Si
è svolta, domenica 4 giugno a Racalmuto presso il Palazzo di Città, la
manifestazione conclusiva di premiazione della Prima Edizione del Premio
Letterario “Il Contesto”. Assegnati
cinque premi alle sezioni narrativa, poesia e saggistica e tre menzioni
speciali della giuria per la poesia.
Nell’ordine:
il primo posto è andato ex aequo a
Calogero Alberto Petix per il racconto
“Populist 2.0” e a Salvatore Silvano Messina per il saggio “La democrazia
Malata”. Il secondo posto è andato a Calogero Restivo per la poesia “Tramonto
ad Archirafi”, mentre il terzo posto è stato assegnato ex aequo a Maria Teresa Caputo per il romanzo
breve “ Le formiche e la mantide religiosa”
e a Lorella Pillitteri per il
racconto “La vinuta di la Madonna di lu Munti o la venuta della democrazia”.
Tre menzioni speciali della giuria sono state assegnate inoltre a Davide Rocco Calacrai - per il genere poesia
introspettiva, a Giovanni Salvo – per il genere rima irriverente e a Francesca
Vitello per il genere poesia dialettale.
Attestati
di partecipazione e merito sono stati assegnati a tutti i finalisti, ai
componenti della commissione giudicatrice e a quanti hanno collaborato
all’organizzazione della prima edizione del premio letterario.
Entusiasta
per l’esito della prima edizione si è detto Calogero Alaimo Di Loro –
presidente di Humus e ideatore del premio: “Il successo di pubblico e la
qualità degli elaborati in concorso, è un’ottima premessa per le future
edizioni e soprattutto dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, l’attualità dei temi cari allo scrittore
racalmutese”.
Un
numerosissimo e qualificato pubblico ha seguito, nell’elegante cornice
dell’atrio del palazzo comunale di Racalmuto, i due momenti della serata
conclusiva. L’evento, coordinato dal presidente dell’associazione Humus
Calogero Alaimo di Loro e da Maria Tirone – docente di lettere e componente
della commissione giudicatrice si è svolto secondo la scaletta in
programma.
La
prima parte della serata è stata dedicata alla conversazione sul tema della
prima edizione: democrazia oggi: realtà o apparenza?. Dopo l’introduzione al tema, affidata al
moderatore e la lettura della pagina
conclusiva de “il Contesto” di Leonardo Sciascia, ha avuto inizio la
conversazione che ha visto protagonisti
due relatori di eccellenza: lo scrittore Carmelo Sciascia e l’avvocato
Giovanni Tesé, nonché (indirettamente) gli autori finalisti partecipanti che di
fatto hanno affrontato il tema in discussione tramite le loro opere in
concorso.
La
grande attualità dei temi del contesto e stata richiamata dallo scrittore
Carmelo Sciascia secondo cui è possibile individuare più di una inquietante
analogia tra il periodo (anni settanta) descritto da “il Contesto”e la realtà
odierna.“ mi viene comunque difficile capire – dice C.Sciascia - come siano
stati buttati via più di 40 anni di storia per ritornare, come in un maldestro
giuoco del caso, al tempo del “Contesto”; anzi, di esserci sempre stati”.
Notevole
il contributo di Giovanni Tesè, avvocato e docente di discipline
giuridiche, che dopo una lucida e
spietata analisi della situazione italiana, ha proposto una riflessione
sulla legge elettorale in discussione alla camera “battezzandola”
ironicamente “gabbatellum” e ha lanciato
un allarme per la democrazia italiana: “Il sistema elettorale in
discussione – dice Tesè - che pochi oligarchi stanno confezionando per farlo
votare da un parlamento tutt’altro che legittimato, consentirà ai pochi
detentori del potere di rinominare un parlamento tutt’altro che sostenitore
della sovranità popolare, capace di continuare a servirsi dei cittadini e di continuare
a rendere il popolo contento e gabbato”
Ha seguire una rassegna di brani e poesie in
concorso affidati a validi lettori,
hanno dato il senso di un premio letterario che si è distinto per la
capacità di stimolare la riflessione pertinente e costruttiva sui temi della
legalità, del diritto alla democrazia, della ricerca della verità, contribuendo con la scrittura alla mobilitazione delle
intelligenze e a stimolare il necessario
risveglio della coscienza civile,
unico efficace antidoto contro il torpore intellettuale di questo millennio.
La manifestazione, che ricordiamo è stata
organizzata dall’Associazione Culturale Humus, con sede a Racalmuto, è stata
patrocinata dal Comune di Racalmuto e si è avvalsa del contributo di
organizzazione delle Pro Loco di Racalmuto e Grotte, del Consorzio di produttori biologici Isola
Bio Sicilia e dall’azienda Vitivinicola Fratelli Burruano di Racalmuto.
Il resoconto completo dell’evento e quanto altro inerente il premio sarà
pubblicato sul sito dell’associazione organizzatrice al seguente link.
www.asshumus.wordpress.com.
Sul
sito dell’associazione Humus di Racalmuto è possibile visitare la ricca
documentazione fotografica relativa alla manifestazione finale e le opere
integrali.
Il presidente
Calogero
Alaimo di Loro
Democrazia oggi, realtà o apparenza?
dalla
conversazione sul tema della prima edizione
I
pericoli del “Gabbatellum 2.0” e la “democrazia malata”
Il
Contesto è l’opera di Leonardo Sciascia, dove la confusione tra sinistra e
destra, tra governo ed opposizione, è totale. Si descrive il potere. Un potere
che organicamente usa qualsiasi opposizione, e spesso la crea in modo fittizio
e strumentale, per restare arroccato
alle proprie rendite di posizione nel tentativo di perpetuare all’infinito i
propri privilegi.
Il
Contesto (romanzo) è ambientato in un Paese immaginario che rimanda in modo
evidente all’Italia. La storia inizia
con l’uccisione di un procuratore e continua con il susseguirsi di una lunga
serie di delitti. L’ispettore Rogas,
incaricato dell’indagine, segue la questione con particolare impegno e inconsueto interesse intellettuale si rende conto che si sta architettando una
sorta di complotto, col quale chi detiene il potere cerca di consolidare la
propria supremazia; è un gioco di cui fanno
parte i partiti di governo e d’opposizione, i rappresentanti delle
istituzioni e del potere economico ed il sedicente partito rivoluzionario
internazionale, di cui Sciascia ci
lascia solo intravedere i contorni.
L’epilogo
della storia è il più tragico possibile. Rimangono uccisi l’ispettore Rogas e
il presidente del “partito rivoluzionario internazionale”. Sarà il vice
presidente di quest’ultimo (il potere si auto-conserva aldilà di tutto è tutti)
a dipanare il gomitolo della matassa e rivelare a Cusan, buon amico dell’Ispettore Rogas e persona
informata dei fatti, che il movente di cui lo stesso Rogas è stato vittima è la
ragion di stato, e questa volta coincide
con la ragion di partito:
dal
romanzo “il Contesto” :
- La region di stato, signor Cusan: c’è
ancora, come ai tempi di Richelieu. E in questo caso è coincisa, diciamo, con
la ragion di Partito ..
E
ancora …
- Siamo realisti, signor Cusan. Non
potevamo correre il rischio che scoppiasse una rivoluzione -. E aggiunse- Non in questo momento.
- Capisco – disse Cusan. – non in questo
momento.
Queste
le parole che hanno dato il via alla riflessione/conversazione sulla
democrazia, la giustizia giusta, la legalità, la corruzione e il problema della
rappresentanza politica.
Tutti
temi di grande attualità su cui si sono confrontati gli autori finalisti attraverso le opere in concorso e
gli esperti presenti per l’occasione.
Raggiunto
in pieno l’obiettivo del premio: aprire una grande discussione sul tema della
democrazia. Valutare quanto e come il tempo trascorso dal “71(anno della prima
pubblicazione del romanzo) ad oggi, abbia prodotto dei progressi significativi,
risolvendo almeno in parte le inquietudini descritte dal romanzo per edificare
una società migliore, civile e governata con dignità e impegno in ossequio ai
desideri del popolo. O in alternativa prendere atto che gli oltre quattro
lustri trascorsi sono passati in vano,
addirittura consolidando le trame di potere intraviste nel romanzo in un
contesto dai confini geografici allargati (europei e globali) e reso ben più
efficiente nella capacità del controllo
della libertà dei popoli e delle economie attraverso la nascita di strutture
come il FMI, la BCE, il TTIP, il WTO etcc. In un contesto in cui parallelamente all’aumentare dei poteri
forti, viene limitata via via l’autonomia nazionale e con essa la possibilità
di autodeterminazione dei popoli. Ed allora si rende evidente il bisogno di
parlare di democrazia. Oggi, più che negli anni 70, la interconnessione
globale tra i destini degli uomini, la
volontà dei loro governi e gli indirizzi sovranazionali che li guidano è ben
più evidente, ma soprattutto è più evidente la
sofferenza dei popoli che ne deriva, unico vero prodotto tangibile
della globalizzazione. Mentre la più importante delle similitudini rimane la
necessità di ricercare sempre, anche con appiglio dissacratorio, la verità.
A
questa lunga serie di interrogativi ha tentato di dare una prima risposta lo
scrittore Carmelo Sciascia, coordinatore e consulente letterario del premio,
che ha sviluppato una lucida e rigorosa disamina dei fatti storico politico e
letterario del periodo della storia italiana di cui il contesto è figlio, sino
ad individuare più di una inquietante analogia con la realtà odierna.
Citando
le parole di Carmelo Sciascia, durante il suo intervento: “Capisco che
attraverso una qualsiasi filosofia della storia riusciamo a trovare
giustificazioni teoriche alla cronaca odierna, dalla teoria delle catastrofe di
Arnold Joseph Toymbee, alla teoria dei corsi e ricorsi storici di Gian Battista
Vico, oppure facendo riferimento all’eterno ritorno dell’eguale di
Nietzsche: mi viene comunque difficile
capire come siano stati buttati via più di 40 anni di storia per ritornare,
come in un maldestro giuoco del caso, al tempo del “Contesto”; anzi, di esserci
sempre stati. La DC muore nel 1994 per implosione, con la fine della prima
Repubblica. Magnifica la descrizione della DC in “Todo Modo” (altra opera di
Sciascia più tarda di un paio d’anni dal Contesto, precisamente del 1974). Lo stesso Partito democristiano finito nel ’94, attraverso un mirabile giuoco
di specchi e di rimandi, di fusioni e di separazioni, di apparenti
divisioni, destroidi e sinistre (termine
che rende bene il concetto). Rinasce. La DC rinasce, sotto mentite spoglie,
perché l’Italia è prevalentemente clericale e conservatrice, incapace di qualsiasi
cambiamento radicale. L’Italia della
prima o della seconda Repubblica rimane la Repubblica de Il Contesto. Leonardo
Sciascia l’aveva tenuto fermo due anni quel libro, aveva persino paura a pubblicarlo. E le
reazioni virulente degli articoli scagliati al suo indirizzo l’hanno
confermato. Sono stati più di venti gli articoli solo de L’unità e Rinascita
(il nostro ex Presidente Napolitano sicuramente
ricorderà anche chi li aveva firmati, quegli articoli). Descrivere
l’Italia come luogo di omicidi eccellenti in nome di una ragione di Stato dove
ci sono tutti, ma proprio tutti, opposizione compresa, è il tema preponderante del libro. “Ho paura di dire cose che possono avvenire”,
disse L. S. in un intervista dell’epoca . “Anch’io ho paura, paura di constatare
cose che sono già avvenute e continuano ad accadere” dice C. Sciascia.
E
ancora, rispetto alla questione della rappresentanza democratica e della
supremazia di finanza e poteri forti nel controllo dei sistemi: “..Non più un
pensiero teso ad una qualsiasi forma di cambiamento, ad una prospettiva che
parta dai bisogni reali dell'uomo e ci ponga l'alterità di un qualche modello,
ma una accettazione supina di scelte che vengono fatte da "altri" e
fatte "oltre" i confini nazionali. Il potere non sta in Parlamento
diceva Sciascia ma chi decide sta fuori, si colloca oltre, al di là ed al di
fuori del Parlamento stesso. Cioè le decisioni, le scelte vengono fatte al di
fuori dei partiti, e non sono scelte
apolitiche ma politiche elevate all'ennesima potenza, fatte da uomini fuori dai
partiti (tecnici) che stanno oltre qualsiasi schieramento, e forse proprio per
questo dentro tutte le forze politiche,
ne costituiscono l'humus. Come lievito,
come farina, come sale, comunque come forze inalienabili e vitali alla vita
dello Stato, di questo Stato, che tutto comprende (nelle tasse e nei tagli) e
tutto esclude (nelle scelte e nelle decisioni). “La politica monetaria, la
finanza, da strumento dei governi, sono diventati … governo. Ed ancora una
volta e sempre, strumenti di qualcosa di "altro" e di decisioni prese
"oltre" qualsiasi forma di rappresentanza democratica. La negatività
di scelte politiche si è evidentemente fusa con una negatività del pensiero”.
Si
prospetta finalmente un bagliore di ottimismo, nel lungo intervento di C. S.,
quando parla di un barlume, sia pure
flebile e a tratti improbabile di speranza: “Ma il mondo ha anche bagliori di
luce, bagliori dati dalla presa di coscienza dell’opinione pubblica. Ciò è vero se ricordiamo le grandi
manifestazioni pacifiste che contribuirono dall’interno a sconfiggere
l’imperialismo americano in Vietnam. O
il movimento femminista, che da elite è
diventato un movimento che ha cambiato
non solo la visione dei rapporti fra i sessi ma la visione del mondo intero. Se
lo hanno fatto le donne, solo le donne delle società progredite, perché un nuovo cambiamento non potrebbe
farlo proprio l’opinione pubblica mondiale? “.
Provvidenziale,
dopo la riflessione di C. Sciascia, la
lettura di una delle poesie in concorso: “Tramonto ad Archirafi” di Calogero
Restivo, uno straordinario elogio alla
vita che termina con una grande domanda: “chi ha inventato la vita era altro da
chi ha inventato la morte?. Come a dire: malgrado ciò che nel mondo non va e
non funziona, la vita rimane un grosso valore di riferimento e un punto di partenza sicuro, tanto che
risulta quasi incomprensibile il motivo per cui chi ha inventato la vita abbia
anche inventato la morte .
A
seguire altro notevole componimento poetico: “Notti”, di Giovanni Bellanca,
dedicata alla tragedia della migrazione clandestina, figlia della disperazione
umana e dell’ingiustizia sociale del mondo globalizzato.
Interviene,
nello stile della manifestazione, lo scrittore Alberto Petix con un brano del
suo romanzo in concorso: “Populist 2.0”, una storia di “fanta politica”, in
realtà tragicamente reale, che presenta un mondo prossimo venturo in cui la
democrazia diretta, sul modello delle vecchie polis, viene attuata mediante un
potente programma informatico che mette a sistema le volontà , i desideri e le
opinioni del popolo . Attraverso informazioni assunte in via indiretta (tutte
le informazioni personali e riservate fluttuanti sui social network ad
esempio!) la potente banca dati del
sistema, fornisce “pensieri pensati” e
autorizza (fornisce una legittimazione ) ad una ristretta oligarchia di potere di potere
governare per conto del popolo e per il suo bene.
Da Populist 2.0: “stiamo parlando di qualcosa
di più raffinato e nobile. Non ritengo che l’espressione “marketing elettorale”
sia calzante per la rivoluzione politica che immagino per il nostro Continente.
Le elezioni sono uno strumento dei sistemi rappresentativi. Nelle democrazie dirette non si giustificano. È il
popolo a decidere direttamente”. Continuavo a vacillare tra l’ipotesi che
quella che stavo ascoltando fosse un’idea geniale e quella che si trattasse di
una fantasiosa farneticazione.
“
E i mercati? Ha detto cha anch’essi dovrebbero giocare un ruolo rilevante nel
suo progetto” ribadii.
“Vedo
che mi sta seguendo” rispose Carter compiaciuto. “ il giudizio del popolo sarà
ponderato con quello dei detentori della
ricchezza che, si deve ammettere, hanno un interesse superiore alla prosperità
generale.
Questo
ovviamente non inficerà minimamente lo straordinario potere del popolo ma
contribuirà a dare forza alla volontà generale, inalienabile, infallibile,
indivisibile e assoluta, come nella teorizzazione di Rousseau!” Non riuscii a
dissimilare adeguatamente la mie perplessità
allo scaltro senatore, che parve anticipare le mie domande”.
Illuminante,
a seguire, l’intervento dell’Avvocato Giovanni Tesè, docente di discipline
giuridiche. Uno dei due esperti incaricato di “dipanare gli intrighi del
contesto” e individuare in questo elementi di attualità e vie di fuga.
La
disamina di Giovanni Tesè è risultata spietata e accattivante. Dopo
aver tracciato un breve percorso della democrazia nella storia, dall’antica
Grecia ai nostri giorni, si sofferma sui pericoli della deriva eurocratica,
l’egemonia delle oligarchie finanziarie e, con riferimento all’Italia, si sofferma sul rischio di deriva
della rappresentanza democratica insita nella nuova legge elettorale in atto
in discussione alla camera e di fatto
proposta e voluta dai quattro principali partiti ( di maggioranza e di
opposizione – nella migliore tradizione italiana del contesto sciasciano). Il
nuovo sistema elettorale, il “gabbatellum” così come definito da Tesè,
metterebbe una definitiva pietra tombale sulla democrazia italiana e
confermerebbe l’espropriazione al popolo italiano del diritto di eleggere i
propri rappresentanti con il voto di preferenza, confermando lo strapotere della
partitocrazia. Ironia della sorte, proprio in un momento in cui tutti i partiti
sono al minimo storico per credibilità, autorevolezza, democrazia interna e
contenuti ideologici.
Sempre
sulla rappresentanza parlamentare, ha ricordato l’avv. Tesè, “in questi anni
abbiamo assistito a un “balletto” scomposto di leggi elettorali, dissennate e
inqualificabili, adottate per rafforzare, surrettiziamente, “stabilità” e
“governabilità”.
E
proprio in queste ore, un inedito quadrunvirato, quantomeno sul piano formale,
perpetrando un’ennesima beffa in danno del popolo italiano e continuando a
mutilare la sovranità popolare consacrata nella nostra Carta Costituzionale,
sta confezionando un sistema elettorale, l’ennesimo “vestito su misura”,
mirante solamente a conservare una casta che ha dimostrato tutto, tranne
capacità di assicurare benessere, sviluppo, sicurezza e giustizia al popolo italiano.
Tale
sistema elettorale che pochi oligarchi stanno confezionando per farlo votare da
un parlamento tutt’altro che legittimato, consentirà ai pochi detentori del
potere: di nominare un parlamento tutt’altro che sostenitore della sovranità
popolare, capace di continuare a servirsi dei cittadini e di continuare a
rendere il popolo contento e gabbato; tant’è che sembra molto più corretto, ha
detto ancora Giovanni Tesè, che il nome più coerente da dare a un siffatto
sistema elettorale non può che essere “gabbatellum”.
Insomma
il quadro clinico è completo, sembra dire Tesè: la democrazia è gravemente
malata.
“La
democrazia malata” è anche il saggio di
Salvatore Silvano Messina, altra interessante opera in concorso una lucida
riflessione sulle cause di questa malattia. Simone Craparo, componente della
commissione giudicatrice, da lettura di due brevi brani tratti dall’opera. Il
primo riguarda il problema della corruzione:
“Nella
scala della fenomenologia dell’illegalità la corruzione occupa i posti più alti.
E' la condotta di coloro che, per denaro o altre utilità, viola la legge e non
obbedisce alle normative sociali. La molla della corruzione è l’avidità senza
limiti. Per il corrotto Il fine giustifica i mezzi ( G. Pansa). E il fine
significa: “super carriera fatta senza meriti”, il maxi-stipendio ottenuto
senza fatica…”. La corruzione è una mala pianta che alligna nei palazzi della
politica, della finanza, della burocrazia. Sembra un sistema caotico, ma nella
realtà si tratta di un caos ben governato da una regia nascosta: L’ossessione
del denaro facile. L’illeicità è di facile applicazione poiché coloro che
dovrebbero impedirla spesso collaborano con coloro che la realizzano. In molti
paesi la corruzione è endemica, come in
Italia, in Russia, in alcuni paesi dell’America meridionale, dell’Africa e
dell’Asia, in genere sottosviluppati. L’Italia, dal 1861 in poi è lastricata di
avvenimenti corruttivi messi in opera con il concorso, in un perverso
intreccio, di malavitosi con istituzioni pubbliche e private. “
E
ancora su corruzione e democrazia “Secondo G. Barbieri e F. Giavazzi esistono
due tipi di corruzione: La corruzione per infrazione della regola e la
corruzione delle regole stesse. La prima è quella classica, ma è divenuta
vulnerabile dopo i moderni sistemi indagativi degli ordinamenti giudiziari; la
seconda, moderna, non viola alcuna legge; sono le stesse leggi ad essere state
corrotte in quanto scritte ed approvate a vantaggio di privati contro
l’interesse dello Stato. ….”
Il
secondo brano affronta la questione
della rappresentanza e : “ …. da parte
di chi vince le elezioni, c’è la tentazione a radicalizzare quel “Dispotismo
della maggioranza”, preannunciato da Toqueville, che non concede nulla alle
minoranze e alle opposizioni. E' a rischio l'alternanza tra maggioranza ed
opposizione nel governo di un paese. In un modo o in un altro la democrazia ha
perso, e rischia sempre più di perdere, l'originale identità. Possiamo
affermare, senza ombra di smentita, che le democrazie attuali sono oligarchie
camuffate ( o lo sono sempre state?), maschere, come sosteneva Toqueville, che
vengono scambiate per la realtà. Più si
rafforzano tali oligarchie, più i cittadini si disavvezzano dalla
politica tradizionale. Nel frattempo i regimi autoritari, sempre più numerosi,
conquistano le simpatie del popolo il quale rischia, in mancanza di un valido
background, di interpretate come
“Democrazie moderne e funzionali” le Istituzioni dispotiche e quelle che
potrebbero nascere dall'affermarsi della moderna ideologia di destra, cioè del
populismo”.
Quanto
le grandi coscienze critiche nazionali possono aiutare a ritrovare il senso
dell’indignazione costruttiva, e quanto l’assopimento delle grandi voci libere
degli intellettuali di grande dignità e libertà stà contribuendo a far
prevalere il senso di abbandono e il disimpegno, rispetto al valore della lotta
e della partecipazione. Prova a spiegarcelo Liliana Arrigo con la sua poesia
“ora che la tua voce tace”, una pregevole lirica dedicata proprio al re dei
dissenzienti: Leonardo Sciascia: … oggi che la tua voce tace/si sperpera
l’arroganza/ma il battito sordo pesa/delle risposte mancanti,/perché questo è
il tempo/che la dignità ha consumato.
A
quella che sembra essere “follia
collettiva” dei modelli di governo della società avulsi dai contesti sociali
cogenti e dai bisogni dei popoli, giustificati dalla pretesa ipocrita
dell’agire per il bene della società avendo interpretato la volontà non
espressa dal popolo sembra aggiungersi la follia degli individui. Singole
identità fragili. Forse, semplicemente così
fragili da soccombere alle preoccupazioni della vita per rifugiarsi nel
labirinto del silenzio. Di questo ne ha parlato Davide Rocco Calacrai, poeta,
nel suo “I girasoli”, una poesia che raccolta l’anima dei malati di mente (che
possono però “girare-soli”), dice Davide Colacrai: “non ho mai ascoltato la mia
voce ne conosciuto i suoi preludi,/hanno arginato la parola, quando matura/era
pronta a rovesciare gli assi storti del mio abbeccedario,/ l’hanno
immobilizzata e costretto me ad ingoiarla, a risucchiarla e farla sparire, e
tutte le parole, sommate insieme, con il loro dolore liquoroso, contenuto e mai
sazio,/ hanno definito la mia malattia”.
Quanto
può la cultura e la conoscenza, quando sincero strumento di progresso e promozione
umana, contribuire a edificare una società migliore e consentirci di perseguire
ideali di verità e giustizia? Sempre e tanto, sembra essere la risposta di
Giovanni Salvo, poeta dialettale, cui è stato assegnato una menzione speciale
della giuria per la rima irriverente. Nel suo “caddiata cu li punza” , letta da
Anna Vitello, si apprezza un efficace parallelismo tra il valore della
conoscenza e la fatica del lavoro necessario a trasformare una discreta farina
in ottimo pane: “lu sapiri è la farina/senza tanta caniglina/ Si caddriata cu
li punza/ la giustizia giusta avanza.”
n.d.r.
il sapere è la farina senza tanta crusca che se impastata con energia da mani
forti consente sicuramente alla giustizia giusta di trionfare.
Anche
la condizione della donna, donna come la democrazia e come questa altrettanto
fragile ma capace di riscattarsi e risorgere, entra in scena con le rime di
“Riscattu” poesia di Francesca Vitello in vernacolo siciliano, cui la giuria
assegna la menzione speciale per la poesia in dialetto: Poi, finarmenti, si n’addunà,/ ca, senza
rispettu, ‘un c’è dignità. N.d.r.
poi finalmente si è accorta che
senza rispetto non c’è dignità.
A
seguire la lettura di due brani dei racconti terzi classificati ex aequo: “le
formiche e la mantide religiosa” e “la vinuta di la Madonna di lu Munti o la
venuta della democrazia”.
Il
primo, di Maria Teresa Caputo, racconta la storia di un giovane di sani ideali
che innamoratosi della figlia di un
politico di mestiere, viene prima rifiutato dal padre di lei
in quanto ritenuto uomo di poche speranza, per poi, una volta che questi
cade in disgrazia giudiziaria venire rivalutato e chiamato a garantire la
continuità politica del “suocero” seguendo un percorso non coerente con la
propria storia e la propria coscienza. Una storia di ordinario trasformismo e di resa all’opportunismo. Come
tante se ne sono registrate in questi primi due lustri del terzo millennio.
Lorella
Pillitteri, con il suo “la vinuta di la madonna di lu munti o la vinuta di la
democrazia”, racconta la storia di un gruppo di giovani di “paese” (Racalmuto
appunto) che partendo da una posizione
sociale pressoché uguale, seguono percorsi di vita differenti, sino a
ritrovarsi ad un certo punto su posizioni e ruoli contrapposti e a dovere decidere
se fare prevalere la ragioni della legalità e della legge applicata in modo
asettico o piuttosto le ragioni dell’affetto, dei ricordi e della
ragionevolezza. Un grave dubbio che si risolve in una riflessione fuori campo
sul valore pieno della democrazia: “ L’offerta
democratica che ci rivolgono con successo è una cagionevole formula che
ha il magico potere di unire un minimo di riconoscimento dei diritti ad una
grande tutela dei veri ideali contemporanei: garanzia del diritto di proprietà,
e un paventato equilibrio tra tasse e sicurezza “dal nemico”. Imperdibile
offerta che pronta ad essere rinegoziata risulterà sempre vincente perché il
livello di riconoscimento dei diritti, sia pure dell’uguaglianza a dispetto
dell’evidenza, esercita un fascino tale da indurre enormi masse a combattere in
suo nome e a farlo con tanto più vigore quando rischiano di perderlo; il gioco
è veramente semplice: non affamare troppo la gallina che depone le uova
d’or”.
Alla
conversazione è seguita la cerimonia di premiazione e la consegna dei premi e
dei riconoscimenti. La serata è stata allietata dalla chiatarra classica del
maestro Giorgio Bartolotta e si e conclusa nella migliore tradizione
racalmutese con un assaggio di “taralluzzi” e vino, quest’ultimo fornito dalla
cantina “F.lli Burruano” di tre diversi
vitigni coltivati nel fresco altopiano di Racalmuto: Nero d’Avola, Frappato e
Cataratto.
Si
ringrazia per la collaborazione al successo della prima edizione del premio
letterario “Il Contesto”, tutti i componenti della commissione
giudicatrice: Prof.sa Maria Busuito,
Prof.sa Maria Di Sano, Prof.sa Maria Tirone, Prof.sa Adele Troisi, Prof.sa Anna Vitello, Prof.
Giuseppe Craparo; il Comune di Racalmuto, il Consorzio Isola Bio Sicilia e
l’Azienda Vitivinicola “F.lli Burruano”.
Il
presente resoconto e quanto altro inerente il premio sarà pubblicato sul sito
dell’associazione organizzatrice al seguente link:
Sul
sito dell’associazione Humus di Racalmuto è possibile visitare la ricca
documentazione fotografica relativa alla manifestazione finale e le opere
integrali.
Il
presidente
Calogero
Alaimo di Loro
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