Come tanti credo
ricorderanno, un tempo era molto più facile definire i confini ideologici in
politica. Molto semplicisticamente, se si riteneva giusto che non dovessero
esistere la proprietà privata e il sistema capitalistico che la sostiene in
quanto considerati come la causa principale delle disuguaglianze sociali,
allora ti sentivi e soprattutto eri un comunista o un socialista, pur nelle loro
varie correnti. Insomma, si era di Sinistra e si stava da una parte ben
definita che in politica, nel corso dei decenni, una volta abbandonato il
tragico estremismo iniziale e adeguando l’ideologia all’evoluzione sociale, si
traduceva in riforme realmente progressiste.
Di contro, sempre molto semplicisticamente, se
si riteneva che l’economia e il sistema produttivo dovessero liberarsi più o
meno completamente dalle pastoie dello Stato per potere emergere le singole
capacità imprenditoriali e professionali, badando un po’ meno alle fasce
sociali deboli e di più al profitto, allora si era di Destra. Insomma, si stava
esattamente dall’altra parte che politicamente, dopo gli opposti (rispetto al
primo) e tragici estremismi dei regimi fascisti e nazisti della prima metà del
Novecento, si traduceva in atti tesi a conservare e ad affermare i valori della
patria, della fede, della famiglia e della libertà individuale (quest’ultima
sostenuta sempre da positivi valori di ordine e legalità), ed economicamente tesi
ad applicare quelle ricette liberiste più idonee per fare emergere le capacità
imprenditoriali e professionali dell’individuo. A differenza di oggi, il tutto avveniva
in una cornice democratica e legalitaria.
Due legittime e, appunto, contrapposte
visioni politiche, economiche ma soprattutto esistenziali, che per un quarantennio
hanno caratterizzato a vicende alterne il
dopoguerra mondiale. La visione liberista caratterizzato il dopoguerra in
maniera più stemperata dopo la Grande Crisi
del 1929 e i totalitarismi di destra, specie col diffondersi delle ricette
keynesiane contrapposte a quelle della Scuola Austriaca. Quella riformista,
avuta la sua occasione nel dopoguerra, nell’Est Europa lo ha caratterizzato
negli stessi modi funesti dei predecessori, laddove lo statalismo fu
soppiantato dal culto della personalità di un solo capo. Insomma, entrambe le
visioni purtroppo hanno avuto la loro possibilità di imporsi in due tempi
diversi attraverso l’aspetto umano più oscuro e malvagio. In questo quarantennio
nel mondo c’è stato di tutto: guerra fredda, erezioni di muri, guerre più
“calde”, rischi di disastrosi conflitti nucleari, sofisticati nuovi
imperialismi operanti a tutt’oggi, “moderni genocidi”, complotti mondiali, abbattimenti
di muri, ecc.: il tutto gestito più o meno bene o più o meno peggio da queste
due distinte visioni. Quantomeno però, raggiunto un certo equilibrio tra i due
schieramenti o blocchi, ideologicamente ci si orientava meglio, la ricchezza
veniva in un certo qual modo distribuita e il benessere era molto più diffuso
di oggi.
Durante questo quarantennio e la inevitabile
evoluzione sociale che economicamente si esplicava in una nuova visione di
mercato, quello globale (la famigerata globalizzazione), si andava imponendo un
modello liberista molto più virulento: il neoliberismo o iperliberismo allergico
alle regole teorizzato dalla Scuola di Chicago, il cui principale esponente fu
l’economista statunitense e Premio Nobel Milton Friedman. Nell’arco di poco più
d’un secolo, sembra esserci una seconda occasione per l’ideologia conservatrice
di cambiare il mondo secondo una prospettiva liberista, la cui ascesa fu favorita
anche dalle notizie che andavano trapelando, e cioè che anche l’ideologia
comunista, esplicata dai suoi più atroci regimi, non era stata quella salvifica
del genere umano tanto sbandierata per decenni. La nuova forma di liberismo ha
attecchito molto bene nel tessuto sociale ed è riuscita a insinuarsi nelle
menti come l’unica cultura in grado di elevare economicamente e socialmente chiunque
ne abbia le capacità, esasperando al massimo l’idea che lo Stato con le sue regole
e le sue leggi è l’unica entità che può impedire questa realizzazione.
Realizzazione a quanto pare priva di una qualsivoglia dimensione o limite. Ciò
ha comportato quasi il disprezzo per gli Stati, le sue regole e finanche le sue
proprietà (privatizzare qualsiasi bene o servizio è diventato il mantra di
questa nuova travolgente e insidiosa cultura), e un’enorme disparità sociale. Questa
nuova iperclasse dominante e arcicapitalistica ora è sempre più abbarbicata e tenace
nel difendere ciò che onestamente non può più chiamarsi diritto alla libertà
individuale, bensì egoistico immenso privilegio personale.
Un illuminante saggio dal titolo “Il Mostro mite – Perché l’occidente non va
a sinistra” di Raffaele Simone, dà a questa idea liberista esasperata il nome
appunto di Mostro Mite, cioè il volto sorridente del Leviatano ora rappresentato
dalla Neodestra che culturalmente spinge al consumismo sfrenato, anche se non
si è ancora raggiunta una posizione tale da potere spendere così tanto. L’idea
è, anzi era, che fosse solo questione di tempo, le nuove regole, o l’assenza di
esse, come una sirena annunciavano che prima o poi chiunque poteva arricchirsi
e consumare smodatamente, e che intanto si poteva ricorrere al credito per
soddisfare i molteplici nascenti nuovi desideri. Germinava così la disastrosa economia
basata sul debito, che in qualche decennio ha contagiato persino gli Stati e
gli enti minori in cui sono suddivisi amministrativamente. Oggi non rischiano
il fallimento solo i bilanci domestici e aziendali, ma anche quelli statali,
regionali, provinciali e comunali. Una follia collettiva indifferente alla rinuncia e all’altruismo,
che ha svuotato e di fatto distrutto gli ideali autentici della sinistra.
In questa seconda occasione del Nuovo
Millennio dunque, il concetto di liberismo esasperato si è allontanato da
quello della Destra tradizionale, che comunque nella propria visione non
perdeva mai di vista i valori della legalità, dell’ordine e di un minimo di
giustizia sociale, se non altro per creare una domanda per i beni e i servizi
da loro stessi prodotti. Oggi invece, una massa di avventurieri senza scrupoli
ha sposato l’idea liberale unicamente per
soddisfare, in maniera smisurata, brame di potere e arricchimento oltre ogni
senso della legalità e dell’ordine, questi piegati strumentalmente ai voleri e
le esigenze di simile ristretta cerchia. Lo strumento più efficace è stata la
finanza allegra e senza regole, che in meno di due decenni ha spostato buona
parte del flusso del denaro dall’economia produttiva o reale al mondo della
speculazione finanziaria. Perché rischiare investimenti industriali e simili
con i rischi della saturazione dei beni e le altre tante rogne, che vanno dai
lavoratori ai sindacati, dalle tasse esose alle regole di mercato? Meglio
immergersi anima e corpo nel caliginoso mondo della finanza priva di regole e
tassata molto meno rispetto a quello dell’economia reale. Non serve nemmeno più
avere una pur minima distribuzione della ricchezza, dato che i nuovi padroni
del mondo non producono né beni né servizi, bensì soldi fini a se stessi, e
quindi semmai conviene dare ai cittadini il minimo per sopravvivere e poter
pagare i debiti che sono costretti a contrarre. I nuovi padroni producono soldi
da prestare, e in definitiva quindi grande indebitamento, anche per gli Stati
che vanno perciò perdendo sempre più sovranità.
Ancor più che nel mondo dell’economia
produttiva, in quello della finanza speculativa, dove bastano pochi e immediati
clic al computer e non capannoni e complessi meccanismi economici per agire, i
pesci sempre più grossi divorano quelli più piccoli, secondo l’eterna e crudele
legge naturale; cosicché oggi il mondo è costituito da pochi famelici squali e
molteplici ma sempre più innocui pesciolini. Un mondo però così costituito non
sembra destinato a durare ancora a lungo; tutte le storture e le contraddizioni
stanno venendo a galla come cadaveri decomposti sullo specchio immondo di
questo ormai innaturale oceano: i pesci piccoli devono pur mangiare e alla
lunga si rivolteranno contro i pochi famelici pesci grossi. Cioè, fuor di
metafora, non converrà ai nuovi padroni continuare ad affamare i “consumatori”
dei loro servizi finanziari: intanto, questi avranno tanta fame che saranno
tentati di divorare i loro aguzzini; e poi come faranno a restituire i debiti?
Le insolvenze creano crisi spaventose anche per i nuovi padroni o strozzini. I
fallimenti dei colossi bancari statunitensi nell’autunno del 2008 sono stati
un’avvisaglia che però tarda ad essere recepita in Europa. Un’Europa unita di
fatto solo dalla moneta ma composta da Stati a diversissime trazioni economiche
e dove quindi vigono devastanti particolarismi economici, che prima o poi
esploderanno in tutta la loro tragica portata sociale. Alba Dorata in Grecia e
Front National di Marine Le Pen in Francia, sono lì che aspettano la loro
occasione.
Ad ogni modo, in un tale piattissimo oceano, anche
le ideologie di cui si parlava all’inizio si sono appiattite, confuse, amalgamate,
purtroppo al ribasso tra gli ingredienti peggiori capaci di dissipare quelli
migliori. Specie in Italia, particolarismo dentro il particolarismo europeo,
tutto ciò ha portato nell’ultimo ventennio a una crisi dei partiti senza
precedenti, ridotti al ruolo di ratificatori ed esecutori degli ordini altrui e
non delle esigenze dei loro elettori; ruolo svolto fra l’altro all’interno di
un sistema corruttivo sempre più vergognoso e famelico, tale che gli indagati
di Mani Pulite al confronto erano agnellini. Il crescente assenteismo
elettorale, oltre ad essere dovuto al discredito costante che i partiti sono
stati capaci di guadagnarsi con le loro malefatte, è causato anche dalla incomprensibile
commistione tra le diverse ideologie, uniformate nella loro azione politica ed
economica dai dettami della troika (UE, BCE e FMI). Il culmine di tale amalgama
è confluito nelle cosiddette larghe intese inaugurate dal Presidente Giorgio
Napolitano nel novembre del 2011 col governo Monti e proseguito, con
motivazioni diverse, con quello di Enrico Lella. Il primo ha fatto del rigore
la sua battaglia di governo per far scendere lo spread e ridare fiducia ai
mercati, il secondo ha assunto come cavallo di battaglia la stabilità di
governo, che qualche giornale straniero paragona alla stabilità dei cimiteri,
dato che non ha prodotto nulla di significativo sul piano economico, solo
figuracce varie e qualche pateracchio tipo quello dell’abolizione dell’IMU (per
non scontentare l’alleato in vena di ricatti) sulla prima casa, che invece
molti dovranno pagare, anche qualcuno che ne era esentato, in seguito
all’aumento dell’aliquota apportata da 600 comuni. Certo che i geni, alcuni
assurti pure a saggi, ne sanno combinare delle belle per scontentare
l’elettorato! Passiamo alla bocciatura da parte della Consulta del Porcellum,
che ha giudicato incostituzionale il premio di maggioranza e le liste bloccate senza
voto di preferenza. Un governo risultato incostituzionale con questa sentenza, quale
autorità può avere per fare una nuova legge elettorale? Probabilmente tale
tentativo, mai avviato per anni, ora servirà a prolungare le ormai stanche
intese e l’agonia degli italiani che si allontaneranno sempre più dalla
politica, la quale non sembra nemmeno accorgersi del crescente malcontento e
del disagio economico e sociale dei cittadini. Aspettano forse i forconi per iniziare
a cambiare realmente qualcosa?
Gli italiani dunque, mai come prima hanno
così tanti dubbi su chi votare; quelli che ovviamente ancora si recano alle
urne, cioè poco meno della metà degli elettori. I due principali partiti, Pd e
Pdl (ora scisso in Forza Italia e Nuova Destra), e quelli minori, ormai si sono
screditati davvero parecchio, altri sono praticamente scomparsi. Il Pd con le
primarie di oggi 8 dicembre si appresta a cambiare Segretario, e dei tre
candidati, quello che più sembra rappresentare una maggiore discontinuità col
vecchio apparato di partito, rimanendo a sinistra, è Pippo Civati; ma come farà
eventualmente a convivere con l’anima centrista? La discontinuità, anzi, la
rottamazione di Matteo Renzi poi, sarà meno facile a realizzarsi se diventa Segretario;
e poi ancora, rimanendo più aperto verso il centro, raccogliendo simpatie
persino tra elettori ex berlusconiani, come farà a convivere con la sinistra? Gianni
Cuperlo sembra invece rappresentare, pur nella sua figura aristocratica,
gentile e pulita, la continuità del vecchio apparato di sinistra; e come farà a
convivere con le altre due istanze che rappresentano, detto molto
semplicisticamente, la nuova sinistra di Civati e il nuovo centro di Renzi? E’
un doppio scontro tra vecchio e nuovo, e tra visioni di sinistra e di centro,
non facile da dirimere. Tutto ciò è molto più che un dilemma.
Dalle elezioni del febbraio scorso poi c’è il
Movimento 5 Stelle chiamato a rappresentare una grossa fetta dell’elettorato
(circa un terzo, come gli altri due partiti maggiori), ma che non ha la
maggioranza, ad oggi, per potere governare da solo, dato che si preclude
qualsiasi possibilità di alleanza con chicchessia. I grillini possiedono la
sincera volontà di cambiare radicalmente le cose, ed essendo il nuovo che
avanza nessuno può ancora avere elementi di sfiducia in tale volontà. Vengono
tacciati di populismo e in effetti il loro indiscusso (in senso letterario,
come nel Centrodestra) leader è molto abile a radunare le folle e a riscuotere
consensi. Molto ambiguo poi sono il ruolo e soprattutto gli obiettivi del loro stravagante
guru, Gian Roberto Casaleggio. A parte queste ombre, nel M5S si aggiunge il
fatto di rappresentare contrapposte istanze economiche, avendo tra gli elettori
i delusi della Sinistra e della Destra. L’unico importante fattore che accomuna
i suoi elettori è la protesta e la forte esigenza di un radicale cambiamento
della politica. Cambiamento che non possono certamente più intestarsi i partiti
tradizionali, dato che ne hanno combinate davvero troppe, e per di più
continuano imprudentemente, temerariamente a sfidare il sentimento comune,
dalle politiche economiche alla gestione degli scandali, non ultimo ma il più
eclatante, quello del Ministro Annamaria Cancellieri. E’ opportuno che il
Ministro della Giustizia si interessi delle sorti della detenuta Giulia
Ligresti in quanto amica di famiglia, con tante, troppe telefonate per poter credere
che lo facesse con tutti i carcerati che rifiutano il cibo in carcere e chiedono
i domiciliari? Ed è opportuno lasciarla continuare ad occupare la sua delicata
carica? Con lei si è inteso salvare le larghe intese, le quali non sono più
tanto larghe con Forza Italia all’opposizione.
Per chi vuole che le cose cambino e
preferisce una rivoluzione incruenta per mandare i vecchi partiti a casa, il
M5S è l’ideale; con l’incognita però di che cosa avverrà dopo, ammesso che
riuscirà in questa rivoluzione. Nel caso in cui andassero al Governo, anche
loro dovranno sostenere al loro interno intese larghe? O le diverse, o
addirittura contrapposte anime verrebbero ammansite dalla volontà forte di
Beppe Grillo?
Oggi non è affatto facile decidere se andare
a votare e soprattutto chi votare. In giro pare esserci un diffuso sentimento
simile a quello di chi è rimasto orfano: politicamente orfano, dopo la lunga
agonia della politica italiana.
Angelo Lo Verme
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