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Canicattì, la sera del 06 Luglio in C/da Montagna, si è svolta una piacevole
serata per ricordare il comune amico Peppino Leone, Poeta e Pittore
canicattinese scomparso lo scorso 14 Giugno. Gli amici Santo e Agnese, generosi
e squisiti ospiti, hanno messo a disposizione per la serata la loro graziosa
casetta di campagna.
E’ stato un incontro molto informale e amichevole dove in
modo estemporaneo si è parlato di Peppino e si sono lette sue Poesie
selezionate da ciascun lettore. Per mantenere quindi l’impronta informale e
amicale, gli amici si sono disposti in cerchio
e da seduti stesso, a turno, hanno declamato le Poesie nello spiazzale sotto il
cielo ancora non propriamente estivo. Prima di iniziare c’era un po’ di vento,
ma poi si è placato e la serata è stata gradevole anche dal punto di vista
climatico.
Gli amici che hanno declamato le Poesie sono:
Angelo, Antonio, il piccolo e simpaticissimo Calogero (9 anni) che ha pure
recitato una sua Poesia dedicata a Peppino, Giuseppe, Lella, Maddalena, Melina,
Teresa e Totò che ha letto un suo pensiero per Peppino. Le letture sono state
accompagnate da sottofondi musicali eseguiti dal Gruppo Musicale canicattinese “Cantores
insulae”, i cui componenti che hanno partecipato alla serata sono: Teresa
Canicattì, Angelo Castellano, Filippo Curto, Gioacchino Di Bella, Giuseppe Di
Miceli e Melina Naccarato. Lo stesso gruppo ha pure cantato
canzoni tratte da Poesie di Peppino quali “Lu juvu”, musicata da
Giuseppe Di Miceli, “Lu vientu mi lu dissi” e “L’Essiri”, entrambe
musicate da Gioacchino Di Bella.
Il sottoscritto, che è stato pure l’ideatore e
il conduttore della serata, alla fine del discorso introduttivo ha proposto di
ripetere gli incontri, magari in occasione dei futuri anniversari del trapasso
di Peppino, ogni 14 giugno, scegliendo volta per volta il posto. Durante la
serata i “Cantores insulae” hanno annunciato che stanno allestendo uno
spettacolo teatrale e musicale dal titolo “La Funtana di Brualinu”, dove
la figura del protagonista è ispirata a quella di Peppino Leone.
Come ho detto nel discorso introduttivo, ci
tenevo molto a organizzare questo incontro perché era una promessa fatta a
Peppino. Avremmo dovuto organizzarlo la Primavera scorsa nei locali dell’AUSER. Per
motivi di salute della Presidente che ci teneva molto a presenziare, non si è
potuto realizzare. Ogni tanto Peppino, stranamente, lui così restio a questi
eventi in suo onore, mi chiedeva, ma sempre con molta delicatezza: “Angilì, quannu la faciemmu ddra cosa?” “Eh,
Peppì,” gli rispondevo. “Vidiemmu,
appena ci liberiamo con Lella dagli impegni col Teatro organizzo tutto”. Il
9 giugno scorso era domenica e prima di andare al mare con mia moglie andammo a
trovarlo a casa sua. Era tornato dall’ospizio di Naro qualche giorno prima.
Aprii con la chiave che egli mi aveva fatto duplicare apposta, per evitare di
alzarsi: ultimamente aveva poche forze nelle gambe e rischiava di cadere, come,
infatti, accadde un paio di volte. Era seduto sulla poltrona con le gambe
gonfie appoggiate su una sedia. Non sembrava però che stesse più male del
solito. Gli portammo un po’ di ciliegie che avevo raccolto in campagna da mio
padre. Disse che le avrebbe assaggiate senz’altro, in modica quantità, dato il
suo diabete. “Saranno ancora più buone,
visto che le hai raccolte tu,” mi disse. Gli sorrisi e gliele misi in
frigo. Parlammo come al solito di tante cose: di salute, di politica, di arte.
Prima di andarcene gli dicemmo che la serata l’avremmo organizzata ai primi di
luglio. Lui fece spallucce e disse: “Si
c’arrivu!”. Mi è rimasto il grande rammarico di non essere arrivati in
tempo!
Peppino l’ho
conosciuto poco più di un anno fa, il 9 giugno scorso alla Badia in occasione
della presentazione della sua raccolta Poetica “Psicomosaici” e della mostra
dei suoi altrettanto poetici e dolcissimi dipinti, specie quelli che
raffigurano animali. Mi affascinarono subito i suoi modi semplici, la sua
modestia, il suo essere un uomo autentico, ma soprattutto la sua grande bontà,
la sua sensibilità, la sua grande intelligenza
e la sua profondità. E’ stato “un
amore a prima vista!”. Ricordo che in quell’occasione mi colpì la dedica
che scrisse a mia moglie sul libro che le donò per ringraziarla della
declamazione della sua Poesia. Voglio condividerla con voi: <<Gentilissima Lella Falzone. Il Poeta è colui
che ha sogni, che divulga le visioni del suo cuore rischiando sempre di
divenire falso Profeta, se le dona come verità ricevute dall’alto. Il Profeta è
lui stesso Poeta. Poiché l’uomo non può ricevere nulla nel suo spirito senza
collaborarvi col proprio Pensiero. Con simpatia, Leonino. Canicattì
30/05/2012>>.
Ai
miei complimenti per le sue opere mi rispose: “Ma no, sono quasi un analfabeta!”. Gli dissi: “Certo che lei, per essere un analfabeta, riesce a scrivere certe
cose…!” Si schermì, ribadendomi ancora che era quasi un analfabeta. Da quel
momento cominciammo a frequentarci e a telefonarci. Spesso ci vedevamo in
Piazza la mattina insieme agli amici Santo, Luigi e Antonio, per andare al Bar
a prenderci un caffè. Lui prendeva sempre un bicchiere di latte caldo senza
zucchero. Si parlava appassionatamente di politica, di arte, della vita. La mia
conoscenza con Peppino purtroppo è stata breve, ma credo molto intensa! E’
stato un grande piacere e un immenso onore averlo conosciuto! L’attuale mio sentimento
che voglio esprimere è: “Mi manchi tanto
carissimo Peppino!”.
Sulla Poesia “Eva
Closter”, che è stata letta durante la serata, voglio spendere due parole. Eva Closter,
una ragazza tedesca, fu l’amore di gioventù di Peppino emigrato in Germania. La
scorsa Pasqua ci trovavamo a Roma con mia moglie. Mi portai il libro di
Peppino. Sentendomi con lui al telefono gli dicevo che stavo leggendo le sue Poesie
e che mi piaceva molto “Eva Closter”. Spontaneamente
mi raccontò di Eva. Erano in gita sul lago in barca. Non ricordo se per
improvviso mal tempo o altro, o forse non me lo disse (d’altronde non m’andava
di fare domande mentre mi stava confidando un fatto doloroso), Eva cadde in
acqua. Egli non riuscì a salvarla. Non so se Peppino non sapesse nemmeno
nuotare, fatto sta che per tutta la vita si è portato dentro questo rimorso.
Gli ricordai semplicemente che era stato solo un maledetto incidente, e che non
doveva nutrire tali devastanti sensi colpi; ma capisco che non è facile
razionalizzare traumi così dolorosi. Gli auguro che il suo dolore glielo abbia
alleviato la sua Poesia; Poesia che egli sentiva come la sua unica malattia, e
quindi, omeopaticamente, gli auguro che si sia curato col suo stesso male. Lo
dice nella sua Poesia intitolata appunto “Poesia”. Con gli ultimi
quattro versi conclude: “… E canto triste, nel mondo / con l’anima piccola mia / malata d’un
male soltanto / incurabile male. POESIA!”.
La serata si è
conclusa con un bis della canzone “Lu vientu mi lu dissi”, gentilmente
concesso dai “Cantores insulae”, e con un rinfresco a base di
alimenti caserecci tipo “Caponatina siciliana” e simili, gentilmente
offerto dai nostri squisiti ospiti Santo e Agnese. Credo che Peppino da lassù
ci abbia osservato divertito mentre ci deliziavamo con la lettura e l’ascolto
delle sue meravigliose Poesie e delle canzoni musicate sui suoi versi! Una
bella serata all’insegna della sua Poetica e, perché no?, dell’allegria. Sono
convinto che egli, se ci fosse stato, avrebbe voluto che si fosse svolta così
la serata dedicata a lui; ed egli, la sua anima, il suo spirito, certamente era
con noi ad ogni verso declamato. Ciao Peppino! Ti vogliamo un gran bene!
Angelo Lo Verme
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