Nei giorni
in cui si commemorano i 150 anni dalla nascita di Luigi Pirandello, si parla
soprattutto dei suoi funerali ed in particolare di quello celebrato nella sua
Agrigento nel 1947. La vicenda ha avuto particolare eco a seguito di una
brillante narrazione della stessa da
parte dello scrittore Andrea Camilleri che, giovanissimo, ne fu protagonista.
Il 10
dicembre 1936 moriva Luigi Pirandello. I figli trovarono subito mezzo foglietto
stropicciato di carta in cui il grande drammaturgo aveva deciso di comunicare
le sue ultime volontà:
" 1 - Sia lasciata passare in silenzio la mia morte.
Agli amici, ai nemici preghiera non che di parlarne sui giornali, ma di non
farne pur cenno. Ne' annunzi ne' partecipazioni. 2 - Morto, non mi si vesta. Mi
s'avvolga, nudo, in un lenzuolo. E niente fiori sul letto e nessun cero acceso.
3 - Carro d'infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m'accompagni, ne'
parenti, ne' amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. 4 - Bruciatemi.
E il mio corpo appena arso, sia lasciato disperdere.; perché niente, neppure in
cenere, vorrei avanzasse di me. Ma se questo non si può fare sia l'urna
cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella campagna di
Girgenti, dove nacqui".
Dall'uso
del nome "Girgenti " deduciamo che il testamento dello
scrittore sia da collocare anteriormente al primo luglio 1927, data in cui la
città assunse la nuova denominazione di "Agrigento ".
I figli
rispettarono i primi tre punti del "testamento": due giorni dopo il
decesso il corpo dello scrittore fu accompagnato da un carro d'infima classe al
forno crematorio. Nessuna cerimonia e il rifiuto di un solenne funerale che il
regime fascista, e lo stesso Mussolini, pare, avrebbero voluto celebrare. Il
quarto punto non fu rispettato e le ceneri dello scrittore, collocate dentro
un'urna, furono tumulate nel cimitero del Verano dove sarebbero rimaste per ben
undici anni.
Ben
presto, tuttavia, in ambienti politici e governativi si cominciò a parlare
della opportunità di trasferire ad Agrigento le ceneri dello scrittore, dando
luogo ad un solenne funerale.
Ci fu una
triangolazione epistolare tra Governo, Vaticano e Curia di Agrigento guidata
dal vescovo Giovanni Battista Peruzzo. Il 12 aprile1937 dal Vaticano, nella
persona del futuro cardinale Giuseppe Pizzardo , fu inviata al Peruzzo questa
comunicazione riservata:
"Accuso a V. E. Rev.ma ricevimento del foglio n. 83/37 del 22 marzo u.s. circa i
progettati funerali di Pirandello. A quanto è dato sapere i detti funerali
saranno mantenuti in una forma molto modesta, evitando qualsiasi gesto atto ad
offendere il sentimento religioso della popolazione".
Evidente
la preoccupazione da parte delle autorità religiose di evitare scandalo, dal
momento che allora la Chiesa condannava la cremazione.
Il 3
maggio 1939 il segretario di Stato Vaticano, cardinale Luigi Maglione, scriveva
al vescovo Peruzzo a seguito di un colloquio tra loro intercorso:
"A V. E. Rev.ma è nota la vita e l'opera letteraria del celebre scrittore
e come negli ultimi anni di sua esistenza il Pirandello siasi mostrato non
avverso alla religione, anzi pare che sul suo letto pendeva l'immagine del
Crocifisso. D'altra parte il testamento col quale disponeva la cremazione del
suo cadavere, risulta anteriore di ben un trentennio al tempo delle sue mutate
disposizioni di spirito. Ciò posto, e qualora veramente codesta buona
popolazione riportasse scandalo della mancanza di qualunque segno di suffragio
cristiano, V. E. potrà permettere, purché ridotta al minimo, la manifestazione
religiosa. Questa poi dovrà essere subordinata all'assicurazione che le ceneri
dello scrittore siano composte in una cassa funebre come si usa per ogni salma
e che la notizia dell'avventura cremazione sia tenuta nascosta. Ella non
mancherà, inoltre, di far sapere a codesti fedeli, nel modo più adatto allo
scopo, che le condizioni spirituali del loro illustre concittadino al tramonto
della vita non furono avverse alla religione, ma piuttosto favorevoli".
Del
funerale, a seguito degli eventi bellici, non si parlò più per alcuni anni.
Il sindaco
democristiano di Agrigento, Giovanni Lauricella, eletto nelle prime elezioni
amministrative del dopoguerra - svoltesi il 30 aprile 1946 - si pose subito il
problema del trasferimento delle ceneri di Pirandello; lo deduciamo da una
lettera inviata a monsignor Peruzzo, il 12 novembre 1946, dalla Segreteria di
Stato del Vaticano, a firma del sostituto Giovanni Battista Montini, futuro
papa Paolo VI:
"Mi riferisco alla lettera di V. E, Rev.ma
del 29 ottobre p. p. Con la quale Ella chiede direttive sulla partecipazione
religiosa alle onoranze che tra breve saranno tributate nella città di
Agrigento alla memoria dello scrittore Pirandello. Benché, come Ella dice, tali
onoranze non rivestano alcun carattere ostile alla Chiesa, tuttavia si ritiene
opportuno che la partecipazione da parte cattolica sia la più riservata
possibile. Nel 1939 questa Segreteria di Stato ebbe a scrivere a V. E. sullo
stesso argomento e perché l'E. V. abbia come direttiva quanto allora fu
comunicato rimetto copia della lettera stessa per facilitarle ogni possibile
ricerca. Mi è gradita l'opportunità per baciarle il s. Anello e confermarmi con
devoti ossequi, di V. E. Rev.ma devoto servitore".
Il 22
novembre 1936 il vescovo Peruzzo informò il sindaco Lauricella della
comunicazione avuta dalla Segreteria di Stato del Vaticano. Questa la lettera
di accompagnamento:
"Ill.mo Sig. Commendatore, Le rimetto copia delle
istruzioni che la Segreteria di Stato ci ha dato per le onoranze funebri di
Pirandello. Esse servono di direzione per me ed anche per codesta
Amministrazione. Devotissimo Battista Vescovo".
L'Amministrazione
del Comune di Agrigento, dunque, doveva seguire ed eseguire le indicazioni del
Vaticano! l sindaco Lauricella, intanto, per portare avanti il suo piano si
rivolse direttamente al presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, che , in
considerazione delle difficoltà nei trasporti proprie di quel periodo, chiese
alle autorità americane di mettere a disposizione un aereo militare. Avuto il
consenso, De Gasperi affidò l'accompagnamento delle ceneri ad un suo amico, il
deputato favarese Gaspare Ambrosini, futuro primo presidente della Corte
Costituzionale.
Sistemate
le ceneri in un vaso greco del V secolo a. C. imballato in una cassa di legno,
al momento della partenza dell'aereo si avvicinarono una decina dei persone,
chiedendo un passaggio. Ottenuto il consenso degli americani, salirono tutti a
bordo; un passeggero notò la cassa di legno e chiese ad Ambrosini che cosa
contenesse. Avuta la risposta, lo stesso passeggero chiese: "Pirandello,
quello che aveva chiesto che le sue ceneri fossero disperse al vento? Non è che
il destino ha stabilito di accontentarlo proprio oggi...?". Seguirono
momenti di smarrimento accompagnati dai rituali scongiuri; i passeggeri
cominciarono a scendere e i piloti, avendo chiesto ed ottenuto da Ambrosini
tutte le spiegazioni, si rifiutarono anch'essi di partire.
Ambrosini
allora decise di partire in treno: durante il tragitto si appisolò e, al
risveglio, non trovò più la cassa. Cominciò a cercare nei vagoni e, finalmente,
la trovò. Quattro viaggiatori la stavano utilizzando come punto di appoggio per
giocare a tressette "col morto" e che morto!
Raggiunta
Agrigento, ricominciarono i problemi. Il vescovo Peruzzo si rifiutava di
benedire il vaso greco - segno evidente della esecrata (allora!) cremazione -
per evitare che il suo gregge ricevesse scandalo. Seguirono delle trattative in
"famiglia" tra il vescovo, il deputato democristiano e il sindaco
anch'esso cattolico. Alla fine Peruzzo, uomo di sottile intelligenza e abile
diplomatico, trovò la soluzione: benedizione si ma a condizione che il vaso
contenente le ceneri fosse racchiuso in una normale bara di legno. Ma l'unica
agenzia di pompe funebri allora operante in città disponeva solo di una cassa
per bambini. Pazienza!
Pirandello
ebbe così il secondo funerale che non avrebbe mai voluto: la cassa col vaso contenente
le ceneri attraversò tra due ali di folla il salotto buono della città, dalla
Stazione Centrale al Museo di piazza Municipio, oggi piazza Luigi
Pirandello. Non sappiamo con quali modalità, dove e da chi (non dal
vescovo certamente) sia stata officiata la cerimonia religiosa.
Poco tempo
dopo le ceneri furono trasferite, in forma privata, all'interno della casa
natale dello scrittore, in contrada Caos.
Infine,
nel 1962, il terzo funerale: le ceneri, travasate in un cilindro d'alluminio,
furono murate nel monumento funebre innalzato, accanto alla casa, sotto il
celebre pino tanto caro allo scrittore. Presenti autorità civili e religiose e,
tra gli altri, gli scrittori Salvatore Quasimodo e Leonardo Sciascia.
Finalmente
le ceneri del grande drammaturgo hanno trovato, si spera, la collocazione
definitiva, non in totale contrasto con le volontà da lui espresse.
GAETANO
AUGELLO
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