Giovanni
Blandino e Salvatore Fratantonio decidono di allestire una mostra che va al di là
delle consuete e periodiche sortite pubbliche con le quali gli artisti sogliono esporre le opere di una
loro fase creativa.
L’evento, infatti, vuole essere un omaggio
all’arte e all’amicizia. Blandino e Fratantonio, figli della stessa città,
vivono l’infanzia nello stesso ambiente, si scoprono amici sulle stesse strade,
crescono i loro sogni negli stessi contesti e lasciano Modica in un’epoca in cui uscire dalla Sicilia era condicio sine qua non dell’agognato
successo.
Ora, col sentimento di un’amicizia antica e
salda come un albero di ulivo, si voltano insieme a guardare giù a valle un
cammino segnato dalle opere e dai riconoscimenti che nel tempo hanno scandito
il realizzarsi delle loro potenzialità creative. Entrambi hanno sviluppato, col
cromatismo della luce e la plasticità della materia, la comune matrice
mediterranea, dandoci forme, visioni, segni che sono entrati a far parte viva del
nostro immaginario individuale e collettivo.
Se Fratantonio, nel suo personalissimo e
inconfondibile linguaggio pittorico, ha reinventato il paesaggio ibleo con le
solitudini palpitanti di mistero e le fascinose feritoie di luce tra le nuvole
al tramonto, Giovanni Blandino attraverso i volumi liberati dalla materia ha
ricreato il processo della vita conferendo un’aura di classica dignitosa maestosità
all’icona materna eletta a nucleo generatore del suo mondo poetico. Come il
carrubo nelle tele di Fratantonio svolge il ruolo di simbolo polivalente della
condizione umana, la donna nella scultura di Blandino è quel termine costante
di riferimento che permette all’essere di contraddistinguersi dal nulla
assumendo nelle cangianti morfologie della materia l’infinita gamma delle sue
manifestazioni. E pensiamo, esempio tra tanti, al monumento per le vittime
della strage fascista del 1921 eretto a Modica, dove il corpo della donna
mutilo alle gambe e le braccia levate in impeto di slancio verso il cielo
diventa sintesi potente di lotta e di tragedia, di offesa e di speranza.
In un
tempo di aggressione sistematica ai diritti, al lavoro, alla sovranità degli
Stati, alla cultura, due vite dedicate all’arte, come quelle di Blandino e
Fratantonio, ci suggeriscono tante cose. E prima di tutte il senso dell’arte
nella fondazione del nostro essere uomini di civiltà.
Due parole, fino a ieri indice di elevata
consapevolezza, oggi, scomparse dal vocabolario quotidiano, non vengono più
usate da nessuno: sono alienazione e utopia, la prima riferita alla condizione
del presente e la seconda all’orizzonte del futuro. La loro scomparsa, come le
lucciole di Pasolini, ci dice di quanto sia stata impoverita la nostra umanità
da una guerra predatoria che il denaro ha mosso alla civiltà e che ha raggiunto
l’individuo nella sua sfera psicologica e spirituale. Tra questa notazione
linguistica e la proposta dei due maestri, che hanno creato valore aggregante per la
società, il passo è breve; e ci conduce a leggere l’odierna manifestazione come
un atto di resistenza contro la barbarie.http://www.inpressufficiostampa.com/2015/03/due-vite-insieme-sui-sentieri-dellarte.html
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