Pochi giorni dopo lo sbarco in Sicilia del 12 luglio 1943, l’AMGOT (Allied Military Goverment of Occupied Territory) - e
cioè l’amministrazione militare anglo-americana formata in gran parte da
ufficiali della riserva - appena deposto il podestà di Canicattì, avvocato
Angelo La Vecchia, chiamò a presiedere l’Amministrazione Comunale, in qualità
di sindaco, l’avvocato Giovanni Guarino Amella che si insediò a Palazzo di
Città il 17 luglio 1943.
Giovanni Guarino Amella fu il primo sindaco antifascista nominato
in Sicilia e, per la sua grande preparazione, divenne apprezzato consigliere
degli americani per altre nomine, soprattutto dei nuovi prefetti dell’isola. La
nomina a sindaco di Guarino Amella fu una scelta dettata da prudenza: occorreva
ricostruire la struttura amministrativa della città ed era opportuno affidarne
la guida ad una persona equilibrata e di grande esperienza e prestigio. Ad un
altro Guarino Amella, il cavaliere Rodolfo, fratello di Giovanni e
amministratore dei beni della famiglia Colonna di Cesarò, gli americani
affidarono la guida di un altro comune dell’Agrigentino: Joppolo Giancaxio. Con
una dichiarazione fatta in presenza di amministratori comunali e provinciali,
Giovanni Guarino Amella elogiò gli americani per le scelte equilibrate che
andavano operando nei vari comuni, in assonanza con i desiderata della
popolazione.
Giovanni Guarino Amella aveva ormai provato tutte le esperienze:
avvocato, giornalista, amministratore comunale e sindaco, presidente, nella
provincia di Girgenti, del Consiglio prima e poi della Deputazione, tre volte
deputato, dirigente politico a livello provinciale e regionale. Aveva avuto
tanto da una città che non era la sua.
Era nato, infatti, a Sant’Angelo Muxaro, uno dei comuni più ricchi
di storia in Sicilia, l’otto ottobre del 1872, da Calogero e Giuseppa Amella.
Ben presto morì il padre e la mamma, per mantenere i figli, fu costretta a
vendere la proprietà terriera. La morte del genitore e la vendita dei beni
familiari, quella che si dice una tragedia, fu la fortuna di Giovanni. I beni
di famiglia furono infatti comprati dal barone Francesco Lombardo di Canicattì,
mecenate ed imprenditore illuminato. Il barone, apprezzando le doti di grande
intelligenza di cui il giovane appariva dotato, lo condusse con sé a Canicattì
e lo fece studiare a sue spese, fino alla laurea in Giurisprudenza, conseguita
nell’Università degli Studi di Palermo.
Nel capoluogo dell’isola Giovanni ebbe modo di conoscere esponenti
del movimento dei Fasci Siciliani ed in particolare Napoleone Colaianni.
Conseguita la laurea, tornò a Canicattì ove, mentre praticava l’attività
forense, muoveva i primi passi nell’agone politico cittadino. Il barone
Lombardo ne protesse la latitanza dopo lo scioglimento dei Fasci. Giovanni
Guarino Amella, dopo le prime esperienze giovanili, diventò un moderato, ma
sempre anticlericale, nel partito radicale di Felice Cavallotti. Fu vicino al
barone Lombardo nella lotta per l’ampliamento del territorio di Canicattì e ne
sostenne le battaglie sul suo giornale Il Risveglio.
La figura di Giovanni Guarino Amella fu certamente assai forte per
la profonda preparazione giuridica, la sicura padronanza del mestiere di
giornalista, il costante impegno in favore della sua terra. Tra i numerosi
periodici da lui fondati ricordiamo il più importante: Il Moscone-Giornale
settimanale della Provincia. Il primo numero uscì a Girgenti il 29 aprile 1906;
l’ultimo il 18 ottobre 1913.
Non sono però concordi i giudizi sui passaggi e sulle alleanze
della sua lunga carriera politica. Si passa da esaltazioni quasi fideistiche ad
attacchi ingenerosi e, talvolta, al limite della volgarità.
Entrato in politica nel Partito Radicale di Felice Cavallotti, per
le sue posizioni anticlericali e per talune difformità di schieramento nelle
varie competizioni elettorali, Giovanni Guarino Amella fu fortemente criticato,
soprattutto negli ambienti cattolici. Un feroce articolo apparve nel 1909 sul
quindicinale Il Lavoratore, a firma di Un solitario (probabile l’attribuzione
al direttore don Nicolò Licata), Già nel titolo una prima notazione polemica:
“All’avvocato Giovanni Guarino Amella (che non risponde - N.d.r.)”. Con riferimento
alle elezioni politiche di quell’anno, vinte a Canicattì dall’avversario
storico di Guarino Amella, Cesare Gangitano, l’anonimo estensore scriveva:
“Quest’anno pare che gli dei dell’Olimpo abbiano congiurato contro di lei; il
suo apostolato energico e costante e la sua boria depuratrice hanno avuto un
vero scacco matto, hanno fatto bancarotta quasi completa; ed oggi lei è
costretto, suo malgrado, a ripetere con Giacomo–Lo idealista: “Bisogna
cominciare da capo”. E questa volta le auguro sinceramente che non solo cominci
bene, ma finisca bene”.
Ancora un attacco de Il Lavoratore in un articolo non firmato del
novembre 1909: “Guarino Amella, in grazia dei milioni del sior paron, è
riuscito a rimorchiare e aggiogare al suo carro tanti e tanti altri” e, a
proposito di coerenza, “nel giorno dei Morti fu veduto, egli sinceramente
anticlericale, accompagnare al Cimitero, quale umile chierichetto, il sacerdote
che dovea celebrare la Messa per i parenti del Barone. Già: la
religione è cosa privata! Comprendo che bisogna rassegnarsi a fare la volontà
del Mecenate, ma in questo caso noi possiamo ricordargli sempre che egli è uno
venduto, costretto a mordere il freno, e non un’anima carducciana”.
Giovanni Guarino Amella riuscì a fare eleggere
Giuseppe Marchesano nelle elezioni politiche del 1913 – contro il
deputato canicattinese uscente Cesare Gangitano - e fu eletto egli stesso
deputato nel 1919, nel 1921 e nel 1924. Nel 1921 i radicali di Guarino Amella
aderirono a Democrazia Sociale, il partito fondato da Antonio Colonna di
Cesarò.
Rieletto deputato per la terza volta il 6 aprile 1924, Guarino
Amella il 5 giugno successivo negò la fiducia al governo Mussolini unitamente a
14 dei 19 deputati siciliani antifascisti: Di Cesarò, Faranda, Fulci, Nasi,
Giuffrida, Macchi, Saitta, La Rosa, Termini, Aldisio, Costa,
Vella, Losardo, Lombardo Pellegrino. Dopo l’assassinio di Giacomo
Matteotti, avvenuto il 10 giugno 1924, Guarino Amella aderì alla secessione
dell’Aventino e, il 27 giugno, ne divenne il segretario. Quattro deputati
siciliani, invece, Lomonte, Restivo, La Loggia e Graziano, votarono
la fiducia al governo e non parteciparono alla riunione dei deputati di
opposizione (I Deputati Siciliani, in L’Aventino, Canicattì 31 agosto 1924).
L’uccisione del deputato socialista ebbe vasta eco a Canicattì. A
cura dei partiti antifascisti, il 26 giugno, fu affisso un manifesto di forte
condanna:
Cittadini !
Domani, venerdì
27 Giugno, alle ore 10, in una delle aule del Parlamento i rappresentanti del
popolo italiano commemoreranno l’ultimo martire per la libertà
On. Giacomo
Matteotti
ferocemente
assassinato.
In tale ora
tutte le organizzazioni d’Italia ed i liberi cittadini sospenderanno per dieci
minuti il lavoro ed ogni attività, rivolgendo il pensiero alla memoria di colui
che, col suo sangue innocente e col corpo non ancora ritrovato, rappresenta la
fine di ogni sistema di violenza.
Anche a
Canicattì, domani alla stessa ora, per dieci soli minuti, senza riunioni,
cortei o discorsi, il pensiero di ogni classe di cittadini sia volto alla
solenne commemorazione, che è insieme pianto, protesta e fermo proposito che
giustizia venga fatta.
Sezione del
Partito Socialista Unitario
Sezione della
Democrazia Sociale
Sezione del
Partito Social. Massimalista
Sezione del
Partito Popolare Italiano
Guarino Amella in quel periodo salì alla ribalta nazionale per due
episodi in cui si distinse per coraggio: a Pontecorvo rischiò di essere
bruciato vivo nell’incendio di una casa appiccato dai fascisti che il giorno
precedente gli avevano ingiunto, invano, di non tenere un comizio
antigovernativo; e ancora, per reagire alle minacce fasciste, entrò una mattina
a Montecitorio con una pistola in mano.
Il 9 dicembre del 1926 Giovanni Guarino Amella fu dichiarato
decaduto da deputato e si ritirò a Canicattì ove si dedicò con successo
all’avvocatura. Il suo studio-abitazione si trovava in un’ala del palazzo del
barone Lombardo di via senatore Gangitano destinato in gran parte, dalla fine
degli anni Trenta, a sede della caserma dei carabinieri.
Guarino Amella era stato indicato in un primo tempo dal barone
Lombardo, che non aveva figli (una figliola era morta adolescente), suo erede
universale, ma aveva convinto il suo amico e benefattore a dividere l’eredità
ai nipoti. Per loro fu una vera sorpresa essere invitati dallo stesso Guarino
Amella all’apertura del testamento dello zio: ormai non speravano più in alcuna
eredità. Parte del palazzo Lombardo (di fronte la Chiesa Madre) rimase in
usufrutto a Guarino Amella fino alla sua morte, avvenuta nel 1949; quindi passò
nella disponibilità del barone Nicolò La Lomia, nipote del Lombardo. Il palazzo
è circondato da uno splendido giardino, realizzato sopra una enorme vasca
d’acqua.
Giovanni Guarino Amella esercitò la professione di avvocato
civilista non solo a Canicattì ma anche a Caltanissetta, Agrigento e Palermo.
In quest’ultima città utilizzò un ambiente a piano terra del prestigioso
Palazzo La Lomia di piazza Castelnuovo messo a disposizione dall’amico barone
Agostino.
Lo studio Guarino Amella di Canicattì fu palestra di formazione
per tanti giovani avvocati: tra i più noti Paolo Trenta, deputato regionale per
la Democrazia Cristiana dal 1963 al 1967; Giuseppe Signorino, sindaco di
Canicattì, deputato e assessore regionale; Arcangelo Li Calzi e Giuseppe
Alaimo, fondatore e direttore di un importante quindicinale, La Torre, che si
pubblicò per ben 43 anni, dal 1954 al 1997.
Per tanti anni Giovanni Guarino Amella mantenne un totale riserbo
sulle vicende amministrative. Rare le sue apparizioni in occasioni ufficiali:
partecipò nel 1930 alle celebrazioni in occasione del venticinquesimo della
morte di padre Gioacchino La Lomia e il 18 novembre 1935 alla consegna dell’oro
per la Patria.
Giovanni Guarino Amella rimase in carica come sindaco fino
all’otto settembre 1944. Furono mesi assai difficili per la popolazione,
stremata dalla guerra, e per la stessa amministrazione, chiamata a risolvere
enormi problemi. Molte le case distrutte o gravemente danneggiate dai
bombardamenti; mancavano tanti generi di prima necessità, anche perché i
proprietari terrieri avevano fatto incetta di frumento; fatiscenti o
addirittura inesistenti in molti quartieri le reti idriche e fognarie; assenti
molti servizi pubblici e assai carente l’assistenza sanitaria.
Si riorganizzarono i partiti politici e ripresero la loro attività
vecchi dirigenti come i fratelli Domenico e Diego Cigna, Pasquale Gazzara,
Francesco Macaluso e Salvatore Sanmartino.
Guarino Amella insediò nell’ormai ex Casa del Fascio di via
capitano Ippolito la direzione del suo partito, Democrazia del Lavoro, e la
redazione del settimanale La Fiaccola, diretto da Carlo Soresi, un palermitano
trasferitosi a Canicattì dopo aver sposato la sorella del gioielliere dottor Diego
Martines. I locali al piano terra, invece, continuavano ad essere, in parte,
sede del Commissariato di Pubblica Sicurezza.
L’avvocato Salvatore Sanmartino, nella sede dell’Associazione
Antiblasfema di via Cesare Battisti, costituiva il primo nucleo della
Democrazia Cristiana; il Partito Comunista apriva una sezione nella parte
iniziale di via Marconi.
L’Amministrazione Comunale doveva sottoporre le sue delibere al
visto della Commissione Alleata di Controllo della Provincia di Agrigento..
Insieme alla ricostituzione dei partiti politici, nell’immediato
dopoguerra i lavoratori, per rivendicare e difendere i propri diritti, per
fermare la corsa al rialzo dei prezzi e per lottare il mercato nero, si
riorganizzarono in cooperative: alcune di ispirazione cristiana come la
“Libertas”, presieduta da Giuseppe Sciascia Cannizzaro, e “Campo e Terra”;
altre di ispirazione socialcomunista come “La Proletaria”, presieduta da
Domenico Messina, e “La Popolare”, presieduta da Raffaele Iannicelli e
Pasquale Gazzara.
In attuazione dei decreti Gullo dell’ottobre 1944 e su proposta
della Commissione Provinciale per l’assegnazione delle terre incolte, il
prefetto di Agrigento alla fine del 1945 assegnò a “La Proletaria”
considerevoli estensioni di terre incolte e, nei primi del 1946, la stessa
cooperativa occupò 87 ettari di latifondo in contrada Graziano Spatafuri,
di proprietà dei fratelli Giuseppe e Giovanni Caramazza.
Guarino Amella scelse come suoi collaboratori,
nell’amministrazione del Comune, Diego Cigna, Carmelo Curto,
Pasquale Gazzara e l’ex sindaco Rosario Livatino, tutti di area
socialista. I nuovi amministratori, socialisti ed anticlericali, pur di
risolvere il problema della fame, perché di questo si trattava, chiesero ed
ottennero, con pubblico manifesto, collaborazione da parte di alcuni sacerdoti
particolarmente benvoluti dal popolo.
Sorprende, nel manifesto, il mancato invito ai due sacerdoti che
ricoprivano in città le cariche ecclesiastiche più prestigiose: l’arciprete
Angelo Scrudato che, dopo 12 anni, nel 1945 avrebbe preferito
rinunziare al suo incarico per tornarsene a San Giovanni Gemini, suo paese
natale, e monsignor Matteo Montanti (1886-1961), parroco di San Diego e vicario
foraneo. Fu invece ritenuta opportuna la collaborazione del sacerdote Calogero Avenia (1910-1991),
uomo di grande cultura, giornalista, segretario particolare per alcuni anni del
vescovo Peruzzo e poi, fino alla morte, rettore della chiesa di San
Giuseppe; del parroco di San Domenico padre Paolo Meli (1891-1967), un
sacerdote molto semplice e bonario, ma assai popolare in città; di padre Angelo
Li Calzi (1886-1955), monaco agostiniano e parroco di San Biagio; del sacerdote
Antonio Sciascia Cannizzaro (1888-1968), rettore della chiesa di San Francesco
e accanito sostenitore locale del Partito Popolare di don Luigi Sturzo.
A fine 1943 Giovanni Guarino Amella nominò la sua giunta, che però
non ebbe da parte degli organi di controllo il “visto di esecutorietà”. Ne
facevano parte Diego Cigna, Carmelo Curto, Diego Vinci, Arcangelo Li Calzi,
Carmelo Celestri e Giuseppe Montante. Nel marzo 1944 Guarino Amella
nominò una nuova giunta che poté finalmente operare. Ne facevano parte
l’avvocato Arcangelo Li Calzi (delegato alla firma e incaricato della
sostituzione), l’avvocato Salvatore Sanmartino (pubblica istruzione),
l’ingegnere Vincenzo Curto (lavori pubblici), il dottor Antonio Cigna (annona)
e, senza deleghe specifiche, Alfonso Guadagnino e Giuseppe Montante.
Era appena avviato il processo di risanamento e ricostruzione
della città e subito prevalsero, ancora una volta, le contrapposizioni
ideologiche e le lotte intestine tra le forze di sinistra. All’interno della
stessa Giunta Comunale si sviluppò una contrapposizione tra il sindaco ed
alcuni degli esponenti socialisti che ne facevano parte; contrapposizione
tuttavia messa da parte in alcune circostanze, come nell’aprile 1944, allorché
furono introdotte nella toponomastica cittadina importanti variazioni: fu
cancellato dallo stradario il titolo di piazza XXVIII Ottobre che tornò ad essere
piazza Vincenzo Macaluso; via Palermo divenne via don Giovanni Minzoni;
largo Savoia divenne largo Giacomo Matteotti; piazza della Palma fu intitolata
al “martire Giovanni Amendola”; via Diaz tornò ad essere via Felice Cavallotti;
via Laterizi divenne via Armando Diaz.
Intanto l’assessore Diego Cigna da alcuni giorni aveva annunciato,
su un foglio volante distribuito in tutta la città, le sue dimissioni.
L’esponente socialista, pur confermando la sua stima personale nei riguardi di
Guarino Amella, col quale dichiarava di voler mantenere buoni rapporti,
accusava i collaboratori del sindaco di aver cercato disperatamente di creare
motivi di dissenso. Giovanni Guarino Amella rispose il 9 aprile 1944 con un
altro foglio volante dal titolo Risposta al “Frammento” del farmacista Cigna.
Dalla lettura emerge con evidenza come il contrasto tra i due non fosse
determinato da contrapposizioni ideologiche ma, talora, da piccoli contrasti di
bottega.
Emergevano intanto in città forti contrapposizioni tra cattolici
da un lato e socialcomunisti dall’altro. Di uno scontro, avvenuto il 3 maggio
del 1944, fu testimone don Vincenzo Restivo, futuro arciprete della città.
Con un gruppo di esploratori, da lui appena organizzati, si preparava a salire
a Borgalino, ove, per la prima volta dopo la guerra, si celebrava solennemente
la festa di lu Tri di Maiu e cioè la festa del Santissimo Crocifisso. I giovani
esploratori indossavano la “coccarda tricolore al petto e il fazzoletto
bianco-giallo al collo”.
Scrive Vincenzo Restivo: “Coccarda al petto, fazzoletto al
collo, bandiera tricolore ammainata, ci raccogliamo dinanzi al Palazzo di Città
e ordinatamente ci avviamo, tra due ali di gente curiosa, verso Borgalino.
Sulla balconata di palazzo Caramazza, al grido: “San Giorgio, Italia!”,
si smaina la bandiera e avviene lo scontro… Un arrabbiato comunista
lancia un insulto e uno sputo. Sciolte le righe, comincia una furiosa rissa;
l’intervento dei carabinieri ricompone la rissa, già pronta a riprendere
all’apparire di una enorme bandiera rossa. I giovani fuggono, affiancati da
parenti, simpatizzanti, per riaccendere la lotta in via Marconi. Spuntano
le manotte di ferro, i bastoni; scompaiono cravatte, camice, e le
giacche sono a brandelli. Così per ben quattro, cinque volte, finché la bandiera
tricolore spunta a sventolare sul campanile della chiesa di San Francesco,
assediata alla porta da difensori ad oltranza con in mano sedie e sbarre”
(Vincenzo Restivo, Da Hiroscima all’abbraccio di Assisi
1946-1986, Canicattì, 1987).
A sera l’onorevole Giovanni Guarino Amella, l’avvocato Arcangelo
Li Calzi e l’insegnate Egidio La Rocca, tutti di Democrazia del Lavoro,
andarono “a congratularsi e a offrire la loro collaborazione di partito”. Ma
don Restivo rispose: “Noi siamo chiesa e non partito”.
La situazione amministrativa era ormai assai deteriorata: al punto
che perfino la commemorazione del martirio di Giacomo Matteotti, programmata da
Guarino Amella per il 10 giugno 1944, divise i vari tronconi della
sinistra. Dopo avere concordato col sindaco, giovedì 8 giugno, il programma
della cerimonia, il segretario della sezione comunista Antonio Mannarà, la
sera del sabato antecedente la ricorrenza, comunicò per lettera che, “in
conformità a disposizioni dei dirigenti, la sezione non intendeva partecipare a
commemorazioni di nessun martire”; a nome della sezione socialista il
farmacista Diego Cigna declinò l’invito asserendo che i socialisti avrebbero
organizzato una loro cerimonia.
La vicenda ebbe vasta eco a livello nazionale: il giornale Avanti
del 9 luglio 1944 pubblicò una nota in cui si asseriva che il sindaco di
Canicattì aveva proibito la commemorazione di Matteotti. Giovanni Guarino
Amella rispose con una lettera del 12 luglio ricostruendo lo svolgersi dei
fatti.
Il 17 luglio 1944 il sindaco Guarino Amella nella seduta di giunta
diede lettura del decreto prefettizio n. 1635 dell’otto luglio 1944 con il
quale erano stati nominati assessori effettivi Arcangelo Li Calzi, Salvatore
Sanmartino, Antonio Cigna, Giuseppe Gallo, Alfonso Guadagnino e Antonino
Pillitteri, mentre assessori supplenti erano stati nominati Giuseppe Montante e
Giuseppe Carlino. Arcangelo Li Calzi era confermato assessore delegato. Le
nuove nomine erano state effettuate in applicazione del R.D.L. n. 111 del 4
aprile 1944 che stabiliva “norme transitorie per l’Amministrazione dei Comuni e
delle Province”.
Intanto però il clima poco propizio allo svolgimento del suo
incarico alla guida della civica amministrazione e il desiderio di dedicarsi a
tempo pieno alla stesura dello statuto siciliano facevano maturare in Giovanni
Guarino Amella l’idea di rassegnare le dimissioni da sindaco di Canicattì. Ma,
nell’esecuzione del suo progetto, Guarino Amella fu preceduto da un decreto del
prefetto di Agrigento, Francesco Mocci, che lo destituiva dall’incarico per due
diversi motivi, come risulta dal testo del documento che, per assoluta
necessaria chiarezza, riportiamo integralmente (Archivio comunale – Carpetta
relativa alla elezione dei sindaci – Prot. n. 3804 del 12 settembre 1944).
Div. Gab.
N° 3119 REGIA PREFETTURA DI AGRIGENTO
IL PREFETTO
DELLA PROVINCIA DI AGRIGENTO
CONSIDERATO che
il Sindaco di Canicattì, On. Avv. Giovanni Guarino Amella, è stato denunziato
all’Autorità Giudiziaria per correità in infrazione all’art. 1 del Decreto
Legislativo Luogotenenziale 4 luglio 1944, n. 153:
CONSIDERATO
inoltre che per le sue molteplici occupazioni l’On. Guarino Amella non può più
oltre attendere con la necessaria diligenza e solerzia alle mansioni di Sindaco
dell’importante centro di Canicattì:
VISTA la legge
comunale e provinciale;
DECRETA
Il Comm. Dott.
GIUSEPPE CONTINO, Ispettore provinciale di questa Prefettura, è nominato
Commissario Prefettizio per la temporanea amministrazione del Comune di
Canicattì, con l’incarico di sostituire l’On. Avv. Giovanni Guarino Amella
nella carica di Sindaco del Comune in attesa dell’esito del procedimento penale
di cui sopra è cenno.
Al predetto
Commissario verrà corrisposta sui fondi dell’Ente la diaria di lire duecento al
lordo delle ritenute erariali per i giorni di effettiva permanenza nel Comune,
oltre il rimborso delle spese di viaggio a norma di legge.
Agrigento, li 9
settembre 1944
IL PREFETTO
F.to Francesco
Mocci
L’infrazione di cui si parla nel decreto si riferiva ad una
iniziativa di Giovanni Guarino Amella in favore dei cittadini bisognosi,
effettuata mediante una distribuzione di grano con buoni del Comune. Nelle
modalità adottate furono intraviste delle irregolarità rispetto a quanto
stabilito dal Decreto Legislativo Luogotenenziale n. 153 del 4 luglio 1944
relativo al conferimento del grano, dell’orzo e dell’olio del raccolto 1944. Il
fatto fu denunciato da anonimi avversari politici. Pare che in quella occasione
sia intervenuto in favore di Guarino Amella lo stesso presidente del Consiglio
dei Ministri Ivanoe Bonomi.
Ma l’intervento prefettizio fu determinato soprattutto dalla
volontà manifestata, da parte del sindaco Guarino Amella, di consentire la
vendita del grano anche ai non produttori. Su tale progetto aveva indagato,
all’insaputa dell’Amministrazione, un maggiore dei carabinieri; venuto a
conoscenza del fatto, il sindaco, nella seduta di giunta del 30 luglio 1944,
espresse la sua amarezza, ricevendo solidarietà da tutti gli assessori e
soprattutto dall’avv. Salvatore Sanmartino che peraltro annunciava le sue
dimissioni per motivi politici non collegati alla vicenda. Nella stessa seduta
Guarino Amella manifestava l’intenzione di dimettersi dalla carica di sindaco,
non appena definita la vicenda del grano. La seduta di Giunta del successivo 10
agosto fu presieduta dall’assessore delegato Arcangelo Li Calzi. Guarino Amella
nella stessa seduta fu nominato componente del Consorzio delle Tre Sorgenti in
sostituzione del dimissionario ing. Vincenzo Curto; successivamente sarebbe
stato pure nominato componente della Commissione per la Biblioteca Comunale.
La “molteplici occupazioni”, cui si faceva riferimento nel decreto
prefettizio di rimozione, erano conseguenti al ruolo politico che, da tempo
ormai, Guarino Amella aveva assunto non solo a livello provinciale ma anche, e
soprattutto, in ambito regionale. Il 9 dicembre 1943 Giovanni Guarino Amella,
Domenico Cigna e il riberese Antonio Parlapiano Vella, in qualità di
delegati della provincia di Agrigento, avevano partecipato a Palermo ad una
riunione degli indipendentisti siciliani, guidati da Andrea Finocchiaro Aprile.
Guarino Amella il 10 maggio e il 4 giugno 1944 aveva partecipato ad una
riunione di sindaci separatisti svoltasi al Palazzo delle Aquile di Palermo
sotto la presidenza del sindaco di quella città Lucio Tasca.
Democrazia Sociale intanto aveva ripreso l’attività ma, nel
congresso del maggio 1944, era confluita, insieme ai riformisti siciliani, nel
nuovo Partito Democratico del Lavoro. Gli accordi erano stati presi in
precedenza, a Napoli, tra l’on. Guarino Amella, in rappresentanza dei
demosociali, e l’avv. Demaria, in rappresentanza dei riformisti, da una
parte, e il Ministro senza portafoglio on. Ruini, l’on. Cerabona e il
prof. Patruno, dall’altra, a nome della Direzione Centrale del Partito
Democratico del Lavoro, di cui era riconosciuto come capo morale l’on. Ivanoe
Bonomi.
Il Partito Democratico del Lavoro ebbe come organo ufficiale il
periodico La Fiaccola. Guarino Amella fu chiamato a far parte della Consulta
Regionale Siciliana e, in seno ad essa, della Commissione per lo Statuto
Siciliano, istituita il 1° settembre 1945 dal governo Bonomi. Il 26 febbraio
1945, durante la seduta di insediamento della Consulta regionale presso l’Alto
Commissariato, tenne un importante discorso. L’elaborazione dello statuto andò
avanti grazie, anche, alla partecipazione di altri importanti esponenti
politici, come Enrico La Loggia, Giovanni Salemi, Mario Mineo, Girolamo Li
Causi e Giuseppe Alessi; la promulgazione avvenne il 16 maggio 1946. Giovanni Guarino
Amella continuò ancora nella sua battaglia, stavolta per la piena
attuazione del nuovo statuto; a questo scopo il 18 luglio 1946, non fidandosi
di Nenni e dei ministri socialisti e nemmeno dei ministri comunisti, rivolse un
appello ai ministri repubblicani Facchinetti e Magrelli ritenuti, in quanto
esponenti di un partito federalista, sensibili alle posizioni
autonomiste.
Giovanni Guarino Amella si candidò alle prime elezioni per
l’Assemblea Regionale Siciliana che si tennero il 20 aprile 1947 ma, pur votato
in maniera massiccia nel suo collegio, non risultò eletto poiché il suo
partito, a livello regionale, non raggiunse il quorum che gli avrebbe
consentito di partecipare alla distribuzione dei seggi. Fu la sua ultima
presenza da protagonista sulla scena politica; tuttavia nelle elezioni
politiche del 1948 assicurò il suo appoggio al Blocco del Popolo.
Morì nella clinica Pavone, a Palermo, il 19 ottobre 1949; i
funerali si svolsero nella Chiesa Madre di Canicattì sabato 21 ottobre alle ore
10,30 e, al termine, alle ore 11,30, si tenne una solenne commemorazione al
Teatro Sociale. Giovanni Guarino Amella fu sepolto a Sant’Angelo Muxaro.
L’amministrazione socialcomunista di Canicattì, mettendo da parte le vecchie
polemiche, rese onore al grande uomo politico, proclamando il lutto cittadino e
pagando le spese del funerale.
NOTA - A corredo del presente articolo pubblichiamo
due foto dell'uomo politico canicattinese. La prima (qui in apertura pagina) è quella pubblicata da
sempre in tutti i libri. La seconda, invece, viene di seguito pubblicata per la prima
volta e ci offre lo spunto per una riflessione.
Con tutta probabilità si tratta di una
foto allegata all'annuario della Camera dei Deputati: deduciamo ciò dalla
indicazione del gruppo politico di appartenenza - Democratico Costituzionale -
che fu presente sulla scena politica solo tra il 1913 e il 1922. Viene indicato
anche il collegio elettorale - Girgenti - in cui nel 1919 venne eletto per la
prima volta l'uomo politico canicattinese indicato come "Guarino
Gio." e non "Giovanni Guarino Amella": il secondo cognome non
era, infatti, anagrafico ma aggiunto successivamente per ricordare la mamma
Giuseppa Amella. Il Partito Democratico Costituzionale Italiano fu uno dei
numerosi movimenti in cui confluirono gli eredi dell'esperienza giolittiana a
seguito del Patto Gentiloni del 1913 e della conseguente istituzione del
suffragio universale maschile. Il Partito Democratico Costituzionale Italiano
confluì - nel 1922 - nel Partito Democratico Sociale Italiano, meglio
conosciuto come Democrazia Sociale e di cui fondatore e principale esponente fu
Giovanni Antonio Colonna di Cesarò. Alle elezioni politiche del 1919 il Partito
democratico Costituzionale partecipò all'interno di una coalizione elettorale
formata da esponenti della corrente di sinistra dell'area liberale e guidata da
Francesco Saverio Nitti (Partito Radicale) e Giovanni Amendola (Democrazia
Liberale).
Gaetano Augello
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