Luigi Ficarra, CONGRESSO PROVINCIALE PRC (Padova, 26 marzo 2017)

RADICI TEORICHE DELLE TESI DELL''VIII CONGRESSO DEL PCI
La mancata fondazione delle specifiche caratteristiche di classe dello Stato e della democrazia borghese, portano Engels a compiere, nella prefazione del 1895 al libro di Marx “Le lotte di classe in Francia”, un recupero delle istituzioni rappresentative che - Egli dice - il proletariato deve utilizzare come giusto e valido campo di lotta per il socialismo. Tale recupero da parte di Engels rappresenta una negazione della tesi di Marx e sua - come precisata nella prefazione al Manifesto del partito comunista del 1872, dopo l’esperienza della ‘Comune’ -, che “la classe operaia non può impossessarsi puramente e semplicemente di una macchina statale già pronta e metterla in moto per i propri fini” ed occorre invece “spezzarla”, come scritto da Marx a Kugelman il 12.4.1871.

Il suddetto recupero delle istituzioni rappresentative borghesi compiuto da Engels ha comunque costituito il presupposto delle ipotesi revisioniste vecchie  (Kautsky e Bernstein) e nuove (VIII congresso del PCI); ipotesi fondate sul presupposto che sulla base di una certa assunzione da parte dello Stato di funzioni dirette ed indirette nella gestione dell’economia  - (come avvenne, ad esempio, con la costituzione dell’IMI nel 1931 e dell’IRI nel 1933, per iniziativa di Beneduce, per dare un impulso, dopo la crisi del ’29, alla ripresa dell’accumulazione e quindi perseguendo l’interesse generale capitalistico) -, sia giusto sostenere la strategia dell’evoluzione al socialismo nella democrazia senza soluzione di continuità.
- In Italia ed in Europa la traduzione del leninismo ha avuto come cardine il VII congresso dell’IC del 1935 e l’ipotesi con quest’ultimo posta della costruzione di un blocco di forze antimonopolistiche capace di restaurare la democrazia e gli istituti democratici, quale ‘premessa storica’ per la lotta per il socialismo.
Il PCF, pur seguendo la suddetta indicazione, mantenne fermi “lo scopo finale” ed il ‘salto rivoluzionario’, nonché la previsione della ‘dittatura del proletariato’ e quindi una conseguente struttura del partito.
Il PCI, invece, adottando la linea per una ‘democrazia progressiva’, detta anche ‘democrazia di tipo nuovo’, delineò con l’VIII congresso del 1956 i presupposti della strategia di passaggio per via democratico parlamentare al socialismo; presupposti che specificò nella lotta per la c.d. ‘socializzazione dello Stato’, da perseguire nel parlamento che funziona, nello sviluppo delle autonomie locali e della ‘democrazia dal basso’, e nella lotta per la c.d. ‘politicizzazione dell’economia’, da realizzare con la programmazione democratica e quindi con interventi dello Stato in economia e con lo sviluppo controllato dell’accumulazione (capitalistica). E nell’VIII congresso il PCI, a differenza del PCF, dissolse definitivamente la tesi marxiana e leniniana della rottura dello Stato borghese, negando conseguentemente, in  nome del pluralismo e della democrazia parlamentare, ogni ipotesi di dittatura del proletariato.
Venne in tal modo portata a compimento la linea delineata con la ‘svolta di Salerno’ e la creazione del ‘partito di tipo nuovo’.
Togliatti, nella nota intervista a ‘Nuovi Argomenti’ (n. 20/1958), disse chiaramente che «oggi è stata formulata in modo generale la tesi della possibilità di una avanzata verso il socialismo nelle forme della legalità democratica ed anche parlamentare».
La indubbia pressione dei grandi gruppi economico-finanziari a restringere i margini della democrazia, definita da essi, nella Trilaterale degli anni ’70, come un inciampo per l’accumulazione realizzata nel loro ambito, non deve a mio avviso tradursi nell'errore di ritenere che tutto lo schieramento politico borghese capitalistico sia prono a tale auspicio. Al contrario quest’ultimo, perseguendo l’interesse generale capitalistico, e quindi il conseguimento dell’egemonia in senso gramsciano, deve mediare e media, come ad esempio fecero con abilità De Gasperi, Moro ed anche Andreotti, tutti gli interessi presenti nella società civile, anche degli artigiani e dei contadini piccoli e medi - unità produttive, queste, non certo creatrici di per sé di pv, ma utili e necessarie nella totalità capitalistica -; e deve mediare pure nei riguardi degli interessi dei lavoratori attraverso tutele parziali, avendo detto fronte politico borghese interesse ad attutire i contrasti di classe e politicamente assorbirli. - (Un esempio chiaro ed illuminante di ciò lo ha offerto Theresa May nel primo discorso fatto al parlamento dopo la sua nomina a primo ministro della Gran Bretagna, in cui affrontò, ponendoli al centro della sua attenzione e con l’obiettivo di incorporarli all’interno della gestione borghese, i problemi affliggenti il proletariato).
Adottando il PCI la suddetta linea dell’Internazionale comunista, il ‘potenziale aclassismo’ dell’involucro democratico offerto dalla Costituzione del ’48 venne da esso eletto a campo di scontro tra fronte antimonopolistico e forze reazionarie, entro i limiti della stessa Costituzione, come detto all’VIII congresso del 1956. E si disse che questa, per i suoi contenuti progressivi, consentiva la marcia verso il socialismo nell’ambito della legalità democratica.
Togliatti, già da prima dell’VIII congresso, ebbe a chiarire bene detta concezione in un suo articolo pubblicato sulla ‘Pravda’ il 7 marzo del ’56, dal titolo ‘Il Parlamento e la lotta per il socialismo(in Togliatti, ‘Problemi del movimento operaio’, 1962), in cui affermò: “La borghesia - (n. b. tutta la borghesia, non i soli gruppi monopolistici, di cui parlava il VII congresso dell’I.C.) - esalta il parlamentarismo quando riesce a mantenere al Parlamento il carattere di rappresentanza oligarchica. Lo considera con diffidenza e sospetto, quando, sulla base del suffragio universale e del principio di proporzionalità, si avanzano sulla scena parlamentare imponenti forze di opposizione”. (N. B. così non fu nel 1975-76) – E continua Togliatti nello stesso articolo: “Possono queste forze sperare di utilizzare il Parlamento per il passaggio al socialismo …? – Tutto dipende dai rapporti di forza ….. – E’ necessario che …. il Parlamento sia eletto in modo da essere un vero specchio del paese e quindi sia un vero Parlamento democratico”. (E’ qui da richiamare la giusta e dura critica svolta da Marx nella ‘Critica del programma di Gotha’ alla tesi sullo ’Stato libero’, ove dice che “in quest’ultima forma statale della società borghese (la repubblica democratica) si deve decidere con le armi la lotta di classe”. - E Marx non era certo un estremista).
Nell’ambito della suddetta concezione, teorizzata da Togliatti e fatta propria dal PCI nell’VIII congresso, nasce finanche la tematica dell’equo profitto, che avrebbe fatto inorridire Marx. E nel nome di Lenin, di cui però si abbandona e censura il concetto di rottura rivoluzionaria e quanto ne consegue, si sostiene, come già prima accennato, che il passaggio al socialismo nella democrazia parlamentare avverrebbe attraverso il processo di socializzazione della politica e di politicizzazione della società civile, pervenendosi al un illusorio ‘Stato di tutto il popolo’.
Nella concezione di Togliatti e dell’VIII congresso del PCI è contenuta quindi la pretesa illusoria di risolvere la contraddizione-separazione fra società politica (Stato) e società civile, senza spezzare i rapporti di produzione capitalistici che, come Marx ripete anche nella ‘Critica del programma di Gotha’, sono il reale fondamento della suddetta separazione.
Ingrao tentò di dare risposta a questo problema approdando ad una concezione ‘organicistica’. Egli in uno scritto del 1963 su ‘Critica Marxista’, dal titolo ‘La crisi degli istituti rappresentativi’, ebbe infatti a dire che «la lotta per lo sviluppo ed il rinnovamento delle assemblee elettive è … un momento peculiare della nostra battaglia per l’espansione della democrazia, per svilupparla sino in fondo secondo l’affermazione di Lenin, sino alla costruzione di una società organica, non più scissa in sfruttatori e sfruttati». Senza, peraltro, dire come verrebbero superati i rapporti di produzione capitalistici. - (Va ricordata la puntuale e corrosiva critica di Marx alla hegeliana teoria organicistica dello Stato, svolta nella Critica della filosofia del diritto pubblico di Hegel).
Va qui detto non solo che Ingrao si mosse sempre all’interno della linea dell’VIII congresso, ma che anch’Egli ha fatto un uso strumentale di Lenin, negando la sua teoria che, sia pur con alcune contraddizioni nascenti a nostro avviso dalle difficoltà incontrate, si specificò nella tematica del dualismo di potere e della rottura rivoluzionaria per la conquista dello stesso e quindi della dittatura del proletariato, e che si materializzò nelle varie fasi della rivoluzione bolscevica.

Luigi Ficarra – 26 marzo 2017

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