Il libro di Fiandaca e Lupo pubblicato
da Laterza, “La mafia non ha vinto – Il labirinto della trattativa”, è
interessante anche per chi, come me e penso molti altri, non condivida la tesi
che vi è sostenuta, della legittimità della trattativa Stato – Mafia. Dai due
autori giustificata con ricorso alla categoria giuridica dello “stato di
necessità”.
Entrambi, il giurista ed il
cattedratico, sanno e riconoscono - come fanno altri, ad esempio Bianconi sul
Corriere del 17 febbraio - che “interessi tutt’altro che nobili e aspetti di
forte ambiguità hanno contribuito a rendere poco chiaro e poco
trasparente lo scenario di allora”. Ma, dicono, “ciò non è sufficiente
per escludere la possibile liceità di concessioni a Cosa Nostra”,
dove quel ‘possibile’ sta a significare un forte dubbio presente pure in
loro. I quali, però, attaccano ugualmente, senza mezzi termini e senza riserva
del dubbio, il processo in corso a Palermo, che definiscono tout court “sbagliato
sul piano giuridico”, prima che esso si concluda. Errore di precipitazione
che degli studiosi seri dovrebbero sempre evitare di commettere.
Anche perché c’è, a mio avviso, un
errore nell’assunto del Fiandaca, supportato in ciò dal prof. Lupo.
Infatti, il giurista Fiandaca dopo aver
accusato i magistrati di Palermo di una visione complottistica che instilla
nell'opinione pubblica l'idea che fu commesso qualcosa di losco, si sofferma
sul reato inserito nel capo d'imputazione di “violenza o minaccia a un corpo
politico”. E vi si sofferma per definire tale accusa un mero ‘espediente
giuridico’, teso a ‘colorare indirettamente di criminosità la stessa
trattativa’. E qui sbaglia, perché l’accusa, come Egli ben sa, deve essere
provata nel processo, e non può essere definita a priori un mero ‘espediente
giuridico’. Cosa, questa, che può ben fare e fa Dell’Utri al fine di
delegittimare la magistratura inquirente. Tra l’altro, osservo che trattasi di
un capo d’accusa, che, leggendo gli atti ad oggi conosciuti, sembra sia molto
fondato.
Il Fiandaca, così operando, si è
comportato non da giurista terzo, come si pone nel succitato libro, ma da
difensore di parte, soprattutto politico, difensore che ha interesse a
instillare nell’opinione pubblica l’idea di una magistratura prevenuta e
complottista.
Oltretutto, Fiandaca e Lupo dimostrano
di non sapere, come ricorda loro Claudio Magris sul Corriere del 20 febbraio,
che uno Stato che tratta con la Mafia “ha già perduto la guerra, una guerra
fondamentale per la sua esistenza”, e quindi non ha logicamente vinto, come
essi, senza tema di vergogna, osano al contrario affermare.
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