GIOVANNI TESE', Cultura e santità in Cataldo Naro

Chiunque si accosti alla figura, alla vicenda umana e agli innumerevoli scritti di monsignor Cataldo Naro, non può farlo senza restare profondamente colpito e amabilmente coinvolto dalla sua immensa cultura, dalla sua intrepida fede, dalla sua incrollabile speranza, dalla sua profonda spiritualità e dal suo intenso profumo di santità.

 Oggi più che mai, attraverso i suoi scritti, sentiamo la sua pacatezza, la sua delicatezza, il calore fraterno, l’amicizia avvolgente e coinvolgente, la straordinaria umanità e affabilità. Qualità queste che lo contraddistinsero in ogni istante del suo pur breve percorso terreno.

Con il medesimo sentire e con grande riverenza, Enzo Sardo in questo suo libro - Monsignor Cataldo Naro - Un apostolo del nostro tempo - ha tracciato una biografia agile e sobria del percorso umano, culturale, presbiterale e pastorale dell’indimenticato e indimenticabile arcivescovo di Monreale, una delle figure più coraggiose ed emblematiche della Chiesa siciliana e italiana.

Don Cataldo Naro, a undici anni dalla sua morte, come confermato da più parti, rappresenta una delle voci più illuminate e illuminanti del cristianesimo del tempo presente e soprattutto una figura di straordinaria attualità capace di stimolare l’uomo di oggi, credente o non credente, alla riflessione nonché ad interrogarsi seriamente e concretamente sul vero senso della vita.

Il libro, suddiviso in quattro capitoli, ripercorre, anche attraverso le opere e gli scritti, gli aspetti più rilevanti della vita terrena di don Naro come sacerdote, professore, teologo e vescovo pastore.

L’autore, con un linguaggio comprensibile a tutti, coniuga il profilo biografico del quinto vescovo nativo della Città di San Cataldo con alcuni brani, riportati fedelmente, dei suoi scritti e dei suoi discorsi pronunciati in tanti anni di docenza e di apostolato, e non manca di fare utili e documentati riferimenti al relativo contesto storico, politico, culturale e sociale.

Con questa biografia l’autore offre al lettore l’occasione e lo stimolo sia per studiare o approfondire il pensiero e gli scritti del presule siciliano, sia per rivisitare un periodo storico di rilevante importanza che va dal secondo dopo guerra, tempo della nascita di Cataldo Naro, fino ai primi anni del terzo millennio, momento del suo dies natalis al Cielo.

Un periodo che contiene in sé tanto uno sviluppo globale mai visto prima d’ora quanto i prodromi di una crisi antropologica di portata epocale che ancora oggi viviamo. Un periodo che segna, tout court, secondo alcuni studiosi, lo spartiacque tra la modernità e la postmodernità.

Nei primi due capitoli, intitolati Il Sacerdote professore, il primo, e il Sacerdote teologo, il secondo, l’autore si sofferma su alcune delle più importanti ed eloquenti tappe dell’esistenza terrena di monsignor Cataldo Naro e, tra queste, i suoi primi anni di vita, la sua adolescenza, gli anni del seminario, la sua ordinazione sacerdotale e quella episcopale.

Seppure in modo necessariamente sintetico, l’autore mette anche in risalto il suo poderoso impegno culturale, il suo amore per la ricerca storica con l’immancabile valenza «teologica», il suo interesse per la storia della Chiesa in generale e nissena in particolare, i suoi studi sul movimento cattolico e sulla nascita del Partito Popolare Italiano, i suoi approfondimenti sul pensiero e le opere del Sacerdote don Luigi Sturzo, l’impegno per la fondazione del Centro Studi sulla Cooperazione «A. Cammarata», l’attenzione per la nascita e lo sviluppo delle Casse Rurali e in particolar modo per la Cassa Rurale ed Artigiana «G. Toniolo» di San Cataldo, l’intelligente e fattiva azione volta all’organizzazione del Primo Sinodo della Diocesi di Caltanissetta e infine la passione come docente e preside della Facoltà Teologica di Palermo, oggi guidata sapientemente da padre Francesco Lomanto.

Il rapporto tra fede e ragione, il messaggio conciliare e il cammino postconciliare della Chiesa siciliana e italiana, l’evangelizzazione e la promozione umana, l’impegno sociale, culturale e per la formazione, la partecipazione dei cattolici in politica sono alcuni dei temi tanto cari a don Naro e sui quali l’autore si sofferma giustamente.

Don Cataldo Naro, chissà per quale arcano disegno, venne alla luce terrena il giorno dell’Epifania del Signore del 1951.

Sin da ragazzo, ricorda l’autore, si distinse per serietà, sensibilità e impegno.

Ancora bambino sentì la chiamata del Signore che lo voleva sacerdote. Nel 1964, conseguito il diploma di scuola media inferiore, entrò nel seminario diocesano di Caltanissetta.

Gli anni del seminario coincisero con il Concilio Ecumenico Vaticano II che per don Cataldo costituì un legame indissolubile. Il suo impegno culturale, intellettuale, presbiterale e pastorale, nel corso della sua vita fu profuso e vissuto in chiave conciliare, tant’è che da più parti ed a giusto titolo viene considerato «figlio del Concilio». Egli considerò il Concilio, infatti, «un grande evento rinnovatore», «un fatto di grazia» da vivere e testimoniare.

Gli anni che precedettero il Concilio furono anni difficili, anni segnati da una crisi di portata storica  che coinvolse anche la Chiesa, a cominciare dalle crisi vocazionali a quelle concernenti la partecipazione politica dei fedeli nelle istituzioni.

Anche il momento storico che c’è dato di vivere è caratterizzato da una crisi lacerante e complessa. Oggi come non mai sembra che tutti siano diventati alienati, nevrotici, insensibili, indifferenti, egoisti. Anche molti cristiani sembrano rassegnati, disorientati, delusi, irresponsabili nei confronti dell’altro, attratti solo da un “dio quattrino” che sembra abbia preso nel cuore degli uomini il posto del “Dio Uno e Trino”.  

Eppure, in fondo in fondo, in questa società scristianizzata e scristianizzante, apparentemente ricca ed opulenta, sempre più edonistica, ma in realtà sempre più inquieta, svuotata, malata e delusa, con le nostre chiese sempre più vuote, con le vocazioni sempre più rare e con una qualità della fede sempre più debole si sente paradossalmente un grande bisogno di fraternità, di amore, di carità, di verità, di vita. In una parola sola, si sente un grande bisogno di Dio. Osservava acutamente il papa emerito Benedetto XVI nella sua Caritas in Veritate che «Senza Dio l’uomo non sa dove andare e non riesce a comprendere chi egli sia».

Ecco allora che proprio da questo periodo di crisi può rinascere la speranza, una società più giusta, più vera, più fraterna e più umana.

Oggi più che mai solo Cristo Gesù con la Madre Celeste, Madre della Chiesa, possono essere per ogni persona umana la vera luce, la vera via, la vera vita; le vere stelle polari.

Negli anni Sessanta del secolo scorso il concilio Ecumenico Vaticano II rappresentò uno straordinario evento di svolta, che diede un rinnovato vigore alla Chiesa rendendola viva e faro per l’umanità; riuscì, infatti, a dare inizio a una nuova primavera svegliando nuove energie assopite da tanto tempo e a stimolare un nuovo e operoso impegno dei cattolici volto all’evangelizzazione e alla promozione della persona umana.

Anche oggi, in questo difficile inizio del terzo millennio, a mio avviso, un altro Concilio Ecumenico ben potrebbe contribuire a portare a compimento quanto è ancora rimasto incompiuto col precedente. Potrebbe ridare sicuramente orientamenti più definiti, rivivificare la fede, vincere la rassegnazione e l’indifferentismo, riaccendere la speranza e riprendere dal basso il cammino sinodale e corale per annunciare al mondo il senso vero del Vangelo attraverso l’azione e la testimonianza coerente e credibile.

Anche sul rapporto fede e ragione don Cataldo riuscì a dare una grande testimonianza. Egli fu un autentico Gigante, sia perché intelligente, saggio e razionale, sia perché seppe conservare un cuore umile e semplice. Era consapevole che i misteri del regno dei cieli sono rivelati ai piccoli, a chi sa pregare con cuore umile, semplice e puro. Allo stesso tempo era convinto che fede e ragione non solo non siano antitetiche ma che anzi s’intreccino vicendevolmente.

Invero la fede non si spegne se si desta la ragione; la ragione è un ponte per la fede e la fede non si contrappone alla ragione né tantomeno s’impone su di essa, anzi la presuppone.

Attuali e illuminanti si rivelano oggi più che mai gli studi e le acute analisi svolte da don Cataldo Naro sia sulla nascita e l’affermazione del movimento cattolico e del partito Popolare Italiano, sia sulle problematiche connesse all’impegno diretto dei cattolici in politica specie all’indomani delle due guerre mondiali.

L’apporto intelligente, lungimirante ed operoso dei cattolici, in particolar modo nei momenti cruciali e difficili della storia passata e recente, è stato importante e per molti versi determinante per superare le crisi e ridare fiducia al popolo che in tante occasioni è stato ingannato, strumentalizzato e usato da mercanti senza scrupoli.

Basti soltanto ricordare il notevole contributo che quella straordinaria classe politica di giovani cattolici, formatasi alla luce degli insegnamenti del Vangelo e della dottrina sociale cristiana, diede all’indomani dell’esperienza fascista e della seconda guerra mondiale per la ricostruzione dell’Italia e l’elaborazione della Costituzione Repubblicana.

Anche oggi, ancor più che nel passato, ci troviamo di fronte ad una crisi lancinante ed esplosiva che investe integralmente la persona umana e l’umanità.

Si avverte, con non poco allarmismo, l’abdicazione o l’asservimento di buona parte dell’attuale classe politica ai potentati economici e finanziari globali e i cui esiti per la libertà della persona umana e per la fragile democrazia, sempre più mutilata, sono davvero imprevedibili.

Si sente forte una strisciante ma concreta opera di scristianizzazione e non si può non registrare una sempre crescente mancanza di orientamento etico comune e al tempo stesso di un limite etico, specie al potere politico, con la conseguenza di un incombente pericolo di nuove, sofisticate e incontrollabili forme di totalitarismo.

Tutto ciò apre nuovi scenari e pone seri interrogativi. Primo fra tutti: i cristiani, i cattolici, che ne abbiano ovviamente la vocazione e le competenze, è giusto che s’impegnino direttamente e personalmente in politica?

Fermo restando, come osservava opportunamente don Luigi Sturzo, il fondatore del Partito Popolare Italiano, la rigorosa distinzione tra religione e politica, sembra chiaro ed eloquente quanto ha affermato, con l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, Papa Francesco: «la politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose di carità, perché cerca il bene comune».  « Prego il Signore - aggiunge Papa Francesco - che ci regali più politici che abbiano davvero a cuore la società, il popolo, la vita dei poveri».

Quando la politica è amore sociale e volontà di servire, pertanto, rappresenta certamente un atto di carità. Ne consegue chiaramente che, specialmente oggi, il contributo diretto, libero e coraggioso in politica dei veri cristiani, dei veri cattolici non può che essere un dovere indispensabile e improcrastinabile.

Non è più tempo, allora, di assurde e artificiose distinzioni, come acutamente osservava don Cataldo Naro, tra cattolicesimo “devoto” e cattolicesimo “civile”; così come non è più tempo di lacerazioni e scomposizioni; non è più tempo di dare deleghe in bianco, né tantomeno per dar sfogo soltanto a sterili e quotidiane critiche e lamentele, o peggio ancora abbandonarsi alla sfiducia, alla rassegnazione e all’indifferentismo.

È arrivato, invece, il tempo delle ricomposizioni in cui l’impegno diretto e personale è un dovere da parte di tutti e specialmente da chi si professa cristiano; è giunta l’ora per un impegno “operoso” ed “eticamente responsabile” in politica partendo dalla persona umana, dalla famiglia, dalle formazioni sociali, dal territorio, dagli enti locali.

Con spirito unitario e fattivo il mondo cattolico potrà contribuire a superare ogni forma di populismo vacuo e pericoloso e pervenire a un nuovo popolarismo, a una nuova e diversa esperienza politica laica e d’ispirazione cristiana aperta a tutti coloro i quali credono nella centralità della persona umana e nel bene comune, per restituire così alla politica autentica dignità e consentire alla democrazia di fare il salto di qualità: non più falsamente ma concretamente rappresentativa e partecipativa.

Gli insegnamenti evangelici, la dottrina sociale della Chiesa, i diritti inviolabili della persona umana, della famiglia, delle formazioni sociali e i principi della giustizia, della responsabilità, della sussidiarietà, del pluralismo e dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, consacrati anche nella nostra Costituzione repubblicana, ben possono essere il faro per illuminare il cammino.

Queste scelte, però, inevitabilmente comportano la volontà di servire con l’impegno, la testimonianza e anche con il coraggio necessario, consapevoli che in un mondo di lupi non si può non essere “Profeti armati”.

Nel terzo capitolo, dal titolo Il Vescovo pastore, l’autore ripercorre i quattro anni del ministero episcopale di monsignor Cataldo Naro sin dalla sua ordinazione episcopale, avvenuta il 14 dicembre del 2002 nello straordinario Duomo di Monreale, fino alla sua nascita al Cielo.

In questo capitolo sono riportati, anche con dovizia di particolari, i fatti più significativi del suo generoso e intenso ministero a favore dell’intera Chiesa monrealese.

Monsignor Cataldo Naro scelse come motto episcopale un indicativo versetto tratto dal libro del Profeta Isaia (capitolo 63, 7): «Miserationum Domini recordabor», (Ricorderò le misericordie del Signore). Un motto che rappresenta un programma, ma al tempo stesso è il senso dell’intera esistenza di don Cataldo.

Rendere attuali e attuabili gli insegnamenti evangelici, la sinodalità, la coralità, il dialogo, la chiarezza, l’attività pastorale e culturale, la formazione, la santità laicale come contemporanea appartenenza a Dio e al mondo, la cura della qualità della fede, il rinnovamento del laicato cattolico, il diaconato permanente furono alcune delle direttrici del suo santo ministero pastorale.

 Le sue lettere pastorali Diamo un futuro alle nostre parrocchie del 2004 e Amiamo la nostra Chiesa del 2005 restano sicuramente il compendio del suo episcopato.

Monsignor Naro amò i siciliani e la bella Sicilia con i suoi monumenti d’ineguagliabile splendore e tra questi sicuramente il Duomo di Monreale.

Non perse mai la speranza che la nostra terra, crocevia di mille culture, potesse diventare l’orgoglio di tutti i siciliani e soprattutto terra di concordia, di pace, di amore e di prosperità. Credeva che il punto di forza stesse nella laboriosità e nell’ospitalità dei siciliani e nei valori di cui siamo portatori.

Eloquente è stata, al riguardo, l’espressione che il cardinale Ruini ha usato nel corso delle esequie per celebrare il vescovo Cataldo Naro: «Era un vero siciliano, una grande speranza per la Sicilia».

Padre David Maria Turoldo, frate dei Servi di Maria, con una straordinaria assonanza cognitiva con Cataldo Naro, compose “una lettera poetica” proprio sulle magnificenze del Duomo di Monreale ed i cui versi finali così recitano: «… né crimine vale a distruggere grazia e virtù di un popolo che nella sua reggia legge le storie di Dio: o Sicilia, la Bellezza ti salverà!».

Monsignor Cataldo Naro era fortemente convinto, come sosteneva il papa emerito Benedetto XVI, che «la violenza è in contrasto con la natura di Dio e la natura dell’anima. Dio non si compiace del sangue. La fede è frutto dell’anima. Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlar bene e di ragionare correttamente, non invece della minaccia e della violenza».

In questa direzione e nel solco tracciato dal Concilio Ecumenico Vaticano II, l’arcivescovo Cataldo Naro ricercò in ogni occasione il dialogo tra le religioni, il dialogo tra i popoli e tra tutti gli esseri umani di buona volontà, per camminare insieme con la sicura certezza che solo dal dialogo vero si può favorire il rafforzamento della propria identità, senza cedimenti a forme di sincretismo o di relativismo; così al tempo stesso può nascere una nuova e concreta fraternità universale, un nuovo umanesimo cristiano.

Con la medesima consapevolezza, l’arcivescovo Naro lottò, con mitezza ma fermezza e con un’intensa e quotidiana attività culturale e pastorale, contro ogni e qualsiasi forma di violenza, contro ogni ingiustizia, contro ogni ingerenza indebita sul suo ministero episcopale e contro ogni prevaricazione mafiosa che definì «struttura di peccato».

Egli era certo che le sue ferme e decise posizioni gli avrebbero procurato sicuramente astio e inimicizie; era altresì convinto, però, che combattere la buona battaglia è un preciso dovere di ogni vero e buon cristiano.

La sua azione non fu mai volta alla captatio benevolentiae, bensì all’amore per il prossimo e all’amare Dio per il prossimo.

Oggi ripensando agli anni del ministero episcopale di monsignor Cataldo Naro, tornano alla mente le espressioni di San Paolo nella seconda lettera a Timoteo (cap. 4, 6-8): «Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che attendono con amore la sua manifestazione».

Monsignor Cataldo Naro, nella piena consapevolezza di offrire volontariamente ed eroicamente la propria vita per gli altri e per l’amata Chiesa, dopo anni di sofferenze e tribolazioni accettate cristianamente, con carità e silenzio, a riparazione dei peccati per la salvezza delle anime, il 29 settembre 2006, improvvisamente - per tutti ma non per lui - appena cinquantacinquenne, ha lasciato questo nostro mondo.

I santi Arcangeli Raffaele, Gabriele e Michele, quel 29 settembre, giorno in cui la Chiesa commemora la loro festa liturgica, elevarono la sua candida anima per portarla nelle mani del Signore, del suo Amico Gesù, che lo aspettava teneramente.

Quel 29 settembre, per una felice concomitanza, coincide con il giorno del solenne inizio della seconda sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II (domenica, 29 settembre1963), voluto fortemente dal Beato Pontefice Paolo VI che per don Naro rappresentò «il papa della sua formazione teologica».

Il Santo Padre in quella storica circostanza, come si legge nella Sua allocuzione inaugurale, invocava il Signore perché, «auspice l’Arcangelo Michele, Difensore del popolo cristiano», si potesse, tra l’altro, promuovere l’unità tra i cristiani, intraprendere un dialogo fecondo con l’uomo moderno e perché, attraverso «l’impegno teologico del Concilio», la Chiesa potesse ricavare una rinnovata «coscienza di sé, ossia del suo vigore, della sua luce, della sua gioia e della sua santità».

Nell’ultimo capitolo, intitolato il Vescovo beato, l’autore ricorda preliminarmente i giorni del dolore che seguirono la nascita al Cielo di monsignor Cataldo Naro.

Il giorno dopo la celebrazione dei solenni funerali nello splendido Duomo di Monreale, al compianto arcivescovo Naro è stato dato l’estremo saluto nella sua San Cataldo, nella sua Chiesa Madrice, Madre Immacolata Concezione, dove riposano, in atto, i suoi resti mortali.

Risuona ancora forte, coinvolgente e toccante il discorso di commiato tenuto quel 3 ottobre 2006 dal fratello don Massimo Naro che per don Cataldo non fu soltanto fratello germano, ma soprattutto ne fu discepolo, confidente e amico. Oggi, don Massimo, a pieno titolo, ne è il testimone più autentico, l’apostolo più sincero, il continuatore più coerente e credibile della sua opera.

Sempre in questo capitolo l’autore evidenzia, tra l’altro, riportandone integralmente il contenuto, una lettera scritta dall’arcivescovo monsignor Cataldo Naro non molto tempo prima della sua morte e che è considerata il suo testamento spirituale, il compendio della sua vita.

In questa lettera, che in un prossimo futuro potrà sicuramente essere oggetto di studi ed approfondimenti ermeneutici particolari, monsignor Naro evidenziava la consapevolezza e la certezza di potere essere «chiamato da Dio all’improvviso» e a breve termine.

Dal contenuto della lettera traspare soprattutto la sua straordinaria carica spirituale, la sua concreta ed eroica testimonianza cristiana, il suo anelito di amicizia con il Signore, il suo infinito amore per il prossimo senza esclusioni di sorta, la sua fede, la sua speranza, la perfezione della sua carità, la sua pazienza, la sua prudenza, il suo alto senso di giustizia, la sua fortezza, la sua temperanza, le sue virtù eroiche e la consapevolezza di volere offrire la sua vita.

Monsignor Naro in questa sua lettera fa riferimento anche alle tante persone che il Signore ha messo sulla sua strada ed in particolare a quattro sacerdoti: padre Giunta, padre Speciale, don Giliberto e don Divo Barsotti.

Invero i quattro sacerdoti ricordati rappresentarono quattro stelle polari, quattro riferimenti autentici e concreti nella vita di monsignor Cataldo Naro.

Padre Gaetano Giunta, parroco della Parrocchia del Rosario di San Cataldo prima e docente di Storia della Chiesa nel Seminario diocesano di Caltanissetta dopo, rappresentò per il giovanissimo Cataldo la prima vera e propria guida spirituale.

Fu padre Gaetano Giunta, infatti, che gli insegnò a pregare, a comprendere il significato della liturgia eucaristica, a conoscere l’essenza del cristianesimo.

Fu sempre padre Giunta docente di Storia della Chiesa ad inculcare al giovane seminarista Cataldo Naro l’amore per la storia che coltiverà per tutta la vita.

Don Antonio Giliberto, Preside del Seminario di Caltanissetta e stimato teologo, che nel 1964 incontrò il Movimento dei Focolari di Chiara Lubich, era fortemente convinto che non si può essere cristiani a metà. Un vero cristiano, sosteneva don Antonio, si può realizzare solo attraverso l’amore al fratello. Tutto questo ed altro don Antonio Giliberto cercò di infondere ai suoi fratelli in Cristo ed in modo particolare al suo don Cataldo Naro che fece propri ed attuò gli insegnamenti e le testimonianze di questo suo grande maestro.

Non meno rilevante è stato il suo rapporto con padre Giovanni Speciale, rettore per molti anni del Seminario di Caltanissetta. Per don Naro, sin dagli anni in cui era un giovane seminarista, fu un autentico amico di scienza e coscienza.

Padre Giovanni Speciale, conoscitore della storia dei santi, straordinario predicatore di esercizi spirituali, fu un grande amico di don Divo Barsotti uno dei mistici contemporanei più interessanti e originali nonché fondatore della “Comunità dei figli di Dio”, un’associazione pubblica di fedeli uniti in un’unica famiglia mediante una consacrazione.

Fu proprio padre Giovanni Speciale che fece conoscere don Divo Barsotti a don Cataldo Naro.

 Ben presto, don Cataldo, coinvolto dall’esperienza di padre Speciale e affascinato dalla spiritualità e dal carisma di don Divo, emise i voti di povertà, castità ed obbedienza. Si consacrò ed aderì, senza esitazioni, alla Comunità dei figli di Dio con la quale stabilì un profondo e duraturo legame.

Nella Comunità don Cataldo Naro, così come padre Speciale, riuscì a trovare la sintesi armonica ed organica tra cultura, amore alla bellezza e spirito di preghiera.

Don Cataldo Naro, con padre Giovanni Speciale e don Divo Barsotti, affrontò, tra i tanti temi oggetto di confronto, anche l’interrogativo essenziale circa il compito cui è chiamato l’uomo per attuare pienamente la propria vita cristiana. La mistica della riparazione, l’amare Dio per gli altri, il mistero della redenzione, il contributo della Madre di Dio - «universalis corredentrix» - e dei Santi alla redenzione con la loro riparazione furono alcuni degli aspetti che alimentarono la meditazione e il confronto tra queste figure eminenti della Chiesa contemporanea.

Nelle sue conclusioni l’autore, oltre a evidenziare la necessità di raccogliere l’opera omnia di monsignor Cataldo Naro in «un centro di documentazione o in una Fondazione a Lui intestata», auspica che la Chiesa Cattolica così come ha proclamato Beato padre Pino Puglisi «per il suo martirio», possa dare a monsignor Cataldo Naro, per «la sua testimonianza ed il suo estremo sacrificio nella diocesi di Monreale», il«giusto apprezzamento» e possa riconoscergli il titolo di «Dottore della Chiesa».

Sul punto giova evidenziare che se la forma, nello specifico in materia di canonizzazione, ha necessità di obbedire a precise norme previste dal diritto canonico, così non è per la sostanza.

E la sostanza è che tantissimi fedeli devoti pregano don Cataldo chiedendogli di pregare per loro e di intercedere presso Dio per ottenere aiuto e conforto, con la consapevolezza che queste richieste si fanno solo ai santi.

Non era passato nemmeno un mese dalla dipartita di don Cataldo, scriveva Salvatore Falzone in uno dei suoi tanti e pregevoli articoli sul compianto arcivescovo, che già una moltitudine di fedeli, «l’anima di un popolo», pregava don Cataldo «come si prega un santo».

E quella moltitudine di fedeli, quell’anima di un popolo, spera con cuore sincero che un giorno non tanto lontano, possa vedere l’amato don Cataldo assurgere agli onori dell’altare.

Ogni volta in cui ho l’opportunità di visitare la Chiesa Madre di San Cataldo, uno dei monumenti più importanti dell’architettura barocca della diocesi di Caltanissetta, è per me motivo di grande gioia potere ammirare il bellissimo dipinto raffigurante la Madonna del Lume e al tempo stesso potere pregare dinanzi alla tomba di don Cataldo Naro, posta tra quella ove riposa la Venerabile Marianna Amico Roxas e quella ove dal settembre del 2009 vi sono stati tumulati i resti mortali dell’arcivescovo monsignor Alberto Vassallo.

Monsignor Cataldo Naro, fu un uomo di grande intelligenza, fu un uomo che visse nella storia, che visse pensando, che pensò credendo e pregando, mite e fermo al tempo stesso, sempre chiaro, aperto ed amico, capace di cogliere ed esprimere in modo semplice ed efficace le sue visioni e le sue sintesi. Fu sempre coerente con i suoi principi, morali, sociali e cristiani da cui deduceva logicamente i suoi giudizi sulla realtà. Da quei principi desumeva sia la critica obiettiva degli errori sia la chiara esposizione degli eventuali rimedi da adottare.

Lo possiamo considerare, a pieno titolo, un Gigante dal cuore umile e semplice, un Profeta del nostro tempo, un Esempio luminoso da conoscere e seguire.

La biografia di don Cataldo Naro, che Enzo Sardo ha voluto offrirci, contribuirà sicuramente, attraverso lo studio e l’approfondimento dei suoi scritti e delle sue opere, a far conoscere e amare ancora di più questa figura di eminente studioso dotto e pio, di Sacerdote esemplare ed Amico di Dio.

Anche per questo e per l’impegno profuso in questo suo lavoro, Enzo Sardo merita un ringraziamento particolare. Mi piace farlo mutuando un’espressione tanto cara a don Cataldo Naro: «Con amicizia grata».

* Postfazione al saggio Monsignor Cataldo Naro. Un apostolo del nostro tempo di Enzo Sardo

Naro, luglio 2017

  Giovanni Tesè


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