Amava gli abiti firmati, le discoteche, le ragazze. Poi, a 26 anni, la svolta, e la scelta di dedicarsi ai poveri della sua città. Oggi Biagio Conte, missionario laico, ha aperto la mensa per indigenti più grande del Sud Italia. In una Palermo in cui la miseria esplode.
E pensare che gli avevano dato del matto, del depresso cronico, costringendolo a una cura psichiatrica. Quando poi era scomparso, un giorno di maggio dei suoi 26 anni, la famiglia si era addirittura rivolta a Chi l’ha visto?: per tutta Italia si cercava quel ragazzo con occhi azzurrissimi e barba lunga, uscito di casa solo con jeans e pullover, il quale intanto viveva da eremita nel cuore della Sicilia e percorreva a piedi la strada per Assisi, verso i luoghi di San Francesco.
Biagio Conte, in effetti, è un San Francesco del ventunesimo secolo, e ora che nella sua Palermo ha costruito la mensa dei poveri più grande del Sud Italia, fulcro di una macchina di solidarietà con numeri da industria pesante, nessuno si sogna più di dargli del matto. Anzi.
Personaggi in vista e politici fanno a gara a inviargli aiuti, come i 15mila euro ricevuti a Natale dal Senato e il noto chef Filippo La Mantia venuto a cucinare qui, per le migliaia di poveri ogni giorno in coda per un pasto caldo.
Secondo il Parlamento Europeo, che in Sicilia ha appena fatto un sopralluogo dei centri d’accoglienza per immigrati (Lampedusa compresa), la sua “Cittadella del povero e della speranza” rappresenta l’eccellenza per l’integrazione di chi sbarca disperato sulle nostre coste.
Lui, Biagio Conte, ha 48 anni, veste un saio verde scuro come i boschi dell’entroterra siciliano e conserva un che di dolcemente infantile nel modo di parlare e sgranare gli occhi chiari.
Lo incontriamo nella sua “cittadella”, un’ex caserma dell’aeronautica che da un’altura domina il quartiere Oreto di Palermo, tra i più critici per indigenza e manovalanza mafiosa.
Parlando con lui, pensiamo che la vita di questo missionario laico sarebbe un soggetto perfetto per un film: “Mi vedono come un marziano” sorride “invece sono stato un giovane come gli altri, appassionato di abiti firmati, discoteche, pizzerie, ragazze. Lavoravo nell’azienda edile di mio padre, stavo bene. Ma ogni volta che vedevo un uomo dormire su una panchina, o un bambino giocare in strada fra i detriti, con le scarpe rotte, mi si muoveva qualcosa dentro. Allora Palermo era come Beirut, avevamo un morto al giorno”.
Così Biagio rigetta la propria vita, si chiude in camera per un anno a leggere, disegnare, meditare la fede, finché a mezzanotte scappa dalla finestra e s’inoltra per le montagne dell’isola.
Dorme dove capita, per un po’ fa il pastore nell’Ennese, si ubriaca di silenzio e solitudine. “Volevo diventare missionario in Africa” racconta “ma tornando a Palermo ho visto che l’Africa ce l’avevo sotto casa”.
Non rientra dai genitori: dorme alla stazione accanto ai senza tetto cui porta cibo, coperte e amicizia. Fonda la prima, piccola mensa dei poveri, in un locale delle Ferrovie. Poi staziona per una settimana, in sciopero della fame, davanti all’ex disinfettatoio comunale, diroccato e vuoto da anni, perché il Comune non vuole darglielo: lo ottiene, ed ecco la prima comunità nel 1993.
Oggi la sua è un’impresa solidale che vive di libere donazioni e offre 1.200 pasti al giorno, sette dormitori per 700 persone, tre comunità, 400 volontari, ambulatori medici, alfabetizzazione, corsi professionali per tipografo, falegname, ceramista, panettiere. E sostegno economico a quasi 300 famiglie del quartiere Oreto, dove qualcuno ancora abita nelle baracche lungo il fiume, senza acqua né fognature.
“Tanti dei poveri che aiutiamo” spiega Conte “sono immigrati da Somalia, Eritrea e Sudan, ma aumentano gli italiani: chi ha perso il lavoro, chi esce dal carcere e non sa da dove ricominciare”. Come Salvatore, 37 anni, che rubava per arrivare a fine mese e, dopo la galera, ha promesso a se stesso di tornare onesto: “La missione mi aiuta a pagare affitto e bollette, impiegandomi come muratore in una delle sue comunità”.
E Francesco, 59 anni, che ha dovuto chiudere il suo panificio sotto la morsa del pizzo: qui lavora come panettiere e insegna il mestiere agli altri.
“Sempre più palermitani dormono per strada” aggiunge il missionario “li incontriamo percorrendo la città di notte, a portare cibo e coperte”. Negli ultimi due anni, a Palermo è raddoppiato il numero di chi si nutre alle mense dei poveri, e sono cresciuti del 10 per cento quelli che bussano ai centri di assistenza. In Sicilia, il 27 per cento della popolazione vive in stato di povertà, contro la media nazionale dell’11 per cento. Un esplosivo bacino di bisogno e rabbia, “e io non volevo chiudere gli occhi di fronte a questo” dice Conte. E confida, gli occhi lucidi, il suo unico rimpianto: “Mio padre non ha accettato la mia scelta. Mi sognava sposato, con figli, una carriera. Io l’ho deluso”.
La mensa di Biagio Conte a Palermo è stata realizzata grazie a Enel Cuore, la onlus di Enel che dal 2004 ha stanziato oltre 46 milioni di euro per progetti sociali in Italia e all’estero. L’ultimo nato, inaugurato il 20 gennaio, è il primo centro italiano di accoglienza notturna per i minori stranieri soli, alla stazione Ostiense di Roma.
da Io donna, 11 febbraio 2012
Bellissima figura quella di Biagio Conte e della sua onorabilissima scelta di vita che lo vede 'garante dei poveri', nell'ancora martoriata Palermo. Palermo come Beirut, Palermo come l'Africa, l'Africa sotto casa... Articolo interessante, Grazie.
RispondiEliminasì, è stato un incontro di quelli che non si dimenticano. Grazie a voi
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