ANNA TASCARELLA, La Cgil e l'Associazione Agape incontrano le donne ricordando Antonella Alfano


Sabato 24 novembre 2012, ore 20.00, Villa Comunale di Canicattì

In occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne
LA CGIL E L'ASSOCIAZIONE AGÀPE INCONTRANO LE DONNE RICORDANDO ANTONELLA ALFANO





Ci rincontriamo dopo qualche mese per parlare nuovamente di donne, ma questa vola non dei sentimenti delle donne, questa vola le donne ‘un iettanu vuci per far sentire il loro disappunto, fanno sentire le loro voci per liberarsi da un cancro, da un comportamento deviato che ogni giorno prende il sopravvento, la violenza
Domani sarà la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, un momento che non poteva passare inosservato nonostante le problematiche che ingrigiscono le nostre giornate e piuttosto di incontrarvi nelle stanze di un bel palazzo ho preferito incontrarvi qui per strada, con una manifestazione semplice ma che fosse condivisa da tutti.
In Italia ad oggi si contano 103 omicidi di donne, una media di due donne uccise a settimana, uccise spesso per mano di chi aveva dichiarato loro il proprio amore. Nel 2008 furono 112, nel 2009 119, nel 2010 127, di queste donne stasera ne ricorderemo una perché a noi più vicina e perché si è concluso il processo al suo carnefice purtroppo con una condanna che ha lasciato solo amarezza e rabbia.
Dedichiamo questo incontro ad Antonella Alfano, sentiremo la sorella Alessandra che porterà la sua testimonianza. Parlavo di sentenza iniqua, irrispettosa e con il pensiero non posso non andare ad un altro omicidio simile e mi riferisco all’assassinio di Melania Rea, il cui autore è stato condannato all’ergastolo. Che differenza, come se il valore di una vita umana non fosse lo stesso. Neanche la legge tutela le donne da questo crimine e per la frequenza è stato coniato un termine, femminicidio. Lo Stato è il primo assente. Citavo prima i lugubri dati relativi agli ultimi anni, quelli ufficialmente forniti dal Viminale, a questi andrebbero aggiunti i dati relativi alle vittime della prostituzione o della tratta.
È certo ormai che la prima causa di morte in Italia è proprio la violenza sulle donne, in modo particolare la violenza familiare. Il 70% dei delitti sono consumati in famiglia. Secondo l’Istat una italiana su tre subisce molestie sessuali o fisiche nel corso della vita, il 5% è vittima di stupri. Ma come dicevo prima neanche la legge ci tutela, la politica è sorda agli appelli dei gruppi che si occupano di violenza di genere e la disparità delle sentenze conferma questo dato. Ho parlato di femminicidio, ma non è l’unico reato che giornalmente si perpetua sulle donne, perché ce ne sono tanti altri, tutti legati alla negazione dei diritti. Oggi più che mai, in questo momento di crisi economica ci troviamo a lottare quotidianamente per mantenere il lavoro che con tanta fatica abbiamo guadagnato e, mentre dico ciò, la mia mente va a tutte quelle donne che hanno dovuto scegliere tra il ruolo di mamma e quello di lavoratrice, perché un lavoro l’avevano e non dovevano rinunciarci per poter far nascere un figlio, e penso a quelle donne alle quali è chiesto di firmare in bianco le dimissioni in caso di gravidanza; così come penso a quelle donne alle quali non è stato concesso di scegliere perché non è stato garantito il diritto ad avere accesso alle procedure per l’interruzione volontaria della gravidanza come stabilito dalla legge 194.
La mia mente non si ferma e penso ancora a tutte quelle donne che lavorano in casa accudendo la famiglia che devono fare i salti mortali per far quadrare i conti, che sopperiscono alla mancanza dello stato accudendo i bambini e gli anziani alle quali è stato negato il diritto di avere un lavoro riconosciuto economicamente. Anche questa è violenza.
Penso a quell’esercito di commesse malpagate che lavorano dieci ore al giorno in nero. Ad oggi in Italia le donne non sono sufficientemente garantite, non le tutela neanche lo stato, lo affermavo prima e lo ribadisco adesso, le tanto discusse quote rosa volute per dare un cambiamento alla società sono spesso disattese e nessuno denuncia questo stato di cose.
Una riflessione è di dovere, se nessuno pensa a noi allora dobbiamo essere noi a pensare a noi stesse, come? Modificando lo stato delle cose, costruendo attorno a noi una muraglia che si chiama rispetto. Ci hanno insegnato a toglierci i grilli dalla testa dovevamo essere umili, dovevamo abbassare lo sguardo, dovevamo essere mansuete, ma questo è stato imposto solo a noi donne, dalle nostre educatrici. La prima discriminazione nasce in famiglia ed è nella famiglia che accadono la maggior parte degli omicidi, riflettiamo su questo. Negli anni contro questa maleducazione si è formato un esercito di donne che combattono una guerra solitaria, casa per casa, senza che nessuno le abbia fatte incontrare, immaginiamo di incontrarle invece e di dare loro la mano per non lasciarle sole e non sentirci sole, e con determinazione gridiamo Basta, con la voce e con le azioni. Da ciò che leggiamo ogni giorno è facile capire che per molte donne la violenza è pane quotidiano. Sono tante le donne delle quali non riusciamo ad incontrare lo sguardo, che si considerano perdute, affrante, fallite e provano vergogna perché non hanno la forza di reagire, perché il ricatto psicologico le lascia senza forza né autostima. Diciamo basta anche per loro, incontriamo queste donne, abbracciamole e diamo loro la mano, la nostra voce, non lasciamole sole. Se si vive nella rassegnazione e nella sconfitta non saremo mai in grado di affrontare la vita, il lavoro, le ingiustizie e allora facciamo sentire le nostre voci dentro e fuori casa sempre e ovunque, ricercando il rispetto che meritiamo. 
Le nostre voci però non devono servire solo a tutelare, ma anche a ricordare le vittime di questo reato a ricordare che adesso non c’è più, perché la loro morte liberi dalle violenze.

Anna Tascarella

Alcuni momenti della manifestazione







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