Carmelo Moncada, uomo di vasta cultura e di santa vita, è stato inserito dallo scrittore e storico della chiesa agrigentina monsignor Domenico De Gregorio tra le "illustri figure del Clero siciliano, che, nel volgere di un secolo, hanno alleviato le sofferenze materiali e spirituali del nostro popolo" (Domenico De Gregorio, Profili di sacerdoti agrigentini, Firenze, 1961).
Nacque a Canicattì il 6 ottobre 1816. Poiché allora non esistevano scuole pubbliche, ebbe come precettore il sacerdote Vincenzo Cammilleri e poi entrò nel Seminario Vescovile di Girgenti, frequentando il prestigioso Collegio dei Santi Agostino e Tommaso.
Negli ultimi tre anni di arcipretura di Francesco Martines, parroco di San Pancrazio per 47 anni - dal 1806 al 1853 - Carmelo Moncada ricoprì l'incarico di vicario della Chiesa Madre. Fu nominato parroco il 12 giugno 1853 dal vescovo di Girgenti, il teatino monsignor Domenico Lo Iacono, un prelato reazionario che dai Borbone era stato insignito ad honorem del grado di colonnello. Lo Iacono, quando stava per maturare l'unità d'Italia, pur avendo diritto a partecipare alle sedute del Parlamento Siciliano in quanto Pari di Sicilia, preferì fuggire alla volta di Napoli per testimoniare la sua fedeltà a Ferdinando II e al papa Pio IX, allora esule a Gaeta.
Carmelo Moncada, invece, seguendo gli insegnamenti del suo precettore Vincenzo Cammilleri, componente del Comitato Rivoluzionario Cittadino, fu di idee democratiche e progressiste.
Il 23 giugno 1860 i cittadini di Canicattì furono invitati a recarsi nella Chiesa Madre per iscriversi alle liste elettorali in vista delle elezioni che si sarebbero tenute il 21 ottobre. La Commissione elettorale, composta da Pietro Testasecca, vicepresidente del Consiglio Civico, Vincenzo Palumbo, aiutante maggiore della Guardia Nazionale, Gaetano Cupani, sostituto del presidente del Municipio, Emanuele Antinoro in qualità di notaio anziano, Carmelo Moncada, arciprete e responsabile dello Stato Civile e Alfonso Tedeschi, segretario, compì le operazioni di sua competenza dal 10 luglio al 20 agosto 1860.
Il 15 ottobre però il prodittatore Antonio Mordini comunicava con proprio decreto che il 21 non si sarebbe votato per l’elezione dei deputati, ma i cittadini avrebbero sottoscritto, per plebiscito, questa dichiarazione: “Il popolo siciliano vuole l’Italia una e indivisibile con Vittorio Emanuele Re costituzionale e suoi legittimi discendenti”.
Il 21 ottobre l’arciprete Carmelo Moncada, il presidente del Comitato elettorale Pietro Testasecca ed il notaio Emanuele Antinoro si riunirono nella “Matrice Chiesa, luogo stabilito dal Magistrato Municipale per ricevere la votazione degli Elettori per plebiscito”. Nella stessa serata furono proclamati i risultati: iscritti 2847, partecipanti al voto 2643, voti favorevoli all’annessione 2642, voti contrari 1. Canicattì contava allora 18.275 abitanti. In Sicilia i voti favorevoli furono 432.053, i contrari 667.
Il 27 ottobre 1860 il prodittatore Antonio Mordini veniva proclamato cittadino onorario di Canicattì. Il 1° dicembre giunse a Palermo il re d’Italia Vittorio Emanuele che abolì la prodittatura ed istituì la luogotenenza affidata a dei piemontesi. A segnare la nuova era, Canicattì si dotava di un nuovo stemma, quello ancora oggi in vigore, su cui campeggia la Fontana del Nettuno.
Ben presto, però, maturarono forti contrasti tra Chiesa e Stato, soprattutto a seguito dell'approvazione della legge Borgatti-Scajola - che decretava la confisca dei beni ecclesiastici - e dell'introduzione in Sicilia del matrimonio civile.
A fare le spese del nuovo clima di contrapposizione fu a Canicattì proprio l'arciprete Moncada che, il 20 giugno 1865, venne imputato e denunziato per il reato di "provocazione alla guerra civile in Canicatti" e quindi arrestato il 18 luglio successivo con questa accusa: "Da ritenersi un efferato clericale-borbonico, non essendo altre le sue aspirazioni che il rovescio delle attuali istituzioni per ritornare al papato". Ben presto veniva amnistiato.
Il 21 luglio 1868, con nota riservata n. 31, veniva ancora denunziato dall'ufficio di Pubblica Sicurezza di Canicattì alla prefettura come contravventore all’art. 268 del codice penale. Si ignora l'esito del procedimento ma si ritiene che il Moncada abbia usufruito di una seconda amnistia. Con analoga accusa furono denunziati altri due preti canicattinesi: Vincenzo Farruggio e Luigi Cupani.
E proprio in quegli anni, in occasione dell'epidemia di colera del 1867 che, tra giugno ed agosto, causò ben 302 decessi (in Sicilia furono 52.990), l’arciprete Moncada, il dottor Francesco Rao e il sindaco Giuseppe Caramazza si prodigarono in favore degli ammalati. Il sindaco provvide a distribuire gratuitamente medicine e disinfettanti. L’arciprete si segnalò in maniera particolare, giungendo a compiere in favore degli ammalati anche i servizi più umili; fu instancabile nell’aiutarli e soccorrerli tanto che, cessato il morbo, ne ebbe pubblico riconoscimento con una medaglia al valore civile. Per la sepoltura dei numerosi cadaveri fu scelta la Selva dello Spirito Santo per la sua capienza e per la lontananza dalla città.
Nel 1886 Carmelo Moncada fu chiamato a Girgenti dal vescovo Gaetano Blandini che gli affidò l'importante incarico di direttore spirituale del Seminario e lo nominò canonico teologo della Cattedrale e arcidiacono.
Quando il vescovo Blandini, il 19 maggio del 1898, mori a Canicattì, durante una delle sue tante visite in città, l'arcidiacono Moncada ebbe l'onore di celebrarne il funerale nella Cattedrale di Girgenti, mentre l'elogio funebre fu tenuto dal canonico Antonio Lauricella.
E proprio in qualità di arcidiacono, la terza autorità della Curia dopo il vescovo Bartolomeo Lagumina, successore del Blandini, e il ciantro Stefano Amato, Carmelo Moncada prese posizione contro la legge allora in discussione alla Camera dei Deputati per l'abolizione delle decime ecclesiastiche. Il 5 febbraio 1905 il vescovo ed i canonici della Cattedrale di Girgenti firmarono un ricorso e lo inviarono a Roma. Vi si sosteneva che in gioco non erano "personali interessi" ma quasi "l'esistenza stessa" della chiesa agrigentina. Una tesi che contrastava del tutto con le posizioni del canicattinese barone Francesco Lombardo che era il capofila a livello nazionale di quanti proponevano l'abolizione delle decime ecclesiastiche ed in particolare di quelle agrigentine.
Fu l’ultima posizione ufficiale di Carmelo Moncada che, di lì a poco, il primo febbraio 1907, si spense, all'età di 91 anni, in una stanzetta del Seminario Vescovile ove abitava da anni. I funerali si svolsero, con particolare solennità, il 9 febbraio nella Cattedrale di Girgenti. Il discorso esequiale, tenuto dal suo successore nell'arcipretura di Canicattì Luigi La Lomia, fu pubblicato dalla Premiata Stamperia Montes di Girgenti col titolo "Elogio funebre del Rev.mo Mons. Arcidiacono Carmelo Moncada recitato il 9 febbraio 1907 dall'Arciprete Sac. Luigi M. La Lomia nella Cattedrale di Girgenti". La Lomia scrisse tra le altre cose: "Carmelo Moncada subì carcere ed esilio per difendere i diritti della religione, convinto che né i tribunali né i gendarmi possono sopprimere una dottrina religiosa".
Carmelo Moncada fu ritenuto una figura di grande spiritualità al punto che, nel 1918, lo storico canicattinese padre Agostino Gioia, frate minore del convento dello Spirito Santo, lo inserì nel suo "Numero unico" contenente le foto dei servi di Dio canicattinesi, con essenziali indicazioni sullo status di ecclesiastico o religioso di ciascuno e della data di morte
Nell'elenco, dopo i frati Serafino e Antonio Nocera dell'Ordine dei Minori, fra Domenico Lo Verme (minore conventuale), padre Francesco Lombardo (cappuccino), fra Girolamo, padre Giuseppe Antonio, padre Giovanni Francesco, padre Luigi Guadagnino (frati minori), padre Salvatore Lo Brutto (gesuita) e padre Gioacchino La Lomia (cappuccino), Agostino Gioia inserì - unico sacerdote secolare – “Mons. Carmelo Moncada - Arcidiacono della Cattedrale - Morto nel 1907". Un riconoscimento particolarmente significativo.
Padre Agostino Gioia nel 1922 pubblicò, altresì, una biografia dal titolo "Monsignor Carmelo Moncada nella Cattedra di Girgenti".
GAETANO AUGELLO
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