Giuseppe Signorino nel suo studio di assessore della Regione Siciliana |
Tra i protagonisti della
vita politica canicattinese nel secondo dopoguerra un posto di particolare
rilievo spetta a Giuseppe Signorino, penalista prestigioso e grande
affabulatore, primo democristiano ad occupare il prestigioso incarico di
sindaco della Città e primo canicattinese chiamato a far parte dell’Assemblea e
del Governo della Regione Siciliana.
Nato a Canicattì il 16
agosto del 1911, Giuseppe Signorino, dopo aver conseguito la maturità presso il
Liceo Classico “Ruggero Settimo” di Caltanissetta, frequentò per due anni il
corso di Giurisprudenza nell’Università degli Studi di Palermo; si trasferì,
quindi, nella prestigiosa facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna
ove si laureò col prof. Alfredo De Marsico.
Adempì agli obblighi
militari col grado di ufficiale di complemento nell’Artiglieria. Richiamato in
servizio durante la seconda guerra mondiale, fu fatto prigioniero fino al 1946.
Tornato alla vita civile, cominciò ad esercitare la professione forense avendo
come maestro l’avv. Giovanni Guarino Amella. Divenne penalista di grande
successo: amava ripetere che gli avvocati non sono mai avversari ma difensori
di parti avverse.
Dotato di grande simpatia
umana, fu conversatore ed oratore amabilissimo e conferenziere forbito. I suoi
comizi in piazza IV Novembre, inframmezzati da battute spiritose, erano seguiti
da grandi folle, affascinate e trascinate dalla sua eloquenza. Parlava da un
grande palco, allestito davanti al palazzo di lu racarmutisi, mentre il suo
storico avversario, il comunista Francesco Cigna, utilizzava un podio più
modesto, avvolto da una bandiera rossa, collocato all’inizio della via capitano
Ippolito, davanti all’ex Casa del Fascio. I due erano i veri protagonisti
dell’agone politico di quegli anni ed amavano scambiarsi delle carinerie. A
Cigna che amava definire i democristiani “pecorume belante all’ombra delle
sagrestie” rispondeva da par suo Giuseppe Signorino: “Poc’anzi da quel poggio
scarlatto, quale piramidale ed himalaycaignoranza, ha parlato il compagno Cicio
Cigna…” E spesso Francesco Cigna, al termine del suo comizio, per impedire ai
suoi di ascoltare l’avversario, si trasferiva con il seguito nella piazza di
Borgalino, nel vecchio centro storico, dove - al termine di una faticosa
estenuante salita - improvvisava un altro discorso.
Giuseppe Signorino
partecipò con successo alle elezioni comunali del 22 maggio 1952 che, nella
vita amministrativa di Canicattì, segnarono una svolta epocale. Dopo le giunte
socialcomuniste che avevano caratterizzato la vita pubblica canicattinese
nell’immediato dopoguerra – da ricordare in particolare il sindaco socialista
Diego Cigna e quello comunista Francesco Cigna - la Democrazia Cristiana, da
sola, distanziò i socialcomunisti di ben 1400 voti, ottenendo la maggioranza
nel Consiglio Comunale. E proprio l’avv. Giuseppe Signorino fu eletto dal
Consiglio Comunale sindaco della Città il 7 giugno 1952: ottenne 27 voti sui 38
consiglieri presenti. La minoranza socialcomunista votò scheda bianca “pur
apprezzando” – così dichiarò in Consiglio Ignazio Ferreri del P.C.I. – “il
valore intellettuale e morale dell’avv. Signorino”.
Nel corso della seduta
l’assemblea cittadina inviò questo telegramma alle massime autorità dello
Stato: “Questo Consiglio Comunale insediatosi stanotte stretto attorno Tricolore
d’Italia inneggia alle maggiori fortune della Patria”. Assessori effettivi
furono eletti Luigi Adamo, Diego Portannese, Antonio Tedesco, Calogero
Insalaco, Vincenzo Marchese Ragona e Antonino Terrana; assessori supplenti
Antonio Argento e Giuseppe Bordonaro.
Il 19 giugno si ebbe il
passaggio delle consegne da Cigna a Signorino. Lo stesso giorno il nuovo
sindaco fece affiggere in Città un manifesto di saluto.
Giuseppe Signorino fu
sindaco di Canicattì fino 23 giugno 1956, rimanendo in carica a capo della
stessa amministrazione per l’intera legislatura; sarebbe stato l’unico caso
nella storia della città, anteriormente alla recente introduzione dell’elezione
diretta dei sindaci col sistema maggioritario.
Numerosi gli interventi
dell’Amministrazione Signorino, soprattutto nel campo dell’edilizia scolastica
e del mercato al minuto. Il 28 gennaio 1955 la Giunta chiese alla Regione un
contributo di cento milioni per la costruzione di una nuova scuola media.
L’undici dicembre 1955 la Giunta approvò il progetto per la realizzazione in
largo Aosta, su una superficie di 8.000 mq, di un nuovo mercato al minuto e
all’ingrosso. Il 10 febbraio 1956 il Consiglio Comunale ratificava la delibera
di Giunta n. 269 del 20 giugno 1953 relativa alla sdemanializzazione dell’area
su cui fu poi costruito l’attuale Palazzo delle Poste e Telegrafi.
Nella seduta del 10
febbraio 1956 fu adottato dal Consiglio Comunale un altro provvedimento che
avrebbe avuto grandi riflessi nella vita culturale della città: fu ratificata
la delibera n. 631 del 14 dicembre 1954 con la quale era stato istituito come
sede autonoma il Tecnico Commerciale e per Geometri.
Durante l’Amministrazione Signorino furono realizzati due serbatoi per consentire un maggiore approvvigionamento idrico: il primo, della capacità di 1.200 mc., fu costruito a quota 530 nei pressi della chiesa dello Spirito Santo ed inaugurato il 1° ottobre 1955; il secondo, della capacità di 1.200 mc., a quota 500 dietro la chiesa della Madonna della Rocca; fu inaugurato il 1° ottobre 1956 durante la sindacatura di Vincenzo Marchese Ragona.
Durante l’Amministrazione Signorino furono realizzati due serbatoi per consentire un maggiore approvvigionamento idrico: il primo, della capacità di 1.200 mc., fu costruito a quota 530 nei pressi della chiesa dello Spirito Santo ed inaugurato il 1° ottobre 1955; il secondo, della capacità di 1.200 mc., a quota 500 dietro la chiesa della Madonna della Rocca; fu inaugurato il 1° ottobre 1956 durante la sindacatura di Vincenzo Marchese Ragona.
Il 28 agosto 1952 il
sindaco Signorino, alla presenza di un elegante e folto pubblico, inaugurò il
Cinema-Teatro “Odeon”.
Durante l’Amministrazione
Signorino, nella primavera del 1953, scoppiò una vivace polemica tra Agrigento
e Canicattì a causa della richiesta, avanzata da quest’ultima città, di
diventare sede di Tribunale. Canicattì godeva dell’appoggio unanime dei centri
vicini: Naro, Camastra, Campobello di Licata, Ravanusa, Castrofilippo, Racalmuto
e Grotte. Delibere, petizioni e ordini del giorno furono approvati dai consigli
comunali e inviati al Ministero di Grazia e Giustizia. Ad Agrigento, al termine
di una riunione straordinaria congiunta degli avvocati e del Consiglio
Comunale, fu approvato un ordine del giorno che parlava di “danno irreparabile
per il capoluogo e per gli otto comuni in questione”. La Giunta Comunale di
Agrigento aggiungeva: ”Il distacco degli otto comuni dal Tribunale di Agrigento
porterebbe l’esodo dalla sfera di attrazione di Agrigento di circa 150 mila
abitanti della provincia, cioè circa un terzo dell’intera popolazione. Tali
comuni, risiedendo nella zona più ricca ed evoluta della provincia, sono
appunto quelli che più facilmente e più frequentemente hanno motivo di accorrere
nel capoluogo per lo smaltimento dei propri affari ed in prima linea di quelli
giudiziari”.
Il 14 aprile 1953 il
Consiglio Comunale di Canicattì, in un ordine del giorno approvato
all’unanimità, condannò le parole offensive contenute in una dichiarazione
degli avvocati agrigentini. Gaetano Portalone, sul Giornale di Sicilia del 18
aprile 1953, parlò del predetto documento approvato dagli avvocati agrigentini
in cui si sosteneva come Canicattì fosse “assolutamente mancante delle
condizioni minime ed indispensabili di ambiente sociale o culturale”.
Gli avvocati agrigentini
sostenevano che a Canicattì esercitavano solo cinque avvocati e sette
procuratori legali. Il Giornale di Sicilia di domenica 19 aprile, riportando le
dichiarazioni del collaboratore del giornale Antonino Cremona, indicava i nomi
dei cinque avvocati esercenti: Angelo La Vecchia, Spiridione Perez, Salvatore
Sanmartino, Giuseppe Signorino, Paolo Trenta; erano questi invece i sette
procuratori legali: Giuseppe Alaimo, Aurelio Cassaro, Aurelio Cimino, Pasquale
Faldetta, Arcangelo Li Calzi, Pietro Narbone, Pietro Tornambè. I 12 avvocati e
procuratori legali canicattinesi rappresentavano una piccola minoranza tra i
173 iscritti all’albo provinciale. L’istituzione del nuovo Tribunale a Canicattì
non aveva pertanto, a giudizio degli avvocati agrigentini, motivazione alcuna.
Canicattì insisteva nella richiesta e il ministro Salvatore Aldisio accettò la
presidenza onoraria del comitato canicattinese. L’ordine degli avvocati di
Palermo invece solidarizzò con gli avvocati agrigentini.
Sul Giornale di Sicilia
del 23 aprile 1953 comparve una notizia che poneva la parola fine alla vicenda:
“In data 11 aprile 1953 è pervenuto questo telegramma del ministro di Grazia e
Giustizia Adone Zoli al presidente dell’ordine degli avvocati e procuratori
legali di Agrigento Avv. Comm. Mario Bonfiglio: “Egregio avvocato, con
riferimento all’o.d.g. votato dagli avvocati e procuratori di Agrigento,
allegato alla sua lettera, le comunico che la revisione generale delle circoscrizioni
giudiziarie è “problema non attuale” e pertanto la notizia relativa alla
istituzione del Tribunale di Canicattì è destituita di fondamento. Cordiali
saluti”.
Nell’ottobre del 1954 si
celebrò a Canicattì il Congresso Eucaristico Mariano presieduto
dall’arcivescovo di Palermo cardinale Ernesto Ruffini; in tale occasione fu
inaugurato, in piazza Roma, il monumento all’Immacolata, dono della Cassa
Rurale San Francesco.
Il 30 luglio 1955 in
piazza IV Novembre fu celebrato solennemente il cinquantesimo anniversario
della morte di padre Gioacchino La Lomia e il sindaco Signorino annunziò che
nella stessa piazza sarebbe stata innalzata una statua bronzea del frate.
L’opera, realizzata dallo scultore palermitano Giovanni Rosone, fu collocata il
5 agosto 1956, sotto l’amministrazione presieduta dal dottor Vincenzo Marchese
Ragona.
Il 17 novembre 1954 la
giunta Signorino, a seguito della distruzione del Parco della Rimembranza
operata da precedenti amministrazioni, deliberò – constatata l’impossibilità di
trovare una soluzione più dignitosa - lo spostamento del Monumento ai Caduti
nell’aiuola in cui si trova oggi, all’incrocio del corso Umberto con la via
Torino, con un impegno di spesa di £ 250.000.
Il 30 maggio del 1955
Signorino inaugurò una piccola caserma dei vigili del fuoco in via Milano, alla
presenza del vescovo ausiliare di Agrigento Fasola, del vice prefetto Caruso,
dell’arciprete Restivo e del comandante del corpo capitano Barberi.
Nelle elezioni regionali
del 1955 Giuseppe Signorino, rimanendo in carica come sindaco, fu eletto
deputato regionale per la Democrazia Cristiana con 24.729 preferenze e fu uno
dei principali protagonisti della “svolta autonomista” rappresentata dal
governo di Silvio Milazzo.
Il 31 ottobre 1958 il
deputato calatino fu eletto a capo di un governo appoggiato da alcuni deputati
democristiani – e tra essi Signorino - che ruppero clamorosamente con il loro
partito, dando vita all’Unione Siciliana Cristiano Sociale. Per la prima volta
la Democrazia Cristiana veniva estromessa dal governo regionale. La giunta, che
fu definita “autonomista” per rimarcare il suo distacco dalle centrali
politiche romane, fu costituita, oltre che dai deputati ex D.C., da PSDI, PRI,
PLI ed MSI, con l’appoggio esterno dei socialisti e dei comunisti, rappresentati
nell’esecutivo dall’indipendente di sinistra Paolo D’Antoni.
La costituzione del nuovo
governo regionale fu condannata non solo dalla D.C., come ovvio, ma – dopo dei
tentennamenti iniziali da parte di qualche vescovo - anche e soprattutto dalla
Chiesa, al punto che fece scalpore l’udienza che il capo della chiesa
agrigentina, Giovanni Battista Peruzzo, accordò nel Palazzo Vescovile, il 1°
febbraio 1959, proprio all’on. Giuseppe Signorino e ad un altro esponente di
primo piano dell’USCS, l’on. Ludovico Corrao.
Nel 1959, al termine
della campagna elettorale per il rinnovo dell’Assemblea Regionale che vide la
presenza a Canicattì del presidente della Regione Silvio Milazzo per un
affollato comizio in piazza IV Novembre, Giuseppe Signorino fu rieletto
deputato regionale nelle file dell’USCS e, nel secondo e nel terzo governo
Milazzo, fu assessore supplente all’Agricoltura, Foreste, Rimboschimenti ed
Economia montana, rimanendo in carica dal 12 agosto 1959 al 22 febbraio 1960.
Del prestigioso incarico
conferito all’on. Giuseppe Signorino veniva data notizia alla cittadinanza con
pubblico manifesto.
UNIONE SICILIANA CRISTIANO SOCIALESEZIONE DI CANICATTICITTADINI
Ieri l’Onorevole Signorino si è insediato nella carica di Assessore alle Foreste Rimboschimento ed Economia Montana – Nonché di Assessore Aggiunto all’Agricoltura-E’ la prima volta, che nella storia politica della nostra Città, si verifica che un figlio del nostro popolo generoso ed intelligente assurga ad alte cariche di governo.Noi Cristiano Sociali, salutiamo con gioia l’evento, che pone all’ordine del giorno della Regione, Canicattì ed il suo avvenire di prosperità e di sicuro progresso; e invitiamo tutta la Cittadinanza ad esultare con noi e collaborare con Lui.W LA SICILIA W SIGNORINOCanicattì 26 Agosto 1959IL DELEGATOGeometra Pietro La Rocca
Giuseppe Signorino, nel
governo di transizione presieduto dal socialista Salvatore Corallo – dal 30
giugno 1961 all’otto settembre 1961 - fu assessore alle Foreste, ai
Rimboschimenti ed all’Economia montana. Al termine della IV legislatura, nel
1963, non fu rieletto. Per un breve periodo fu presidente del Consorzio “Tre
Sorgenti” e dell’Azienda Siciliana Trasporti.
Conclusa la vicenda
politico-amministrativa, a livello cittadino e regionale, Giuseppe Signorino
tornò alla sua vera grande passione: la professione di avvocato penalista.
Grande rimpianto suscitò
la sua scomparsa, avvenuta a Canicattì il 7 marzo 1993.
GAETANO AUGELLO
1958 - Comizio a Canicattì del presidente della Regione Silvio Milazzo e dell'onorevole Giuseppe Signorino |
28 agosto 1952 - Il sindaco Giuseppe Signorino inaugura il Cinema Teatro Odeon |
Da sinistra: Bernardo Mattarella, Giuseppe Alessi e Giuseppe Signorino |
Nessun commento:
Posta un commento