- Ordine Regionale dei Geologi
- Associazione Geologi della Provincia di Agrigento
- Associazione Geologi della Provincia di Agrigento
Intervento al Convegno su:
La centralità del Geologo nella progettazione geomineraria: Fasi
procedurali e progettuali per l’apertura di un’attività estrattiva
Hotel Villa Romana, Porto Empedocle 18.maggio.2013
Premessa:
Ancora prima di definire le
fasi procedurali relative all’iter normativo-autorizzativo per l’approvazione
di un’attività di estrazione e prima di definire i vari step di un progetto di
coltivazione, è opportuno premettere una brevissima sintesi storica sull’evoluzione
del ruolo del geologo e sulla sua centralità nella dimensione di “progettista”,
acquisita nel tempo, dunque non soltanto come consulente specialista a supporto
della progettazione.
Solamente da un trentennio a questa parte, infatti la
nostra categoria ha conquistato un ruolo centrale, oltre che nella
pianificazione e gestione ordinaria del territorio e delle emergenze
idrogeologiche e ambientali, anche nella progettazione geomineraria e
geologico-ambientale, in quanto sino
all’inizio degli anni Ottanta l’attività di direzione e progettazione delle
cave e miniere in realtà era stata di esclusivo appannaggio delle categorie
professionali di Ingegneri e Periti
Minerari.
In particolare, in ambito regionale infatti il settore
estrattivo era disciplinato dal R.R.P.M. di cui al D.P.R.S. 7/1958 nel cui art.
10 veniva disposto che le uniche figure legittimate alla D.L. di cave e miniere
erano l’Ingegnere e il Perito Minerario.
Diapositiva sulle dinamiche normative
relative al ruolo del geologo
nel settore estrattivo
Occorre attendere il 1980 per assistere al riconoscimento
normativo della figura del geologo nel settore estrattivo, con l’emanazione
della L.R. n. 127 del 9.12.1980, nel cui art. 13 viene finalmente legittimato
il geologo nella Direzione Tecnica delle attività di estrattive. Tale normativa rappresenta un momento d’importanza storica
per la geologia siciliana, ma soprattutto per quei geologi operatori del
settore estrattivo in Sicilia, per i quali vengono a proporsi nuove prospettive
di lavoro, in quanto con il riconoscimento della direzione della cave, in
automatico, si apre la possibilità alla progettazione geomineraria.
A rendere, tuttavia, problematico tale percorso di
affermazione, soprattutto di natura politica e culturale, della nostra
professionalità, hanno contribuito
alcuni tentativi di delegittimazione sotto il profilo normativo nazionale, come
l’avvento del D.L. 624/96 Art. 20 (sicurezza in materia di attività estrattive) che legittimava le figure
dell’Ingegnere e del Perito Minerario, quali uniche figure individuate formalmente
ad assumere la direzione lavori di una cava nella qualità di R.S.P.P., ignorando
clamorosamente la figura del geologo dal
testo del decreto. Addirittura nel
comma 2 di tale articolo si normava testualmente che “…il
direttore responsabile delle attività estrattive deve essere in possesso della laurea
in Ingegneria o di diploma universitario in Ingegneria Ambiente-Risorse o equipollente,
o di diploma di perito minerario o equipollente”.
Per fortuna tale tentativo politico di delegittimazione è
stato poi vanificato, grazie anche al contributo del sottoscritto che ha
segnalato con forza l’anomalia agli allora presidenti regionale e nazionale, Siragusa
e De Paola, i quali si adoperarono con successo, nelle sedi legislative
opportune, per una rettifica, inserendo la nostra figura nella legge
finanziaria n.388 del 2000, all’art.114, norma riparatrice grazie alla quale fù
ripristinata e rilegittimata la nostra figura professionale.
E’ bene chiarire che il geologo, terminata l’attività di
progettazione geomineraria per l’apertura di una cava,svolta in tutte le fasi
procedurali e progettuali,segue da Direttore Tecnico ovvero R.S.P.P. le varie
fasi di
coltivazione intermedie,
durante l’intero periodo temporale autorizzativo negli anni, garantendo le
norme di sicurezza in ossequio al Regolamento Regionale di Polizia Mineraria,
al D.Lgs.624/96 e ss.mm.ii.,secondo le modalità estrattive autorizzate.
L’approccio al percorso procedurale della progettazione geomineraria per lo sfruttamento delle georisorse, passa per uno screening preliminare sulla verifica del regime vincolistico del sito individuato, ponendo attenzione particolare alla verifica prioritaria dell’inserimento del giacimento nel Piano Regionale dei Materiali di Cava e Lapidei di Pregiodella Regione Sicilia, approvato con Decreto Presidenziale del 5 Novembre 2010 pubblicato sulla G.U.R.S. n. 53 del 03.12.2010, che individua le aree di 1° e 2° Livello per l’estrazione dei giacimenti di cava.
L’approccio al percorso procedurale della progettazione geomineraria per lo sfruttamento delle georisorse, passa per uno screening preliminare sulla verifica del regime vincolistico del sito individuato, ponendo attenzione particolare alla verifica prioritaria dell’inserimento del giacimento nel Piano Regionale dei Materiali di Cava e Lapidei di Pregiodella Regione Sicilia, approvato con Decreto Presidenziale del 5 Novembre 2010 pubblicato sulla G.U.R.S. n. 53 del 03.12.2010, che individua le aree di 1° e 2° Livello per l’estrazione dei giacimenti di cava.
Tale verifica è propedeutica alla fase successiva, in
quanto la redazione del progetto di coltivazione è subordinata all’appartenenza
del sito alle aree di 1° e 2° livello del P.RE.MA.C; in caso negativo non
sarebbe infatti possibile redigere il progetto che sarebbe rigettato.
Diapositiva sugli step progettuali per
la redazione del progetto di coltivazione di una cava
Tuttavia, in tale fase iniziale è opportuno estendere la
verifica vincolistica agli altri strumenti di pianificazione regionali, provinciali
e comunali, quali il P.A.I., il Piano Paesaggistico Provinciale, il Piano di
Tutela delle Acque, siti Rete Natura 2000, SIC e ZPS, i Piani Urbanistici, al
fine di escludere la presenza di vincoli ostativi all’attività estrattiva sul
sito interessato e verificarne un’eventuale loro sovrapposizione. Ad esempio, nell’ipotesi spesso verificatasi
in cui il sito, pur ricadendo
all’interno del Piano Cave, dovesse anche ricadere anche in “area di Livello 3” del Piano Paesaggistico
Provinciale, in questa sovrapposizione vincolistica prevarrebbe quest’ultimo
vincolo in quanto il piano paesaggistico
è formalmente sovraordinato rispetto al piano cave; pertanto non sarebbe
possibile effettuare attività di estrazione.
In realtà si tratta di una forte contraddizione che
denuncia la carenza di coordinamento tra le varie istituzioni della Regione
nella redazione dei vari piani territoriali regionali.
Relativamente allo strumento del Piano Regionale delle
Cave non è il caso di dilungarsi, atteso che oggi sono presenti due illustri
figure istituzionali che sicuramente meglio del sottoscritto riusciranno ad illustrare
le finalità di tale pianificazione che si attendeva da 30 anni (1980-2010)
nell’ambito del settore estrattivo siciliano.
Una volta verificata la coerenza del sito con i vari
strumenti di pianificazionesi procede alla programmazione
della campagna geognostica in situ, la cui finalità quella di valutare
l’idoneità giacimentologica, meccanico-fisica e idrogeologica della georisorsa,
e i cui costi ed entità vengono anche concordati con la committenza sia perché
il proprietario, o affittuario dei terreni, ha spesso già eseguito in
precedenza una campagna di sondaggi sia per la natura dell’utilizzo che intende
farne del tout-venant estratto in relazione alle strategie aziendali, ad
esempio se intende sfruttare il giacimento come inerte per betonaggio ovvero
come rilevati e/o materiale di riempimento nel caso di calcari o dolomie, o
ancora per trasformarlo in laterizio, nel caso delle argille magre del settore
tirrenico del messinese.
Il programma delle prospesioni in situ è chiaramente
funzione del litotipologia oggetto di estrazione, ma in ogni caso la campagna
d’indagine classica e comune a tutti i giacimenti comprende l’esecuzione di una
rete di sondaggi a c.c., di profondità tale da comprendere lo spessore che
s’intende raggiungere con il profilo finale.
La prova sismica M.A.S.W. sarà necessaria solamente per la
determinazione della Vs,30 e la conseguente categorizzazione del
sottosuolo. Quest’ultima prova,
quand’anche non si preveda la realizzazione di opere d’arte nell’ambito
dell’attività estrattiva, è necessaria per poter effettuare la verifica di
stabilità dei fronti in osservanza alle recenti N.T.C. 2008 di cui al D.M.
14/01/2008.
La campagna di sondaggi a c.c. sarà necessaria per
verificare preliminarmente la stratigrafia verticale del giacimento, la
continuità verticale ed orizzontale, la consistenza volumetrica, lo spessore
del livello agrario alterato, denominato “cappellaccio” del giacimento nonché
per consentire la verifica di eventuali livelli piezometrici che potrebbero
risultare interferenti con il profilo della fase finale di estrazione.
Il prelievo di campioni indisturbati lungo i carotaggi
potrà consentire di effettuare le prove di laboratorio specifiche, in relazione all’utilizzo e alla natura del
tout-venant.
La scelta dell’utilizzo del tout-venant estratto è anche
funzione degli esiti della campagna geognostica: per esempio nel caso di rocce a consistenza lapidea, se dovessero emergere
valori elevati di resistenza meccanica alle prove di schiacciamento sui
campioni prelevati e se si dovesse rilevare un’omogeneità nonchè una continuità
litologico- strutturale del giacimento, ovvero assenza di discontinuità
litologiche come intercalazioni pelitiche friabili, sarebbe opportuno prevedere già nell’ambito
degli elaborati di progetto la realizzazione di un impianto di
frantumazione-vagliatura e, possibilmente, di un impianto di betonaggio, secondo le caratteristiche volumetriche e le
strategie aziendali della committenza.
Nel caso invece di argille per la produzione di laterizi, ad esempio,
sarebbe opportuno verificare il tenore di sabbia in modo da poter valutare se
si tratta effettivamente di un argilla magra (argilla sabbiosa) non
fossilifera, cioè idonea ad essere
sottoposta al processo di cottura nelle fornaci per la produzione di laterizi,
e via dicendo per le altre litotipologie come gessi e sabbie silicee.
Accertata l’inesistenza di vincoli ed appurata l’idoneità
del giacimento all’estrazione attraverso
la prospezione geognostica preliminare,segue il rilievo plano-altimetrico dei luoghi con la redazione delle
planimetrie a curve di livello degli stati attuale, intermedio e finale, delle
sezioni topografiche e delle sezioni litostratigrafiche e geominerarie, con
riferimento agli stati intermedi
della coltivazione.
Quindi, si procede al calcolo della cubatura (volumetria)
del giacimento la redazione del programma
di utilizzazione del giacimento con il calcolo della durata temporale della
cava, in relazione alla configurazione
morfometrica del profilo dello stato finale previsto.
Si
procede dunque all’approfondimento dello studio
geologico iniziato nella fase geognostica preliminare, con la redazione
della cartografia tematica prevista
dalla normativa (geolitologica,
geomorfologica e idrogeologica), comprensivo di:
a)
risultanze della prospezione geognostica e geofisica;
b) rilevamento geologico e rilievo
strutturale-giaciturale del giacimento
c) caratterizzazione geomorfologica e orografica
del versante;
d) caratterizzazione geotecnica;
e) valutazione delle condizioni di sicurezza del
pendio attraverso:
-
verifica di stabilità allo stato originario, ante, durante e post-escavazione;
- verifica
del singolo fronte e dell’intera gradonatura multipla, in relazione ai volumi
interessati, in adempimento alle N.T.C. 2008;
- caratterizzazione
idrogeologico-sotterranea e idrografico-superficiale del sito
In ordine alla caratterizzazione idrogeologica,
nell’ambito della previsione dello stato finale è decisamente importante
attenzionare l’aspetto idrogelogico-sotterraneo. Di importanza estrema è la
valutazione della presenza di acquiferi nell’ambito dei volumi di sottosuolo
significativi in relazione alla profondità dello stato finale del giacimento e
della volumetria, valutando
eventuali interferenze trai lavori
estrattivi e il flusso sotterraneo. Sotto
il profilo idrogeologico-superficiale, ai fini della salvaguardia
dell’orografia originaria del versante è opportuno valutare l’aspetto
idrografico-superficiale,tenendo conto dei valori di deflusso superficiale e
delle caratteristiche di permeabilità, allo scopo di evitare di valutare la
canalizzazione delle acque superficiali, affinchèl’estrazione possa risultare non
interferente con il naturale deflusso, evitando di determinare mutamenti del
sistema idrografico superficiale originario, assicurando pertanto che si
mantenga inalterata la direzione di deflusso superficiale nel ricettore
idrografico originario.
A supporto del progetto occorre effettuare lo studio
ambientale attraverso la redazione dello Studio
d’Impatto Ambientale, nel cui corpo centrale interviene la
caratterizzazione geomorfologica, geopedologica e idrogeologica, elaborato che
sarà esaminato dall’A.R.T.A. per l’espressione del giu0dizio di compatibilità
ambientale.
Il S.I.A. rappresenta una descrizione analitica degli
impatti previsti per effetto della realizzazione dell’estrazione, delle
contromisure ovvero misure di mitigazione degli impatti e del monitoraggio in
corso d’opera e a conclusione dei lavori estrattivi.
La fase progettuale finale consiste nella previsione dello stato finale dei
luoghi a conclusione della coltivazione e nella progettazione del recupero
ambientale, previsto ai sensi dell’Art. 19 della L.R. 127/80. Viene pertanto effettuato uno studio di fattibilità e il Progetto di massima delle opere di
recupero ambientale, ai sensi della L.R. 127/80. La finalità del recupero ambientale delal
cava è quella di restituire il sito degradato e enatropizzato al contesto
ambientale e paesaggistico in cui esso era inserito originariamente, in modo
che la scelta delle essenze vegetali o gli interventi di rinaturalizzazione del
suolo risultino in armonia con il contesto paesaggistico e nel rispetto
delle componenti morfologiche e
floristico-vegetazionali che caratterizzano il contesto geografico in cui
s’inserisce il sito, tenendo conto anche di eventuali scenari futuri del sito recuperato,
secondo anche le intenzioni o le strategie manifestate dalla committenza.
Conclusioni:
Riconducendomi alla premessa iniziale sul ruolo del geologo progettista, si può concludere che
nell’ambito della progettazione geomineraria ma anche geologico-ambientale, da
un decennio a questa parte il geologo ha saputo proporsi nei confronti della
committenza con un atteggiamento più professionale, ovvero come un tecnico
completo, capace di assumere la dimensione di “progettista”, e non solamente
come consulente specialista a supporto dell’ingegnere o architetto, quindi in grado di affrontare ed elaborare le
varie fasi di un progetto, redigere tutti gli elaborati progettuali
sottofirmandoli come progettista,
nessuno escluso, dalla caratterizzazione geologica al programma di
utilizzazione con il calcolo della cubatura, sino alla redazione dello studio
di fattibilità e del progetto di recupero ambientale. E ciò non solo per la progettazione di cave
a cielo aperto, ma anche per la progettazione di discariche, bonifiche, laghi
collinari, consolidamenti con rinaturazione dei suoli attraverso tecniche di
ingegneria naturalistica, pozzi e via dicendo.
Rispetto al passato in cui a livello nazionale la figura
dell’ingegnere era politicamente più rappresentativa e più rappresentata,
specie in alcune importanti istituzioni politiche di carattere nazionale, quale
ad esempio il Consiglio Superiore dei LL.PP. (il D.L. 624/96 ne è l’esempio
evidente), oggi la nostra categoria ha potuto conquistare un maggior peso
politico, dopo un travagliato percorso di crescita professionale ma anche
culturale e politica, soprattutto a livello nazionale.
A questo processo di maturazione professionale ha
contribuito anche una maggiore attenzione e sensibilità, sia della società
civile sia della politica, alle problematiche ambientali e idrogeologiche, ma
anche una maggiore consapevolezza
dell’importanza imprescindibile del ruolo geologo nella pianificazione,
gestione e difesa del territorio.
Saluti.
Data, 18.05.2013
Dr. Franco La Mendola
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