Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio
del Novecento Lercara ha assistito ad un singolare confronto sul piano
della comunicazione estetica tra Chiesa e Massoneria.
Questa è un’associazione segreta che
professa valori improntati ad uno schietta laicità: la credenza in un
Dio non confessionale (deismo, che può sconfinare nel panteismo); la
solidarietà fra gli appartenenti; una società liberata tramite il
razionalismo dai suoi problemi (tirannia, dogmatismo, etc.).
È stata condannata dalla Chiesa cattolica, e dichiarata illegale dal fascismo.
Essa attribuisce grande importanza all’architettura, da cui mutua quasi tutto il suo simbolismo, ed alla cosiddetta geometria sacra (depositaria di un sapere segreto che si dice tramandato dall’antichità).
Esiste a Lercara Friddi un edificio
scolastico (Plesso Sartorio), edificato verso la fine dell’Ottocento per
opera dell’allora locale amministrazione guidata dalla famiglia Sartorio Scarlata,
il cui prospetto riproduce diversi elementi della simbologia massonica:
questi erano rappresentazione estetica dei valori in cui credeva quella
parte liberale della classe politica.
Nell’elemento architettonico posto in
alto sulla facciata si possono osservare: quello che resta di un’aquila
sopra allo spazio semicircolare, e sempre al suo esterno sui fianchi in
basso delle cornucopie; al suo interno: l’occhio nel triangolo, una
tavolozza, due bandiere con in mezzo un mappamondo, e sotto tra elementi
floreali: una squadra, e da sinistra un libro e quelli che sembrano un
candeliere capovolto a tre braccia e un martello, poi una pergamena.
Riquadri presenti sul prospetto, poco
sopra la linea che separa il pianterreno dal primo piano, riproducono
nell’ordine: compasso e squadra, Cartesio, libro e mappamondo, Dante,
Michelangelo, la cetra, Apollo, la tavolozza.
Nella facciata corrispondente al
pianterreno si trovano altresì delle lapidi commemorative, una dei
garibaldini lercaresi, l’altra di un caduto nella prima guerra
d’Abissinia (apposte nel 1903).
Attraverso la tradizione platonica (del
“Timeo”) giunse ai massoni l’idea di Dio come αρχή-τέκτων (“artefice
originario”, il quale – δημιουργός – plasma la materia sulla base di
modelli matematici).
Platone nella “Repubblica” utilizza il nome di Apollo per indicare l’Uno (il principio determinante ed ordinante, contrapposto alla diade, il determinato): «Apollo (Ά-πολλον, l’Uno) che divina superiorità!».
Dio per i massoni è il Grande Architetto dell’universo.
Nel “De architectura” Vitruvio (vissuto
nel I sec. a. C.) indica il piano di formazione e gli studi che
occorrono all’architetto per poter esercitare la sua professione:
· la conoscenza della letteratura, della storia, della filosofia, della musica, della medicina, delle leggi, dell’astronomia;
· la conoscenza della geometria (che comprende anche l’uso degli strumenti da disegno) e la perizia nel disegnare;
· la conoscenza dell’aritmetica, dell’ottica e lo studio della luce.
Tutto questo era necessario per Vitruvio
al fine di fare dell’architettura una scienza non distaccata da alcun
aspetto in cui poteva essere coinvolta nella realtà: Vitruvio
distingueva pure l’architettura dal lavoro pratico di costruzione.
Quanto esposto in quest’ultima parte fa
comprendere il significato di quella serie di otto riquadri:
rappresentano le materie vitruviane; in più Apollo è una rievocazione
del Grande architetto dell’universo (come figura platonica di causa
ordinatrice).
Se nella concezione massonica Dio è un
grande architetto, allora l’architettura è la via simbolica privilegiata
per conoscere l’universo (e quindi è necessario adeguarsi ai precetti
di Vitruvio).
Inoltre la facciata del Plesso Sartorio ci appare quella di un tempio massonico: la striscia di icone che da compasso e squadra va sino alla tavolozza
mostra il percorso di studio che eleva al vero sapere, atto
simboleggiato da quell’aquila sulla sommità del prospetto che guarda ad
oriente verso il sole nascente (allegoria della suprema conoscenza).
Questo messaggio figurato non poté
lasciare indifferente il clero locale: la Chiesa a sua volta aveva
sempre usato la dimensione estetica in funzione pedagogica.
Infatti per rispondere a questa
strategia semiotica si formò nel 1905 un comitato per il rifacimento del
prospetto del Duomo e fu presieduto dall’Arciprete Giuseppe Marino. Con
un’ampia raccolta di fondi si riuscì a compiere i lavori di
miglioramento, che finirono nel 1910. La Chiesa Madre mutò il suo
aspetto esterno: da disadorna di simboli che era, cambiò radicalmente.
Ciò si spiega unicamente col fatto che quel nuovo impianto
architettonico volesse rilanciare l’annuncio del Vangelo agli occhi ed
alle menti di chi lo guardasse.
Tutta l’immagine esteriore modificata
del Duomo voleva comunicare che il vero tempio della fede era quello,
che non ce n’erano altri. Basti pensare al semplice VENITE ADOREMUS
scritto sopra l’ingresso centrale, in alto a cui c’è la colomba simbolo dello Spirito Santo.
Dal punto di vista delle soluzioni architettoniche adottate sono da
notare le pseudo-colonne ioniche del pianterreno analoghe a quelle del
primo piano del Plesso Sartorio, che rimarcano eloquentemente questo
confronto fra templi, quello cristiano e quello massonico.
Il restauro fu inaugurato il giorno
dell’Immacolata (patrona del paese) del 1910, il progetto dell’ingegner
Alessandro Lazzarini, custodito nella sacrestia della Matrice, era stato
elaborato nel 1906.
Dalla sua osservazione si nota che il
restauro effettivo subì delle varianti: le statue dovevano essere quelle
della Vergine con Gesù Bambino sulla sommità, di santa Rosalia a
sinistra e santa Lucia a destra vicino alle torri laterali, sostituite
poi rispettivamente dai simulacri del Cristo Redentore, della Madonna
con il Figlio e di san Giuseppe; la scritta IN HONOREM SANCTÆ MARIÆ AD
NIVES è stata abbreviata sopprimendo IN HONOREM a vantaggio di un
ingrandimento delle lettere, ed è comparsa quella non prevista VENITE
ADOREMUS sopra l’entrata centrale; infine lo pseudo-frontone prevedeva
un bassorilievo diverso.
Il motivo del cambiamento delle statue
non è chiaramente accertato: sembra plausibile pensare che la
presentazione della Sacra Famiglia avesse una maggiore significanza (il
Redentore originario è stato rimosso nel 1995: quello che ne resta si
trova nella cripta).
Il prospetto del Duomo com’è dal 1910 ed il progetto del Lazzarini. |
È da sottoporre ad analisi il
bassorilievo del timpano nello pseudo-frontone (altra soluzione estetica
grecizzante è costituita dalle pseudo-colonne ioniche e corinzie).
Nel disegno di Lazzarini il bassorilievo
era molto più affollato e prevedeva la raffigurazione del popolo di Dio
con al centro la Vergine con Gesù in braccio, quello realizzato alla
fine è formato da cinque figure umane.
Quella femminile al centro che innalza
un ostensorio con il braccio sinistro simboleggia la Chiesa, e quella
sorta di cornucopia tenuta più in basso a destra invece ricorda gli
abbondanti doni dello Spirito Santo di cui la Chiesa stessa è veicolo.
Gesù Cristo è rievocato dall’ostensorio
eucaristico mostrato all’adorazione di due coppie che rappresentano i
popoli della terra.
La prima coppia a sinistra abbigliata
alla maniera degli antichi egizi riproduce i popoli dell’Antico
Testamento, la seconda a destra con abbigliamento greco-romano quelli
del Nuovo Testamento.
Mentre la coppia di sinistra è
semplicemente inchinata, quella di destra, analogamente posta, è più
complessa: il primo soggetto tiene una lancia (rappresenta gli
eserciti), il secondo è in atto di offrire qualcosa.
Questi mostrano sì facendo l’attualità
della supremazia spirituale della Chiesa neotestamentaria, al cui
annunzio evangelico (simboleggiato dal mostrare l’ostensorio) tutti,
popoli ed eserciti, aderiscono.
Il bassorilievo del timpano nello pseudo-frontone della Matrice. |
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