Calogero Alaimo Di Prima, Manifestazione conclusiva e proclamazione dei vincitori (comunicato stampa)

Si è svolta, domenica 4 giugno a Racalmuto presso il Palazzo di Città, la manifestazione conclusiva di premiazione della Prima Edizione del Premio Letterario “Il Contesto”.   Assegnati cinque premi alle sezioni narrativa, poesia e saggistica e tre menzioni speciali della giuria per la poesia.

Nell’ordine: il primo posto è andato  ex aequo a Calogero Alberto Petix  per il racconto “Populist 2.0” e a Salvatore Silvano Messina per il saggio “La democrazia Malata”. Il secondo posto è andato a Calogero Restivo per la poesia “Tramonto ad Archirafi”, mentre il terzo posto è stato assegnato  ex aequo a Maria Teresa Caputo per il romanzo breve “ Le formiche e la mantide religiosa”  e  a Lorella Pillitteri per il racconto “La vinuta di la Madonna di lu Munti o la venuta della democrazia”. Tre menzioni speciali della giuria sono state assegnate inoltre a  Davide Rocco Calacrai - per il genere poesia introspettiva, a Giovanni Salvo – per il genere rima irriverente e a Francesca Vitello per il genere poesia dialettale.
Attestati di partecipazione e merito sono stati assegnati a tutti i finalisti, ai componenti della commissione giudicatrice e a quanti hanno collaborato all’organizzazione della prima edizione del premio letterario.
Entusiasta per l’esito della prima edizione si è detto Calogero Alaimo Di Loro – presidente di Humus e ideatore del premio: “Il successo di pubblico e la qualità degli elaborati in concorso, è un’ottima premessa per le future edizioni e soprattutto dimostra, se mai ce ne fosse bisogno,  l’attualità dei temi cari allo scrittore racalmutese”.
Un numerosissimo e qualificato pubblico ha seguito, nell’elegante cornice dell’atrio del palazzo comunale di Racalmuto, i due momenti della serata conclusiva. L’evento, coordinato dal presidente dell’associazione Humus Calogero Alaimo di Loro e da Maria Tirone – docente di lettere e componente della commissione giudicatrice si è svolto secondo la scaletta in programma.  
La prima parte della serata è stata dedicata alla conversazione sul tema della prima edizione: democrazia oggi: realtà o apparenza?.  Dopo l’introduzione al tema, affidata al moderatore e la  lettura della pagina conclusiva de “il Contesto” di Leonardo Sciascia, ha avuto inizio la conversazione che ha visto protagonisti  due relatori di eccellenza: lo scrittore Carmelo Sciascia e l’avvocato Giovanni Tesé, nonché (indirettamente) gli autori finalisti partecipanti che di fatto hanno affrontato il tema in discussione tramite le loro opere in concorso.
La grande attualità dei temi del contesto e stata richiamata dallo scrittore Carmelo Sciascia secondo cui è possibile individuare più di una inquietante analogia tra il periodo (anni settanta) descritto da “il Contesto”e la realtà odierna.“ mi viene comunque difficile capire – dice C.Sciascia - come siano stati buttati via più di 40 anni di storia per ritornare, come in un maldestro giuoco del caso, al tempo del “Contesto”; anzi, di esserci sempre stati”.
Notevole il contributo di Giovanni Tesè, avvocato e docente di discipline giuridiche,  che dopo una lucida e spietata analisi della situazione italiana, ha proposto una riflessione sulla  legge elettorale  in discussione alla camera “battezzandola” ironicamente  “gabbatellum” e  ha lanciato   un allarme per la democrazia italiana: “Il sistema elettorale in discussione – dice Tesè - che pochi oligarchi stanno confezionando per farlo votare da un parlamento tutt’altro che legittimato, consentirà ai pochi detentori del potere di rinominare un parlamento tutt’altro che sostenitore della sovranità popolare, capace di continuare a servirsi dei cittadini e di continuare a rendere il popolo contento e gabbato”
 Ha seguire una rassegna di brani e poesie in concorso affidati a validi lettori,  hanno dato il senso di un premio letterario che si è distinto per la capacità di stimolare la riflessione pertinente e costruttiva sui temi della legalità, del diritto alla democrazia, della ricerca della verità,    contribuendo  con la scrittura alla mobilitazione delle intelligenze e a stimolare il necessario  risveglio della  coscienza civile, unico efficace antidoto contro il torpore intellettuale di questo millennio.
 La manifestazione, che ricordiamo è stata organizzata dall’Associazione Culturale Humus, con sede a Racalmuto, è stata patrocinata dal Comune di Racalmuto e si è avvalsa del contributo di organizzazione delle Pro Loco di Racalmuto e Grotte,  del Consorzio di produttori biologici Isola Bio Sicilia e dall’azienda Vitivinicola Fratelli Burruano di Racalmuto.
Il   resoconto completo dell’evento  e quanto altro inerente il premio sarà pubblicato sul sito dell’associazione organizzatrice al seguente link. www.asshumus.wordpress.com.
Sul sito dell’associazione Humus di Racalmuto è possibile visitare la ricca documentazione fotografica relativa alla manifestazione finale e le opere integrali.

                                                                                                                                  Il presidente   
Calogero Alaimo di  Loro



    Democrazia oggi, realtà o apparenza?
dalla conversazione sul tema della prima edizione
I pericoli del  “Gabbatellum 2.0” e la  “democrazia malata”

Il Contesto è l’opera di Leonardo Sciascia, dove la confusione tra sinistra e destra, tra governo ed opposizione, è totale. Si descrive il potere. Un potere che organicamente usa qualsiasi opposizione, e spesso la crea in modo fittizio e strumentale,  per restare arroccato alle proprie rendite di posizione nel tentativo di perpetuare all’infinito i propri privilegi.
Il Contesto (romanzo) è ambientato in un Paese immaginario che rimanda in modo evidente  all’Italia. La storia inizia con l’uccisione di un procuratore e continua con il susseguirsi di una lunga serie di delitti.   L’ispettore Rogas, incaricato dell’indagine, segue la questione con particolare impegno e  inconsueto interesse intellettuale  si rende conto che si sta architettando una sorta di complotto, col quale chi detiene il potere cerca di consolidare la propria supremazia; è un gioco di cui fanno  parte i partiti di governo e d’opposizione, i rappresentanti delle istituzioni e del potere economico ed il sedicente partito rivoluzionario internazionale,  di cui Sciascia ci lascia solo intravedere i contorni.
L’epilogo della storia è il più tragico possibile. Rimangono uccisi l’ispettore Rogas e il presidente del “partito rivoluzionario internazionale”. Sarà il vice presidente di quest’ultimo (il potere si auto-conserva aldilà di tutto è tutti) a dipanare il gomitolo della matassa e rivelare a Cusan, buon  amico dell’Ispettore Rogas e persona informata dei fatti, che il movente di cui lo stesso Rogas è stato vittima è la ragion di stato, e questa volta  coincide con la ragion di partito:
dal romanzo “il Contesto” :
-        La region di stato, signor Cusan: c’è ancora, come ai tempi di Richelieu. E in questo caso è coincisa, diciamo, con la ragion di Partito ..
E ancora …
-        Siamo realisti, signor Cusan. Non potevamo correre il rischio che scoppiasse una rivoluzione  -. E aggiunse- Non in questo momento.
-        Capisco – disse Cusan. – non in questo momento.
Queste le parole che hanno dato il via alla riflessione/conversazione sulla democrazia, la giustizia giusta, la legalità, la corruzione e il problema della rappresentanza politica.
Tutti temi di grande attualità su cui si sono confrontati gli autori  finalisti attraverso le opere in concorso e gli esperti presenti per l’occasione.
Raggiunto in pieno l’obiettivo del premio: aprire una grande discussione sul tema della democrazia. Valutare quanto e come il tempo trascorso dal “71(anno della prima pubblicazione del romanzo) ad oggi, abbia prodotto dei progressi significativi, risolvendo almeno in parte le inquietudini descritte dal romanzo per edificare una società migliore, civile e governata con dignità e impegno in ossequio ai desideri del popolo. O in alternativa prendere atto che gli oltre quattro lustri trascorsi  sono passati  in vano,  addirittura consolidando le trame di potere intraviste nel romanzo in un contesto dai confini geografici allargati (europei e globali) e reso ben più efficiente nella capacità del  controllo della libertà dei popoli e delle economie attraverso la nascita di strutture come il FMI, la BCE, il TTIP, il WTO etcc. In un contesto in  cui parallelamente all’aumentare dei poteri forti, viene limitata via via l’autonomia nazionale e con essa la possibilità di autodeterminazione dei popoli. Ed allora si rende evidente il bisogno di parlare di democrazia. Oggi, più che negli anni 70, la interconnessione globale  tra i destini degli uomini, la volontà dei loro governi e gli indirizzi sovranazionali che li guidano è ben più evidente, ma soprattutto è più evidente la  sofferenza  dei popoli  che ne deriva, unico vero prodotto tangibile della globalizzazione. Mentre la più importante delle similitudini rimane la necessità di ricercare sempre, anche con appiglio dissacratorio, la verità.
A questa lunga serie di interrogativi ha tentato di dare una prima risposta lo scrittore Carmelo Sciascia, coordinatore e consulente letterario del premio, che ha sviluppato una lucida e rigorosa disamina dei fatti storico politico e letterario del periodo della storia italiana di cui il contesto è figlio, sino ad individuare più di una inquietante analogia con la realtà odierna.
Citando le parole di Carmelo Sciascia, durante il suo intervento: “Capisco che attraverso una qualsiasi filosofia della storia riusciamo a trovare giustificazioni teoriche alla cronaca odierna, dalla teoria delle catastrofe di Arnold Joseph Toymbee, alla teoria dei corsi e ricorsi storici di Gian Battista Vico, oppure facendo riferimento all’eterno ritorno dell’eguale di Nietzsche:  mi viene comunque difficile capire come siano stati buttati via più di 40 anni di storia per ritornare, come in un maldestro giuoco del caso, al tempo del “Contesto”; anzi, di esserci sempre stati. La DC muore nel 1994 per implosione, con la fine della prima Repubblica. Magnifica la descrizione della DC in “Todo Modo” (altra opera di Sciascia più tarda di un paio d’anni dal Contesto, precisamente del 1974).  Lo stesso Partito democristiano  finito nel ’94, attraverso un mirabile giuoco di specchi e di rimandi, di fusioni e di separazioni, di apparenti divisioni,  destroidi e sinistre (termine che rende bene il concetto). Rinasce. La DC rinasce, sotto mentite spoglie, perché l’Italia è prevalentemente clericale e conservatrice, incapace di qualsiasi cambiamento radicale.  L’Italia della prima o della seconda Repubblica rimane la Repubblica de Il Contesto. Leonardo Sciascia l’aveva tenuto fermo due anni quel libro,  aveva persino paura a pubblicarlo. E le reazioni virulente degli articoli scagliati al suo indirizzo l’hanno confermato. Sono stati più di venti gli articoli solo de L’unità e Rinascita (il nostro ex Presidente Napolitano sicuramente  ricorderà anche chi li aveva firmati, quegli articoli). Descrivere l’Italia come luogo di omicidi eccellenti in nome di una ragione di Stato dove ci sono tutti, ma proprio tutti, opposizione compresa,  è il tema preponderante del libro.  “Ho paura di dire cose che possono avvenire”, disse L. S. in un intervista dell’epoca . “Anch’io ho paura, paura di constatare cose che sono già avvenute e continuano ad accadere” dice C. Sciascia.
E ancora, rispetto alla questione della rappresentanza democratica e della supremazia di finanza e poteri forti nel controllo dei sistemi: “..Non più un pensiero teso ad una qualsiasi forma di cambiamento, ad una prospettiva che parta dai bisogni reali dell'uomo e ci ponga l'alterità di un qualche modello, ma una accettazione supina di scelte che vengono fatte da "altri" e fatte "oltre" i confini nazionali. Il potere non sta in Parlamento diceva Sciascia ma chi decide sta fuori, si colloca oltre, al di là ed al di fuori del Parlamento stesso. Cioè le decisioni, le scelte vengono fatte al di fuori dei partiti,  e non sono scelte apolitiche ma politiche elevate all'ennesima potenza, fatte da uomini fuori dai partiti (tecnici) che stanno oltre qualsiasi schieramento, e forse proprio per questo dentro  tutte le forze politiche, ne costituiscono l'humus.  Come lievito, come farina, come sale, comunque come forze inalienabili e vitali alla vita dello Stato, di questo Stato, che tutto comprende (nelle tasse e nei tagli) e tutto esclude (nelle scelte e nelle decisioni). “La politica monetaria, la finanza, da strumento dei governi, sono diventati … governo. Ed ancora una volta e sempre, strumenti di qualcosa di "altro" e di decisioni prese "oltre" qualsiasi forma di rappresentanza democratica. La negatività di scelte politiche si è evidentemente fusa con una negatività del pensiero”.
Si prospetta finalmente un bagliore di ottimismo, nel lungo intervento di C. S., quando parla di un  barlume, sia pure flebile e a tratti improbabile di speranza: “Ma il mondo ha anche bagliori di luce, bagliori dati dalla presa di coscienza dell’opinione pubblica.  Ciò è vero se ricordiamo le grandi manifestazioni pacifiste che contribuirono dall’interno a sconfiggere l’imperialismo americano in Vietnam.   O il movimento femminista, che  da elite è diventato  un movimento che ha cambiato non solo la visione dei rapporti fra i sessi ma la visione del mondo intero. Se lo hanno fatto le donne, solo le donne delle società progredite,   perché un nuovo cambiamento non potrebbe farlo proprio l’opinione pubblica mondiale? “.
Provvidenziale, dopo la riflessione di C. Sciascia,  la lettura di una delle poesie in concorso: “Tramonto ad Archirafi” di Calogero Restivo,  uno straordinario elogio alla vita che termina con una grande domanda: “chi ha inventato la vita era altro da chi ha inventato la morte?. Come a dire: malgrado ciò che nel mondo non va e non funziona, la vita rimane un grosso valore di riferimento e  un punto di partenza sicuro, tanto che risulta quasi incomprensibile il motivo per cui chi ha inventato la vita abbia anche inventato la morte .
A seguire altro notevole componimento poetico: “Notti”, di Giovanni Bellanca, dedicata alla tragedia della migrazione clandestina, figlia della disperazione umana e dell’ingiustizia sociale del mondo globalizzato.
Interviene, nello stile della manifestazione, lo scrittore Alberto Petix con un brano del suo romanzo in concorso: “Populist 2.0”, una storia di “fanta politica”, in realtà tragicamente reale, che presenta un mondo prossimo venturo in cui la democrazia diretta, sul modello delle vecchie polis, viene attuata mediante un potente programma informatico che mette a sistema le volontà , i desideri e le opinioni del popolo . Attraverso informazioni assunte in via indiretta (tutte le informazioni personali e riservate fluttuanti sui social network ad esempio!)  la potente banca dati del sistema, fornisce “pensieri pensati” e  autorizza (fornisce una legittimazione ) ad  una ristretta oligarchia di potere di potere governare per conto del popolo e per il suo bene.
 Da Populist 2.0: “stiamo parlando di qualcosa di più raffinato e nobile. Non ritengo che l’espressione “marketing elettorale” sia calzante per la rivoluzione politica che immagino per il nostro Continente. Le elezioni sono uno strumento dei sistemi rappresentativi. Nelle  democrazie dirette non si giustificano. È il popolo a decidere direttamente”. Continuavo a vacillare tra l’ipotesi che quella che stavo ascoltando fosse un’idea geniale e quella che si trattasse di una fantasiosa farneticazione.
“ E i mercati? Ha detto cha anch’essi dovrebbero giocare un ruolo rilevante nel suo progetto” ribadii.
“Vedo che mi sta seguendo” rispose Carter compiaciuto. “ il giudizio del popolo sarà ponderato con quello dei  detentori della ricchezza che, si deve ammettere, hanno un interesse superiore alla prosperità generale.
Questo ovviamente non inficerà minimamente lo straordinario potere del popolo ma contribuirà a dare forza alla volontà generale, inalienabile, infallibile, indivisibile e assoluta, come nella teorizzazione di Rousseau!” Non riuscii a dissimilare adeguatamente la  mie perplessità allo scaltro senatore, che parve anticipare le mie domande”.
Illuminante, a seguire, l’intervento dell’Avvocato Giovanni Tesè, docente di discipline giuridiche. Uno dei due esperti incaricato di “dipanare gli intrighi del contesto” e individuare in questo elementi di attualità e vie di fuga.
La disamina di Giovanni  Tesè  è risultata spietata e accattivante. Dopo aver tracciato un breve percorso della democrazia nella storia, dall’antica Grecia ai nostri giorni, si sofferma sui pericoli della deriva eurocratica, l’egemonia delle oligarchie finanziarie e, con riferimento  all’Italia, si sofferma sul rischio di deriva della rappresentanza  democratica   insita nella nuova legge elettorale in atto in discussione  alla camera e di fatto proposta e voluta dai quattro principali partiti ( di maggioranza e di opposizione – nella migliore tradizione italiana del contesto sciasciano). Il nuovo sistema elettorale, il “gabbatellum” così come definito da Tesè, metterebbe una definitiva pietra tombale sulla democrazia italiana e confermerebbe l’espropriazione al popolo italiano del diritto di eleggere i propri rappresentanti con il voto di preferenza,  confermando lo strapotere della partitocrazia. Ironia della sorte, proprio in un momento in cui tutti i partiti sono al minimo storico per credibilità, autorevolezza, democrazia interna e contenuti ideologici.
Sempre sulla rappresentanza parlamentare, ha ricordato l’avv. Tesè, “in questi anni abbiamo assistito a un “balletto” scomposto di leggi elettorali, dissennate e inqualificabili, adottate per rafforzare, surrettiziamente, “stabilità” e “governabilità”.
E proprio in queste ore, un inedito quadrunvirato, quantomeno sul piano formale, perpetrando un’ennesima beffa in danno del popolo italiano e continuando a mutilare la sovranità popolare consacrata nella nostra Carta Costituzionale, sta confezionando un sistema elettorale, l’ennesimo “vestito su misura”, mirante solamente a conservare una casta che ha dimostrato tutto, tranne capacità di assicurare benessere, sviluppo, sicurezza e giustizia al popolo italiano.

Tale sistema elettorale che pochi oligarchi stanno confezionando per farlo votare da un parlamento tutt’altro che legittimato, consentirà ai pochi detentori del potere: di nominare un parlamento tutt’altro che sostenitore della sovranità popolare, capace di continuare a servirsi dei cittadini e di continuare a rendere il popolo contento e gabbato; tant’è che sembra molto più corretto, ha detto ancora Giovanni Tesè, che il nome più coerente da dare a un siffatto sistema elettorale non può che essere “gabbatellum”.
Insomma il quadro clinico è completo, sembra dire Tesè: la democrazia è gravemente malata.
“La democrazia malata” è anche il  saggio di Salvatore Silvano Messina, altra interessante opera in concorso una lucida riflessione sulle cause di questa malattia. Simone Craparo, componente della commissione giudicatrice, da lettura di due brevi brani tratti dall’opera. Il primo riguarda il problema della corruzione:
“Nella scala della fenomenologia dell’illegalità la corruzione occupa i posti più alti. E' la condotta di coloro che, per denaro o altre utilità, viola la legge e non obbedisce alle normative sociali. La molla della corruzione è l’avidità senza limiti. Per il corrotto Il fine giustifica i mezzi ( G. Pansa). E il fine significa: “super carriera fatta senza meriti”, il maxi-stipendio ottenuto senza fatica…”. La corruzione è una mala pianta che alligna nei palazzi della politica, della finanza, della burocrazia. Sembra un sistema caotico, ma nella realtà si tratta di un caos ben governato da una regia nascosta: L’ossessione del denaro facile. L’illeicità è di facile applicazione poiché coloro che dovrebbero impedirla spesso collaborano con coloro che la realizzano. In molti paesi la corruzione è  endemica, come in Italia, in Russia, in alcuni paesi dell’America meridionale, dell’Africa e dell’Asia, in genere sottosviluppati. L’Italia, dal 1861 in poi è lastricata di avvenimenti corruttivi messi in opera con il concorso, in un perverso intreccio, di malavitosi con istituzioni pubbliche e private. “ 
E ancora su corruzione e democrazia “Secondo G. Barbieri e F. Giavazzi esistono due tipi di corruzione: La corruzione per infrazione della regola e la corruzione delle regole stesse. La prima è quella classica, ma è divenuta vulnerabile dopo i moderni sistemi indagativi degli ordinamenti giudiziari; la seconda, moderna, non viola alcuna legge; sono le stesse leggi ad essere state corrotte in quanto scritte ed approvate a vantaggio di privati contro l’interesse dello Stato.    ….”
Il secondo brano  affronta la questione della rappresentanza e : “ ….  da parte di chi vince le elezioni, c’è la tentazione a radicalizzare quel “Dispotismo della maggioranza”, preannunciato da Toqueville, che non concede nulla alle minoranze e alle opposizioni. E' a rischio l'alternanza tra maggioranza ed opposizione nel governo di un paese. In un modo o in un altro la democrazia ha perso, e rischia sempre più di perdere, l'originale identità. Possiamo affermare, senza ombra di smentita, che le democrazie attuali sono oligarchie camuffate ( o lo sono sempre state?), maschere, come sosteneva Toqueville, che vengono scambiate per la realtà. Più si  rafforzano tali oligarchie, più i cittadini si disavvezzano dalla politica tradizionale. Nel frattempo i regimi autoritari, sempre più numerosi, conquistano le simpatie del popolo il quale rischia, in mancanza di un valido background, di interpretate  come “Democrazie moderne e funzionali” le Istituzioni dispotiche e quelle che potrebbero nascere dall'affermarsi della moderna ideologia di destra, cioè del populismo”.
Quanto le grandi coscienze critiche nazionali possono aiutare a ritrovare il senso dell’indignazione costruttiva, e quanto l’assopimento delle grandi voci libere degli intellettuali di grande dignità e libertà stà contribuendo a far prevalere il senso di abbandono e il disimpegno, rispetto al valore della lotta e della partecipazione. Prova a spiegarcelo Liliana Arrigo con la sua poesia “ora che la tua voce tace”, una pregevole lirica dedicata proprio al re dei dissenzienti: Leonardo Sciascia: … oggi che la tua voce tace/si sperpera l’arroganza/ma il battito sordo pesa/delle risposte mancanti,/perché questo è il tempo/che la dignità ha consumato.

A quella che sembra essere  “follia collettiva” dei modelli di governo della società avulsi dai contesti sociali cogenti e dai bisogni dei popoli, giustificati dalla pretesa ipocrita dell’agire per il bene della società avendo interpretato la volontà non espressa dal popolo sembra aggiungersi la follia degli individui. Singole identità fragili. Forse, semplicemente così  fragili da soccombere alle preoccupazioni della vita per rifugiarsi nel labirinto del silenzio. Di questo ne ha parlato Davide Rocco Calacrai, poeta, nel suo “I girasoli”, una poesia che raccolta l’anima dei malati di mente (che possono però “girare-soli”), dice Davide Colacrai: “non ho mai ascoltato la mia voce ne conosciuto i suoi preludi,/hanno arginato la parola, quando matura/era pronta a rovesciare gli assi storti del mio abbeccedario,/ l’hanno immobilizzata e costretto me ad ingoiarla, a risucchiarla e farla sparire, e tutte le parole, sommate insieme, con il loro dolore liquoroso, contenuto e mai sazio,/ hanno definito la mia malattia”.
Quanto può la cultura e la conoscenza, quando sincero strumento di progresso e promozione umana, contribuire a edificare una società migliore e consentirci di perseguire ideali di verità e giustizia? Sempre e tanto, sembra essere la risposta di Giovanni Salvo, poeta dialettale, cui è stato assegnato una menzione speciale della giuria per la rima irriverente. Nel suo “caddiata cu li punza” , letta da Anna Vitello, si apprezza un efficace parallelismo tra il valore della conoscenza e la fatica del lavoro necessario a trasformare una discreta farina in ottimo pane: “lu sapiri è la farina/senza tanta caniglina/ Si caddriata cu li punza/ la giustizia giusta avanza.”
n.d.r. il sapere è la farina senza tanta crusca che se impastata con energia da mani forti consente sicuramente alla giustizia giusta di trionfare.
Anche la condizione della donna, donna come la democrazia e come questa altrettanto fragile ma capace di riscattarsi e risorgere, entra in scena con le rime di “Riscattu” poesia di Francesca Vitello in vernacolo siciliano, cui la giuria assegna la menzione speciale per la poesia in dialetto:  Poi, finarmenti, si n’addunà,/ ca, senza rispettu, ‘un c’è dignità. N.d.r.  poi  finalmente si è accorta che senza rispetto non c’è dignità.
A seguire la lettura di due brani dei racconti terzi classificati ex aequo: “le formiche e la mantide religiosa” e “la vinuta di la Madonna di lu Munti o la venuta della democrazia”.
Il primo, di Maria Teresa Caputo, racconta la storia di un giovane di sani ideali che innamoratosi della figlia di un  politico  di mestiere,  viene prima rifiutato dal padre  di lei  in quanto ritenuto uomo di poche speranza, per poi, una volta che questi cade in disgrazia giudiziaria venire rivalutato e chiamato a garantire la continuità politica del “suocero” seguendo un percorso non coerente con la propria storia e la propria coscienza. Una storia di ordinario  trasformismo e di resa all’opportunismo. Come tante se ne sono registrate in questi primi due lustri del terzo millennio.
Lorella Pillitteri, con il suo “la vinuta di la madonna di lu munti o la vinuta di la democrazia”, racconta la storia di un gruppo di giovani di “paese” (Racalmuto appunto) che partendo da una   posizione sociale pressoché uguale, seguono percorsi di vita differenti, sino a ritrovarsi ad un certo punto su posizioni e ruoli contrapposti e a dovere decidere se fare prevalere la ragioni della legalità e della legge applicata in modo asettico o piuttosto le ragioni dell’affetto, dei ricordi e della ragionevolezza. Un grave dubbio che si risolve in una riflessione fuori campo sul valore pieno della democrazia: “ L’offerta  democratica che ci rivolgono con successo è una cagionevole formula che ha il magico potere di unire un minimo di riconoscimento dei diritti ad una grande tutela dei veri ideali contemporanei: garanzia del diritto di proprietà, e un paventato equilibrio tra tasse e sicurezza “dal nemico”. Imperdibile offerta che pronta ad essere rinegoziata risulterà sempre vincente perché il livello di riconoscimento dei diritti, sia pure dell’uguaglianza a dispetto dell’evidenza, esercita un fascino tale da indurre enormi masse a combattere in suo nome e a farlo con tanto più vigore quando rischiano di perderlo; il gioco è veramente semplice: non affamare troppo la gallina che depone le uova d’or”.  
Alla conversazione è seguita la cerimonia di premiazione e la consegna dei premi e dei riconoscimenti. La serata è stata allietata dalla chiatarra classica del maestro Giorgio Bartolotta e si e conclusa nella migliore tradizione racalmutese con un assaggio di “taralluzzi” e vino, quest’ultimo fornito dalla cantina “F.lli Burruano”  di tre diversi vitigni coltivati nel fresco altopiano di Racalmuto: Nero d’Avola, Frappato e Cataratto.
Si ringrazia per la collaborazione al successo della prima edizione del premio letterario “Il Contesto”, tutti i componenti della commissione giudicatrice:   Prof.sa Maria Busuito, Prof.sa Maria Di Sano, Prof.sa Maria Tirone, Prof.sa  Adele Troisi, Prof.sa Anna Vitello, Prof. Giuseppe Craparo; il Comune di Racalmuto, il Consorzio Isola Bio Sicilia e l’Azienda Vitivinicola “F.lli Burruano”.
Il presente resoconto e quanto altro inerente il premio sarà pubblicato sul sito dell’associazione organizzatrice al seguente link:
Sul sito dell’associazione Humus di Racalmuto è possibile visitare la ricca documentazione fotografica relativa alla manifestazione finale e le opere integrali.
  Il presidente

Calogero Alaimo di Loro

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