SALVATORE VAIANA, “Tindaro La Grua” il romanzo su un’indagine che conduce al logos

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Dalle pagine di critica letteraria, d’arte e di storia alla poesia e infine al romanzo, risulta composito il percorso intellettuale di Diego Guadagnino. Dopo La via breve (2009) e I filosofi della Quarta sezione (2013), Tindaro La Grua è il suo terzo romanzo. Un titolo questo dal quale ci si aspetta un romanzo biografico e invece è altro e di più. Il romanzo è ambientato in Sicilia in questo nostro tempo di profonda crisi specialmente di ideali e valori, fra vita sociale e aule di tribunali, letti e letture, riflessioni e dialoghi. 

La storia prende l’avvio con l’incarico di Luisa Montero all’avvocato e poeta Attilio Bonafede per la pubblicazione degli scritti del marito, l’avvocato «principe del foro» Tindaro La Grua. Attilio inizia a leggere “le carte” per carpirne «l’anima» che vi «si leva». Nota subito che «diversi pezzi» di queste «nascevano dall’esperienza professionale» e adombra il sospetto che «l’avvocatura gli servisse a un qualcos’altro che segretamente nutriva nell’animo». Egli comincia a notare sempre più delle stranezze nella personalità e nella vita di Tindaro: inizialmente la lettura interpretativa della "Relazione sulle toghe illustri del nostro foro", da cui «cominciano i dubbi», lo porta a dire che «se il testo non fosse stato scritto di suo pugno», non lo avrebbe «ritenuto opera del maestro»; poi non trova una spiegazione al «silenzio sulla giovinezza del maestro» da parte della moglie. 

Attratto da quella enigmatica personalità, che diventa viepiù come «un’immagine in controluce», tenta di interpretarla meglio attraverso la lettura di un "Manoscritto" del maestro da cui emerge un uomo a due dimensioni, con una «duplice natura»: analogamente alla indagata figura di Balsamo-Cagliostro in cui convivono «opposte identità, opposti mondi» si tratta di «risolvere il personaggio nell’unità», che va ricercata «nel logos, nella parola». 

Un’ulteriore ricerca nella dimensione giuridica di La Grua lo porta a scoprire la sconvolgente verità su questa natura che avvia a conclusione il romanzo. Insomma, la banale circostanza della pubblicazione di un libro dà vita a un’intrigante complessità d’intreccio che una recensione non può sottrarre al legittimo piacere della lettura. 

 

D’altra parte, una più puntuale rilettura del romanzo svela un secondo più profondo livello di lettura, dalla quale emergono diversi temi fra loro concatenati, mai giustapposti e sempre funzionali alla trama narrativa, problemi cari all’autore e stimolanti per il lettore: una filosofia esistenziale della vita rilevabile nelle «crisi d’identità che vive l’uomo d’oggi», tra le quali «quella dell’avvocatura»; la questione del rapporto fra lavoro e arte, fra necessità e libertà; le cangianti forme che assume il rapporto con l’altro sesso, da quello sentimentale al puramente erotico al mercenario; il rapporto talvolta problematico genitori-figli; l’ermeneutica (l’interpretazione del manoscritto consente al protagonista di avvicinarsi alla verità); il misticismo; il simbolismo e altro ancora. 


Con questo romanzo l’autore sembra aver tenuto fede a una promessa fatta nella sua poesia “La tana”, contenuta della sua prima silloge poetica, Trasmutazione (2007, 2020):

[…]

Poi, forse con sentire di schiettezza

quel mondo troppo umano e così vario

riflesso guarderò nella chiarezza

di quanto sia superfluo il necessario.


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