Critica a Rights of Man di Thomas Paine
Reading di Alessia Guccione e Concetta Montana Lampo nelle presentazioni del libro a Naro (27 febbraio 2016) e Canicattì (14 e 16 marzo 2016)
1.
Thomas Paine costruttore di ponti
per la rivoluzione mondiale
Nato in Inghilterra nel 1737, Paine
approdò in America nel 1774 su raccomandazione
di Benjamin Franklin. Qui, due anni dopo, il suo pamphlet Common Sense divenne il manifesto della rivoluzione americana, “provocando
- disse George Washington - un potente cambiamento nelle idee di molti uomini.”
Nel 1787 andò in Francia per promuovere
il suo progetto di costruzione di un ponte di ferro, che fu approvato
dall’Accademia delle Scienze.
Si recò poi in Inghilterra e qui «si
tenne in corrispondenza con Thomas Jefferson, ministro americano a Parigi».
Nel 1789 ritornò in Francia, dove «contribuì
alla stesura della Dichiarazione dei
diritti dell’Uomo e del Cittadino.» Il 16 ottobre indirizzò al Presidente
Washington la celebre affermazione: “Avere partecipato a due rivoluzioni
significa avere dato uno scopo alla propria vita”.
Nel 1791-92 scrisse Rights of Man in difesa della Rivoluzione francese, che considerò «la
continuazione di quella americana, per il fine ultimo della rivoluzione
mondiale.» (pagg. 41-54)
2.
L’uomo: individuo astratto o prodotto
dei rapporti di produzione?
«Partire da un concetto religioso,
deista, di rapporto con Dio, implica una necessità individualistica. […] Questo
‘patto’ metastorico si configura come il principio fondamentale del
giusnaturalismo moderno: i diritti della “Dichiarazione” del 1789 (libertà,
proprietà, uguaglianza) spettano all’individuo indipendentemente da qualsiasi
rapporto sociale. […] L’Uomo o individuo astratto e il suo primato sulla
comunità costituisce il limite di fatto e concettuale dell’elaborazione di
Paine, cioè, l’incapacità di vedere l’uomo come un prodotto storico di
determinati rapporti di produzione.» (pag. 63)
3.
I diritti dell’uomo secondo Paine e
secondo Fontana
«Per Paine, gli uomini sono uguali nei
diritti naturali (natural rights) ma
non in quelli civili (civil rights);
o meglio, sono uguali nel momento della loro nascita ma le susseguenti
differenze basate sulla capacità costituiscono l’essenza dei diritti civili, i quali, seppur diversi, non devono inficiare i
diritti naturali». (pag. 64)
Sostiene Fontana: «I diritti dell’uomo non
sono né il solo diritto ad avere libertà di parola, né il solo diritto di
libertà economica, nel senso di libertà dal bisogno: l’una senza l’altra non
esistono. Per questi motivi, riteniamo che la questione dei diritti dell’uomo
in generale sia ancora oggi il più grande problema del nostro tempo» (pag. 68).
4.
Due diversi modelli di società
Scrive Marx nel Capitale: «Il signor Peel si è portato dall’Inghilterra allo Swan
River, nella Nuova Olanda, mezzi di sussistenza e di produzione per una somma
di 50.00 sterline. Il signor Peel ebbe la previdenza di portare con sé, tra
l’altro, 3.000 persone della classe lavoratrice, uomini, donne, bambini. Giunto
a destinazione, il signor Peel restò senza un servo per accomodargli il letto e
per prendere l’acqua dal fiume. Povero signor Peel, che tutto aveva previsto,
tranne che d’esportare nello Swan River i rapporti di produzione inglesi!»
(pag. 70)
Osserva Fontana: «La domanda a Thomas
Paine sorge spontanea: perché in America il signor Peel restò senza operai?
Proviamo a rispondere: evidentemente perché in America tutti avevano
l’opportunità di diventare padroni delle proprie condizioni di lavoro, acquisendo
e gestendo in prima persona le terre, vendendo il prodotto del proprio lavoro,
diventando “farmers”.» (pag. 70-71)
«L’errore, per così dire, in cui Paine incappò
consisteva nel pensare che la Rivoluzione francese e il superamento in Europa
del vecchio regime, fatto di classi sociali con privilegi medievali, portasse
al modello di società americana.» (pag. 71)
5.
La
terra: i diritti all’esproprio e al possesso
«Un limite di Thomas Paine fu quello di
considerare la terra come bene primario, senza rendersi conto che egli stava
vivendo gli inizi della rivoluzione industriale.» (pag. 72)
«Negli scritti americani, Paine accetta
la posizione di Locke, che giustifica il diritto di appropriarsi della terra
oltre i limiti perché, a suo dire, aumenta il prodotto della stessa, e,
pertanto, la disuguaglianza è condizione di progresso.» (pagg. 77-78)
In Agrarian
justice «arriva ad individuare nella proprietà della terra il male maggiore
per la povertà di tanta gente. Ma non arriva a pensare ad una sua eventuale
redistribuzione, poiché considera che il titolo di proprietà resta sempre
legittimo. Anche in quest’opera, l’ideale di Paine resta legato alla piccola
proprietà fondata sul lavoro personale; ma, secondo lui, la proprietà deve
essere corretta, moderata e soprattutto diffusa.» (pag. 80)
6.
Tassazione della proprietà e Stato sociale
«Mediante una severa riduzione delle
spese che considerava inutili e una forte tassa progressiva sulla proprietà fondiaria
e sulla successione, Paine propose di finanziare l’assistenza diretta, sotto
forma di sussidi annuali e di pensioni, alle famiglie numerose per l’istruzione
dei figli, ai disoccupati, ai contadini, agli operai, ai marinai, ai soldati,
ai domestici, ai vecchi e alle vedove.» (pag. 78)
7.
Attualità della questione costituzionale
«L’attualità e l’importanza del pensiero
di Paine si dimostrano nei capitoli della seconda Parte di Rights of Man, dove si parla delle Costituzioni e dei Governi.» (pag.
67)
«Secondo Paine, le leggi sono emanate
dal popolo che si costituisce in Assemblea (legislativa o Costituente), la
quale elegge il governo. […]
Per Paine, «la Costituzione, fatta dal
popolo mediante la Convenzione, contiene le leggi entro cui si può legiferare e
formare un governo, e contiene, altresì, le leggi che permettono di modificare
e migliorare la stessa Costituzione.» (pag. 94)
8.
I limiti politici di Paine e il
loro superamento
«Se un critico letterario come Henry
Collins afferma che Paine si affacciò alla “soglia del socialismo” senza mai
varcarla, individuare le ragioni di ciò significa capire i limiti della
elaborazione politico-filosofica del diciottesimo secolo, nel quale il
capitalismo trionfa e pone le basi per una egemonia economica e culturale per i
secoli a venire. Probabilmente, trovandosi all’inizio della rivoluzione
industriale in Europa, nessuno era in grado di cogliere gli aspetti salienti,
né gli effetti, che questa avrebbe prodotto, come il depauperamento e la
proletarizzazione anche delle middle
classes, che, se intuita, avrebbe perlomeno allarmato i pensatori liberali
dell’epoca.» (pagg. 38-39)
Questa l’alternativa proposta da Fontana:
«Costruire un modello di società, si chiami socialista o come si vuole, in cui
le libertà e i diritti dell’uomo, individuali e sociali, siano tutti
realizzati»; «una società nella quale i diritti civili corrispondano ai diritti
naturali.» (pag. 40 e 4a di copertina)
9. Etica
e politica, ed egemonia gramsciana
«Lo sviluppo della società americana
procedeva più su base etica che politica, mentre in Europa, con
l’industrializzazione di massa e la sottomissione a lavoratore salariato di
larghi settori sociali, la società si sviluppava sul conflitto politico non
essendo possibile per i borghesi e i proletari condividere la stessa base
etica.
I concetti di etica e politica rimandano
al concetto di egemonia culturale, atteso che un grande pensatore come Gramsci
elaborò una teoria di egemonia culturale del proletariato alternativa a quella
borghese, avendo rilevato che l’egemonia borghese era più radicata di quanto si
potesse immaginare. La questione della loro mancata coniugazione è ancora oggi
aperta.» (pag. 39)
10. Diritti del Lavoro e
necessità dei sindacati
Scrive Williamson che per Paine le «concessioni
[ai lavoratori] dovrebbero essere un diritto, non una faccenda di misericordia».
«Paine capì la necessità [dei sindacati]
quando scrisse: “Esistono parecchie leggi che regolano e limitano i salari
degli operai. Perché non lasciarli liberi di fare i loro affari come il
legislatore è libero di lasciare la propria fattoria o la propria casa? Il
lavoro personale è tutta la proprietà che hanno”». (pag. 119)
N.B. Abbiamo scelto quest’ultimo brano pensando
all’iniziativa in corso della CGIL per una “Carta
dei diritti universali del Lavoro ovvero
Nuovo statuto delle lavoratrici e dei lavoratori”.
In questi ultimi anni la Cgil ha contrastato quelle leggi a carattere
neoliberista che hanno deregolato il mercato del lavoro e deteriorato e talvolta
cancellato i diritti dei lavoratori.
Presentazione del libro a Naro (27 febbraio 2016) |
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