GAETANO AUGELLO, San Diego nella vita civile e religiosa di Canicattì

Per secoli - dai primi del Seicento e fino alla prima metà del Novecento - la festa di San Diego - celebrata non nella ricorrenza liturgica del 13 novembre ma nell'ultima domenica di agosto - ha rappresentato lo snodo principale nella vita della città di Canicattì, soprattutto dal punto di vista economico-sociale. In un mondo basato su un'economia prevalentemente agricola si può ben dire che la festa del santo protettore della città rappresentasse il passaggio non da un anno solare all'altro ma - cosa ben più pregnante - la fine di un'annata agraria e l'inizio della successiva. 

A fine agosto si facevano tutti i conteggi e si pagavano i debiti contratti per la conduzione dei terreni, si vendevano gli animali non più utilizzabili per l'età o per le condizioni fisiche, si dismettevano i grossi attrezzi non più utilizzabili, ci si concedeva una pausa gioiosa dopo mesi di duro lavoro e privazioni. 

Emblematica una tradizione che oggi appare incomprensibile: i contadini - eccezionalmente - accompagnavano, a fine agosto, le proprie mogli al corso per consumare i sorbetti e i primi gelati artigianali e, in seguito, i famosi "pezzi duri" o "pezzetti". Brulicavano di avventori tutti i bar del corso - oggi corso Umberto - e della piazza principale - Piazza Grande o della Foglia, oggi piazza IV Novembre - famosi anche per i dolci e le ciambelle di mandorla, per i cioccolatini con mandorle tritate e per la frutta candita: il Caffè Marotta - aperto da un finanziere di origine napoletana - e il Caffè Ginex rinomato per la severa eleganza dei suoi divani tappezzati di velluto rosso; il Caffè Palermo di tale Barbera, il Caffè di Vincenzo Lattuga inteso "Minisciazza", le gelaterie dai nomi fantasiosi "Al polo Nord e "Al leone di Caprera" e il Caffè Progresso, un locale - scrive Giacinto Gangitano - "lungo e stretto decorato con specchi e con una serie di ballerine dipinte con gusto floreale". Tutto ciò all'interno di un contesto fondamentale nella vita della città: la "Fiera Franca" istituita da Giacomo II Bonanno Crisafi (1637-1666). La fiera di svolgeva dal mercoledì antecedente l'ultima domenica d'agosto fino a tutto il successivo giovedì. La festa del santo era finanziata soprattutto dai mugnai dei molini ad acqua e si svolgeva tra giuochi, spettacoli e ornamenti esterni e interni alla chiesa. Nelle strade vicine alla chiesa, su apposite mensole di legno, erano poste lanterne di carta colorata e "lumeri" di creta. Fino al 1870 fu utilizzato anche lo spazio libero tra le chiese di San Giuseppe e San Diego ove negli anni successivi sarebbe stato costruito il Palazzo di Città. 

La fiera richiamava da molti paesi, anche lontani, della Sicilia venditori e compratori, soprattutto di bestiame da utilizzare nei lavori agricoli. La compravendita del bestiame da tiro e da lavoro si svolgeva nelle vicinanze della chiesa di San Francesco - sul Poggio della Madonna - mentre nei pressi della chiesa di San Diego, in apposite logge, si vendevano ceramiche di Caltagirone, terraglie, giocattoli, ninnoli, pentole di Patti, oreficeria palermitana, tessuti, furetti di Mazzarino tenuti in gabbie di canna, lino di Messina, "criva" di San Cataldo, forbici e temperini di Campobasso, oggetti di rame di Riesi: candelieri, caldaie, padelle. Gli artigiani canicattinesi fornivano utensili da cucina e in particolare coltelli, rivestiti con manici eleganti e robusti in corno di bue e utensili in ferro per muratori, fabbri e contadini; le loro botteghe erano prevalentemente ubicate nella cosiddetta "vanedda di li cutiddera" (il tratto iniziale dell'attuale via Vittorio Emanuele che dalla posta centrale conduce alla salita di San Francesco). 

In occasione della fiera si riversavano in città dai paesi vicini "donnine" in cerca di guadagni consistenti, e ciò accadeva soprattutto nella località detta "La Funtanedda". Un tempo a Canicattì le meretrici erano solite vagare dopo il tramonto lungo i torrenti che attraversavano la parte bassa dell'abitato e che erano collegati dal ponte detto di San Diego; erano tollerate dalle autorità a condizione che non facessero baldoria e non turbassero il vicinato. All'interno della fiera, la Confraternita dei Santi Sebastiano e Diego e di Montecalvario - costituita come "Confraternita di San Sebastiano" dal vescovo di Girgenti Giovanni Marullo il 27 giugno 1578 - godeva - per una concessione di Giacomo II Bonanno Colonna - del 1656 - di un posto di vendita esente da gabelle. E proprio la Confraternita riscosse - fino al 1825 allorché il Comune lo avocò a se' - il cosiddetto "assettito", un tributo per l'occupazione del suolo pubblico. Era l'unico tributo previsto durante la fiera, detta appunto "franca" perché esentata dal pagamento di tutti gli altri balzelli: "gabella grossa", "bocceria", "mercia" e "zagato". 

I proventi dell'"assettito" erano destinati dalla Confraternita alla costruzione di una nuova chiesa. Nel posto dove oggi sorge la chiesa di San Diego esisteva, in passato, un oratorio dedicato a "San Sebastiano Martire". La chiesa dedicata a San Sebastiano era molto antica: come data di costruzione viene indicato il 1576 e già nel 1583 "in Ecclesia Divi Sebastiani" risultavano effettuate le prime inumazioni. Nell'apposita cripta venivano sepolti - in un primo tempo - soltanto i confrati defunti e i loro familiari. La chiesa si sviluppava in una sola navata con quattro altari laterali dedicati a Maria SS. delle Grazie, a San Sebastiano (la statua del santo era però quasi sempre collocata sull'altare maggiore), al SS. Crocifisso e a Maria SS. dell'Itria. Ai lati della chiesa due portici ove, ogni domenica, si svolgeva un ricco mercato. Quando Giacomo I Bonanno Colonna fece costruire - durante la peste del 1624-1626 - un ospedale dedicato ai santi protettori della famiglia Filippo e Giacomo - nell'attuale corso Umberto, dove oggi trovarsi il Collegio di Maria - lo indicò come "Sancti Sebastiani Domus Hospitalis ad infirmos et peregrinos fovendos" e cioè "Ospedale di San Sebastiano destinato alla cura e all'accoglienza degli ammalati e dei viaggiatori". 

A metà Settecento fu avvertita sempre più la necessità di costruire nella zona una chiesa idonea a soddisfare le nuove esigenze imposte dallo sviluppo urbanistico. Da decenni, intanto, in città si era diffuso il culto verso San Diego di Alcala' de Henares, vissuto tra il 1400 e il 1463 e canonizzato da papa Sisto V (Felice Peretti dei minori conventuali) nel 1588. Dal paese natio, San Nicolas del Puerto in Andalusia, Diego si trasferì a Cordova dove emise la professione come laico francescano dei minori osservanti. Non essendo sacerdote, era addetto ai lavori manuali, alle attività caritative e spesso svolgeva le mansioni di custode dei conventi. Dal 1440 per circa otto anni fu missionario nelle Canarie e, nel 1450, fu a Roma per il giubileo. Nel 1456 si trasferì ad Alcala' de Henares ove rimase fino alla morte. 

Nei primi del Seicento a Canicattì furono dedicati a San Diego i primi altari: nella chiesa dello Spirito Santo, officiata dai minori osservanti, e nella stessa San Sebastiano. 

Con una bolla del 2 luglio 1653, papa Urbano VIII metteva sotto la protezione di San Diego la Confraternita di San Sebastiano. Negli stessi anni San Diego veniva affiancato - di fatto - come protettore della città al patrono San Pancrazio, vescovo di Taormina. Da notare che in molti paesi della Sicilia, in quegli anni, molte città sostituirono il santo patrono, mentre a Canicattì San Diego fu "solo" affiancato come "protettore" al confermato "patrono" San Pancrazio. Una "santa" coabitazione recepita con favore dal popolino che declamava con ardore: 

SIA DA TUTTI VENERATU 
LU PATRUNU SAN VRANCATU 
E LUDAMMU CU FIRVURI 
SANTU DECU LU PRUTITTURI. 

La prima statua di San Diego fu collocata nella chiesa di San Sebastiano e - l'8 giugno 1621 - il vescovo di Girgenti Vincenzo Bonincontro, dei padri predicatori - ne autorizzò la processione. Durante il forte terremoto che - l'11 gennaio 1693 - distrusse Catania e molti altri centri, i canicattinesi attribuirono proprio a San Diego l'essere scampati al pericolo. Ma la venerazione del santo fu legata, nella narrazione popolare, a un fatto doppiamente miracoloso. Una statua di San Diego veniva trasportata - su un carro trainato da buoi - dalla lontana Spagna a Caltanissetta; giunti in contrada "Stretto" - una gola che segna il confine tra i comuni di Naro e Canicattì - i portatori, stremati, si fermarono cercando dell'acqua. Il santo - grato - provvide immantinente, facendo sgorgare dalla nuda roccia un "galofaru d'acqua". A ricordo dell'evento miracoloso, in quel punto sarebbe stata costruita la "cappelluccia di San Diego" incastrata nel masso che fronteggia la strada per Naro. Dopo tre chilometri i portatori raggiunsero la diramazione che porta a Caltanissetta, proprio davanti l'antico oratorio di San Sebastiano. Qui i buoi si inginocchiarono e non vollero più alzarsi: inequivocabile indicazione che il santo voleva restare a Canicattì per proteggerla. La nuova chiesa, dedicata a San Diego, fu costruita per iniziativa del sacerdote Pietro Termini, tra il 1770 e il 1782. Il sacerdote fece collocare sull'altare maggiore la statua di San Diego, trasferendo quella di San Sebastiano in un altare della navata destra dove si trova tuttora. La chiesa fu arricchita di tre portali in pietra. Il prospetto in pietra arenaria fu realizzato nel 1865. Il 15 luglio 1878 il vescovo di Girgenti Domenico Turano di Campello nella "relatio ad limina" inviata in Vaticano descriveva con dovizia di particolari anche la situazione finanziaria delle varie chiese di Canicattì. San Diego - oggi sarebbe assurdo - era inserita tra le chiese "povere" che "vix habent necessaria in sacris suppellectibus" (hanno a stento quanto necessario nell'arredo sacro). Nell'interno, a tre navate, si possono ammirare alcuni dipinti della bottega dei pittori canicattinesi Guadagnino. L'altare maggiore e la statua del santo sono posteriori al 1932, poiché in tale anno, la notte successiva alla festa - domenica 28 agosto - un incendio distrusse tutto il presbiterio. 

Nel 1889 la Giunta Comunale prese in esame la richiesta di Giovanni Carrara mirante a realizzare davanti la chiesa di San Diego "un'area per pubbliche rappresentazioni durante la stagione estiva". La richiesta fu ritenuta utile allo scopo di assicurare il divertimento e l'istruzione dei cittadini e fu quindi concessa l'autorizzazione ad "impiantare un'arena in legno" da utilizzare da giugno a ottobre. 

Il 27 aprile 1881 il Comune concesse a Salvatore La Magra, superiore della Confraternita dei Santi Sebastiano e Diego, l'autorizzazione ad erigere un campanile "lungo la strada del Collegio" (l'attuale corso Umberto). Il campanile - sormontato da una snella cupola rivestita di piastrelle maiolicate di colore bianco e verde - fu completato nel 1882. Da rilevare come lo stesso tipo di cupola sormonti a Canicattì due chiese francescane (lo Spirito Santo, già dei francescani minori osservanti, e San Francesco, già del francescani conventuali) e, appunto, San Diego dedicata a un santo francescano. 

La parrocchia di Canicattì (unica fino al 1933) aveva avuto la sua prima sede nella chiesa del Purgatorio, nel quartiere del Castello, un tempo detto della Chiesa Maggiore. A partire dal 1608 ebbe sede nella chiesa di Santa Barbara. Divenuta inagibile Santa Barbara, la parrocchia fu ospitata, a partire dal 1691, nella chiesa di San Sebastiano. La medesima parrocchia, nel 1721, per motivi che non conosciamo, fu momentaneamente trasferita nella vicina chiesa di San Giuseppe. Da San Sebastiano fu trasferita definitivamente nella nuova Matrice nel 1765. Insieme alla parrocchia fu trasferita la "comunia" del clero, una specie di capitolo composto da dodici mansionari o "comuneri" insigniti di almuzio, una mozzetta nera con frangia rossa.

La chiesa di San Diego, dal 18 maggio 1874, svolse, per disposizione del vescovo Domenico Turano, la funzione di seconda parrocchia succursale della Chiesa Madre (la prima era stata quella di San Biagio), prima di ottenere, il 24 dicembre 1933 - per volontà del vescovo Giovanni Battista Peruzzo - completa autonomia. 

Primo e storico parroco ne è stato - dal 1933 al 1961 - monsignor Matteo Montanti, protagonista, anche nella qualità di vicario foraneo, della vita ecclesiale canicattinese del secondo dopoguerra, insieme al più giovane monsignor Vincenzo Restivo, arciprete della città dal 29 giugno 1946. Il vecchio e prestigioso vicario foraneo e il giovane arciprete dal vivace intelletto non sempre erano in perfetta sintonia, soprattutto nella dolorosa vicenda della distruzione della splendida chiesa barocca di Santa Rosalia in corso Umberto. Restivo - nella biografia-intervista da me pubblicata col titolo "La Canicattì di mons. Vincenzo Restivo" - dedicava al vecchio parroco di San Diego questo pensiero sotteso di sottile ironia: "Fisicamente un bell'uomo, fervido cultore della devozione a Maria e a Gesù morto, vicario foraneo, subì violenze fisiche, fortunatamente incolume". 

L'arciprete alludeva ad una fallita sparatoria in via Risorgimento, mentre il vecchio parroco tornava a casa, e alla "Peregrinatio" della Madonna di Fatima, fatta giungere a Canicattì durante la campagna elettorale del 1948. Una folla immensa accolse, al casello ferroviario di Carlino, la statua della Madonna, proveniente - si disse - da Fatima. Il tutto tra un'esplosione di voci oranti: "Il cuore? A Maria!", cui i miscredenti del tempo vollero inopinatamente aggiungere: "E i soldi? A padre Montanti!". 

Voci alimentate anche da una improvvida decisione del parroco di San Diego che - negli anni Cinquanta - alieno' - per il classico "piatto di lenticchie" - una casa, posta tra la chiesa e il campanile di San Diego, di proprietà della Confraternita dei Santi Sebastiano e Diego e di Montecalvario Li', deturpando il prospetto laterale del complesso religioso, apri' i battenti uno storico bar - Lo Sardo poi La Licata - che avrebbe deliziato i canicattinesi con le mitiche granulose di caffè con panna e le immaginifiche "bombette" di gelato. 

E quando, il 21 luglio 1943, Giovanni Guarino Amelia, nominato sindaco dagli anglo-americani, invito' con pubblico manifesto i suoi concittadini a restituire il frumento di cui si erano indebitamente impossessati, indicò alcuni sacerdoti ben voluti dal popolo come destinatari "anonimi" della restituzione. Il sindaco e gli assessori - tutti di area socialista - indicarono i sacerdoti Paolo Meli, Calogero Avenia, Angelo Li Calzi e Antonio Sciascia Cannizzaro. Nell'elenco non comparivano i sacerdoti al vertice della chiesa locale: l'arciprete Angelo Scrudato e proprio il vicario foraneo Matteo Montanti. 

Il parroco di San Diego fu, invece, anticipatore dei moderni mezzi di comunicazione: collaborò al numero unico "Pasqua antiblasfema" del primo aprile 1934 e pubblicò - negli anni 1937-1938 - "Vita parrocchiale-Bollettino mensile della Parrocchia di San Diego" legato ad una rete di periodici stampati a Modena. 

Dopo la distruzione del Parco della Rimembranza, Matteo Montanti - nel 1949 - chiese al Comune la concessione della vasta superficie rimasta libera per "destinarla alla costruzione di un ricreatorio con annesso cinema-teatro parrocchiale". Il Consiglio Comunale, nella seduta del 31 ottobre 1949, presieduta dal prosindaco socialista Carmelo Antinoro, respinse all'unanimità la richiesta. 

Nel 1956 il parroco tornò alla carica, chiedendo, stavolta, la concessione degli spazi attigui alla chiesa di San Diego su via Cesare Battisti per costruirvi la Casa dell'Azione Cattolica, a piano terra, e la sede delle opere caritative della "San Vincenzo" al primo piano. La richiesta fu respinta dal Consiglio Comunale l'11 aprile 1956 su proposta del sindaco democristiano Giuseppe Signorino. 

Era lo stesso Montanti che, oltre alla vendita della casa della Confraternita in corso Umberto, aveva dato parere favorevole ad un singolare "baratto": per favorire la venuta dei salesiani a Canicattì, i Gangitano e la Banca Popolare Siciliana avrebbero ceduto alla diocesi di Agrigento gli ampi spazi attorno al vecchio Castello Bonanno in cambio della chiesa di Santa Rosalia da trasformare in sede della Banca medesima. Questa singolare idea - secondo la testimonianza del frate passionista Silvio Morosini, segretario del vescovo di Agrigento Giovanni Battista Peruzzo - ebbe la disapprovazione da parte della maggioranza del clero locale. 

La chiesa, tuttavia, sarebbe stata egualmente distrutta - nei primi anni Cinquanta - per far posto ad un orrendo Palazzo delle Opere Parrocchiali e Sociali che non fu utilizzato allo scopo conclamato ma affittato per molti anni al Comune - ad eccezione del piano terra destinato nel 1956 a sede di un Circolo Cattolico - come sede dell'Ufficio Ragioneria, Tasse e Patrimonio. 

Dopo la morte di mons. Montanti (3/7/1961), fu chiamato a succedergli don Gioacchino Avanzato che, per moltissimi anni, aveva svolto l'incarico di vice parroco della Chiesa Madre. Pur essendo stato compagno di studi di mons. Restivo, lo collaborò con assoluta umiltà e dedizione. Padre Avanzato resse la parrocchia di San Diego fino alla morte prematura, che lo colse il 6 giugno 1975. Di lui scrisse l'arciprete Restivo: "Fraterno mio collaboratore in Matrice, professore di lettere, ricercato direttore di anime, intenditore di musica, limpido di cuore e devotissimo dell'Eucaristia" (Gaetano Augello, "La Canicattì di mons. Vincenzo Restivo", 2005). 

Altro personaggio legato alla vita della parrocchia di San Diego fu lo storico sagrestano "Carluzzu", per l'anagrafe Comunale Carlo Cacciatore. Convinto di essere stato degradato - non si sa per quale motivo - da generale a sagrestano, ogni sera, vestito da musicante perché era l'unica divisa di cui poteva disporre, montava la guardia davanti alla chiesa dopo la chiusura. E due volte al giorno - dalle 24 alle 2 di notte e dalle 13 alle 14 - saliva sul campanile maiolicato per rendersi, da solo, gli onori militari. Indossava sempre numerosi anelli e medaglie e, in bella vista, due orologi, uno sul braccio destro e l'altro sul sinistro. Il "generale" - tutti ormai lo chiamavano così - morì nella primavera del 1980. 

La devozione a San Diego - seppur venuta meno nel tempo - rimane nel cuore dei canicattinesi. Si pensi che - allorché in epoca fascista molti proposero, fortunatamente senza successo, di cambiare il nome della città per evitare irriverenti ironie - uno dei nomi proposti fu proprio Alcala', come omaggio alla città spagnola di Alcala' de Henares dove il santo laico francescano mori'. 

La festa in onore del protettore ora è assai ridotta rispetto al passato e alcune tradizioni sono del tutto scomparse. Non ci sono più le numerose "vamparotte" che venivano accese davanti a un piccolo tavolino con una piccola statua del santo. Le statue di San Diego erano numerose: la più brutta era nascosta dietro l'altare e veniva esposta solo l'undici gennaio; dicevano che era la stessa esistente nel terremoto del 1693. Ma la celebrazione annuale dello scampato pericolo si svolgeva il 18 gennaio: a ventun'ora, dall'altare maggiore illuminato dal sole meridiano, veniva intonato il canto: "E ludammu cu firvuri Santu Decu lu prutitturi..."; seguiva il panegirico del santo, il "Te Deum" e il "Tantum ergo". 

Una statua di San Diego fu collocata - nel 1912 - nella parte superiore del prospetto, sotto il timpano, in una nicchia in pietra bianca ornata di una conchiglia: il santo è raffigurato nell'atto di offrire del pane al suo "muliddu" (la terribile espressione con cui un tempo, non troppo lontano, venivano indicati i figli illegittimi: "lu mulu di... Tizio; lu mulu di... Caio). Sotto la nicchia si trova questa iscrizione: "VIVA S. Diego - MCMXII - Di Caro Diego per devozione". Diego Di Caro dovrebbe essere, con tutta probabilità, un geometra molto attivo in quegli anni. 

Nell'agosto del 1993 il vescovo di Alcala' de Henares mons. Manuele Urena è venuto a Canicattì per sancire un gemellaggio - nel nome di San Diego - tra le due città. Nel giugno dell'anno successivo una delegazione di Canicattì ricambiò la visita, coronata dalla concessione alla chiesa di San Diego di Canicattì di una importante reliquia del santo e con l'attribuzione ai parroci di San Diego del titolo di "canonico onorario" della Cattedrale spagnola. La Cattedrale di Alcala' de Henares è una delle pochissime al mondo ad avere il titolo di "Ecclesia Magistralis" derivante dall'obbligo per i suoi canonici di essere dottori in Sacra Teologia. Tale obbligo non riguarda, fortunatamente, i canonici onorari e men che meno, quindi, i parroci di San Diego in Canicattì . 

La chiesa di San Diego nel Novecento ha assunto sempre più una valenza anche nella storia civile della città. Li' si sono svolti i funerali di molti caduti delle guerre mondiali, come il tenente Federico Gangitano e il capitano Giovanni Ippolito. Li' continuano a svolgersi i funerali di servitori dello Stato vittime della criminalità, come l'appuntato Alfonso Principato, o vittime di rivolte popolari come il sottotenente Antonino Di Dino o vittime della mafia come il giudice Rosario Livatino. 









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