FRANCESCA VELLA, Pi n'anticchia di terra

Presentazione a Pi n’anticchia di terra

“Chi sono?
Sono mia madre,
sono mia figlia,
sono io!
Sono tutte le donne.
Donna.
Della mia vita,
del mio tempo.
[…]

Storia.
Storia di tante storie,
fatta di cose, di suoni, di rumori,
di volti, di discorsi.
[…]
Ricordi.
Ricordi di noi tutti,
narratori e testimoni.
Brandelli di vita. Vita quotidiana.
Percorsi di dolore, di sconfitte e di vittorie.”

La Storia racconta i fatti e lo storico li indaga e ricostruisce, ma cosa c’è dietro ogni fatto, ogni avvenimento?
Gli avvenimenti sono prodotti dagli uomini ed essi si portano appresso la loro “storia”, quella che nessun libro di storia scrive.
Questa affermazione serve a presentare la piece teatrale “Pi n’anticchia di terra” che senza nulla togliere alla Storia, vuole andare oltre ad essa, indagare, anzi provare ad indagare, ad immaginare, un vissuto femminile in cui la “storia” si intreccia alla “storia personale” delle protagoniste. Rappresentare quindi le contraddizioni, i drammi quotidiani, quelli più oscuri e nascosti, le riflessioni, le tante domande ma anche le certezze che esistono dentro la storia di ogni donna ed in particolare dentro donne che in un modo o nell’altro sono state protagoniste vive della Storia.
Donne reali si alternano a figure immaginarie e simboliche. Unite insieme rappresentano la crudezza della vita, crudezza rilanciata addirittura come risorsa e spregio per l’autorità costituita “..i figghi su comu i piatti: si li rumpi… l’accatti..”, o l’analisi di un vivere in cui il futuro era negato “..ma quali futuru? Cca mancu presenti avemu..”, o la rabbia per i ceti privilegiati “ah! le suore, io le ho odiate le suore…”, ma anche l’orgoglio di poterne venire fuori “…sì, io sacciu leggiri e saccio scriviri…” e venirne fuori anche da donna “…e mi mettu i mei aricchini baggianusi…”
È una Sicilia dura e amara quella che ne viene fuori, ma anche una Sicilia fiera, indomita, in cui la speranza di una vita migliore ha spinto le donne, anche in territori estremamente claustrofobici ed arretrati, a prendere la parola, a farsi sentimenti e azioni per una vita migliore. (Francesca Vella)

LA TRAMA di Rosi Ingrassia

Sono queste le parole che aprono lo scenario della pièce teatrale ; il contesto storico-politico è quello degli anni ’50, anni in cui la promulgazione della Legge Gullo consentiva ai contadini di riappropriarsi delle terre che il regime fascista aveva tolto loro in favore dei ricchi latifondisti. La Sicilia vede per la prima volta le donne scendere in strada a rivendicare diritti e pane per sé e per le loro famiglie; uscite dai focolari domestici, si armano delle stoviglie di alluminio e rame e di tanto coraggio, ma soprattutto di una grande rabbia, e impavide si schierano contro i mafiosi, contro i potenti e persino contro le forze dell’ordine chiamate a sedare le rivolte.
La lotta per le terre diventa presto il tentativo di riscatto di un’emancipazione femminile sempre oscillante tra il richiamo sottile e perverso di quella grande madre mediterranea spesso regressiva, asfittica e controllante e quel sentimento di sana e audace ribellione ad un certo maschile, ad un certo potere, ad una certa cultura, che ha il sapore amaro della rassegnazione all’ingiustizia, all’iniquità, allo squallore.
La trama si snoda attraverso la narrazione delle storie delle donne di ieri e di oggi in un intreccio di pensieri, sentimenti ed emozioni che, nonostante il lungo tempo trascorso, risuonano sempre vivi ed attuali nella quotidianità di un femminile alla ricerca del senso dell’esistere.
È la speranza che vince… la speranza legata alla forza del cambiamento, della trasformazione di sé e del mondo, la speranza del “fuoco sacro” che arde in ogni individualità e che si alimenta della capacità di “essere vivi”.



LINK

La compagnia Voci di donne
all'Istituto Tecnico "Galilei" di Canicattì

I  M  M  A  G  I  N  I











Nessun commento:

Posta un commento