LUIGI FICARRA, L’opposizione al neosicilianismo

Annullando le distinzioni di classe, torna a riproporsi in Sicilia un fronte unico ed indistinto fra padronato e lavoratori, la strada da sempre indicata in passato dalla borghesia mafiosa ed oggi dalla Sicindustria, nella nuova autonoma veste da questa assunta. Basti pensare ai fronti unici del passato agrari-braccianti-contadini poveri per la difesa indistinta dell’agricoltura, al fine di ottenere finanziamenti, poi allora gestiti sempre dalla borghesia mafiosa.
Così si opera la strumentalizzazione e passivizzazione delle masse, mediante una loro attivazione subalterna.
Si continua a trasmettere e coltivare in queste la cultura dell’attesa dell’intervento risolutore dello Stato “neutrale”, non di classe, e quindi a non fare affidamento sulle proprie forze mediante sue autonome organizzazioni rivoluzionarie, politiche e sindacali, capaci di individuare nel processo di accumulazione capitalistico la spiegazione del sottosviluppo del sud.
Non c’è dubbio, come sappiamo, che la Sicilia ed il resto del sud Italia sono stati penalizzati dalla politica svolta, dall’unità sino ad oggi, dalla grande borghesia capitalistica, egemone anche grazie all’alleanza con il grande padronato agrario di tutto il meridione ed in particolare con la borghesia mafiosa siciliana. La quale ha sempre abilmente giocato in passato, almeno in apparenza, anche sul fronte di lotta contro lo Stato rapinatore ed assente. Così come oggi fa pure la nuova Sicindustria al fine di tenere sotto controllo, grazie al collante del sicilianismo, le masse proletarie ed impiegatizie e dei piccoli e medi contadini (quei pochi che oggi restano). I quali tutti, pena il restare subalterni, debbono denunciare ed attaccare la politica, che, in sintonia col capitale europeo, porta avanti a livello statuale la grande borghesia, oggi unita nel governo Monti-Napolitano; e debbono farlo costruendo un fronte di lotta anticapitalistico in unità col proletariato del nord, attivizzando soprattutto nel mezzogiorno, ma non solo, le grandi masse dei giovani disoccupati e-o precarizzati, senza futuro.
luigi ficarra

Commento al manifesto “Marcia per il lavoro produttivo a Palermo” del 1° marzo scorso, promossa da uno schieramento che va dalla Confindustria e Confagricoltura alla Cgil, ed affisso in tutti i principali centri della Sicilia.

2 commenti:

  1. Giustissimo dire che "Le masse proletarie ed impiegatizie e dei piccoli e medi contadini (….) pena il restare subalterni, debbono denunciare ed attaccare la politica (….)
    e debbono farlo costruendo un fronte di lotta anticapitalistico in unità col proletariato del nord”.
    Girolamo Li Causi uscito dal carcere venne in Sicilia e il suo primo discorso lo fece ai contadini “inferociti” di Mazzarino spiegando che se non si organizzavano nel sindacato e nei partiti, avrebbero conosciuto solo repressione, carcere e miseria.

    Scrive in un recente articolo Emanuele Macaluso: “Furono i grandi partiti nazionali a riassorbire il ribellismo con la lotta
    politica (….) Oggi nel Sud – continua Macaluso - la storica
    disgregazione sociale si intreccia con la disgregazione politica. Ritorna il
    ribellismo impotente, frutto di condizioni esasperate, strumentalizzato da
    cricche, avventurieri e mafiosi, come sempre”.
    E si chiede e mi chiedo anch’io: “La politica dov’è? I partiti
    cosa sono e cosa fanno” Come conclude Macaluso “I forconi sono l’emblema farsesco di una tragedia politica e sociale di cui non si vede ancora lo sbocco”.
    Ma la tragedia politica e sociale c’è e non si può ignorare e purtroppo si sente la mancanza di un Girolamo Li Causi!

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  2. correggo: "Conclude Macaluso" e non "come conclude Macaluso"

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