e far memoria di ciò che accadde e perché accadde.
Occorre fare memoria, seriamente e concretamente, per non commettere gli errori del passato e per far sì che ciò che accadde non riaccada mai più. Dimenticarsi del passato sarebbe ingiusto e pericoloso.
«Un pueblo sin memoria es un pueblo sin futuro». (Un popolo senza memoria è un popolo senza futuro). Così è stato scritto a caratteri cubitali all’uscita numero otto dello Stadio Nazionale di Santiago del Cile per non dimenticare gli orrori del colpo di stato militare dell’11 settembre 1973.
È dalla conoscenza del passato che si possono trarre, anche, gli insegnamenti e il vigore necessari per comprendere pienamente il presente e progettare un futuro migliore.
Al tempo stesso bisogna acquisire la consapevolezza che sarebbe semplicistico, riduttivo e fuorviante oltre che un gravissimo errore credere nell’ineluttabilità del corso della storia e che gli esseri umani siano impotenti a modificarne il senso con le loro azioni o omissioni.
Ne consegue che le scelte di ogni essere umano possono ripercuotersi, nel bene e nel male, tanto sulla storia personale quanto su quella della stessa umanità.
Il produttore cinematografico americano Stanley Martin Liebersoleva dire che «anche solo una persona può fare la differenza» e loscrittore inglese John Ronald Reuel Tolkien sosteneva che «anche la persona più piccola può cambiare il corso del futuro».
Invero Benedetto di Norcia con il suo «ora et labora», Francesco D’Assisi e i suoi seguaci con la loro intuizione secondo cui «finché c’è un povero, la città non può essere fraterna», di fronte alle crisi del loro tempo, seppero imprimere una nuova e più giusta direzione di marcia anche alle concezioni economiche europee. Alcide De Gasperi, Robert Schumann e Konrad Adenauer, tre uomini di frontiera, tre cristiani, con il loro impegno, i loro ideali e la loro fede riuscirono a fare dell’Europa, dopo secoli di guerre fratricide, una terra di pace e di sviluppo. John FitzgeraldKennedy, Nikita Krusciov e San Giovanni XXIII con la loro tenacia e la loro audacia hanno salvato il mondo dalla guerra nucleare. E oggi una piccola ragazza svedese di appena sedici anni, Greta Thunberg, è riuscita a destare la coscienza dell’umanità sonnecchiante sull’accelerazione della crisi climatica che mette a repentaglio la stessa sopravvivenza dell’uomo sulla terra. Greta con la sua forza di volontà e con il suo coraggio riesce a mobilitare milioni di esseri umani, in gran parte giovani, per sensibilizzare i potenti della Terra a salvaguardare concretamente il creato. Papa Francesco, voce profetica del tempo presente, in questa epoca caratterizzata da una profonda crisi di senso, con la sua grande fede cristiana riesce ad indicarci la strada, la direzione, il nuovo senso di marcia da dare a ciascuno di noi e all’umanità intera. Questi rappresentano solo alcuni esempi di come gli uomini, seppur cronologicamente distanti, piccoli o grandi che siano, anche da soli possono influire sul corso della storia della famiglia umana.
Oggi i problemi che da più parti sono posti all’ordine del giorno del dibattito politico, culturale, economico e sociale a livello globale sono tantissimi; così come tantissimi sono i pericoli e le sfide e che incombono sull’intera umanità. Ai problemi del passato sempre presenti, si aggiungono nuove incognite, nuove incertezze e nuove tragedie di portata planetaria. La pace nel mondo è minacciata quotidianamente. La corsa agli armamenti nucleari, nonostante proclami di disarmo, è incontrollabile e così pure il traffico delle armi. Circa settanta Stati, secondo le stime più recenti, sono coinvolti in guerre fratricide combattute da oltre ottocento gruppi armati disposti a tutto. Nel mondo ben 821 milioni di esseri umani soffrono la fame e ogni giorno circa settemila bambini, cinque ogni minuto, muoiono per malnutrizione. La cultura dello scarto si è consolidata in molti strati della popolazione mondiale. Le migrazioni negli ultimi anni hanno raggiunto proporzioni mai viste. Razzismo, odio razziale, offese e discriminazioni a sfondo razziale, fanatismo, intolleranza, xenofobia e quant’altro correlato cominciano ad assumere proporzioni inimmaginabili. I cambiamenti climatici, le devastazioni ambientali e gli apocalittici incendi in Alaska, in Groenlandia, in Siberia e in particolare in Amazzonia, cuore della Terra, rappresentano una tragedia senza precedenti. Le lobby dei combustibili fossili continuano imperterrite e indisturbate a sostenere le fonti energetiche più inquinanti e dannose per l’umanità. La continua violazione dei diritti umani, l’accaparramento armato e illecito dei beni comuni e la loro egoistica gestione rappresentano ulteriori elementi di turbativa per il già precario equilibrio su cui si regge la pace mondiale. Queste appena delineate sono alcune rilevanti criticità ed emergenze del nostro tempo dovute principalmente a pochi ma pericolosi esseri ingordi e senza scrupoli accecati dall’egoismo, dalla sete di potere e dalla ricchezza disonesta.
Affrontare queste emergenze e criticità non sempre è agevole; risolverle, almeno in tempi ravvicinati, è assai improbabile, anche se non impossibile.
Memori dei disastri del passato e consapevoli che la dignità degli esseri umani, la pace e la libertà possono svanire in un attimo a causa della malvagità di pochi e vili assassini, abbiamo il dovere, senza esitazioni, di abbandonare ogni forma di rassegnazione, d’indifferentismo edi egoismo e metterci all’opera per innescare un circolo virtuoso di amore sociale.
Bisogna, pertanto, cominciare ad affrontare le emergenze del nostro tempo con spirito nuovo e spenderci quotidianamente con coraggio e amore. Dobbiamo impegnarci per una politica più umana, per l’uomo e libera, quanto più possibile, dai condizionamenti dei potentati economici e finanziari. Bisogna che ognuno di noi possa farsi carico di attivare iniziative concrete per l’affermazione dei diritti umani ovunque nel mondo, di promuovere una cultura dell’accoglienza e dell’inclusione, di operare per il bene comune, per un’etica della responsabilità, per una giusta e doverosa prassi restituiva. È ormai tempo di promuovere e sostenere concretamente un’economia nuova, a servizio dell’umanità, circolare, fondata sulla giustizia, sulla fraternità, sullo sviluppo sostenibile. È necessario e improcrastinabile battersi per la difesa dei beni comuni perché possano restare sempre liberi e a disposizione di tutti gli esseri umani, per la decarbonizzazione dell’ambiente, per un’efficace transizione energetica verso fonti rinnovabili, per il rispetto e la difesa del creato al fine di ridare all’umanità forza e speranza per un futuro degno di essere vissuto.
E noi in concreto possiamo fare qualcosa? La risposta non può che essere affermativa.
Da questo estremo lembo d’Europa ciascuno di noi può contribuire concretamente a dare e fare qualcosa, non importa se poco o molto. Basta anche un sorriso, un semplice gesto d’amore, basta cominciare ad accogliere l’Altro, il prossimo, gli scartati della Terra. Molto, moltissimo potremo fare insieme ogni giorno nelle nostre famiglie, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nelle formazioni sociali, nelle nostre comunità, nelle nostre città per il bene dell’umanità.
Ogni nostra azione positiva se nutrita dall’amore potrà essere contagiosa e sicuramente contribuirà a rendere il nostro mondo più giusto e più umano.
Nella certezza che l’opera di Dio su questa terra deve essere compiuta da noi, non dovremo avere mai paura di osare, non dovremo mai scoraggiarci o rassegnarci. Sarebbe assurdo darci per vinti!
Bisogna trovare la forza per cominciare ad abbattere definitivamente tanto i piccoli quanto i grandi muri. Iniziamo a smantellare, con forza e senza tentennamenti, i piccoli muri che ci sono tra di noi, nelle famiglie, nelle comunità, nel mondo del lavoro e così contribuiremo alla demolizione dei grandi muri del nuovo millennio, sempre più spesso economici. Occorre che ciascuno di noi si adoperi per costruire ponti piccoli e grandi. Quelli piccoli per unire persone, famiglie e comunità e così facendo sarà più facile contribuire a costruire quelli grandi per unire tutti i popoli della terra.
Dobbiamo dar voce a coloro i quali nel secolo che ci siamo lasciati dietro di noi hanno saputo parlare al mondo dell’inutilità della guerra, del valore della pace e della libertà.
Emmanuel Levinas, uno dei filosofi contemporanei più significativi, oltre che un grande testimone della cultura del Novecento, ammoniva: «La libertà consiste nel sapere che la libertà è in pericolo», e ciò non dobbiamo mai dimenticarlo.
Dobbiamo saper ridare speranza in particolar modo ai giovani perché con il loro coraggio e la loro passione possano scrivere e vivere consapevolmente il presente e progettare un futuro pieno di gioia e migliore del passato.
Con questi sentimenti, sento di rivolgere a Rosario D’Ottavio uno speciale ringraziamento sia per aver voluto condividere generosamente la nascita del suo nuovo libro, un nuovo amico, sia dell’opportunità datami di far pervenire ai lettori un messaggio di speranza volto all’edificazione di un mondo nuovo in cui il progresso e lo sviluppo possano essere al servizio delle persone umane e del bene comune; un mondo in cui ogni essere umano possa trovare un vero e concreto diritto di cittadinanza, pleno jure, nella libertà, nella giustizia, nella pace e nell’amore fraterno.
Naro, 19 luglio 2019
Giovanni Tesè
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