DOMENICO TURCO, "La via breve" di Diego Guadagnino

Opera straordinaria, per qualità intrinseche e perchè oltrepassa le linee di confine tra i generi letterari, La via breve di Diego Guadagnino (Club di Autori indipendenti, 2009) conferma il limpidissimo talento dell'autore, già noto agli amanti della poesia autentica per la raccolta Trasmutazione.

L'autore siciliano, avvocato per professione ma letterato per vocazione, si cimenta in una nuova sfida con la scrittura, riuscendo anche questa volta vincitore! Le ragioni di ciò sono diverse. Soprattutto va riconosciuta la scelta felice di andare controcorrente, non utilizzando modelli e strutture narrative tradizionali, ma aprendo le porte ad un connubio inedito di saggio sociale di costume, campionario di storie del passato-presente, e di psicodramma collettivo di una piccola comunità racchiusa nello spazio simbolico e reale della vaneddra. Una via molto piccola, chiusa, tipica della vecchia Canicattì, la città di Guadagnino, che attinge ai racconti dell'infanzia relativi al lungo dopoguerra isolano.
Mosaico composto di differenti tessere, La via breve offre lo spettacolo visionario di un mondo antico che non c'è più. Con quella magia sottile che solo i grandi narratori possiedono, Diego Guadagnino accende i motori della macchina del tempo, e ci trasporta in una dimensione altra, un altrove sospeso tra fantasia e realtà, che però mostra tratti e fisionomie assolutamente riconoscibili ed individuabili.
A fare da filo conduttore tra i molteplici episodi narrativi lo sguardo inquieto e vigile della cagna Marturina, che, orfana del padrone, diventa la mascotte di tutta la vaneddra, "la via breve" che dà titolo al libro, vera protagonista dell'opera, corpo unico formato da personaggi, esistenze e leggende individuali, che si imprimono in maniera indelebile nella mente del lettore, conquistato dall'impostazione polifonica e corale del libro.
Tante voci, tante anime diverse, che nella dispersione dei punti di vista e dei vissuti restituiscono una visione armonica della via breve quale crocevia di destini, spesso tragici e votati al dolore, altre volte grotteschi o palesemente indulgenti alla buon umore o alla comicità, sia pure non sboccata o irriverente.
Guadagnino opera volutamente commistione di stili e tonalità, e nel ricreare un microcosmo perduto ne evoca tutti i vari aspetti, senza tralasciare nessun dettaglio del particolare habitat che esplora.
Vediamo scorrere davanti all'occhio di Marturina l'ambiente pulsante di vita della vaneddra, un mondo chiuso in una via, spazio ristretto, a cui si contrappone la strada e le sue insidie mondane.
Mentre la vaneddra protegge i suoi ospiti, li imprigiona nella gabbia più o meno dorata di un luogo ben delimitato, che può essere sia rifugio che carcere, la strada espone all'aperto e al rischio della fuga.
Scegliere la strada vuol dire perdersi, rientrare nella vaneddra è come tornare al grembo materno, difesi ma anche segregati entro una spazialità ctonia che riconduce l'uomo-massa di oggi a quelle origini remote e rimosse a cui possiamo e dobbiamo guardare con un senso di appartenenza e di ri-scoperta. Perché senza passato non può esserci presente, né tantomeno la speranza di un futuro diverso…

Domenico Turco

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