La
sera del 24 gennaio 2014 al Teatro Coppola di Catania, “La Compagnia
del Tempo Relativo” ha rappresentato la piece drammatica dal paradossale
titolo “Salendo a Sud”, scritta dall’estensore
del presente articolo Angelo Lo Verme e da Lella Falzone.
Essa mette in scena l’attualissimo e scottante dramma dell’immigrazione clandestina da una parte del Sud del Mondo: l’Africa. L’immigrazione clandestina dall’Africa dunque alle coste della Sicilia, altro Sud rispetto al resto d’Italia e d’Europa, dove molti siciliani sono stati costretti e continuano ad essere costretti a salire al Nord Italia o Europa per trovare migliori e più dignitose condizioni di vita. Cosicché, parlando dei fratelli africani, l’opera parla anche di Sicilia e dei tanti siciliani generosi e accoglienti.
Essa mette in scena l’attualissimo e scottante dramma dell’immigrazione clandestina da una parte del Sud del Mondo: l’Africa. L’immigrazione clandestina dall’Africa dunque alle coste della Sicilia, altro Sud rispetto al resto d’Italia e d’Europa, dove molti siciliani sono stati costretti e continuano ad essere costretti a salire al Nord Italia o Europa per trovare migliori e più dignitose condizioni di vita. Cosicché, parlando dei fratelli africani, l’opera parla anche di Sicilia e dei tanti siciliani generosi e accoglienti.
Gli attori della Compagnia sono: Emanuela
Carlino, Roxana Curta, Giuseppe Dell’Utri, Lella Falzone, Luigi Giorgio, Marco
Giglia, Maria Concetta Ragazzo, Dalila Ricotta e Roberta Urso. Il corpo di ballo è composto
da: Alessia Cammalleri, Rachele Cassaro, Giulia Crapanzano, Carla Moncado, Francesca
Moncado, Dalila Ricotta e Cristina Viticchiè.
I cantanti: Adriana Fogliano, il duo Giuseppe Dell’Utri e Miriam
Ognibene, e Morena Messina. Il collaboratore tecnico Antonio Di Natale e i
fotografi Veronica Nalbone e Angelo Taschetti; la regia è di Lella Falzone e la
scenografia di Angelo Lo Verme.
La narrazione è molto semplice. Jamil,
egiziano, con altri disperati prendono una cosiddetta carretta del mare, che
poco prima dell’approdo sulle coste siracusane subisce un naufragio. La
generosa gente siracusana rischia la propria vita per mettere in salvo i
naufraghi. Jamil non ce la farà a salvarsi perché a sua volta s’immola per
salvare un soccorritore siracusano in difficoltà fra le onde.
Attraverso i monologhi e i
dialoghi di due operatori CIE siracusani, di due pescivendoli, dello scafista
con i suoi disperati clienti, di Jamil con sua madre Fatma, del coro che
introduce ognuna delle cinque scene, delle coreografie, delle musiche e delle
canzoni siciliane, la
Compagnia ha messo in scena una fetta di mondo fatta di gesta
d’amore e di altruismo, ma anche di disumanità e crudeltà inenarrabili. Atti di
altruismo che dovrebbero essere naturali, quasi scontati, ma che in realtà,
purtroppo, riducendosi a gesta isolate rispetto all’enorme crudeltà della
cronaca quotidiana, appaiono straordinari in un mondo troppo sbilanciato verso
un egoismo disumanizzante e disperante
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