Grazie al
contributo finanziario di due componenti della famiglia Adamo, il barone del
Monte e della Grasta don Gaetano Adamo ed il fratello don Carlo, vicario
foraneo, si poterono completare nel 1765 i lavori di costruzione della nuova
Chiesa Madre che, iniziati all’inizio del secolo, si erano fermati dopo la
realizzazione della sola crociera. Il Duomo alla fine risultò a croce latina,
incorporando gli spazi ove sorgeva il piccolo oratorio di S. Maria delle
Grazie. La nuova chiesa era destinata a sostituire quella di Santa Barbara, la
più antica della città dopo quella del Castello.
La parrocchia
di Canicattì (unica fino al 1933) aveva avuto la sua prima sede nella chiesetta
del Purgatorio, nel quartiere del Castello, un tempo detto della Chiesa
Maggiore. A partire dal 1608 ebbe sede nella chiesa di Santa Barbara, come
documentato con assoluta precisione da una postilla posta a margine di uno dei
registri parrocchiali oggi conservati nella Chiesa Madre: “Di qua incominzano
li battizzati di poi che si portao lu Santissimo Sacramento a Sancta Barbara
detta Matri Ecclesia a 22 8bre 1608”.
Divenuta
inagibile la chiesa di Santa Barbara, la parrocchia di Canicattì fu ospitata, a
partire dal 1691, nella chiesa di San Sebastiano. Ciò è documentato da una
relazione sulla sacra visita compiuta dal vescovo di Girgenti Francesco Ramirez
nel 1702; vi si legge che nella Matrice Chiesa sotto Titolo di S. Sebastiano
esistono quattro altari laterali: Maria SS. delle Grazie, SS. Crocifisso, San
Sebastiano e Maria SS. dell’Itria. A San Sebastiano esercitavano
provvisoriamente il loro ministero il parroco-arciprete ed i 12
mansionari.
La parrocchia
nel 1721, per motivi che non conosciamo, fu momentaneamente trasferita nella vicina
chiesa di San Giuseppe. Dalla chiesa di San Sebastiano fu trasferita
definitivamente nella nuova Matrice nel 1765; insieme alla parrocchia fu
trasferita la comunia del clero, una specie di capitolo composto da dodici
mansionari o comuneri insigniti di almuzio, una mozzetta nera con frangia
rossa. La comunia era stata fondata nel 1725 da Francesco Bonanno Bosco che
l’aveva dotata di una rendita di tremila ducati, con atto rogato dal notaio
Vincenzo Piazza di Canicattì ed era stata eretta canonicamente, il 6 novembre
dello stesso anno, dal vescovo di Girgenti Anselmo La Pegna, un monaco
benedettino spagnolo, presente a Canicattì per la Sacra Visita.
I dodici
mansionari - sei titolari, quattro soprannumerari e due supplenti - avevano
l’obbligo di recitare l’ufficio divino in comune e d’intonare il canto
del coro allo spuntar del sole. Dividevano tra loro i proventi di qualsiasi
genere due volte all’anno – il 30 agosto e il 2 novembre – e, tra questi
introiti, il principale era costituito dal gettito del diritto delle primizie
che veniva riscosso da tempo immemorabile. Questo diritto consisteva in una
oblazione che ogni capo famiglia doveva versare in ragione di due tarì e grana
dieci all’anno, canone che era decurtato della metà in caso di vedovanza del
contribuente.
La comunia
aveva l’obbligo di versare ogni anno alla “Casa di San Gerlando” di Girgenti
tarì 6, più un tarì per diritto di viatico.
La
costruzione della nuova Matrice era andata avanti con molta lentezza, come
annotò Vito Amico Statella: “La Chiesa principale sacra a S. Pancrazio Vescovo,
di cui è famosa la festa con fiera, quasi nel centro, ammirabile per mole,
ordine e ampiezza, attende l’ultima mano”. Per la nuova Matrice era stato
scelto un ampio spazio al centro della città sull’asse viario Borgalino, Badia,
S. Lucia. I principali finanziatori dell’opera furono, oltre al barone Gaetano
Adamo e al fratello Carlo, il principe Francesco Bonanno del Bosco e, in misura
minore, la famiglia Gangitano.
La durata dei
lavori spiega la presenza all’interno della chiesa di elementi ornamentali
propri dello stile barocco e di elementi rinascimentali. Il coro ligneo fu
realizzato dal maestro palermitano Lorenzo Patti; di noce massiccio, fu un
regalo del beneficiale don Carlo Adamo. Il tempio è arricchito di pregevoli
cappelle laterali e di una cupola centrale finta. All’interno della chiesa sono
conservate preziose opere, alcune delle quali provenienti da altre chiese
sconsacrate: una Madonna del Lume del 1734, la Madonna e S. Gaetano realizzata
nel 1784 dal pittore Giuseppe Tresca, la Madonna dell’Itria proveniente dalla
Badia, la Morte di Sant’Agostino, proveniente da S. Rosalia, la Madonna della
Buona Speranza, proveniente da Santa Barbara, la Sacra Famiglia di Pietro
d’Asaro proveniente dalla chiesa del Carmine e un dipinto ad olio su tela del
1738 raffigurante S. Ciro.
Di
particolare valore la statua in marmo di Maria SS. delle Grazie, di epoca
bizantina, trovata nell’area archeologica di Vito Soldano e trasportata, secoli
fa, nell’antica Matrice di Canicattì in largo Castello.
Pregevole la
Cappella del SS. Sacramento, con una grande custodia barocca in legno dorato ed
una balaustra in marmo policromo. Lo sfarzo della cappella è dovuto soprattutto
alla disponibilità di denaro che veniva versato come canone dai gestori dei
vari molini a forza idraulica operanti nel territorio di Canicattì ed in
particolare dai molinari di Molino Nuovo, Molino dello Stretto, Molino del
Duca, Molino del Pellerino, Molino di Cannarozzo e Molino di Gallodoro.
All’interno
della chiesa si notano due mezzi busti ovali raffiguranti Antonino Adamo,
barone del Monte e della Grasta e il vicario foraneo don Carlo Adamo ed un
medaglione in marmo del barone Gabriele Chiaramonte Bordonaro.
Come i
Bonanno Colonna avevano intitolato ai Santi Filippo e Giacomo, protettori della
loro famiglia, la chiesa del monastero delle benedettine canossiane e
l'ospedale da loro fondato, così Gaetano Adamo volle acquistare prestigio
realizzando, all'interno del Duomo, un altare intitolato a San Gaetano (oggi
trasformato in altare di Maria Ausiliatrice). E proprio davanti a questo altare
fu realizzato un sacello per accogliere le spoglie dei principali esponenti
della famiglia Adamo. Li furono sepolti Antonino e Carlo Adamo e quando Gaetano
mori, nel 1804, fu anch'egli sepolto, come scrive l'Anonimo canicattinese,
"nella venerabile cappella del glorioso San Gaetano".
In seguito i
monumenti sepolcrali di Antonino e Carlo Adamo sarebbero stati spostati
all'interno del Duomo, mentre del sepolcro di Gaetano si sarebbero perse le
tracce.
La Chiesa
Madre fu consacrata il 25 maggio 1874, festa di Pentecoste, dal canicattinese
mons. Benedetto La Vecchia, allora vescovo di Noto, molto legato alla città ove
era nato nel 1813. Era stato invitato dall’arciprete Carmelo Moncada da lui
chiamato “il mio parroco buono”.
Nella Chiesa
Madre ebbero sede, in varie epoche, le seguenti congregazioni ed opere
pie:
1602 – La
“Società del Santisimo Sacramento”, della quale fu primo governatore don
Giuseppe Moncada;
1609 – La
“Compagnia delle Grazie e dei Bianchi”. Queste due congregazioni dopo pochi
anni si fusero e furono trasferite nella chiesa di Santa Rosalia;
1634 – La
“Congregazione di Maria SS. degli Agonizzanti”, che vi restò fino al 1655, anno
in cui fu trasferita nella vicina chiesa omonima;
1695 – La
“Pia Opera del Suffragio e del Purgatorio”, riorganizzata nel 1779;
1872 - La
“Pia Opera delle Madri Cristiane”, quella delle “Figlie di Maria” e quella
“Contro la bestemmia”.
1895 - La
“Sacra Lega per il Silenzio in Chiesa”;
--- In
epoca imprecisata, il “Pio Sodalizio di Maria SS. della Buona Speranza”,
aggregato nel 1869 all’Arciconfraternita dello stesso titolo in Roma.
Gaetano Augello
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