LUIGI FICARRA, "A Sua Santità Francesco. Caso del Vescovo Angelo Ficarra" (con la risposta della Segreteria di Stato del Vaticano)

Santo Padre,

scrivo per chiederle di voler rendere giustizia a mio zio, mons. Angelo Ficarra, che fu Vescovo di Patti (Me) e vittima di una gravissima ingiustizia.

Inizio dall’ultimo atto ingiusto da egli subito, precisando che apprese sul ‘Giornale di Sicilia’ del 2 Agosto del 1957, mentre era in vacanza nella sua Canicattì, che si era dimesso da Vescovo di Patti. Lo apprese leggendo appunto sul succitato quotidiano la notizia che “il Santo Padre si è benignamente degnato di accogliere le dimissioni(da egli) presentate”, mentre in verità egli mai aveva deciso di prendere tale risoluzione e tanto meno l’aveva espressa. Pertanto, grande fu il suo stupore e il suo dolore, sì che a distanza di meno di due anni ne morì. Ed io, che ogni giorno lo accompagnavo nella quotidiana sua passeggiata, colsi, pur restando egli sul punto con me del tutto silente, la triste ed amara condizione in cui venne a trovarsi.

Egli è tuttora ricordato da tutti coloro che lo conobbero personalmente e poterono amarlo per la sua bontà e intelligenza e da quanti l’hanno conosciuto soltanto attraverso le elevate lodi che meritatamente vengono tuttora formulate sul Sacerdote santo, sul Vescovo saggio e sull’uomo colto. E chiedono che si voglia mettere sotto attento e scrupoloso esame, con animo aperto e senso di superiore giustizia, tutto il carteggio esistente presso gli Uffici della Santa Sede, specie quello che il Cardinale Piazza intrattenne con mons. Angelo Ficarra, allo scopo di riconoscere l’ingiustizia fatta ad un uomo e sacerdote che seppe accettare in silenzio e con non comune spirito di obbedienza una determinazione degli Organi Superiori, seppure ritenuta profondamente ingiusta e senza alcun fondamento. E’ molto significativo che la diocesi di Patti, di cui fu vescovo dal 1936 al 1957, abbia organizzato, per iniziativa del vescovo Giombanco, un convegno di studio su di lui per il 3 giugno prossimo nel 65° della sua morte (all. 1).

Mons. Ficarra, forte anche di una profonda cultura teologica, fedele ai principi del cristianesimo e aperto al dialogo con la società moderna, ha cercato di tenere fede al messaggio di Gesù distinguendo l’essenza del cristianesimo dalle forme semipagane che vedeva ancora vive attorno a sé, nonché di separare l’azione pastorale da ogni forma di indebita interferenza della politica nella vita della Chiesa e, in particolare nella sua Sicilia, specie da quella di tipo clientelare e mafioso che, nell’immediato secondo dopoguerra si era riposizionata rapidamente nel tentativo di condizionare le scelte dell’allora partito della Democrazia cristiana. Tutto ciò appare con chiarezza nel saggio, che si potrebbe definire di antropologia cristiana, da egli scritto negli anni 1909-10, quando era un giovane prete, e dedicato a quelle che egli chiamava le devozioni materiali, saggio cui tutti gli interventi svolti nel convegno in sua memoria tenutosi all’Istituto ‘Sturzo’ il 24 novembre 2023(all. 2)hanno fatto riferimento. Trattasi delle ‘Meditazioni vagabonde’ di cui non gli fu consentita quando le scrisse la pubblicazione, vigendo in quel periodo nella Chiesa gli orientamenti di Papa Sarto. Libro che, dopo essere stato dimesso d’autorità, egli volle fosse pubblicato – cosa di cui io sono stato diretto testimone avendolo all’uopo accompagnato in una tipografia per informarsi del relativo costo -, ma non fece in tempo a veder realizzata la sua decisione; e pertanto la relativa pubblicazione avvenne postuma, nel 1990, con il titolo “Le devozioni materiali” a cura di Roberto Cipriani (all. 3).In detto saggio egli vede come nelle forme della religiosità ‘popolare’, sia del popolino, poco o per nulla colto, che dei ceti medio alti, si manifestassero in realtà concezioni pagane, che rischiavano di ridurre il messaggio evangelico a una forma di feticismo e di materialismo religioso o dello scambio: tributi particolari in cambio di protezione di un patrono, ovvero venerazione di una determinata statua o di un certo crocifisso e non dell’essenza universale e spirituale di Dio.

Le dimissioni del 1957 da Egli, si ripete, mai date furono fatte apparire come vere dall’allora Prefetto della Sacra Congregazione Concistoriale, Cardinale Adeodato Piazza, il cui orientamento ideologico-culturale era molto distante ed opposto a quello del Ficarra :

il Cardinale Piazzaaccettò esplicitamente i provvedimenti razziali ed anti ebraici del governo Mussolini e arrivò ad esaltare l’amicizia con la Germania nazista quando era patriarca di Venezia e a dareesplicita adesione politica alla Repubblica nazifascista di Salò(vs. sul punto Ernesto Brunetta in <<Storia d’Italia – Le Regioni – Veneto>>, ed. Einaudi, pag. 973, 974, 1016; e vs. pure Reberschak “Veneti fra fascismo e antifascismo”, in “Movimento cattolico e sviluppo capitalistico”, Padova, 1974, p, 155), e la sua formazione rimase ancorata alla cultura della chiesa di inizio ‘900, in cui dominava l’orientamento dato dall’enciclica contro il pensiero modernista, la ‘Pascendi dominici gregis’ di Pio X; e, eccetto il molto breve scrittoIl destino di Roma nel piano della Provvidenza”, pubblicato nel n. 8/1955 della rivista ‘Vita e Pensiero’, non risulta ci siano stati altri suoi contributi di pensiero.

il Vescovo Ficarrada giovane sacerdote collaborò, assieme al suo fondatore, l’arciprete  Nicolò Licata, al giornale ‘Il Lavoratore’ di Ribera, espressione non ufficiale del Partito Popolare, ricevendo pure, per le posizioni sociali molto avanzate espressevi, gli apprezzamenti di Napoleone Colajanni, ex dirigente del movimento del Fasci dei Lavoratori Siciliani(all. 4, copia per estratto dal libro ‘Angelo Ficarra. La Giustizia negata’ di G. Augello), e poi, da Arciprete di Canicattì, vide le sue iniziative sociali, come il Circolo dei Lavoratori cristiani, attaccate con violenza dai fascisti e soffrì tanto per la morte del fratello Vincenzo a causa di una brutale aggressione fascista(all. 5, ivi, p. 19, copia per estratto), e inoltre fu vicino in gioventù al pensiero modernista per cui si rivolse al suo principale esponente, Ernesto Buonaiuti, per avere pareri e consigli in merito alla sua famosa opera su S. Girolamo.

L’atto di ingiustizia da egli subito fu molto grave, considerata soprattutto la gratuità e la pretestuosità delle accuse mossegli, fondate solo su ragioni politiche e culturali e non di carattere religioso o relative al comportamento e soprattutto su inesistenti e quindi del tutto false ragioni di salute, come magistralmente spiegato nel pamphlet del grande scrittore Leonardo Sciascia, ‘Dalle parti degli infedeli’, di cui unisco il testo(all. 6).Il Cardinale Piazza arrivò finanche a contestargli falsamente di avere vista debolee scarsissimo udito(all. 7-Card. Piazza lettera 10/1/52 ad Angelo Ficarra)mentre, al contrario, egli vedeva e sentiva benissimo, come constatavano tutti quelli che con lui entravano quotidianamente in rapporto.

 Un episodio è illuminante della malafede con cui il Cardinale Piazza impostò la causa contro di lui: la relazione da mons. Ficarra svolta oralmente in latino al congresso eucaristico di Rio de Janeiro del 1955 che colpì molto il Cardinale Piazza recatovisi per il Vaticano, tanto da spingerlo a chiedere al conferenziere chi egli fosse, e, appresolo, ci rimase molto male. Ne riferisce don Salvatore Danzi, arciprete di Naso del tempo, nel libro ‘Memoria di Naso’, in base alla testimonianza resagli dal sacerdote Giovanni Spinella che accompagnava mons. Angelo Ficarra in tutti i suoi viaggi (all. 8, copia per estratto dal libro citato).

Il persecutore ed inquisitore Cardinale Piazza sapeva benissimo che mons. Ficarra era stato da giovane vicino al pensiero modernista ed è da ritenere l’abbia oppresso e perseguitato per questo motivo. E soprattutto perché nel 1950 il Vescovo Angelo Ficarra aveva dato la sua pubblica adesione all’appello per la Pace di Stoccolma contro la proliferazione nucleare, promosso dal movimento dei “Partigiani della Pace” che aveva l’aperto sostegno anche del movimento comunista. Adesione che egli diede con spirito evangelico, in osservanza del principio fissato nel suo diario del 1907: “il bene riceviamolo, da qualunque parte esso venga”, anche quindi quello della difesa della pace. Pensiero, questo, concorde con l’insegnamento di Papa Benedetto XV che il 1° agosto 1917 scriveva a tutti i belligeranti una coraggiosa nota per Pace, contro <<l’inutile strage>>. E consono con quello espresso nel 1949 dal cattolico Carlo Arturo Jemolo su “Il Ponte”, nell’articolo “Muoia Sansone con tutti i filistei”.  - Lo storico Renda, nella sua “Storia della Sicilia” (vol. III, pag. 303), dice che l’adesione del vescovo di Patti, mons. Ficarra, all’appello per la Pace di Stoccolma fece sensazione, stante la scomunica che la Congregazione del Sant'Uffizio con decreto del 1º luglio 1949 aveva dato anche per ogni forma di appoggio pure indiretto al movimento comunista.

Il Cardinale Piazza comunque non poteva non sapere che Angelo Ficarra aveva dato un contributo importantissimo alla cultura cristiana ed anche laica con la sua fondamentale opera su San Girolamo, in merito alla quale Agostino Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, affermò che “segnava un apporto definitivo sul pensiero del grande dalmata”. Opera che indusse il futuro Cardinale Federico Tedeschini a chiedere nel 1919 ad Angelo Ficarra, ‘d’intesa col Santo Padre’, di scrivere il ‘Florilegium Hieronymianum’, dicendo che ‘nessuno meglio di lui può essere indicatoa comporlo. Testo che venne adottato in tutti i seminari d’Italia. – E sapeva anche che l’Antologia Gerominiana’fu apprezzata negli ambienti vaticani a tal punto che si pensò ad Angelo Ficarra come vice-segretario delle ‘Lettere Latine’, ma che, purtroppo, il vescovo di Agrigento del tempo, Bartolomeo Lagumina, cui pervenne nel 1921 la richiesta da parte della Sacra Congregazione Concistoriale, rispose, senza informarne l’interessato, dicendo: “vi prego di lasciarlo stare perché non saprei come sostituirlo come arciprete di Canicattì”. L’inquisitore Piazza sapeva altresì che il filosofo Giovanni Gentile, conscio della sua grande preparazione, volle nel 1928 che Angelo Ficarra compilasse la voce ‘San Girolamo’ per l’Enciclopedia Treccani (vs. su tutto ciò all. 9, copia per estratto di quattro pagine del libro ‘Angelo Ficarra. La Giustizia negata’ di G. Augello). – Ignorava il Cardinale Piazza le sue lettere pastorali, dedicate all’insegnamento apostolico, animate da profondo spirito cristiano e frutto della sua grande cultura. Lettere meritevolmente pubblicate nel 2009 in volume da don Francesco Pisciotta, responsabile economo della Diocesi di Patti.

E’ da ritenere che l’inquisitore abbia insistito sino alla fine nell’ingiustizia di perseguitare mons. Angelo Ficarra, non solo, come prima detto, per la sua giovanile adesione al pensiero modernista e per l’adesione da egli data  nel 1950 all’appello per la Pace di Stoccolma, ma anche per una molto scarsa considerazione che doveva avere della cultura, tanto da arrivare alla bassezza di ricorrere al falso e far apparire come date dimissioni che non c’erano mai state.

Il Cardinale Piazza fu comunque sleale perché mai gli contestò le suddette accuse, entrambe erronee. Della seconda abbiamo sopra scritto. Circa la prima osserviamo che la Chiesa sta radicalmente ripensando il suo giudizio sul ‘modernismo’. Infatti, sulla scia del vasto movimento cattolico ‘Noi siamo chiesa’ per la riabilitazione di Buonaiuti, Luigino Bruni sul giornale dei cattolici ‘Avvenire’, nell’articolo <<Rileggere Ernesto Buonaiuti: incompreso, modernissimo cercatore del Vangelo>>, così ha scritto il 2/9/22:La storia del Modernismo è quella del fallimento del dialogo tra la Chiesa cattolica, la sua teologia e la sua concezione della Sacra scrittura con il mondo moderno. Un appuntamento mancato nel suo momento propizio (il Concilio arrivò sessant’anni dopo), probabilmente per sempre”. 

La gravissima offesa subita da Angelo Ficarra costituisce una macchia che offusca la sua immagine di presule saggio, dotto e giusto, una macchia che, considerato l’alto senso della giustizia e della verità che egli aveva, richiede sia definitivamente cancellata mediante un atto di riabilitazione piena da parte della Chiesa di Roma.

Spero tanto quindi, Santo Padre, che lei, che a tutti noi ha insegnato che occorre sempre indignarsi davanti a un’ingiustizia,voglia riesaminare il caso del Vescovo Ficarra ed operare per rendergli piena giustizia.

Con ogni migliore augurio a Sua Santità

Padova 11 maggio 2024 

avv. Luigi Ficarra

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