LUIGI FICARRA, Severino legittima la mafia

«Se i ladri - sostiene Severino - sono utili a salvare la vita della democrazia e del capitalismo - e la mafia è stata un anticomunismo doc -, perché non farne degli alleati e servirsene?». «Non si può mettere sotto accusa il mondo democratico – capitalistico».

In un articolo [La vittoria giustifica i mezzi] apparso su “Il Corriere” del 25 gennaio 2010 e stranamente non ripreso dalla stampa nazionale, Emanuele Severino, svolgendo una chiara difesa delle tesi di Berlusconi e del suo predecessore, Craxi, così scrive: «tutti siamo convinti che la “guerra fredda” è stata una lotta all'ultimo sangue, dove ognuno dei due mondi in lotta vedeva nell'altro “il Male” assoluto da cui ci si doveva difendere con ogni mezzo.
Per quanto illegale e malvagio, qualsiasi mezzo sarebbe stato infatti un male ben minore del Male assoluto», da egli identificato col comunismo. E aggiunge: «Certo, quell'alleanza con l'illegalità e la criminalità richiedeva l'instaurazione di tutto un insieme di rapporti tra la legalità statuale e l'illegalità criminale, e richiedeva anche sostanziose concessioni a quest'ultima da parte dello Stato, visto che nessuno fa qualcosa per niente. E quell'alleanza, quei rapporti, quelle concessioni richiedevano trattative condotte da uomini, non da puri spiriti, contatti personali tra i rappresentanti dello Stato e quelli della criminalità». «In Italia - scrive sempre Severino - si è presentata a quel tempo la concreta possibilità che i comunisti andassero al governo in seguito a libere elezioni. Affinché ciò non accadesse, era necessario che il sistema capitalistico, per sopravvivere, sostenesse i partiti anticomunisti»; «L' alleanza tra legalità statuale e criminalità-illegalità c'è stata, era inevitabile che ci fosse e che oltre a chi ha operato illegalmente per combattere il comunismo ci fosse stato anche chi ha combattuto il comunismo per accrescere il proprio patrimonio». Severino conclude il suo “saggio” dicendo che «la magistratura non può portare la storia in tribunale. Se lo fa, si propone quanto essa stessa non può non ritenere impossibile: l'incriminazione del mondo democratico-capitalistico italiano (che in qualche modo ha vinto anche lui il comunismo) e di quanto rimane di quel mondo - che non è poco. Se, ciò nonostante, la magistratura si impegna in quella incriminazione, è a parole che lo fa in nome della giustizia, perché di fatto si schiera politicamente».
Severino, accusando la magistratura di usare la giustizia a fini di potere, ha voluto scimmiottare l’errore commesso da Sciascia su “Il Corriere” del 10 gennaio 1987, col suo infelice articolo “I professionisti dell’antimafia”. Con una radicale e profonda differenza, però. Invero, Sciascia, che in quel caso sbagliò di grosso, sostenne sempre con forza e con grande coerenza, all’opposto di quel che scrive oggi Severino, che non si può mai perseguire la giustizia - o fini ritenuti di giustizia - con mezzi illegali. Va da sé, poi, che Severino è lontanissimo dall’insegnamento del democratico Bobbio, il quale, criticando una errata vulgata del pensiero di Machiavelli, diceva «non potersi ritenere che lo scopo dell’azione politica sia il potere per il potere»; ché in tal caso «vorrebbe dire trasformare un mezzo, che come tale deve essere giudicato alla stregua del fine, in un fine in se stesso».
Gli intrecci tra potere politico, finanza e mafia emergono nell'Italia di oggi alla luce del sole, come ci dice il caso che ha investito Fastweb e Telecom.
Severino, col suo articolo sul Corriere del 25 gennaio scorso, ha denudato il re, dandoci uno spaccato della storia delle classi dirigenti del nostro paese dal secondo dopoguerra ad oggi, segnata dall'alleanza organica, da egli giustificata ed assaltata, fra mafia e potere politico.
E’ poi segno della crisi di civiltà che stiamo vivendo, della barbarie a cui può condurre, in assenza di un’alternativa socialista, la profonda crisi mondiale del capitalismo, che Emanuele Severino scriva quanto sopra riportato sul più autorevole quotidiano della borghesia italiana. E’ la confessione della deriva politico-morale di quest’ultima, della sua identificazione prima col craxismo ed oggi col berlusconismo; e prima ancora col fascismo.
Il noto filosofo ha scritto che il potere criminale politico-mafioso ha fatto bene ad ammazzare decine e decine di sindacalisti nella sola Sicilia, negli anni ’44 – ’48, per salvare il sistema democratico-capitalista dal pericolo dell’avanzata delle masse proletarie che si battevano per l’affermazione di una democrazia avanzata, largamente partecipata, che voleva inverare il principio di piena eguaglianza poi sancito nell’art. 3 della Costituzione; quella Costituzione che l’antidemocratico ed autoritario Berlusconi definisce comunista, sovietica.
Il potere criminale politico-mafioso ha fatto bene – dice sempre Severino - ad ammazzare Pio La Torre ed tutti i giudici “comunisti”, come li chiama il suo sponsor Berlusconi e il sodale di lui, Dell’Utri. Infatti, come egli dimostra di sapere, scrive, «la mafia è stata ed è un anticomunismo doc».
Se ci si riflette c’è una coerenza in Severino, avendo egli scritto nel “Dialogo su diritto e democrazia” con Natalino Irti (Laterza 2001, p. 26) che «nelle democrazie occidentali la norma politico giuridica ..... altro non ha ordinato che una volontà di profitto, che, lasciata a se stessa, si sarebbe liberata e tuttora si libererebbe il più possibile dalla regola politico giuridica e imporrebbe essa la propria regola alla politica (al diritto, alla morale, alla religione), cioè subordinerebbe gli interessi ed i bisogni della società al processo produttivo volto all’incremento del profitto. Il capitalismo - egli conclude - tende alla deregulation», cioè alla corruzione criminale, allo sfruttamento selvaggio della forza lavoro e della natura, alla barbarie: quella che stiamo oggi vivendo.

Padova, 24 aprile 2010

Pubblicato anche su http://www.antimafiaduemila.com/content/view/27738/48/

Cfr. Critica a “La vittoria giustifica i mezzi” di Emanuele Severino

1 commento:

  1. Gentile signor Ficarra, posso senz'altro dire che non ha capito nulla dell'articolo di Emanuele Severino da lei citato e così violentemente attaccato.
    Con osservanza.

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