GAETANO AUGELLO, Il sottotenente Antonino Di Dino

Canicattì ha ricordato - il 12 gennaio 2015 - con una solenne celebrazione e l'intitolazione della strada di accesso alla caserma dei Carabinieri di contrada Carlino, la fulgida figura di un sottotenente dei carabinieri morto eroicamente, settant’anni prima, nell’adempimento del proprio dovere.
Antonino Di Dino, comandante della stazione dei carabinieri di Canicattì, fu vittima delle torbide vicende verificatesi nel territorio agrigentino al termine della seconda guerra mondiale: anni di lutto e di miseria in un contesto assai insicuro dal punto di vista politico e sociale. Il nostro territorio fu dilaniato da profondi contrasti che laceravano il tessuto sociale fino all’interno delle singole famiglie. In tale situazione di generale malcontento maturarono, in alcuni comuni, delle forti manifestazioni di protesta, dapprima episodiche e limitate, che, tra la fine del 1944 e l’inizio del 1945, sfociarono in vere e proprie rivolte.
La tragica vicenda del sottotenente Di Dino si svolse nel vicino comune di Naro che allora dipendeva dal comando dei Carabinieri di Canicattì. 
Questi in sintesi i momenti salienti della tragica vicenda. 
Antonino Di Dino fu barbaramente trucidato, il 12 gennaio 1945, al termine di ventiquattro ore di disordini. Nel pomeriggio del giorno precedente – un giovedì - l’antefatto: era il giorno di festa in cui Naro celebra San Calogero per aver salvato la cittadina in occasione dello spaventoso terremoto che – l’undici gennaio 1693 - causò in Sicilia ben sessantamila morti e la distruzione di tanti paesi. Ebbene, proprio per quel pomeriggio gelido di festa, il Movimento per l'indipendenza della Sicilia organizzò a Naro una manifestazione di protesta contro la chiamata alle armi imposta ai giovani siciliani nonostante la fine della guerra. E proprio il recapito delle prime cartoline, a seguito dei bandi del 23 novembre 1944, era stata la goccia che, in dicembre, aveva fatto traboccare il vaso.
L’insurrezione, a Naro e in tanti comuni della Sicilia – indicata poi come la rivolta dei “non si parte” – fu, appunto, alimentata e accompagnata da una stessa parola d’ordine: Nun si parti! Nun si parti! Le prime avvisaglie si erano avute, in città, a fine 1944, con la devastazione del Circolo Progresso, considerato il ritrovo dei signorotti locali e, per questo, detto comunemente Circolo dei nobili; e ancora con analogo danneggiamento del circolo dei burgisi locali, i proprietari di consistenti proprietà terriere, e il successivo tentativo di danneggiamento del molino-pastificio “Sant’Agostino”.
A capo dei rivoltosi si era posto un insegnante elementare della vicina Camastra, Calogero Petrolino, di appena ventuno anni, che – proprio l’undici gennaio - improvvisò in piazza Garibaldi un comizio affollato da centinaia di persone. Uno dei tanti giovani presenti, ad un certo punto, bruciò la cartolina precetto e fu l’inizio dell’insurrezione. Di seguito i rivoltosi utilizzarono bombe a mano, mitra e fucili abbandonati nelle campagne - dai soldati italiani e tedeschi in ritirata - e appiccarono il fuoco alla Caserma dei Carabinieri ove rimasero bruciati i cavalli a disposizione dell'Arma. Quindi appiccarono il fuoco alla Pretura, al Carcere Mandamentale del Castello Chiaramontano e all’Ufficio delle imposte di consumo. 
Grazie al buon senso di alcuni dei rivoltosi fu risparmiato dal fuoco il Municipio. I ribelli, per tutta la notte, ebbero in mano la cittadina di Naro. L’indomani mattina, 12 gennaio 1945, mentre i ribelli occupavano ancora la piazza principale del paese, giunsero da Canicattì numerosi carabinieri al comando del trentaquattrenne sottotenente Antonino Di Dino, Il giovane ufficiale, sprezzante del pericolo, si avvicinò ai rivoltosi con l’intento di convincerli a desistere. 
Ma, proprio durante la discussione, qualcuno gli sparò a bruciapelo al volto, uccidendolo. Scattato l’allarme, accorsero da varie città della Sicilia carabinieri, poliziotti e soldati. Seguirono scontri sanguinosi. Furono uccisi cinque rivoltosi e, tra essi, lo stesso Petrolino. Rimasero feriti quattro militari e dodici ribelli. Il 13 gennaio gli insorti deposero le armi e si arresero. Domenica 14 gennaio furono interrogate e arrestate decine di persone, condotte, dapprima, nelle carceri dello Spirito Santo a Canicattì e, quindi, nella colonia penale dell’isola di Ustica. 
I funerali del sottotenente Di Dino si svolsero a Canicattì, nella chiesa di San Diego, con solennità e straordinaria partecipazione di cittadini. Quindi il saluto ufficiale fu dato, dal balcone del Municipio, dal prefetto di Agrigento Mocci. 
La salma fu esposta nella caserma dei Carabinieri in attesa del corteo funebre che si svolse nel pomeriggio. L'estremo saluto fu dato dal maggiore dei carabinieri Scichilone. Antonino Di Dino era nato a Caronia il 20 dicembre 1910. Fu tumulato a Vittoria ove risiedevano la moglie ed i figlioletti. 
Un cronista del tempo scrisse: "Egli, anima generosa, rimarrà perenne nella memoria dei giusti". 
GAETANO AUGELLO  

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